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L’arte continuerà a resistere: Giorgia Vitali, l’unica italiana a NY ad insegnare la Bollywaack

Giorgia Vitali

Dalle colline abruzzesi a New York: Giorgia Vitali, ballerina ai tempi del Covid

Di Enza Petruzziello

Passione, curiosità e voglia di volare in alto…fino a New York. Giorgia Vitali, ventisettenne di Torano Nuovo, borgo abruzzese nelle colline teramane, di strada ne ha fatta tanta a passi di danza.

Da bambina si muoveva sulle punte della scuola “Associazione Danza Insieme”, diretta da Zorayda Di Sante. È stata proprio lei ad incoraggiare Giorgia spingendola a viaggiare all’estero. Classica, jazz, contemporanea: sono tanti gli stili che Giorgia conosce e che le hanno permesso di esprimere la sua personalità di ballerina e coreografa.

Ma il vero salto nella sua carriera arriva negli Stati Uniti. Giorgia si trasferisce a New York grazie ad una borsa di studio che le consente di frequentare la prestigiosa scuola di ballo Joffrey Ballet School.

Nella città dalla vocazione internazionale e cosmopolita, perfetta mescolanza di stili e culture, la giovane ballerina si avvicina alla Bollywaack, finendo per diventare l’unica italiana autorizzata ad insegnare questo genere di danza nonché una delle pochissime occidentali a praticarla a livello artistico.

Giorgia come e quando nasce la passione per la danza?

«Ero una di quelle bimbe che amava la musica e “muoversi” a ritmo sin da piccolissima. La musica ed il teatro sono sempre stati protagonisti a casa mia; di conseguenza quando compii sei anni i miei genitori decisero di iscrivermi alla migliore scuola di danza dei dintorni, “Ass. Danza Insieme” diretta da Zorayda Di Sante, la mia prima insegnante. I primi tre mesi furono duri e ricordo di aver pensato di cambiare disciplina, ma fu proprio la mia insegnante a convincere i miei genitori che avrei dovuto continuare. Da lì in poi, non ho più smesso né pensato minimamente di “appendere le scarpette al chiodo”».

Qualche anno ti sei trasferita a New York, su consiglio della tua insegnante di danza. Come è stato l’impatto umano e professionale con la Grande Mela?

«Dopo la maturità, decisi che avrei trovato un modo per continuare a ballare. La mia insegnante, Zorayda, mi aiutò molto nella ricerca di accademie di danza in Europa: il piano iniziale era di studiare in Spagna, Tel Aviv o in Francia. Quasi per gioco, mandammo il curriculum e un video di audizione anche alla Joffrey Ballet School di New York City ed è così che è iniziata la mia avventura qui.

La Grande Mela ti accoglie bruscamente con tutti i suoi paradossi sia livello umano che professionale: i primi mesi abituarmi a parlare solamente in inglese mi dava la sensazione che mi “fumasse” il cervello a fine giornata; una città dura in superficie ma piena zeppa di aspiranti artisti proprio come lo ero io e che all’inizio mi rincuorò: non mi sentivo spaventata, ma travolta da tantissime informazioni e rumori e storie simultaneamente. Ero spesso esausta ed entusiasta allo stesso tempo».

Hai frequentato la prestigiosa scuola di ballo Joffrey Ballet School, che tipo di esperienza è stata?

«Alla Joffrey Ballet School ho avuto la fortuna di incontrare studenti di tutto il mondo, con molti dei quali sono ancora in contatto. Un’esperienza di crescita sicuramente e anche di scoperta: proprio durante quegli anni ho capito meglio cosa volevo fare, la direzione che volevo prendere a livello professionale, gli stili che avrei poi scelto come “cavalli di battaglia”, studiando successivamente anche alla Peridance Capezio Center».

Ben presto ti avvicini alla Bollywaack, specializzando fino a diventare l’unica insegnante italiana a NY. Parlaci di questa disciplina che in Italia forse in pochi conoscono.

«Il Bollywaack nasce da un’idea di Kumari Suraj, artista dalle mille sfaccettature, originaria di Portland, Oregon. Kumari ha creato questo stile per racchiudere tutte le influenze artistiche della sue origini Afroamericane, Desi (India settentrionale) e Native americane. La Bollywaack fonde insieme danze folk e classiche tradizionali indiane con Waacking e punking, stili nati negli anni 70 grazie alla comunità LGBTQ+ a Los Angeles, sulle note della sempreverde musica Disco. La parola stessa é unione di “Bollywood” e “Waacking”, perché aggiungo, le musiche prescelte sono le accattivanti musiche e colonne sonore delle pellicole Bollywood».

Che cosa ti ha conquistato della Bollywaach?

«Della Bollywaack mi ha conquistato l’unicità, il fatto che sia uno stile piuttosto nuovo e che in pochi conoscono; uno stile cosmopolita che mi ha accolta e ispirata, dandomi la possibilità di ampliare gli orizzonti e creare qualcosa di diverso e bellissimo. La comunità del Bollywaack in India é un altro motivo per cui me ne sono ancor di più innamorata: l’anno scorso – settembre 2019 – ho trascorso una settimana a Mumbai con Kumari tra workshop di Waacking, Bollywaack e voguing e Bollywaack Festival e il calore e l’affetto ricevuti da tutti sono stati conferma che il percorso fatto ed il lavoro ancora da fare ne valgono assolutamente la pena».

