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Via dall’Italia alla ricerca di meritocrazia e integrazione: la storia di Elisa Vezzani, ora a Bali

Elisa Vezzani

Elisa Vezzani: la mia vita tra Londra, l’Andalusia e Bali

Di Enza Petruzziello

«Ciao sono Elisa, di Asti. Quando avevo 9 anni i miei genitori si sono trasferiti a NY. Non parlavo una parola di inglese, ma mi sono dovuta adattare in fretta. A 14 anni mi sono trasferita in Svizzera, nel cantone Francese, a 16 a Londra. Quando ne avevo 17, i miei sono tornati a Torino ma io ho deciso di rimanere a Londra».

Inizia così la mail con cui Elisa Vezzani, 45enne originaria di Asti, si presenta alla nostra redazione.  Una vita in giro per il mondo, la sua. Nella capitale inglese Elisa inizia a studiare, a scoprire la città e non solo quella del turismo di massa. È a Londra che incontra suo marito, Tonino Montesanti, italiano e ribelle come lei. Dopo 20 anni, si trasferiscono in Andalusia per poi ritornare 4 anni dopo di nuovo nella città di Sua Maestà Elisabetta II.

Adesso? Sono a Bali. Ecco che cosa ci ha raccontato.

Elisa sei andata via dall’Italia a soli 9 anni insieme ai tuoi genitori. New York prima e poi la Svizzera. Ricordi l’impatto che hai avuto con queste due realtà così diverse?

«A 9 anni un’opportunità di lavoro di mio padre ci porta a New York, Manhattan. Adesso capisco che i miei genitori l’hanno fatto anche per me, ma allora mi sentivo come se mi crollasse il mondo addosso. Non parlavo una parola di inglese, mi dispiaceva abbandonare i miei amici e mi sono trovata catapultata in un’altra realtà. All’inizio ho frequentato l’unica scuola italiana nel Greenwich Village, (sono ancora in contatto con 3 compagni); poi sono passata alla United Nations School.

I miei coetanei sembravano molto più grandi e sono dovuta crescere anch’io in fretta. Per proteggermi e adattarmi. La città era però fantastica. La musica rap e hip hop era ovunque. Teatri. Luci. Graffiti. Ero circondata da persone stravaganti. Potevi incontrare persone in pigiama in metropolitana e nessuno si stupiva. Central Park meraviglioso. Street food. A NY ho visto il mio primo film al cinema, il primo concerto (Duran Duran); ho trovato il primo lavoro estivo a 14 anni negli Uffici dell’Agip Usa (anche se ho mentito e detto di averne 19). Grazie ai miei genitori abbiamo visitato tutti i quartieri della città, tutta la East Coast e un po’ della West, ma non la sentivo mia. Non è stato facile essere teenager a NY. Adesso probabilmente a 45 anni la vedrei e vivrei con occhi diversi. In Svizzera, nel cantone francese totalmente l’opposto. Un paesino di montagna, con una strada. Pulitissima. Lo sci era il passatempo principale, ma sono rimasta per poco».

È a Londra, però, che ti sei sentita a casa a tal punto da rimanerci anche da sola. Che cosa ti ha conquistato della capitale inglese?

«Sono arrivata a Londra a 16 anni. Mio padre si era trasferito per lavoro e io e mia mamma l’abbiamo seguito. Poco dopo loro sono tornati in Italia. Avevo 17 anni, ma sono voluta rimanere. Per convincermi a tornare mio papà mi ha detto che se fossi rimasta non mi avrebbe aiutata economicamente. Gli ho risposto che andava bene così. Avevo 55 sterline in tasca. Ho trovato un lavoro in una farmacia elegantissima a South Kensington. Guadagnavo £ 3.50 all’ora. Studiavo di giorno, lavoravo dalle 5 alle 10 di sera e i weekend, ma ero felice. Per questo ringraziare i miei genitori. Grazie anche a loro ho un forte spirito d’adattamento. Londra è incantevole. Ipnotica. L’ombelico del mondo. La Londra degli anni 90. Magica e piena di opportunità.

Quali aspetti rendevano Londra così magica?

«Magica perché c’era qualcosa per tutti: dalla storia alla cultura alla musica. È una città delle idee, un innovatore di arte e cultura. Una città piena di pensatori indipendenti con un’immaginazione straordinaria. Innovazione teatrale, arte contemporanea, pionieristica, scrittura, poesia, architettura e design, musica.

Ho conosciuto tante celebrities. Calciatori, cantanti che passeggiano normalmente per le vie di Londra o cenano senza bodyguard o folle di persone intorno a loro. Mi hanno fermata per strada per un provino come modella da Vivienne Westwood quando avevo 23 anni. L’ho fatto perché mi sono sempre piaciute le sfide. Mi hanno anche presa ma non sono mai andata, non è mai stato il mio mondo!.

Magica perché ho conosciuto delle persone fantastiche che sono ancora i miei amici oggi, una seconda famiglia. C’è rispetto. Molto. Puoi essere chi vuoi e nessuno ti giudicherà».

