Aprire un ristorante: i consigli di Renato Collodoro
Se permettete un gioco di parole quasi d’obbligo, visto l’argomento, posso dire che questo libro me lo sono gustato dall’inizio alla fine. “Il sogno di aprire un ristorante… e non chiuderlo prima di svegliarsi” di Renato Collodoro è un testo divertente oltrechè, per tanti aspetti, illuminante. Al di là dello stile brillante e leggero, Renato Collodoro usa l’ironia per servirci dei “piatti” i cui ingredienti sono il buon senso e l’esperienza. Ho detto anche a Renato che ho la sensazione che, forse senza saperlo, ha scritto un libro che potrebbe benissimo essere un testo di formazione aziendale.
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Strutturalmente si presenta come un menù, con antipasti, primi, secondi e dolci. Ma le pietanze sono storie esemplificative di atteggiamenti imprenditoriali, di sogni velleitari e di tipologie di clienti. L’attività della ristorazione sembra essere tra le preferite di chi, per vari motivi, decide di dare una svolta alla propria vita professionale e non solo. Ma molto spesso si traduce in un piatto mal cucinato, troppo crudo o troppo cotto, con ingredienti sbagliati o mal dosati: fuor di metafora significa che aprire un ristorante, improvvisando, senza avere la più pallida idea di cosa significhi si traduce in un fallimento assicurato. Tempo fa, parlando con Gabriele Cortopassi dell’analogo tentativo di molti di aprire un bar, ci siamo trovati a fare considerazioni molto simili a quelle che Renato fa nel suo libro: ci vuole umiltà e competenza per avviare un’attività di questo tipo; la buona volontà non è sufficiente e può trasformarsi in quell’ingrediente che si pensa miracoloso ma che rende il piatto indigesto.
Invece si assiste spesso a tentativi pieni di entusiasmo ma di ignoranza professionale e di metodologia. Avere e gestire un ristorante è un mestiere che, come tale, non si improvvisa. Molte sono le cose da sapere, non basta avere successo nelle cene che si organizzano per gli amici. Certo occorre fantasia e capacità visionaria ma se non si parte dall’abc della gestione di un’impresa, perché di questo si tratta, nel giro di poco tempo, come si è tirata su una serranda, così si abbassa definitivamente.
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Renato Collodoro utilizza, possiamo dire così, la tecnica dello story telling: anziché dare seriosi consigli, indicazioni pedanti, utilizza storie e personaggi per raccontarci quali sono gli atteggiamenti più tipici di improvvisazione professionale e imprenditoriale. Le pagine scorrono così tra sorrisi amari e ritratti quasi caricaturali per diventare un indicazione, un suggerimento su ciò che non bisogna fare, e invece molto spesso si fa: improvvisare. Mi pare quasi di poter dire che questo libro sia un elogio alla nobiltà dei mestieri tutti, intesi come espressione di una parte importante di ciascuno di noi, ma frutto anche di fatica e dura gavetta. Un invito a farci anche delle belle domande sul modo in cui rimettersi in gioco professionalmente non vuol dire andare allo sbaraglio. Molto bello il racconto in cui uno chef viene interpellato sul significato di “vocazione”, sul percorso, lungo tutto una vita, che lo ha portato a lavorare con i cibi, con la loro storia e con la cultura di cui si fanno messaggeri. O quello in cui una coppia decide di cambiare vita e rilevare un ristorante senza sapere nulla della burocrazia, della cucina e di cosa voglia dire avere a che fare con i clienti: due sprovveduti abbagliati solo dalla bellissima località di vacanza in cui si trovava il locale. Dai sogni si rischia di svegliarsi in modo brusco e con grandi perdite economiche se non ci si prepara seriamente, se non ci si costruisce una solida base professionale, questo è quello che ci dice Renato; con quell’orgoglio e quel rispetto per il lavoro che ha chi ci ha dedicato tutta la vita e un po’ sorride del modo facilone con cui molti pensano di potersi cimentare usando scorciatoie.
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Con Renato facciamo una chiacchierata proprio su questo aspetto.
Renato leggendo il tuo libro ho avuto la sensazione che avesse quasi un carattere di urgenza.
Sì, in un certo senso sì. L’urgenza di dire qualcosa rispetto ai sogni e alla banalizzazione dei sogni. O meglio della banalizzazione della fatica che bisogna fare per realizzare un sogno. Credo che oggi, più che mai, si vendano illusioni stereotipate, immagini precostituite di quello che dovrebbe essere il “successo”. E non è così, il sogno è un’altra cosa, è qualcosa che parte da noi, frutto di un percorso solo nostro. E il criterio che dovrebbe renderlo prezioso non è il successo. È la fatica che hai fatto, l’impegno che ci hai messo.
Il tuo libro parla della ristorazione ma mi sembra si adatti a qualsiasi tipo di mestiere e al modo in cui lo si vive.
In un certo senso sì; chiaramente io ho utilizzato questo ambito perchè è il mio e lo conosco molto bene. Mi sembrava anche il modo migliore per essere davvero credibile. Ma è vero che si tratta di un messaggio trasversale: sapere fare davvero bene quello che si fa, non solo volerlo fare o sognare di farlo.
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Tu sei un imprenditore della ristorazione quindi parli a ragion veduta. Da dove sei partito?
Ho fatto diverse cose: nell’ottantanove, tanto per dirne una ho aperto forse uno dei primi disco-bar in Italia, poi un cocktail bar anni ’50, poi un ristorante ad Alassio e, ora, a Torino, l’Osteria della mezza luna. Ho sempre privilegiato un’idea direi concettuale, specializzando i locali attorno ad un ingrediente e creando attorno tutto un ambiente che si richiamasse a quell’ingrediente. E poi la scelta delle materie prime e una particolare attenzione ai fornitori. Questo per creare qualcosa che non avesse nella cucina, intesa come tecnica, il fulcro predominante. Un ristorante è un impresa in cui il tecnicismo, cioè lo chef, diciamo così, non può cannibalizzare tutto il resto. La cucina è importantissima ma se lo chef diventa la prima donna non è detto che il ristorante ne guadagni. Anche questo vuol dire fare l’imprenditore. A ciascuno il proprio ambito e il proprio mestiere. Per questo non metto becco in cucina.
Per acquistare il libro potete consultare Amazon alla Pagina “ll sogno di aprire un ristorante“.
www.ilsognodiaprireunristorante.com
Il profilo fb di Renato è www.facebook.com/renato.collodoro
A CURA DI GERALDINE MEYER