Silvana: ho 70 anni e ancora tanta voglia di scoprire il mondo
A cura di Maricla Pannocchia
Silvana ha iniziato a viaggiare quando Instagram ancora non era stato inventato, le compagnie low cost non esistevano e l’organizzazione di un viaggio era molto più complicata di adesso.
La prima tappa è stata la sua tanto sognata India ma poi Silvana è approdata in Marocco, dove ha conosciuto la cultura berbera e vissuto diverse esperienze fuori dai circuiti turistici.
Viaggiando con tutti i mezzi a disposizione, la donna ha anche intrapreso un percorso di crescita personale, aiutata proprio dalle varie esperienze vissute durante i viaggi.
Ciao Silvana, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…
Mi chiamo Silvana, sono dell’Emilia Romagna, precisamente della provincia di Modena. Vivo in un piccolo paese vicino a Vignola, il paese delle ciliege. Abito qui da 40 anni, essendo il paese di mio marito. Io provengo da un altro paese limitrofo. Siamo fortunati in quanto non distiamo molto dai grandi centri ma viviamo in mezzo della natura. Ho vissuto sul fiume Panaro per 20 anni tra camminate e, essendo una ciclista, pedalate verso le montagne Fanano e Sestola. Non avevo bisogno di null’altro, avevo i miei libri, mi bastavano… Mai ho pensato che sarei stata catapultata dall’altra parte del mondo, senza nemmeno sapere la lingua del posto.
Cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia?
In realtà non ho ancora lasciato l’Italia perché vado e vengo. Sono una viaggiatrice e ho scoperto che appartengo al mondo, non a un solo luogo. Per me andare e ritornare sono la stessa cosa. Soggiorno massimo tre mesi nei vari luoghi e, siccome sono sposata e dato che mio marito non viaggia, mi organizzo per viaggiare da sola e inoltre tre mesi mi bastano. Resto sempre una nomade sia che io viaggi sia che cammini o mi muova nella mia zona. Questo nomadismo fa parte del mio DNA. Quando ritorno a casa mi riposo per poi ripartire…Tutto questo è cominciato 22 anni fa. Ebbi una malattia che non era grave ma, essendo che arrivo dal campo della ricerca dello yoga, già da tanto tempo prima avevo detto a mio marito, Massimo, che la prima parte della vita l’avevo svolta come tutti. Il mio desiderio era di vivere la seconda parte secondo i miei canoni. Avevo 47 anni. Da allora si è sviluppato in me un altro modo di osservare il mondo. Lui mi disse che avevo coraggio, voleva sostenermi, ma io rifiutai perché dovevo capire i miei limiti, ciò che potevo o non potevo fare. Da quel momento è iniziato il mio viaggio interiore, accompagnato dai miei viaggi. Con i miei 500 euro mensili ho organizzato i miei viaggi principalmente in India e in Africa. Non m’interessa visitare tutto il mondo ma ciò che mi stimola dal punto di vista dell’incontro con l’altro. Volevo dimostrare a me stessa che non era un problema di soldi ma di forma di pensiero. Il mio contesto era legato alla malattia e decisi di mettere in primo piano lo star bene con me stessa. Da allora sono passati 20 anni sabbatici. Ho passato gli altri 3 anni in un senso metaforico di meditazione, aspettando che quello che ci stava capitando con il Covid-19 passasse anche perché, non essendo vaccinata, non potevo andare da nessuna parte. Cosi è iniziata l’avventura…
Quest’avventura ha un inizio sicuramente particolare…
Sì, tutto questo è nato sull’onda di un sogno che feci mentre ero in convalescenza. Nel sogno mi stavo facendo uno shampoo e mi entravano dentro tutti i colori dei Chakra, ognuno al suo posto, solo in testa avevo un blu elettrico. Bene, volete sapere cosa significa questo? L’ho scoperto recentemente: quando corpo – mente – spirito sono allineati i neuroni del cervello diventano di un blu brillante. Avevo anche un sentire interiore che diceva che dovevo stare in vacanza tutta la vita ed io l’ho preso alla lettera. Se non era un segnale questo!!!
Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti a questo tuo cambio di vita?
Le persone intorno a me hanno avuto reazioni del tipo, “Ma cosa stai facendo?” Questo tipo di frase è tipica di chi proietta sugli altri il proprio vissuto, senza tenere conto dell’altro. Devo dire che, più gli altri mi limitano, più io so di essere nel giusto, anzi, uso le porte chiuse per andare sulla mia strada. Avevo dalla mia parte solo mio marito e la mia migliore amica, coloro che sanno ascoltare… Mio marito mi disse che avevo coraggio e la mia amica che quello che volevo fare era giusto e così. Senza nemmeno sapere la lingua, sono entrata in vari Paesi e di conseguenza ho imparato a parlare francese, un minimo d’inglese e spagnolo. Avevo 47 anni e credevo di essere in ritardo ma invece no, ero avanti 10 anni luce. Stiamo parlando del 2000. Solo con il mio zaino sulle spalle, ho cominciato a camminare nel mondo e dico che quello è stato il momento in cui sono nata una seconda volta. E mica è finita qui…
Hai mai avuto ripensamenti?
No, neanche per un momento. In quel periodo, inoltre, mi occupavo dei ragazzi che uscivano dal percorso non facile della droga. Per questo motivo, sono partita con Lorenza, essendo per lei una sorta di premio personale per il tempo trascorso in comunità. Non dimentichiamo che Massimo, mio marito, mi ha sempre sostenuta dicendomi “Io ho paura di volare ma sono sempre qui. Ti aspetto e comprendo il tuo spirito”. E così mi sono messa in cammino. Devo dire che avevo già iniziato a viaggiare, soprattutto nei monasteri ai piedi dell’Himalaya. A quel tempo lavoravo e avevo solo 20 giorni di ferie ad agosto. Ci aggregammo a dei piccoli gruppi di ricerca sul buddismo. Amo il silenzio, il camminare lento in luoghi dove sembra che il tempo si sia fermato. Ho dentro di me questa immagine che sempre mi accompagna, stavamo in un monastero sopra a una montagna che pareva toccare il cielo nell’Himal Prhates. Appena potevo andavo ad ascoltare i canti dei monaci, che erano principalmente giovani, poi uscivo e andavo a sedermi in cortile. Mentre m’immergevo in quest’atmosfera lasciandomi baciare da un tiepido sole, è arrivata una mamma tibetana per la preghiera del giorno. I tibetani fanno ruotare la ruota della vita, toccandola con la mano e unendovi le preghiere, perciò c’erano davanti la mamma, dietro la bimba e dietro ancora la pecora. Tutte e tre partecipavano alla cerimonia giornaliera. Che incanto questa immagine!
Prima di arrivarein Marocco hai viaggiato molto. Quali Paesi hai visitato e cosa ti hanno lasciato?
Sì ho viaggiato molto ma, come ho già accennato, non m’interessa vedere tutto il mondo. Poco dopo aver cominciato a leggere, da piccola, ho preso l’abitudine di andare in biblioteca e lì leggevo tutti i libri che parlavano di India, sempre e solo India. Poi, però, ho dimenticato questo mio interesse. A 27 anni mi sono ritrovata a ripensarci e, proprio 3 mesi dopo essermi sposata, ebbi l’opportunità di dare ascolto a quel mio sogno, prendendo alla lettera “L’avventura della coscienza” di Sry Aurobindo. Ho cominciato a lavorare 6 mesi l’anno, guadagnavo per un anno, viaggiavo per tre e poi ritornavo. Tutto ciò è accaduto 35 anni fa: insegnavo lo yoga, i massaggi ayurvedici e tanto altro. Accompagnavo gli anziani al mare e ricominciavo. E così ho cominciato a viaggiare in India. A quel tempo non sapevo nemmeno l’inglese ma s’impara. Ho visto il sorriso dei piccoli monaci, ho percepito il silenzio delle montagne… Il Rhajastan è uno sfolgorio di colori, dai turbanti colorati ai veli delle donne, per non parlare delle danze. Durante quel viaggio mi