Vivere e lavorare a Los Angeles: Helena si racconta

Di Enza Petruzziello

Il sogno americano? Non è così impossibile da raggiungere. Parola di Helena Geraci, trentenne siciliana, che da 4 anni vive e lavora negli Stati Uniti. Arriva in California nel 2015, dopo una laurea in Brand Management all’Università IULM a Milano. Destinazione San Diego. Qui lavora come Social Media Coordinator per una rinomata agenzia di marketing e comunicazione, Alternative Strategies, per poi lavorare al “San Diego Italian Film Festival” nell’organizzazione di eventi cinematografici per promuovere la cultura e il patrimonio artistico italiano in California.

Dopo una sosta di un anno in Spagna, dal 2018 vive stabilmente a Los Angeles dove è Project Manager per la prestigiosa Università UCLA, nel dipartimento Digital & IT della Biblioteca universitaria. Precedentemente ha collaborato con un acceleratore di Startup a Los Angeles, M Accelerator, occupandosi di coordinare programmi di accelerazione per giovani startup italiane che vogliono sviluppare la propria business strategy e strutturare una strategia di digital marketing per la propria azienda.

Una storia di successo la sua che ha deciso di condividere con i lettori di Voglio Vivere Così e tutti gli italiani che sognano di trasferirsi negli Usa, in particolare in California. Ecco cosa ci ha raccontato.

Helena Geraci

Helena ormai vivi negli States da 4 anni. Come mai nel 2015 tra tanti paesi del mondo hai scelto proprio gli USA e la California?

«Sono sempre stata una grande viaggiatrice, prima di vivere negli USA ho vissuto in altri paesi d’Europa ma ero attratta dall’idea di un’esperienza stimolante in un territorio sconosciuto, una nuova sfida oltre oceano che potesse insegnarmi qualcosa di nuovo professionalmente e personalmente. Dopo alcune ricerche online, sono entrata in contatto con un’agenzia Italiana che coordina programmi di tirocinio negli USA; dopo alcuni colloqui mi hanno proposto una posizione in social media marketing per un’agenzia di comunicazione a San Diego. Prima della proposta non avevo esattamente in mente la California, diciamo che la California ha scelto me. Nel giro di 6 mesi dall’ultimo colloquio mi sono ritrovata con un biglietto di sola andata per San Diego e un’azienda che mi aspettava per iniziare un percorso indimenticabile che sarebbe durato 18 mesi».

Vieni dalla Sicilia, un’isola meravigliosa quanto difficile. Hai sempre pensato di andare via e perché?

«Amo la Sicilia, è la mia isola, la mia casa, la mia famiglia. Il luogo dove ho i ricordi più belli della mia infanzia e adolescenza. Ho vissuto in Sicilia fino ai 20 anni, poi, mentre studiavo alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Catania ho iniziato a volermi aprire a nuove opportunità all’estero e ad esplorare l’Europa, prima viaggiando in diverse città europee e poi lavorando a Disneyland Paris, in Francia per quasi un anno. Quella prima esperienza lavorativa all’estero, circondata da persone che venivano da ogni parte del mondo, mi ha davvero aperto gli occhi. Ho iniziato ad avere una mente più aperta e una maggiore voglia di esplorare nuove culture, lingue ed esperienze internazionali. Pur amando tantissimo la Sicilia, il mio desiderio di fare una carriera internazionale, in un ambiente multiculturale legato alle lingue, mi ha portato a dover viaggiare lontano e a lasciare la mia terra».

Come sono stati gli inizi a San Diego? Penso all’ambientazione, alla lingua, a nuove abitudini di vita e alla gente del posto.