Tra le città più costose d’Europa, ma anche quella con la migliore qualità della vita, Londra è una città cosmopolita, bellissima, piena di opportunità. Qui hai conosciuto anche tuo marito…

«Sì, Londra è piena di opportunità, perché se hai voglia di fare te lo permettono. Puoi diventare tutto ciò che vuoi. Studiare a qualsiasi età. Lavorare a qualsiasi età. Puoi essere un artista di strada e magari diventare come Banski, ancora ignoto ma con opere famose in tutto il mondo, un giovane manager o iniziare una carriera a 50/60 anni, perché non sei mai considerato “vecchio”.

Ho conosciuto il mio compagno di vita, Tonino Montesanti, a Londra 23 anni fa. Italiano. Di Colleferro, vicino Roma. Un po’ ribelle come me. È arrivato a Londra a 23 anni dopo essere rimasto deluso dal sistema, che il più delle volte non premia chi dovrebbe. Era un sottotenente dell’esercito Italiano e dopo una missione rischiosa in Somalia non si è visto confermare il suo posto, perché non era raccomandato. Doveva rimanere 6 mesi, ma poi ha conosciuto me ed è rimasto 25 anni! Non sapendo l’inglese ha cominciato a lavorare come lavapiatti e poi aiuto cameriere nel primo ristorante di Giorgio Locatelli. Eravamo pieni di sogni. Parlavamo notti intere e pianificavamo il nostro futuro».

Quali erano i vostri sogni e come si sono concretizzati?

«Dicevamo che a 40 anni non avremmo più avuto voglia di lavorare per gli altri e che ci dovevamo dare da fare in quel momento. Per un periodo ho avuto 3 lavori. Di giorno negli uffici della Delta Airline, 2 sere a settimana e qualche weekend come receptionist in un ristorante per mettere da parte 5,000 sterline per il deposito della prima casa. Avendo sempre amato il settore del Travel, ho continuato a lavorare, ma per una rivista di viaggi. Ero invitata spesso all’estero per eventi da Enti del turismo, ambasciatori, tour operators, hotel e compagnie aeree che volevano provassi i loro prodotti e servizi per poi essere inseriti sul giornale con articoli e campagne pubblicitarie. Riuscivo ad amalgamarmi in modo naturale negli usi e costumi dei paesi che visitavo e mi sentivo viva e realizzata.

Abbiamo continuato ad investire nel settore immobiliare nel 2001. Erano tempi diversi, ed è diventato un hobby. Comprare casa, ristrutturarla e rivenderla a volte nell’arco di 6 mesi. A noi sembrava facile superare gli ostacoli e veniva bene. Abbiamo svolto vari corsi di specializzazione nel settore e la nostra passione è diventata un lavoro a tempo pieno».

Stanchi di Londra, dopo 20 anni, in un giorno avete venduto casa e vi siete trasferiti in Andalusia per 4 anni, a Marbella. Perché proprio l’Andalusia?

«Sentivamo il bisogno di un posto al sole, ma non solo stagionale. Marbella ci sembrava il posto ideale: multiculturale, mantiene ancora le sue tradizioni andaluse. Ci siamo arrivati per caso e quasi per gioco. Abbiamo puntato il dito sul mappamondo ed è uscita la Spagna. Abbiamo comprato un appartamentino vacanza, mi sono innamorata del posto e, stanchi di Londra, abbiamo poi deciso di andarci a vivere. Lo abbiamo fatto soprattutto per mia figlia che aveva una tosse perenne, scomparsa non appena arrivati lì».

Terra magnifica, piena di arte, di colore, patria del flamenco e della sangria. Com’è stato vivere in Andalusia?

«Sono stati 4 anni di spensieratezza, un life style diverso. Siesta. Pranzi infiniti e giornate che finivano molto tardi. Gli spagnoli non vivono per lavorare, ma lavorano il minimo per vivere bene. L’abbiamo girata tutta anche al di fuori delle parti turistiche e ci siamo ritrovati nel mezzo di feste gitane dove tutti ballavano il flamenco per le strade con fiumi di sangria bianca e rossa che scorrevano. A Marbella c’erano 30 gradi e in 2 ore eravamo in Sierra Nevada a sciare. Abbiamo lasciato amicizie importanti che sono però sempre nei nostri cuori».

Però vi mancava la “buzzy” Londra, quindi siete tornati. Che Londra avete trovato al vostro rientro?

« A noi è cominciata a mancare soprattutto la parte culturale della grande città, musei, teatri, concerti, shows, eventi sportivi, ma abbiamo sottovalutato il fattore Brexit che ha scatenato delle conseguenze inaspettate. Poi l’avvento del Covid-19. Decisamente una Londra spenta e irriconoscibile».

Di che cosa vi occupate tu e tuo marito? Riuscite a conciliare il vostro lavoro con la vostra vita da “nomadi”?

«Abbiamo fatto delle nostre passioni il nostro lavoro e possiamo lavorare ovunque. Io sono mentore/coach specializzata in rapporto tra mamme e figlie. Attraverso il mio Free To Be Mentoring organizzo corsi di crescita personale per bambine. Mio marito collabora con un’associazione non profit e aiuta i connazionali che affittano a Londra a conoscere i loro diritti.