sono spostata in taxi per un mese in quanto la mia amica non poteva stare di più. Normalmente, quando organizzo un viaggio sto 3 mesi, muovendomi come le persone del luogo che sia con autobus, treni, taxi collettivi o privati. Il Sud Tamil Nadu non è turistico e le distanze, come in tutta l’India, sono enormi ma ne è valsa la pena. Prendendo un taxi privato per una settimana sono arrivata alla punta dove s’incontrano il Mar Arabico, il Golfo del Bengala e l’Oceano Indiano. Vi devo dire che mi sono gettata in acqua vestita ma la cosa che più mi ha affascinato è che non c’era nessuno… Che spettacolo di natura! Gli indiani considerano “sacro” questo luogo. Poi sono ritornata e ho soggiornato alla Comunità di Auroville ma vivevo di fronte al mare così avevo modo di stare con gli indiani che vivevano intorno alla comunità. Ho partecipato a tanti matrimoni oppure sono stata invitata nelle capanne di fango, tenute pulitissime, per bere un chai. Ringrazierò sempre la mia anima per avermi permesso di vedere e partecipare all’incontro con questo popolo. Sì, io amo il popolo, la sua semplicità, il suo quotidiano o il vederli in preghiera. Sono tornata in India 5 anni fa e, mentre camminavo per la strada, sono stata riconosciuta. Che piacere ritrovarli dopo tanto tempo! Poi il Kerala, di fianco al Tamil Nadu, tra massaggi ayurvedici, escursioni da un villaggio all’altro, bagni in mare… Lì il Mare Arabico è pericoloso, pur essendo uno spettacolo della natura. Mi ricordo che stavo ore a guardare queste onde enormi che s’infrangevano sulla spiaggia poi quando si calmavano ti ci potevi spingere dentro come fanno i surfisti e nuotare a largo… La natura lì è di un verde accecante poi ci sono le coltivazioni del tè al Nord. Quanti ricordi… Poi sono stata in Guatemala. Ci andai perché c’era una persona che abitava ad Antigua e vi rimasi 2 mesi. Il Paese è piccolo ma i colori che ho trovato lì erano qualcosa d’indescrivibile. Il guatemalteco ha una capacità artigianale unica e i prodotti che arrivano in Messico sono realizzati proprio in Guatemala. Sono stata anche in Africa, dove ho imparato la danza afro in Senegal, e poi sono stata in Benin, essendo la madrina di una bimba che aiutavo a studiare, e ancora in Togo, Marocco, Tunisia, Egitto (per la danza orientale), Argentina (per il tango) e ancora in Francia, in vespa in Bosnia – Erzegovina, in Spagna, in Scozia, in Irlanda, in Sicilia, in Puglia… la lista potrebbe andare avanti all’infinito!
Viaggiare per te è…
Viaggiare mi ha permesso di conoscere meglio me stessa e i miei limiti, mi ha fatto crescere e capire che ho una grande opportunità. Mi è appena venuto in mente un ricordo… ero in Guatemala, e, sull’autobus, mi sono seduta vicino a un ragazzo del posto. Gli ho chiesto informazioni porgendogli la cartina ma lui mi ha detto, “non so leggere”. Vi giuro, ho ricevuto un colpo al cuore, sono riuscita a dirgli solo “scusami”. Stando vicino al popolo comprendi tante cose… Per questo aiuto i ragazzi a studiare, uno alla volta, perché è importante che diventino acculturati ma molti giovani non hanno possibilità economiche per studiare. L’ultimo ragazzo che ho sostenuto, del Senegal, ha vinto una borsa di studio ed è in Canada. A sua volta, egli sta aiutando un altro ragazzo a cambiare la sua vita e vuole inoltre aiutare il suo popolo, i suoi amici. Ho scoperto che sono una viaggiatrice, non una turista. Non ho bisogno di vedere tutto il mondo ma di toccare, annusare e danzare i Paesi che visito.
Che consigli daresti a chi magari non è più giovanissimo, vorrebbe cominciare a viaggiare più spesso ma non sa da che parte cominciare?
