Parliamo di Isa Gatti, varesina, che, con altre ottantanove colleghe, un giorno, è stata buttata fuori della sua azienda, senza conoscere mai la motivazione. Il 16 dicembre 2006, la società italiana per cui Isa lavorava, affiliata ad una multinazionale, specializzata in diete alimentari, ha chiuso i battenti.

Ricominciare dopo un licenziamento

“Ricordo bene – racconta – il giorno in cui ci convocarono. In pochissimi minuti ci dissero che da quel momento non avremmo più lavorato. Uno choc per tutte. Io a quel lavoro avevo dato l’anima. Sacrificato la mia famiglia, i miei tre figli. Per me lavorare, andare in giro come consulente, informare, parlare con tante persone, era vitale. Di colpo, senza una ragione, abbiamo perso tutto.  A nulla sono valsi i tentativi dei nostri avvocati e delle associazioni sindacali. Depressione per tante. Inutile nasconderlo, ho cominciato a stare male. Svenivo, non avevo più appetito. Dopo aver perso il lavoro, vedevo la mia vita monca. Sentivo dentro di me un grande vuoto, un senso di impotenza e nello stesso rabbia, soprattutto perché non c’era stato un preavviso e non sapevamo a chi o a cosa addebitare la triste decisione dell’azienda”.

Ma Isa è una tipa tosta. E in pochi mesi, guarita dagli effetti dello stress, si è rimboccata le maniche e con l’aiuto di una socia, è ripartita. Sì, proprio cosi. “Un investimento di cinquanta mila euro – dichiara – e molte di noi di nuovo in pista. Di nuove cariche, con una grande voglia di rivalsa. Ce l’abbiamo fatta. E adesso le diete le prepariamo noi. Nella nostra avventura abbiamo imbarcato trentatré delle ottantotto colleghe licenziate. A spronarci, è stato un consulente della multinazionale, responsabile della società italiana, che ci vedeva parecchio attive. Ma, mi creda, non è stato semplice ricominciare. Abbiamo chiesto alla casa madre di affidarci il franchising, ma la risposta è stata negativa. C’era da aspettarselo. E allora? Abbiamo deciso che non era il caso di rimanere affogate nella disperazione, di piangerci addosso. In tre mesi, e lavoravamo anche di notte e di domenica, abbiamo preparato un programma alimentare, basato sulla classica dieta mediterranea, che abbiamo sottoposto all’esame del dottor Antonio Romano, primario di gastroenterologia dell’ospedale di Bologna. Immediato l’ok dello specialista, che è diventato nostro socio”.

Con qualche soldino da parte, Isa e una sua ex collega, Saveria Faldino,  da sempre grande alleata, sono riuscite quindi a rimontare, e a riassorbire tutte quelle che non erano andate in pensione, o non avevano deciso di dedicarsi alla famiglia.

“Abbiamo cominciato a crescere – dice – sempre di più. L’entusiasmo era contagioso. Siamo arrivate a fatturare un milione di euro, e ad avere diecimila clienti, che arrivano da tutta l’Italia (questo il sito della loro società: www.welcomeweight.it ). Tra questi ci sono parecchi medici. Il segreto? E’ seguire con pazienza i nostri clienti nella fase post dimagrimento. Ogni settimana c’è una seduta di controllo, che avviene in modo collettivo. E, direi, divertente. Perdere peso con noi è davvero semplice, anche perché abbiamo ottanta sedi, disseminate su tutto il territorio nazionale, facili da raggiungere”.

licenziamento

Ma la cosa che fa più onore ad Isa, amministratore delegato dell’azienda con sede legale a Bologna e operativa a Gallarate, e alla sua preziosa socia, è ‘Impoilo’, a Città del Capo.  Il loro programma alimentare viaggia in SudAfrica e arriva con un contributo di 350 euro mensili, in un piccolo villaggio. Merito di un’amica comune, Lorella (italiana) che, con Frida ( svedese) vive a Cape Town e si occupa materialmente del Project-Playground.

 “Non mi bastava aver riassorbito le mie ex colleghe – spiega – volevo condividere la gioia di avercela fatta con bambini di una baraccopoli di Città del Capo, che sono costretti a chiudere i loro pasti quotidiani con una mela al giorno, intorno alle quattro del pomeriggio. Mi dà gioia sapere che questi bimbi possono avere la certezza di mangiare ogni giorno. E poi il volontariato l’ho sempre fatto. E’ un’esperienza che mi ha fortificata tanto”.

L’iniziativa, col nome, appunto di “Impoilo”, che significa in buona salute nella lingua locale, e che ha come slogan: “Dona i tuoi chili di troppo ha chi ne ha bisogno”, era nella testa di Isa a marzo scorso. Si è materializzata a giugno.

“Abbiamo subito comprato delle pentole – aggiunge – ed una cucina. Ogni giorno offriamo un pasto completo a duecentocinquanta bimbi, che viene comprato sul posto. Abbiamo assunto due persone di Città del Capo. Mi creda, ora, a cinquant’anni, sono davvero soddisfatta di me. Ho avuto la fortuna di incontrare persone speciali, questo è vero. Ma ce l’ho messa tutta. Andremo avanti. I progetti non mancano. Alludo all’apertura di nuove sedi in Italia. Mi piacerebbe assumere altre colleghe. Chissà. Come si vede, non ogni evento negativo porta con sé catastrofi. La mia storia deve insegnare che per affermarsi non è necessario prostituirsi. Ma solo sperare. Sempre”.

A cura di Cinzia Ficco