Il giro del mondo in 467 giorni senza prendere aerei

Mondoviaterra, sì, scritto così, tutto attaccato. Perché Eddy Cattaneo ha girato il mondo senza staccare i piedi dal globo per prendere aerei.

Dove non era possibile fare altrimenti ha viaggiato sui cargo. Il suo diario, pubblicato da Feltrinelli si intitola proprio così Mondoviaterra. Racconto dei sui 467 giorni verso l’estremo Oriente per poi imbarcarsi per arrivare nelle Americhe.

Paesi, persone, culture, abitudini, tutto attraversato con il ritmo naturale dei piedi o di autobus scassati; senza gli stacchi improvvisi e violenti degli spostamenti in aereo.

Un viaggio irrinunciabile, cullato da tempo. Poi, un giorno, le dimissioni dal suo lavoro e la preparazione a questa avventura. Fino al giorno in cui, chiusa la porta di casa alle spalle parte per curare quella “febbre” che non lo voleva proprio abbandonare. E questo è il racconto che ha fatto per noi di Voglio vivere così.

Eddy Cattaneo, Mondo via terra aerei

Ciao Eddy. Comincio con una domanda apparentemente banale ma che, dopo aver letto il tuo libro mi viene spontanea: È stato più difficile partire o tornare?

Sicuramente partire. Uscire dai binari di una vita che mi soddisfaceva ma che stavo attraversando in attesa di realizzare questo viaggio, con una febbre che continuava a salire e che non potevo calmare in nessun modo. Non volevo partire, dovevo.

Tornare è stato difficile a livello logistico. Timbuktu-Ciserano via terra è un viaggio di 2-3 settimane e, fin dall’inizio, sono successi talmente tanti contrattempi che sembrava quasi che il dio dei pellegrini non mi volesse far tornare a casa.

Questa febbre, come l’hai chiamata tu, ti ha accompagnato anche durante il viaggio?

No, in realtà è passata immediatamente il primo giorno. Ero dentro, ormai bastava solo andare.

Paesaggi che cambiano, culture, lingue, cibo, colori. Forse è un luogo comune ma, dopo un viaggio come il tuo cosa cambia nella percezione di sé?

La mia dimensione si è relativizzata rispetto a quello che mi circonda. E’ come se avessi sgrossato la visione del mondo inteso come entità unica, una pallina di plastina che ora sento di maneggiare nella testa, almeno nella sua forma sferica primordiale, e con la quale posso cominciare a lavorare di fino, nei dettagli.

Una conoscenza dei limiti che mi ha consentito di ampliare la percezione di me stesso nello spazio circostante, non solo a livello fisico – quella linea intorno al mondo tracciata dall’unico paio di scarpe calzato durante il viaggio – ma anche a livello cognitivo.

Opinioni, sfaccettature, il confronto con i diversi punti di partenza culturali che hanno dato origine alle realtà che ho attraversato, vissuto, toccato, annusato, cercando di assimilarle e capirle rispetto al mio centro di gravità. Uno scambio, un continuo feedback tra impulsi esterni e reazioni interne che mi ha plasmato dentro.

Eddy Cattaneo, Mondo via terra aerei

Cos’è la solitudine per un viaggiatore come te?

Il mio viaggio è stato compiuto in solitaria ma, per tratti di qualche giorno o settimane, ho camminato con altre persone.

Condividere emozioni, fatiche, polveri aiuta a capacitarsi dell’avventura che si sta vivendo, come guardarsi in uno specchio e rendersi conto che è tutto vero, amplificando nei riflessi ogni aspetto. Ma, dopo qualche tempo, ho la necessità di rimanere solo, non ho problemi a restare senza contatti, cerco la solitudine, ne ho bisogno per far decantare gli stimoli che mi giungono dall’esterno.

Sulla strada sono bombardato quotidianamente da miliardi di impulsi sensoriali che, se non assimilati con dei periodi di distacco, scivolerebbero via, saturando i sensi. Come una pioggia che, dopo molte ore di acquazzone, non filtra più nel terreno.

Tu dici che viaggiando a piedi i cambiamenti arrivano piano piano, li si percepiscono in modo più attenuato. Possiamo dire che il viaggio, a differenza del turismo, è un esercizio di democrazia?

Per me il viaggio si differenzia dalla vacanza, fondamentalmente per il fatto di NON avere una data di rientro. In un viaggio lasci andare il tempo, lo fai scorrere e non ti preoccupi di rimanere troppo in un posto, se ti senti attratto.