Ho cominciato a viaggiare a 18 anni, prima in Italia, poi, a 27 anni, con piccoli gruppi di ricerca personale e, infine, a 47 anni, da sola. Sono andata per tappe. Non amo arrivare, amo il viaggio che mi può portare a scoprire cose che mai potrò vedere a casa mia. Ad esempio, in India ho incontrato per caso i dadi che camminano sui carboni accesi, mai mi sarei aspettata di trovarli sulla mia strada. Capisco che questo stile di vita può non essere per tutti ma questo è il mio modo di essere. Tra l’altro, più ti abitui alla solitudine e meno senti la necessità di avere qualcuno con cui viaggiare, anche perché, durante i viaggi, incontri altre persone ed entri a far parte di ciò che ti circonda. Ci sono tante opportunità ormai per viaggiare, dai viaggi di gruppo con relativi sottotipi alle esperienze in solitaria. L’importante è uscire dai propri schemi mentali, cambiare prospettiva… quando torno da un viaggio sono sempre io eppure sono cambiata, o meglio, la mia visuale è mutata ed è diventata più ampia. Questo mi permette, ogni volta, di riscrivere la mia storia.
Come sei finita in Marocco? In quale città ti trovi precisamente?
Una volta tornata dall’India, ho iniziato a volgere il mio interesse verso l’Africa, anche perché stavo imparando la danza afro. Aprii l’atlante ed il mio sguardo si posò sul Marocco, Nord Africa, e, precisamente, sulla città di Essaouira. Ricordo che dissi a mio marito: “Vado a imparare a fare windsurf”. In realtà ho provato solo una volta, sono caduta tre volte e ho capito che non fa per me… Non so perché scelsi questo luogo, so solo che questo nome brillava davanti ai miei occhi. “Essaouira” significa “la ben costruita” ed è una fortezza creata dai portoghesi, rivisitata dai francesi, ha una Medina sull’oceano… Quando arrivai lì, tra il 1999 e il 2000, con un autobus che andava da Bologna a Casablanca, poi altro autobus per Essaouira, ricordo che la ragazzina che stava di fianco a me mi regalò una piccola collana. Stavo viaggiando su di un autobus locale, a quei tempi i mezzi turistici non c’erano neanche perché i visitatori erano pochi. C’erano principalmente surfisti. Sono rimasta affascinata da questa città e non me ne sono più andata. Sono 23 anni, ormai, che vado e torno visitando il Marocco in lungo ed in largo tra matrimoni berberi, guide che mi hanno accompagnata tra le montagne dell’Atlas e poi sono andata nel deserto da sola, in sella a un cammello, Scherif, che, sedendosi, a un certo punto non voleva più alzarsi. Non sapevo cosa fare, in quanto le due guide mi dissero che dovevano andare(non ho ancora capito dove) e che io sarei dovuta andare dritto, verso la montagna, e loro mi avrebbero raggiunto. Solo io potevi accettare questa cosa… Ho ancora tante esperienze da vivere. Adesso mi sposto in aereo ma per 3 volte ho raggiunto il Marocco via terra.
Com’è la tua vita quotidiana?
Adesso ho 70 anni (anche se, per me, l’età anagrafica è solo un numero) e da 23 anni la mia vita scorre tra camminate, percorsi in bicicletta, meditazione, libri e viaggi. Se, a leggere queste parole, ti stai chiedendo se io non abbia bisogno di lavorare, sappi che non c’è niente di più errato. Semplicemente ho dato una svolta al mio modo di essere. Io ho scelto di scambiare la pensione con tanti anni sabbatici e chiunque può fare lo stesso, basta volerlo veramente.
Di cosa ti occupi?