Fai parte della Kalamandir Dance Company e della AATMA Performing Arts. Da insegnante free lancer stai contribuendo al ritorno di popolarità e consenso della Bollywaack nella Grande Mela. Come stanno rispondendo i newyorkesi?

«Brinda Guha con la sua Kalamandir Dance Company e Amit Shah con l’AATMA Performing Arts e lo show Mystic India sono stati e continuano ad essere dei pilastri nella mia formazione e carriera. Quando ho deciso di iniziare ad insegnare ho ricevuto tanto sostegno soprattutto da alcuni colleghi: Bollywaack può a volte essere percepito come uno stile complicato e non accessibile soprattutto da principianti o persone non ad un livello avanzato. Mi sto impegnando affinché l’atteggiamento cambi e si capisca che il Bollywaack è uno stile per tutti e di tutti».

Come tu stessa sostieni, le tue origini italiane ti hanno aiutata molto nel tuo percorso artistico a New York. Spiegaci meglio. In che modo essere italiana rappresenta un vantaggio?

«Alla classica domanda: “Where are you from?” ed alla mia conseguente risposta – Italy – sono sempre seguiti sorrisi, battute, ahimè, anche qualche cliché come “pizza, gelato, pasta, vino” ecc. ecc. ma in generale mi sono sentita accolta ed anche apprezzata per le mie origini. Tanti americani che ho incontrato ancora si vantano di avere origini italiane, di essere nipoti o pronipoti di immigrati italiani. Inoltre, la naturale teatralità e drammaticità che spesso ci caratterizza mi ha aiutato tanto ad interpretare al meglio vari ruoli».

Gli Stati Uniti sono ad oggi il paese più colpito dal Covid-19. Misure restrittive, distanza sociale e coprifuoco scandiscono le nostre giornate. Il mondo dello spettacolo è uno dei più penalizzati. Da un punto di vista lavorativo come stai affrontando questa emergenza?

«Penso di star affrontando questa grande pausa lavorativa imposta come tutti: con amarezza e purtroppo anche risentimento verso Governi che non considerano l’Arte e la Cultura degne di sopravvivere a questa pandemia (Italia e Stati Uniti inclusi); ma anche con tanta voglia di creare, coreografare, filmare progetti video, collaborare con altri creativi: l’Arte troverà sempre il modo di resistere.

Ho dovuto adattarmi alla situazione ed iniziare a lavorare nel mondo del fitness ed insegnare online. In particolare, una famiglia italiana ha riposto in me tanta fiducia chiedendomi di dare delle lezioni private nel loro salotto: così mi sono ritrovata a ballare con tre adolescenti a casa e mi sta dando tanta gioia. La danza sta continuando in strada, nei parchi, nei salotti (non i salottini aristocratici) com’era “una volta”. Stiamo tornando alle origini e ne usciremo più forti».

Dalle colline abruzzesi ai palcoscenici di tutto il mondo. Ne hai fatta di strada, ti saresti mai immaginata tutto questo quando da bambina hai indossato le tue prime scarpette? E come è cambiata la tua vita da quando vivi a New York?

«Ho sempre avuto un po’ la testa fra le nuvole, mi piaceva e mi piace ancora sognare in grande. Tuttavia, sono sempre rimasta cosciente che il successo ed i traguardi autentici sono frutto di duro lavoro e non mi sono mai tirata indietro. Si dice che il successo sia solamente la punta dell’iceberg: molti non vedono e non conoscono la base dell’iceberg, tutto il sudore, il sangue, il dolore che ci sono sotto, sommersi. Sono una persona che ha bisogno di pianificare per rimanere coi piedi per terra e non perdersi tra sogni e fantasie, ma la vita mi ha insegnato che i piani non sono affidabili e che a volte bisogna seguire la corrente, accettare ciò che ti si presenta davanti e ciò che invece non risulta “fatto per te”, tutte le porte e i portoni che ti si chiudono in faccia. Mai avrei pensato di arrivare fin qui, ma c’é ancora tanta strada da fare. Ho imparato che la versatilità e la malleabilità in campo artistico e nella vita sono grandi doti da coltivare. Mi sento cresciuta e rafforzata dalle mie esperienze, ma sorrido anche per come io sia rimasta sempre la stessa in un certo senso: la stessa bimba indipendente, disordinata e generosa che ero un tempo».

Pensi un giorno di ritornare in Italia? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

«Amo la mia terra ed il paesino da dove vengo, Torano Nuovo, in provincia di Teramo, e mi piacerebbe trovare un equilibrio prima o poi: viaggiare in tour per il mondo e trascorrere anche un po’ di tempo in Italia, soprattutto vicino alla mia famiglia speciale. Mi piacerebbe produrre uno spettacolo tutto mio, magari incorporando i diversi stili che pratico, incluso il Bollywaack e le danze folkloristiche italiane su cui sto facendo ricerche e che sto riscoprendo pian piano».

Per contattare Giorgia ecco i suoi recapiti:

Instagram – @jojoyvita

Facebook: Giorgia Vitali

Sito web: www.giorgiavitali.com

Email: giorgiavitali@hotmail.it

 

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