Cataldo Gigantesco giudice

Ma scherza Cataldo Gigantesco, tarantino del ’37,  Dino per  gli amici, i parenti e i numerosi colleghi che ha avuto nei dieci lustri vissuti  “a percorrere le vie del diritto”. Sì, perché se non avesse amato davvero la sua professione, i suoi tre figli, anzi quattro, di cui uno acquisito, non avrebbero seguito le sue orme. Due sono magistrati, gli altri due avvocati.

Però il mare ha sempre riempito la sua esistenza. Un rapporto quasi simbiotico. Forse, la giusta compensazione a parametri di lettura della vita troppo stretti e vincolanti: quelli imposti dal suo officium.

E ora che ha lasciato la sua professione e che non è più costretto ad andare in giro armato, come è successo qualche volta, Dino, residente a Monopoli, una città portuale nel Barese, ha trovato il tempo per scrivere un’autobiografia, dal titolo:  “Un Giudice”- Cinquant’anni al servizio dello Stato,  edito da Schena. E coltiva un desiderio: visitare il Mediterraneo in barca a vela.

Ma come il giudice vive la sua nuova dimensione?  Paolo De Stefano, docente di Letteratura italiana all’Università di Bari -Taranto- nella Presentazione del libro ha scritto: Dino “si riscopre, scrive, rivive i valori della famiglia nei suoi affetti più profondi, ritorna al piacere della lettura, si dedica ancora più al progresso telematico ed esalta la passione della candida vela.  In lui c’è sempre stata una forza ulissica del mare aperto; certo gli può mancare la voce argentina della sua segretaria o il viaviai delle voci amiche e dei passi consueti, o lo squillo del telefono ciarliero. L’agenda di lavoro è diventata più bianca o più muta. Che importa: l’uomo ha realizzato in onestà e disciplina e zelo di impegno professionale la serenità impagabile della più significativa esistenza: esempio che lascia ai giovani”.

Se per cinquant’ anni ha giudicato gli altri, ora è se stesso che interroga e scruta, forse con maggiore severità, nei momenti di quiete.  Gli abbiamo chiesto di farlo anche ora e per il nostro sito.

Cataldo Gigantesco in mare sulla sua barca giudice

Intanto, Presidente, cos’è per lei la vela? E come l’ha scoperta?

Più che uno sport  o un’ attività, è una passione, che nel libro ho definito “inguaribile e ereditaria”. Ritengo che sia il modo più completo per vivere nella natura. Ho cominciato da ragazzo, con amici della Congregazione Mariana di Taranto, su una  vecchia barca a vela in legno, donata dal padre provinciale dei gesuiti Rocca.

Che cosa prova quando è in mare aperto?

Un senso infinito di libertà.

Non ha mai avuto paura?

Una vera paura mai, ma spesso preoccupazione per la barca e per gli ospiti  che, alcune volte, si sono messi a pregare.

Dove si è spinta con la barca?

In Grecia, per varie crociere, nell’ex Iugoslavia, in Sicilia.

Cosa rappresenta per lei la barca?

Tutto. La barca è la mia seconda casa. A volte vado lì a riposare nei pomeriggi estivi o a leggere.

Ce la descrive?

La barca in foto  è la settima ed è un Bavaria 36 (11 metri). In precedenza ho avuto barche da 5 metri, 6.50, 7,  8.60, 9.15 e la prima era di 2metri e 50. Il Bavaria, come le altre barche, l’ho acquistata usata. Tutte le barche sono state  bianche.

L’episodio, il posto che porterà nel cuore?

Meganisi in Grecia: un’isola deserta, dove ho incontrato due barche di nudisti inglesi. L’acqua era così cristallina, che si vedeva il fondo a 20 metri.

Un uomo di diritto, che ama il mare. Per il resto, come si definirebbe?  

Sono un romantico dell’ottocento non pentito.

Perchè?

Perchè quelli dell’Ottocento sono i valori che riconosco: poesia, sentimento, passione, razionalità temperata dalle ragioni del cuore, riconoscimento dei valori del risorgimento, patriottismo sanamente inteso ed aperto al mondo, valori fondanti del cristianesimo non di maniera, principi fondamentali alla base della Costituzione, di cui prediligo l’articolo 3 capoveroso.

Un desiderio che le piacerebbe realizzare?

Sono in pensione da due anni. Se non avessi limitazioni, derivanti dalla cattiva salute di alcuni familiari, mi piacerebbe girare tutto il  Mediterraneo con la mia barca. Sarebbe stupendo anche fare il giro del mondo a vela, ma non ho più l’età.

E’ cambiata tanto la sua vita da pensionato? Non le mancano per niente i ritmi stressanti del suo lavoro?

Come ho scritto nel libro, dopo sei mesi di malattia, sono guarito e sono contento del mio stato attuale. Il libro l’ho scritto nei tre mesi invernali, perché d’inverno vado in letargo.

La libertà, il silenzio, l’azzurro del mare e del cielo che si incrociano, il vento, i gabbiani: cos’altro rappresenta per lei veleggiare?

Soprattutto la libertà da ogni condizionamento. Mi sento un po’ come Ulisse.  E consiglio ai giovani di fare vela. Regala una grande sensazione di benessere.

Altri progetti per il futuro?

Continuare ad andare per mare, finché le forze fisiche non mi abbandoneranno, leggere, tenermi in contatto con gli amici tramite il pc, forse scrivere  ancora.

A cura di Cinzia Ficco

Chi è Cataldo Gigantesco?

Prima di entrare in magistratura è stato per due anni, dal 1959 al 1961, cancelliere  del Tribunale di Brindisi, e dal 1961 al 1963 segretario  nella carriera direttiva della Banca d’Italia, addetto all’ufficio Vigilanza sulle aziende di credito.

Ha svolto funzioni di Uditore Vice Pretore a Bari, Pretore titolare di Gioia del Colle, Pretore titolate a Putignano, Consigliere della Corte d’Appello di Lecce, sostituto procuratore Generale di Bari, Presidente del Tribunale di Taranto fino al 2008.