Agli onori delle cronache ci arrivano solo i nomi delle così dette archistars la cui fama, talvolta, oscura il reale valore del loro lavoro o, altrettanto spesso ne oscura il disvalore. Facciamo questa bella chiacchierata con Sandra Lasagni, anima del laboratorio Bluepoppyarchitettura, una struttura dinamica e incubatrice di idee e progetti. L’architettura è arte che ben si declina con le aspirazioni al cambiamento: se ci si circonda di bello forse anche i pensieri e i gesti diventano più armoniosi. Un mestiere quindi che naviga tenendo, o almeno così dovrebbe, ben saldo il timone dell’etica.

Sara Lasagni architetto

Perché hai studiato architettura? Su cosa è stata la tua tesi?

C’è una frase pronunciata dal grande Rudolf Nureyev in relazione alla danza che ho fatto mia riguardo l’architettura: “è tutta la mia vita. La mia condanna e la mia felicità”. Sì perché questo mestiere è durissimo, multiforme, ancora più complesso soprattutto se svolto in un paese complicato come l’Italia. Io ho scelto di studiare architettura per pura passione: nessuno in famiglia di cui seguire le orme. I miei genitori mi hanno educata all’arte in tutte le sue manifestazioni fin da piccolissima e ho iniziato presto a “innamorarmi” di grandi edifici storici. In fondo ho sempre desiderato capire il segreto degli spazi (e dei volumi) dotati di fascino.

Un altro motivo della mia scelta è stato il legame con l’idea di viaggiare: non si può conoscere l’architettura senza sperimentarla di persona e inventare un’architettura è in sé un viaggio: nel sapere, nella fantasia, in sé stessi e negli altri. Mi sono laureata con un Maestro dell’architettura internazionale, Giorgio Grassi, dal quale ho imparato innanzi tutto a non mollare di fronte alle difficoltà (e lui è un critico implacabile…) e a ricominciare sempre daccapo, a rimettere in discussione, a fare e rifare fino al raggiungimento del risultato migliore possibile utilizzando l’analisi come incubatore dell’idea. La tesi riguardava la progettazione di un museo all’interno della Rocca vecchia del Castello visconteo sforzesco di Vigevano e fu un lavoro immenso, dalla ricerca storiografica fino alla composizione architettonica: un viaggio, appunto, nella storia da un lato e verso il futuro dall’altro.

Tu usi questa bella espressione nel tuo sito: “Invento spazi.” Siamo portati a considerare lo spazio come un vuoto, inventare significa invece vederci qualcosa? O ascoltare qualcosa?

Lo spazio è suggestione, se si ha la sensibilità per avvertirlo. Esso racconta la propria storia e la propria vocazione e noi, attraverso quel “racconto”, possiamo immaginare una sua possibile trasfigurazione. O semplicemente comprendere che esso è perfetto così com’è e che quella perfezione deve soltanto essere svelata o messa in luce.

Sandra Lasagni lavori architetto

Lo sguardo non è mai neutrale, nel senso che anche il guardare ha un’etica. Cosa significa questo per un architetto?

La mia etica si chiama analisi, appunto. Colta la sensazione (personale) devo razionalizzare per tradurla in termini oggettivi che possano essere introiettati dagli altri e utilizzati per diventare progetto: un architetto non può permettersi, credo, di starsene con la testa fra le nuvole o di crogiolarsi nel solipsismo…Non è un artista, che fa arte e basta. Noi abbiamo delle responsabilità verso le persone per cui lavoriamo: il bello di questo lavoro è trasformare sensazioni in spazi fruibili, piacevoli e, perché no, sensazionali…Anche se io non amo il gigantismo, le urla di certe realizzazioni contemporanee…

Che cos’è per te una forma armonica? È fondamentale o sono importanti anche gli attriti architettonici?

E’ armonico ciò che produce benessere psico- fisico. L’architettura agisce sulla collettività e la cattiva architettura produce malessere collettivo, disarmonia. Il mondo è pieno di mostruosi errori architettonici che fanno male all’anima della comunità umana e al pianeta. E il guaio è che continuano a essere costruiti.

La casa non è mai solo un luogo da abitare ma anche un meraviglioso libro di storie. Per un architetto significa quindi riuscire a leggerle. Tu come fai?