«Devo dire di non aver vissuto un “culture shock” come molte altre persone. Fortunatamente viaggiando diverse volte in USA e avendo vissuto 3 mesi a New York per un tirocinio nel 2011, avevo già avuto l’opportunità di conoscere la cultura americana e alcune delle sue principali abitudini. Il mio inglese era già abbastanza buono, ma mi sono dovuta abituare all’accento americano e alla velocità con cui la gente del posto parla quotidianamente. Sono bastati un paio di mesi per abituarmi pienamente alla lingua e ambientarmi. Essere costantemente esposti all’inglese sia a lavoro, con i colleghi madrelingua, che a casa, vivendo con coinquilini americani, ha certamente aiutato molto. Riguardo le abitudini ad esempio, in California quasi tutti usano la macchina per spostarsi e nel giro di poco ho dovuto comprare un’auto, fare la patente americana e ho imparato a guidare in autostrade a 6 corsie. Per fortuna, tramite il programma di tirocinio a cui ho partecipato, appena arrivata in azienda ho incontrato altri ragazzi da tutta Europa che facevano lo stesso mio percorso e siamo diventati subito amici. Alcuni di loro vivevano qui già da diversi mesi e mi hanno introdotto nelle loro cerchie. Ci siamo tutti dati una mano come una famiglia, e questo ha fatto decisamente la differenza».

Per quanto riguarda i visti, gli americani sono piuttosto rigidi riguardo le leggi sull’immigrazione. A te come è andata?

«Sì, purtroppo è vero, c’è molto rigore, e soprattutto con l’attuale amministrazione i controlli e i criteri di selezione sono aumentati. Io ho iniziato con un visto J1, che da’ la possibilità di lavorare come tirocinante per un massimo di 18 mesi in un’azienda americana. Dopo ho fatto un visto studente F1, con cui ho seguito un corso a UCLA Extension per 9 mesi, ho ottenuto un “certificate degree”. Dopo 9 mesi di studio viene concesso l’OPT (Optional Practical Training) che permette di lavorare per 1 anno in un’azienda, con un normale stipendio americano. Al momento sto cercando di ottenere una sponsorizzazione tramite il lavoro e un visto H1B, incrociamo le dita!».

CARTINA DELLA CALIFORNIA

Come si vive a San Diego da residente e non da turista?

«Per me San Diego è una delle città più belle dove poter vivere. Oltre ai classici “mare, surf e clima primaverile tutto l’anno” c’è proprio una cultura del vivere all’aria aperta, fare escursioni nella natura, fare sport acquatici o in spiaggia, stare in forma e prendersi cura della propria salute. Inoltre c’è moltissimo verde, parchi e zone marine protette, un incanto.

Per quanto riguarda il costo della vita sicuramente San Diego è più cara dell’Italia, una stanza in affitto parte dai $700 in su, per non parlare degli appartamenti che salgono notevolmente di prezzo. Tutto però è relativo al tenore di vita, gli stipendi qui sono notevolmente più alti. Per muoversi è sempre meglio avere una macchina, non c’è la metro e gli autobus non sono molto frequenti, Uber e Lyft funzionano benissimo e si può anche condividere il percorso con altre persone per dividere le spese. Il mio consiglio per chi voglia venire a San Diego è: investite in una macchina e fate amicizia con la gente del posto per ambientarvi con più facilità!».

Sei stata Social Media Coordinator per una rinomata agenzia di marketing e comunicazione per poi lavorare al “San Diego Italian Film Festival”. Che esperienze sono state?

«Ottime esperienze professionali. Lavorare nel social media marketing per un’agenzia americana mi ha fatto crescere professionalmente e imparare a pianificare strategie editoriali in inglese oltre che a conoscere nuovi strumenti digitali che tutt’ora uso e ad interfacciarmi con clienti americani che hanno esigenze e gusti diversi dai clienti Italiani con cui lavoravo prima. L’esperienza al “San Diego Italian Film Festival” è stata molto formativa. L’organizzazione non-profit programma proiezioni settimanali di film in lingua italiana durante tutto l’anno, eventi culturali in collaborazione con altri enti e soprattutto un festival annuale tutto dedicato al cinema italiano. Lavorare con una comunità di italiani (e non!) che vogliono portare avanti e condividere la cultura cinematografica Italiana a San Diego è stata un’esperienza unica che mi ha fatto capire quanto la cultura Italiana sia rispettata e amata qui in California e quanto molti americani vogliano avvicinarsi alla storia e alla lingua del nostro paese. Inoltre aiutando nella comunicazione e organizzazione di eventi sono entrata in contatto con diverse realtà non-profit della città e ho sviluppato un buon network professionale, oltre che migliorare le mie capacità organizzative e di relazioni pubbliche».