Prima d’iniziare questo tipo di vita ho svolto tanti lavori. Nella zona dove abito la produzione di ceramiche è molto famosa. Ho smesso di frequentare la scuola dopo la terza media e sono andata subito al lavoro. Amo lavorare e, inoltre, sono una creativa. Già allora partecipavo a mercatini e affini pur di essere indipendente. Questa è sempre stata la mia priorità. Ho svolto lavori artigianali nel settore della ceramica fino ai 27 anni anche se il vero cambiamento è avvenuto quando mi sono sposata. Avendo in mano quel libro citato, “L’avventura della coscienza”, che ha dato la svolta al mio essere interiore, a quei tempi non sentivo così forte l’esigenza di viaggiare. Avevo i miei libri, che mi permettevano di viaggiare con la fantasia, e mi bastavano. Tuttavia, a un certo punto sono stata come catapultata dall’altra parte del mondo, senza neanche conoscere alcuna lingua straniera…
Come sei stata accolta dalla gente del posto?
Ho già un titolo per il mio futuro libro “Dal Panaro al Gange, passando per Essaouira” e credo che questo titolo faccia un po’ capire che rapporti ho creato e quanto amore provo per questi Paesi. Ci tengo a ricordare che sono arrivata in Marocco semplicemente aprendo l’atlante e poggiando il dito su un punto “a caso” e questo ha toccato proprio il nome della città di Essaouira. Onestamente, non avevo mai pensato di andare in Africa perché, come ho detto, il mio cuore era tutto per l’India. Quando sono arrivata in Marocco ho soggiornato per 2 mesi nella casa di una famiglia del posto. A quei tempi non conoscevo né il francese né l’arabo e, tra l’altro, non c’erano ancora quei grandi autobus che spesso vediamo oggi, carichi di turisti. Essi sono arrivati nel 2006 e da allora è stato tutto un aumento. A quei tempi, però, c’erano solo i surfisti e alle 20 andavamo tutti a letto. Il grande afflusso di turisti, secondo me, non ha comunque rovinato l’atmosfera della città. Anche la gente del luogo, come conseguenza del turismo di massa, è cambiata. Voglio svelarvi un segreto, se volete entrare in contatto con le persone davvero genuine, le riconoscerete perché, in nome dell’ospitalità, vi offriranno del tè e potrete sedervi a berlo con loro. Questo rivela che la persona è originaria di Essaouira ed è ospitale.
Che cosa hai imparato in tutti questi anni di viaggi?
Sicuramente ho imparato a vivere più lentamente. Credo che avessi già questa predisposizione dentro di me, però non ero ancora riuscita a darle la giusta importanza. Sono grata per aver vissuto delle esperienze genuine con le persone del posto, prima dell’arrivo dei turisti di massa. Ho questi ricordi tutti dentro di me e, appena potrò, scriverò il mio libro per metterli nero su bianco.
Che consigli daresti a chi vorrebbe vivere e lavorare in Marocco?
Il mio primo consiglio è, prima ancora di pensare a un possibile trasferimento, di visitarlo. Il Marocco è un Paese in via di sviluppo dove però ci sono ancora tante testimonianze di un mondo antico. Per esempio, quando sei in strada puoi vedere una macchina e, al suo fianco, una persona a dorso di asino. Ci tengo a ricordare che 23 anni fa, a Essaouira, non c’era neanche un’auto e tutti andavamo a piedi. C’erano soltanto dei piccoli taxi, ma non erano molti ed erano disponibili solo in estate. Questo era dato dal fatto che, in estate, tanta gente andava a Essaouira per ascoltare la musica o bere un tè. Chi vorrebbe lavorare in Marocco, secondo me, dovrebbe stare sul posto per fare dei sopralluoghi, trovare un buon commercialista a cui affidarsi e poi cominciare l’avventura.
Che consigli daresti a chi vuole visitare il Marocco?