Questo consente di assimilare maggiormente quello che ti circonda, luoghi e soprattutto persone, stabilendo un contatto più profondo di un mordi e fuggi limitato dal tempo. L’estremo opposto è la formula All-Inclusive, nei resort o nei villaggi eco-chic, che capisco come esigenza di relax e di stacco dalla routine quotidiana ma che non associo assolutamente al mio concetto di viaggio.

Aver passato una settimana a bagnarsi a Sharm-El-Sheikh, alle Maldive o alle Los Roques, facendo la canonica escursione culturale al villaggetto, non significa aver visto Africa, Asia, America ma semplicemente aver cambiato il tramonto fuori dalla finestra.

Sono posti in cui ci si rinchiude dentro bolle d’aria esotica per non mescolarsi col diverso, che fa paura, pagando caro qualcuno per sentirsi a proprio agio, ricreando artificialmente le comodità di casa.

Leggendo il tuo libro colpisce la leggerezza e l’umorismo del racconto. Ma lo spirito con cui hai affrontato questa avventura è sempre stato così?

Sì !!! Ovviamente ci sono state giornate nelle quali niente girava per il verso giusto, la fatica prendeva il sopravvento sulla pazienza e una persona di troppo cercava di guadagnarsi da vivere grazie al mio portafoglio occidentale.

Ma non è che stessi lavorando ! L’avevo scelto io, anzi l’avevo desiderato, e mi sono sempre preso tutto, il positivo e il negativo come parti indissolubili. Non ho mai perso la sensazione di fondo di vivere nel mezzo di un sogno che si rendeva solido sotto i miei piedi, la consapevolezza di questa fortuna ti rende leggero nei confronti di quello che ti circonda, come partecipare in un film senza copione dove sei protagonista e telecamera, un “vediamo adesso quello che mi capita”.

Hai mai avuto paura?

Sinceramente no. Sono stato molto fortunato anche in questo, non sono mai stato rapinato e nemmeno aggredito.

Inoltre è ormai da una ventina di anni che faccio viaggi o vacanze sulla strada e un po’ d’istinto l’ho acquisito, quella capacità che ti permette a livello pre-razionale di evitare alcuni posti o persone oppure di accettare passaggi da sconosciuti.

Perchè anche sempre dire NO a tutto, il non lasciarsi andare per paura dell’incognito, secondo me toglie una spezia fondamentale, quella dell’incontro inatteso. Così facendo ho dormito presso famiglie che mi hanno praticamente adottato, entrando a far parte, seppur per un tempo limitato, della cerchia di amici, ospite nei matrimoni e invitato speciale a pranzi e cene.

Il paese che in assoluto ti ha colpito di più e perché?

A me piace tutto.

I paesaggi bucolici senza un solo essere umano ma anche le città caotiche dove incontrare milioni di persone, montagne da scalare e gioielli architettonici, la Storia e la Cucina. Per l’architettura sicuramente sono rimasto affascinato dall’Uzbekistan, uno dei nuovi stati nati dalla disgregazione dell’Unione Sovietica, che comprende una grossa fetta della Via della Seta, con città come Khiva, Bukhara e Samarcanda piene di madrasse, minareti, moschee che sono la rappresentazione fisica delle immagini che scaturiscono dalla lettura de “Le mille e una notte”, mosaici verdi, turchese e oro che brillano a disegnare motivi floreali e frasi dal Corano.

Oppure le enormi costruzioni degli Inca, Machu Picchu e tutta la Valle Sacra in Perù. Le moschee di fango nel Mali e nel Burkina Faso. Per i paesaggi i primi posti che mi vengono in mente sono le montagne del Karakorum nel Pakistan settentrionale, la catena dell’Annapurna in Nepal, l’Amazzonia brasiliana e l’oceano piatto di muschio e vento della Patagonia, con i suoi ghiacciai e le montagne che s’alzano ripide. Il deserto del Sahara e quello di Atacama in Cile. Per non parlare dell’arcipelago delle San Blas di fronte a Panama, atolli grandi cinque minuti a piedi, con mare cristallino e palme, raggiungibili solo grazie a barche a vela o del deserto di sale a Uyuni in Bolivia.