Nel 2018 ti sei trasferita per un anno in Spagna. Dove esattamente e per fare cosa? Come è stato vivere qui?

«Nel 2018, al termine del mio primo visto J1, ho deciso di prendere una pausa dagli Stati Uniti e raccogliere le idee prima di iniziare un altro visto e una nuova avventura. Ho scelto la Spagna perché volevo praticare la lingua e avendo tanti amici spagnoli ho sempre avuto un’ottima impressione della cultura e delle abitudini di questo paese, molto simile all’Italia in tanti aspetti. Mi sono trasferita a Barcellona dopo avere sentito parlare molto bene di questa città, definita un po’ la “California Europea” per alcune similarità con il clima della costa west. Quando mi sono trasferita non avevo ancora trovato un lavoro e non conoscevo nessuno sul posto. Il mio obiettivo era trovare una posizione nel mio settore professionale per almeno un anno, e fare un’esperienza lavorativa in un nuovo paese prima di salpare di nuovo per gli States. Nel giro di un mese ho avuto la fortuna di essere assunta come Content Project Manager da Michael Page, un’azienda internazionale di risorse umane. Lì mi sono occupata di coordinare un team di editori e contenuti online sui siti web dell’azienda in 13 paesi in Europa. Un’esperienza molto intensa che ha richiesto tanto lavoro ma che ne è totalmente valsa la pena poiché mi ha portato a cambiare il mio percorso professionale da social media marketing a project management».

☞ Leggi la nostra guida completa per trasferirsi a vivere in California

Helena Geraci

Finita questa esperienza decidi di tornare in California, questa volta destinazione Los Angeles. Una città conosciuta per la grande industria cinematografica, per le spiagge di Malibù e per le sue “stelle”. Ma com’è vivere nella città degli Angeli da residente e non da turista?

«È eccitante, c’è sempre tanto, tantissimo da fare, dai concerti all’ Hollywood Bowl e al Walt Disney Concert Hall, alle passeggiate sui sentieri in montagna, ai barbecue o picnic nei parchi in città, allo shopping nei mercatini biologici o nei negozietti vintage di alcune zone. La Los Angeles che molti conoscono venendo in viaggio da turisti è fatta di belle spiagge, luci e stelle di Hollywood e grattacieli. La Los Angeles che si scopre da residenti include molto di più. Tantissima natura poco lontano dal centro, parchi stupendi, le montagne del “Los Angeles National Forest” alle spalle della città, la costa sud, dalle cittadine di Manhattan Beach, Hermosa, Redondo, giù fino a Orange County, una splendida area marittima dove fare surf, passeggiare in mezzo alla natura e fare sport acquatici.

Poi c’è downtown Los Angeles, che per quanto abbia delle zone poco sicure, molte altre sono piene di musei, centri artistici e culturali, bar, rooftop e ristoranti di lusso. Se poi si vuole vivere lontano dal traffico si possono scegliere quartieri residenziali come Pasadena, Glendale o Burbank, a 15-20 minuti dal centro ma molto sicuri, calmi e silenziosi. Delle piccole cittadine che hanno tutto a portata di mano. Molte persone vengono in viaggio qui e dicono “Los Angeles non mi è piaciuta” e io rispondo sempre: “Aspetta di viverci e vedrai che non vorrai più andartene”».