Mia figlia, Julia ha 11 anni, viaggia con noi da quando aveva 3 mesi. Parla l’inglese lo spagnolo e l’italiano perfettamente. Ha parecchi interessi, tra quale il teatro, canto, golf, e scrivere. Scrive molto. Vorrebbe fare la giornalista. Ha appena finito un suo primo libro di attività per bambine che ha scritto durante il lockdown».

Dal settore immobiliare a mentore/coach per mamme e figlie. Cosa ti ha spinto a intraprendere questa nuova carriera?

«Qualche hanno dopo il 2009, anno in cui è nata mia figlia, fonte d’ispirazione, sentivo che mi sarebbe piaciuto dedicarmi ad aiutare mamme come me, ma era un sogno nel cassetto, ed ero oramai immersa nel mio business immobiliare. Vari eventi da attribuirsi a collaboratori non professionali, mi hanno poi spenta, ferita e delusa. Nel 2017 un corso di crescita personale di Tony Robbins, mi ha dato la spinta giusta ed ho visualizzato il mio nuovo scopo di lavorare con donne e ragazze. Quel sogno nel cassetto ha cominciato a prendere forma, ho iniziato a studiare, fatto vari corsi e mi sono poi diplomata come formatrice. Londra sì ci ha permesso tutto questo, ma bisogna avere una visione. Volerla realizzare. Agire, senza paura e dare il massimo!».

Da poco avete deciso di ricominciare, di nuovo. Questa volta a Bali. Come mai questa scelta?

«Abbiamo deciso di venire a Bali dopo l’ultimo speech di Boris Johnson il quale prevedeva un ritorno alla normalità a fine giugno con le scuole chiuse. Sentivamo come se stessimo perdendo tempo e ogni giorno fosse uguale. Ci siamo guardati negli occhi e in qualche secondo sapevamo che sarebbe stata la cosa giusta per noi. Cuore e mente si sono messi in moto e in 2 settimane abbiamo organizzato visto (Business Visa visto che Bali è chiusa al turismo), affittato casa, trovato una scuola per lei a Bali, e appena i confini hanno aperto siamo partiti. Eravamo già stati a Bali nel 2014, per un mese, durante un road trip di 3 mesi e ci è piaciuta molto, per la spiritualità, la natura. Le persone. L’energia e un life style che ci addice».

Avete mai pensato di trasferirvi in Italia?

«Sì, qualche volta. Reputiamo che sia il paese più unico al mondo per la sua bellezza, posizione geografica, storia, cucina e arte».

Cosa manca, secondo te, al nostro Paese che invece hai trovato a Londra piuttosto che in Andalusia o Bali?

«Meritocrazia, opportunità e non c’e integrazione. A Londra ci sono 50 etnie diverse ma anche in Andalusia tutti integrati, in Italia non lo riscontri».

Quali consigli daresti a chi come te sta pensando di mollare tutto per inseguire i suoi sogni ma non trova il coraggio?

«Di non avere paura dell’ignoto, perché l’ignoto crea opportunità. Fai il primo passo e tutto il resto verrà da sé. Spesso ci chiamano fortunati, ma la nostra non è fortuna. Le persone che ci chiamano fortunati sono quelle che rimangono ferme a guardare. Non agiscono non si buttano e lasciano i loro sogni da parte con la solita scusa “Ora non è il momento, quando sarò pronto lo farò».

Progetti per il futuro?

«Crescita professionale, vorrei portare i miei corsi nelle scuole e imparare a diventare più social, visto che li uso poco. Scrivere un corso che è stato approvato per un’accademia di sole ragazze in Australia che strutturerò nei prossimi mesi. Vorrei anche portare alcuni dei miei corsi nelle scuole nel Regno Unito e aiutare donne/mamme italiane a creare connessioni significative con le loro figlie basate su fiducia divertimento e rispetto reciproco entrando così nel mercato italiano.

FreeToBe è sinonimo di libertà. Significa accettare e venerare la propria unicità. Intelligenza dell’emozione, non solo come la scuola ci misura. Individualità. Creatività. Apprendimento. Promuovo materie non insegnate nelle scuole, ma essenziali per prosperare. Per essere più produttivi e di successo.

Tonino ama tutti i giochi di racchette. In Spagna ha scoperto il padel tennis e ha preso un certificato per insegnare, ma soprattutto vuole promuoverlo qui a Bali con dei soci svedesi che abitano a Bali da parecchi anni. Julia vuole aprire il suo blog sull’alimentazione sana. E tutti vorremmo continuare a viaggiare…».

Per contattare Elisa Vezzani e Tonino Montesanti ecco i loro recapiti:

Elisa Vezzani

https://freetobevision.com

E: elisa@freetobevision.com

Instagram: @elisafreetobe

Facebook: Elisa Vezzani

Tonino Montesanti 

www.junglepadel.com

E: toni@junglepadel.com

Insta: Jungle padel

FB: Jungle Padel

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