Il mio consiglio per visitare il Marocco è di non mettere troppe tappe in un unico viaggio, perché il Paese è grande. A chi viaggia d’inverno consiglio di arrivare a Marrakes, visitare Ourica e vari altri luoghi per poi scendere verso il deserto di Merzouga e verso quello di Hamamid, più piccolo ma suggestivo (li ho visitati entrambi). Suggerisco poi di proseguire salendo dall’oceano sino a Essaouira, per far ritorno a Marrakes. Dal Nord, invece, consiglio di arrivare a Tangeri, Chefchauen e fare la costa mediterranea. Io sono arrivata sino al confine algerino. A quel tempo stavano costruendo la strada per arrivarci. Un’altra idea è quella di scendere costeggiando l’oceano e visitando Hasila e altre città fra cui quelle imperiali come Fes, Meknes, Rabat e Casablanca. Qui è possibile vedere la Grande Moschea, per poi arrivare a Marrakes. Come accennato, le distanze fra un luogo e l’altro sono di minimo 200 km. Un’altra opzione è fare la costa atlantica, per esempio come ho fatto io, noleggiando una macchina, e arrivando sino a Tan tan plage. In questo percorso ci sono tante città da visitare ed è necessario stabilire un itinerario altrimenti si corre il rischio di fare km e km con la macchina ma di vedere ben poco. Ho viaggiato in taxi collettivi, macchine a noleggio, autobus, treni e ho sempre organizzato tutto da sola. A volte ho avuto delle guide, che mi hanno fatto visitare le montagne dell’Altas, mi hanno accompagnata a casa dei berberi oppure nel deserto. Qualunque itinerario scegliate, godetevi il viaggio e i luoghi, anche se avete poco tempo. Il mio consiglio finale è quello di godersi un tè ammirando il tramonto.
Le persone che hanno poco tempo arrivano solo nei luoghi principali, come le città imperiali e il deserto. Se si ha l’accortezza di prendersi una guida allora si scoprono le montagne, dove non si arriva senza una persona del posto. Ad esempio, a circa 100 km fuori da Marrakes, sono arrivata con l’autobus poi, nel bel mezzo della strada, ci hanno fatto scendere e lì ci aspettava l’asino, carico di viveri, e abbiamo cominciato a camminare. Stava scendendo la sera, siamo arrivati dopo circa tre ore, ospiti di chi vive in questi luoghi al chiaro di luna. Abbiamo dormito a terra, sopra e sotto tanti tappeti, mangiato tajine e bevuto il tè. Il mattino successivo mi sono alzata presto e, uscendo, mi sono ritrovata delle montagne enormi proprio davanti alla casa. Il sole saliva e la nebbia circondava i monti. Che spettacolo suggestivo! Poi ho visto le ragazze berbere, partire sui sentieri per raccogliere la legna e le ho viste al ritorno con il loro carico sulle spalle. Che bellezza sentirle cantare e vedere i fiori che avevano nei capelli! Ho trascorso dei giorni meravigliosi lì. Questi, per me, sono i veri viaggi, quelli che ti portano fuori dai classici circuiti turistici, ma mi rendo conto che spesso è una questione di tempo.
Quali sono, secondo te, le capacità da avere o sui lavorare per vivere all’estero?
Per andare a vivere in un altro Paese, bisogna avere la capacità di confrontarsi con una cultura diversa dalla nostra e non è sempre facile. Inoltre, chi vuole lavorarvi deve tenere conto anche della burocrazia, che non è un aspetto da sottovalutare. Penso che sia necessario, poi, parlare almeno un po’ la lingua del posto.
Come definiresti il tuo stile di viaggio?
Quello che ho scoperto di me è che non amo cambiare Paese ogni poco ma voglio soggiornarvi più a lungo per visitare i luoghi e fare amicizia. Trovo fondamentale andare e poi tornare, ritrovarmi in Africa o in India. Penso che tutti questi viaggi abbiano fatto venire a galla la mia anima nomade. Anche quando sono a casa penso sempre ai viaggi, mi riposo e sono pronta a ripartire.
Progetti futuri?
Sono ferma da circa 3 anni, durante i quali ho meditato molto, mi sono osservata e adesso mi sento in qualche modo attirata dalla Spagna, verso la quale mi sto spingendo. Da lì, tornerò in Marocco. Conosco già quei luoghi, perché li ho visitati quando avevo 20 anni, e in più amo la lingua, le persone, la danza, il cibo… Voglio tornare a Essaouira e ballare sulla spiaggia. La danza fa parte della cultura di un popolo e mi porta a viaggiare oppure è il contrario, il viaggio mi porta a danzare, non saprei…
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