Tu sei l’incarnazione del sogno americano. Sei riuscita non solo a trasferirti ma anche a trovare lavoro subito. Che opportunità occupazionali ci sono per gli italiani e quali canali secondo te bisogna utilizzare per trovare lavoro?

«Ci è voluto, e ci vuole costantemente coraggio, oltre a non avere la tentazione di guardarsi indietro e tornare a quello che è più facile, ovvero la comodità di casa. Voglio essere sincera, vivere qui e farcela non è facile, il sistema di immigrazione è molto duro e fatto in modo tale da fare rimanere gli stranieri il meno tempo possibile, con visti a breve durata e criteri di selezione molto alti. Se però si ha la determinazione, la volontà di non arrendersi alle prime difficoltà, oltre che all’apertura mentale a una nuova cultura, fatta di diverse abitudini e modi di vivere, si riesce ad integrarsi bene.

Per quanto riguarda i canali dipende dal percorso di ogni persona. Per chi volesse fare una prima esperienza negli States c’è la possibilità di fare un tirocinio in azienda con un visto J1, ci sono diverse agenzie di collocamento il cui lavoro è quello di collegare candidati italiani ad aziende americane e occuparsi di tutta la documentazione in cambio di un compenso non troppo oneroso. Questo visto da’ la possibilità di rimanere fino a 18 mesi. Per chi volesse intraprendere un percorso di studio c’è la possibilità di venire con un visto studentesco F1. Al di là delle lauree triennali o dei master che hanno costi proibitivi, consiglio i “Certificate Degrees”, corsi professionali che vanno dai 6 mesi fino a 2 anni, offerti ad esempio da UCLA Extension, UC San Diego e UC Santa Barbara. Altra alternativa sono i Community College, come il Santa Monica College, i quali offrono “Associates Degrees” e “Bachelor Degrees” ad un prezzo abbordabile. Al termine del percorso di studi è possibile fare l’OPT e rimanere un altro anno nel paese lavorando per un’azienda. Se si è poi in grado di dimostrare delle competenze uniche e specifiche, soprattutto per chi lavora nel campo della scienza, ingegneria o IT, il visto H1b permette a un’azienda americana di sponsorizzare un candidato straniero fino a 3 anni, rinnovabili per altri 3 anni. Ovviamente la lista è lunga e ci sono molte altre tipologie di visto da esplorare, consiglio di affidarsi ad un avvocato immigrazionista americano per consigli sul proprio percorso».

Helena Geraci

A Los Angeles oltre al tuo lavoro all’UCLA hai iniziato anche un percorso di recitazione, girando un cortometraggio. Parlaci di questo progetto.

«Avevo studiato recitazione già in Italia, quando poi mi sono trasferita a Los Angeles sono entrata in contatto con un network di artisti legati al mondo cinematografico e mi sono sentita ispirata a riprendere la recitazione. Ho scoperto “The Actor’s Lab”, un laboratorio di recitazione per il cinema e la pubblicità che offre un percorso mirato a preparare gli attori ad affrontare il set e i casting per film e televisione. Ogni settimana lavoriamo su scene, monologhi e pubblicità oltre ad avere Q&A con personaggi di spicco come registi, produttori, scrittori e attori. Un paio di mesi fa ho partecipato come attrice a un corto intitolato “Quaranteam”, girato interamente via Zoom e iPhone. Un thriller ambientato in quarantena, dove un gruppo di amici si ritrova su Zoom per un happy hour e qualcosa di misterioso accade alla protagonista, me, mentre il gruppo è in videoconferenza. Il corto ha partecipato al “Safer at Home” Festival e parteciperà a Ottobre al Brazilian Film Festival, entrambi a Los Angeles. Sono molto fiera di questa collaborazione soprattutto poiché girato durante un periodo complesso come quello della quarantena, dove è difficile mantenere la creatività artistica e occorre avere sempre nuove idee e soluzioni innovative lavorando online».