Parlo a lungo con l’abitante (o con l’aspirante), studio il luogo in cui vive o lavora, cerco di capire cosa vuole davvero dalla propria casa: spesso crede di volere proprio quello che non sogna, influenzato da strazianti obblighi modaioli. Anche in questo caso è la sensibilità personale a tracciare il primo bozzetto.

Intervista a Sandra Lasagni architetto

Se mi consenti il paragone, ristrutturare una casa è un po’ come fare un lavoro di editing su un libro. Che criteri ritieni imprescindibili per questo tipo di intervento?

Le esigenze del cliente, certo, riviste alla luce dei limiti fisici del luogo : la loro individuazione, la creazione della struttura funzionale dell’intervento, consente di operare in tranquillità sul piano creativo.

Ti è mai capitato di dover eseguire dei lavori obbedendo alle indicazioni dei committenti pur non essendo d’accordo con loro?

Ho sempre approcciato il mio lavoro considerandomi una guida, un appoggio, non un’autorità. Non considero gli incontri con i clienti come contraddittori, ma come conversazioni durante le quali far crescere l’idea.

Naturalmente se una soluzione richiesta con calore dal cliente rappresenta un assurdo, tecnico o normativo, occorre l’adeguata capacità di persuasione. Se si tratta invece di questioni di gusto, a volte capita di dover assecondare scelte non completamente condivisibili: persone particolarmente volitive si incontrano. In questo mestiere occorre sempre ricordare che non si lavora per la propria casa, ma si è al servizio di altri.

Qual è stato il lavoro che ti ha divertito di più fare e quale ti ha creato maggiori difficoltà?

Divertentissimo fu un concorso del 1991, sfidante, che si intitolava “La casa più bella del mondo”, dici poco? Il titolo era un programma, piacevole perché i limiti erano pochissimi…Il suo contrario fu invece un lavoro di frazionamento di un appartamento che gli anziani clienti non vollero assolutamente lasciare durante la realizzazione delle opere…Le difficoltà maggiori furono legate, in realtà, alla sfera psicologica: ristrutturare una casa, soprattutto quella in cui si vive stabilmente, significa lavorare su se stessi andando ad agire su leve inconsce. Faticosissimo per tutti!

C’è un architetto che ammiri particolarmente e perché?

Heinrich Tessenow perché ha avuto il coraggio di guardare alla complessità della vita quotidiana dell’uomo con semplicità e a dedicare a questo i suoi studi, le sue soluzioni.

Puoi dire che nel tuo modo di lavorare ci sia qualcosa di assolutamente riconoscibile come tuo? Se sì cosa?

Non ho un know how generalizzabile per quanto riguarda il tema abitativo, d’altronde non credo nell’imposizione del proprio stile da parte dell’architetto o dell’interior designer. Credo piuttosto nel metodo: se il metodo è valido i risultati sono buoni e si vedono, si vivono. Lavoro in empatia con il committente e ho un forte senso pratico: domo la fantasia quando inficia il funzionamento dello spazio o dell’edificio.

Intervista a Sandra Lasagni architetto

Al di là degli stereotipi che spesso accompagnano questo genere di considerazioni, credi che ci sia uno sguardo prettamente femminile e uno maschile nel fare il tuo mestiere?

E’ fuori di dubbio che le differenze esistano, ed è un bene. Come donne tendiamo ad applicare maggiore concretezza degli uomini nell’approccio alle problematiche progettuali relative all’utilizzo finale dell’ambiente. La capacità, tutta femminile, di osservare l’altro oltre le apparenze immediate favorisce inoltre la percezione delle esigenze del cliente. Per contro l’uomo, dà il meglio nel districare nodi critici, tende a semplificare i processi, a sdrammatizzare. Aggiungo che nel nostro Paese gli uomini continuano ad essere agevolati nei rapporti con le maestranze di cantiere… Pur non generalizzando, ritengo tuttavia che nel complesso, l’ideazione dello spazio abitativo sia un’attività più congeniale alla mentalità femminile.

Ristrutturazioni, progettazioni dal nulla, interior design, cosa ti coinvolge di più?

I progetti di ristrutturazione, senz’altro, anche se possono essere in molti aspetti più complessi di quelli per nuovi edifici. Ridare nuova vita a qualcosa che lo richiede è un’esperienza molto coinvolgente. Come lo è del resto ripensare le “fodere”, l’assetto interno degli ambienti.