E poi gli animali allo stato brado: elefanti in Thailandia e Laos, formichieri, caimani e tucani in Brasile, pinguini, leoni marini e balene in Argentina, dromedari nel Sahel, rinoceronti in Nepal… Rio de Janeiro mi è rimasta nel cuore per la bellezza del paesaggio e la simpatia degli abitanti, così come Buenos Aires e Cartagena in Colombia, il Laos per la semplicità e la serenità delle persone mentre l’India è un caleidoscopio di sensi sparati a zero sulla pelle e negli occhi, un universo di paradossi, un ambiente dove ci si ritrova immersi in una quotidianità di cui la spiritualità è parte integrante in ogni atto, una presenza costante che richiede continuamente una riflessione sulla propria via interiore.

Per fare un viaggio come il tuo cosa bisogna assolutamente lasciare a casa?

La fretta.

Eddy puoi dire di avere trovato qualcosa che, al di là delle latitudini, ci accomuna tutti?

Le finte borse Gucci e le magliette D&G. Oltre alla voglia di comunicare.

È bello che nel tuo libro tu faccia anche delle schede su cibo e ricette. Quanto è importante essere curiosi anche dal punto di vista culinario? Intendo dire che si impara davvero qualcosa anche “osservando” e mangiando un certo cibo?

Assolutamente ! Non a livello razionale ma, come in una specie di osmosi, mangiare cibo locale aiuta a entrare dentro un luogo per assorbimento, fuori dalla gabbia asettica di pizza, pasta e hamburger con patatine fritte. Io, se non conosco, assaggio. A costo di buttare via tutto.

Eddy Cattaneo, Mondo via terra aerei

Come è stata accolta dagli amici e dalla famiglia la tua decisione di partire?

Malissimo dai genitori. Nella nostra cultura italiana il viaggio on-the-road non è contemplato, proprio non esiste come voce, al contrario di quello che accade altrove.

In paesi come Australia, Gran Bretagna, Olanda, Francia, Stati Uniti chiunque ha un parente con alle spalle un’esperienza simile e che conosce la ricchezza che ne può derivare, oltre ovviamente alle difficoltà e ai pericoli, che sono sempre ben presenti ma mai lontanamente così terribili da escludere a priori di partire zaino in spalla.

E’ comunemente accettato il fatto che un ragazzo, o una ragazza, – anche ragazze, certo! – rimanga in giro da solo per qualche mese o un anno, in attesa dell’università o di cominciare a lavorare, anzi, è quasi prassi. Benissimo dagli amici. Mi hanno assolutamente spronato a continuare, sapendo quanto vitale fosse per me, pochi sono usciti con il classico “Ma perchè ?”. Quasi tutti mi hanno detto che anche loro avrebbero desiderato farlo ma… Sicuramente ci sarà stato anche qualcuno che avrà pensato che fossi un pazzo, o che scappavo da qualcosa, ma nessuno me l’ha detto apertamente.

Hai mai avuto la tentazione di rinunciare e tornare indietro?

No, mai, perchè ?

Hai altri viaggi in programma?

Quello sempre, ma ora, dopo quasi un anno e mezzo sulla strada e un altro anno speso sul libro viaggiando da seduto, per un po’ sento di voler rimanere fermo a decantare.

Nella quarta di copertina c’è scritto che non ami i tour operator ma neanche chi si improvvisa avventuriero. Sembra quindi che per te il viaggio sia anche qualcosa di etico, o sbaglio?

Come già ti dicevo prima, m’infastidisce la supponenza di chi dice di aver visto il mondo facendo il tour dei resort, ma anche di quello che fa il supereroe entrando in paesi pericolosi che soffrono per la guerra, rimanendoci poche ore o qualche giorno semplicemente per mettere una bandierina sull’atlante e mostrare i propri muscoli da viaggiatore sprezzante. Egoturismo.

Mondoviaterra aerei

Il tuo diario suggerisce che per farsi davvero sorprendere da un viaggio non bisogna improvvisare nulla. Equilibrio tra preparazione e avventura. Tutto il contrario del turismo?

Beh…in realtà mi sembrava di affermare esattamente il contrario. Io ho praticamente improvvisato durante tutto il viaggio, seguendo una traccia ma lasciandomi trasportare da quello che capitava. L’unica organizzazione l’ho gestita prima di partire, quando mi sono vaccinato, ho ritirato i visti per i primi paesi e mi sono assicurato, tramite un atlante e internet, che ci fosse almeno un percorso possibile per il mio mondoviaterra.

Un’ultima domanda Eddy: la differenza sostanziale tra un viaggiatore e un turista, indipendentemente dal numero dei chilometri che si percorrono.

Il tempo e la voglia di lasciarsi andare.

Questo il blog di Eddy:

www.mondoviaterra.blogspot.com

Intervista a cura di Geraldine Meyer