Oltre alla quarantena e all’emergenza Covid-19 che ha colpito tutto il mondo, nelle ultime settimane gli Usa sono stati scossi dall’uccisione di George Floyd. È nato il Black Lives Matter, contro ogni tipo di razzismo di discriminazione. Che clima si respira a Los Angeles da questo punto di vista?

«C’è tanto, troppo da dire, non saprei da dove iniziare! Quello che sta succedendo è il frutto di tanti omicidi o aggressioni ingiuste compiute per anni dalla polizia contro afroamericani. Il caso George Floyd è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e la gente non ce l’ha fatta davvero più a tacere. Questa volta è stato troppo, abbiamo assistito ad un omicidio quasi in diretta, senza poter fare nulla. Comprendo appieno le proteste, la gente non può più stare inerme a guardare. Qui, come in tante altre città d’America, il clima è molto teso. Abbiamo avuto diverse ondate di proteste che hanno portato alla chiusura di intere zone e a forti atti di vandalismo, arrivando al coprifuoco per quasi una settimana, in cui era vietato uscire di casa dopo le 6 o 7 di sera. Molte delle proteste sono state tuttavia pacifiche, ma purtroppo la polizia ha reagito duramente contro chi è sceso in strada manifestando senza armi o senza volere ledere nessuno. Purtroppo la polizia qui viene addestrata ad essere molto repressiva ed è a mio avviso molto ingiusto».

Com’è cambiata la tua vita da quando sei in California e che consigli daresti a chi, come te, vuole mollare tutto e ricominciare in USA?

«Da quando mi sono trasferita in California ho dovuto “rimboccarmi le maniche”. Quando sei qui sei molto lontano da casa e se c’è un problema da risolvere devi imparare a risolverlo da solo. Certo la mia famiglia mi appoggia sempre e so che se avessi bisogno di qualcosa loro mi aiuterebbero, però vivere a Los Angeles mi ha fatto maturare molto e imparare che molte sfide, lavorative, personali o burocratiche, le posso affrontare da sola. Questo mi ha dato una grande spinta e forza a migliorarmi sempre di più. Inoltre, lavorativamente parlando, qui l’ambiente è molto competitivo e per mostrare il proprio valore occorre essere un po’ più aggressivi di quello che ci insegnano in Italia. Ho notato che in Italia c’è molta, a volte troppa umiltà, si tende sempre a sottovalutarsi e a non volersi esporre troppo. In USA la cultura è molto più tenace, per stare nel giro devi un po’ uscire le unghie e farti valere. Il consiglio che do agli italiani che vogliono venire negli Stati Uniti? Intanto assicurarsi di avere qualcosa da parte per poter coprire le spese iniziali che sono tante, poi venire con un piano a lungo termine, facendo scelte strategiche che porteranno da qualche parte dopo, sia che si voglia rimanere qui o tornare in Italia. E infine, non siate troppo umili, fatevi avanti, questo è il paese delle grandi opportunità per chi ha la grinta e la determinazione di far vedere il proprio talento».

I tuoi progetti per il futuro?

«Al momento sto discutendo la possibilità di ottenere un visto lavorativo, se tutto andrà bene continuerò a lavorare a UCLA come Project Manager e parallelamente sviluppare la mia carriera di attrice nel mondo del cinema a Los Angeles. In futuro, mi piacerebbe potermi dedicare appieno alla mia vena artistica e alla recitazione. Sono seguita da ottimi insegnanti e il “The Actor’s Lab”, dove attualmente studio, è un ottimo trampolino di lancio per gli attori che vogliono fare carriera in questo settore molto competitivo. Sto già collaborando a nuovi progetti cinematografici e tante sono le collaborazioni artistiche in pentola, spero possano realizzarsi tutte!».

Per contattare Helena questi sono i suoi riferimenti:

Sito web: helenageraci.com.

Facebook: Helena Geraci.