C’è una richiesta più ricorrente delle altre tra quelle che ti fanno i tuoi clienti?

Sì…riguarda i costi e i tempi: tutto, immediatamente, spendendo meno possibile!

Da dove arriva il nome della tua società?

(Occorre precisare: definisco BluePoppyArchitettura un progetto, un laboratorio. E’ un’attività professionale che non ha forma societaria).

E’ la denominazione della mia attività, che svolgo coadiuvata da alcune persone come me instancabili e motivate, coinvolte per professionalità e per affetto, e da alcuni mitici “consulenti esterni”. Di fatto è un laboratorio, una struttura leggera e flessibile, in divenire. Il nome deriva dal mio incontro fatale con questo fiore (il papavero blu) originario dell’Himalaya, bellissimo e semplicissimo: credo nella bellezza della semplicità.

Hai risentito anche tu della crisi economica?

Credo che nessuno ne sia stato risparmiato. Questi momenti possono però celare nuove possibilità, possono essere anche stimolanti.

Che approccio hai nei confronti delle abitazioni ecocompatibili? Ti piacciono i materiali riciclati nell’arredamento?

Costruire in armonia con l’ambiente dovrebbe essere oggi l’unico principio con cui edificare: per sua natura l’architettura dovrebbe rispettare l’ambiente e l’uomo. Fin dagli anni ’90 mi sono impegnata nell’applicare concetti di eco compatibilità in edilizia, l’uso di fonti energetiche rinnovabili e via dicendo con gli strumenti allora disponibili, guardando a esempi nord europei e facendo riferimento ai criteri CasaClima non appena si sono resi disponibili. Ho sostenuto tali principi anche attraverso la pubblicazione di articoli comparsi su riviste specializzate. Oggi assistiamo al progressivo quanto invitabile farsi moda – come spesso accade ai temi più nobili – di questo aspetto e al suo trasformarsi in deteriore stilismo da certo rozzo immobiliarismo . Per contro esistono già anche in Italia edifici a ridotto impatto ambientale, progettati con cura e serietà, davvero interessanti, che stanno dando prova di efficienza reale. Qualche lacuna, soprattutto normativa, persiste qui da noi in Italia. Per quanto riguarda l’arredamento non ho preclusioni: anche nel settore del design si stanno facendo buoni tentativi, passibili come tutto di giudizi estetici.

Come si armonizza una casa con ciò che le sta intorno?

Attraverso i materiali usati, i colori, i volumi.

Nel caso di una casa singola o villa o casale, credi che l’esterno debba essere architettonicamente coerente con l’interno o giochi con i contrasti?

Esterno e interno sono le facce di una stessa medaglia che si originano reciprocamente, quindi dal punto di vista del valore plastico dello spazio la concatenazione è obbligata. Diverso il discorso legato a un edificio esistente. Come ho già detto l’esistente sussurra la propria attitudine: personalmente in genere cerco armonia fra la struttura su cui opero e l’interior design, inteso come insieme delle finiture. Può capitare che ciò non si verifichi a causa della richiesta esplicita del cliente o, semplicemente, perché il luogo suggerisce marcati contrasti.

Cosa sono i dettagli per un architetto?

La sua firma e quella degli esecutori materiali delle opere.

In una casa ci si deve davvero sentire bene dal primo istante?

Idealmente sì, anche se è da ristrutturare, se è invecchiata o se è tutta da rifare…Purtroppo nella realtà questo non sempre si verifica, per diversi motivi…Il mio lavoro consiste anche in questo: trovare il buono di un edificio o di un ambiente e metterlo in luce attraverso il progetto per far sentire il risultato quanto più vicino possibile al sogno del committente. Una delle attività di BluePoppyArchitettura che si basa su questo riguarda proprio la valorizzazione immobiliare attraverso interventi di home staging.

Cosa, indipendentemente dalle dimensioni e dallo stile di una casa, non dovrebbe mai mancare secondo te?

Un aspetto poetico: un segno della personalità di chi la abita replicato in tutta la casa, una sorta di logo. Un aspetto pratico: gli spazi di servizio, anche se minuscoli.

Il sito di Sandra Lasagni:

www.bluepoppyarchitettura.com

Intervista a cura di Geraldine Meyer