Elena: vi racconto la mia vita in India, a Delhi

A cura di Maricla Pannocchia

Elena si è innamorata dell’India nel 1997, dopo il suo primo viaggio e, diversi anni dopo, ha deciso di trasferirsi lì con il marito (originario proprio dell’India). Le cose in amore purtroppo non sono andate bene ma la storia fra Elena e l’India, invece, continua.

Adesso Elena vive a Delhi, “città che non è facile capire davvero”, dove lavora come accompagnatrice di gruppi per un tour operator italiano e anche accompagnando individui e piccoli gruppi che la contattano direttamente. Il suo scopo è quello di far avvicinare quante più persone possibile alla città che lei ormai chiama casa, ovvero Delhi, per fargliela comprendere davvero.

Elena, del resto, è una che sa di cosa parla. Lei vive fra la gente del posto, si muove con i mezzi locali, partecipa agli eventi organizzati in città e vede Delhi come un “grande parco giochi, in cui scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo”.

Elena Tommaseo india

Ciao Elena, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao a tutti, mi chiamo Elena Tommaseo e vengo da Venezia, dove sono nata e cresciuta. Quando avevo circa 20 anni mi sono trasferita a Milano per studiare graphic design. Era la metà degli anni Ottanta e, una volta finiti gli studi, sono rimasta lì per lavorare perché a Venezia non c’erano le stesse possibilità. Ho vissuto a Milano fino al 2010, anno in cui mi sono trasferita definitivamente in India, Paese in cui ero già stata numerose volte a cominciare dal 1997, quando ho viaggiato sino a lì per la prima volta.

Cosa ti ha spinta a lasciare l’Italia?

Nel mio secondo viaggio in India ho conosciuto l’uomo che poi, di lì a 4 anni, sarebbe diventato mio marito. Lui è indiano e, quando abbiamo deciso di sposarci, ci siamo stabiliti in Italia per via della mia situazione lavorativa. È potuto accadere perché il lavoro di mio marito, in India, era in un’azienda di famiglia e di conseguenza sarebbe andata avanti lo stesso grazie ai suoi parenti. Abbiamo aperto un negozio molto bello a Milano, Mr. India, gestito da lui, e in gennaio e ad agosto di ogni anno venivamo in India e, girando in macchina, acquistavamo un po’ di tutto, dal mobilio all’abbigliamento. Compravamo ciò che ci sembrava adatto al mercato italiano.

Come sei finita proprio in India?

A un certo punto sia io sia mio marito eravamo stanchi di quella vita, della routine. Io lavoravo da 20 anni davanti a un computer per un sacco di ore il giorno mentre mio marito era stufo di lavorare sempre dentro un negozio. Entrambi i lavori andavano bene però non eravamo soddisfatti del livello di qualità della nostra vita e in Italia era già in atto una crisi che pensavamo sarebbe terminata in poco tempo ma che poi è cresciuta. Era circa il 2007 e, 2 anni dopo, abbiamo deciso di trasferirci qui. A quei tempi qui c’era una buona energia, c’era molta crescita, anche gli amici ci avevano incoraggiati dicendoci che era un buon momento per trasferirsi e anche la famiglia di mio marito era d’accordo. Abbiamo smesso di lamentarci con i nostri amici milanesi, come loro facevano con noi, e siamo passati all’azione. Ci siamo trasferiti qui nell’agosto 2010.

Hai avuto delle difficoltà ad adattarti alla nuova cultura?

Non ho avuto particolari difficoltà perché venivo qui da 15 anni e quindi la cultura locale non era un qualcosa di nuovo per me. A parte la prima volta, in cui ci sono venuta per turismo, tutte le altre esperienze le reputo da “dietro le quinte”. Ho sempre letto molto, avevo iniziando a studiare l’hindi nel 2002, quando mi sono sposata. In linea generale non ho avuto grandi problemi. Le difficoltà, semmai, sono state nel vivere in famiglia, in particolare con i parenti di mio marito. Qualche tempo dopo, infatti, questo problema mi ha fatto decidere di mollare la presa. Frequentare la famiglia, non vivendo insieme, è una cosa mentre vivere tutti insieme è tutt’altra.

Come hai superato i problemi?

Ho superato i problemi con la famiglia di mio marito, visto che non ci sono riuscita con i compromessi o con il dialogo, semplicemente abbandonando il tetto coniugale, diciamo così. Ora ci rido su perché sono passati diversi anni ma a quel tempo è stato drammatico sia per me sia per mio marito. Io sono andata a vivere a Delhi mentre prima eravamo in India centrale ma in questa città avevo una delle mie due cognate, quindi mi sentivo a casa anche qui. La nostra storia ha avuto degli strascichi, non sapevamo se era veramente finita oppure no. È stato doloroso ma adesso, appunto, ci rido su perché è passato tanto tempo e sto benissimo.

Elena Tommaseo

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua decisione?

Le reazioni non sono state molto felici. Ho avuto amici che se la sono presa quasi come se fosse stato un tradimento, altri che mi hanno detto “tu stai scappando” oppure “ti troverai in difficoltà anche lì”, ma io avevo circa 47 anni e non stavo scappando da niente. Avevo bisogno di un’energia nuova. La mia famiglia di origine mi ha detto “Adesso non ti vedremo più. Già finora sei venuta solo un week-end, una volta il mese, figurati adesso!”. Li ho tranquillizzati, dicendo che quando sarei andata in Italia ci sarei stata di più e quindi avremmo trascorso del tempo qualitativo insieme e infatti ora sto in Italia per circa 2 mesi. È stato proprio così, vedo i miei genitori più ora di quando vivevo a Milano. Siamo molto aiutati dalla tecnologia. Se avessi preso la stessa decisione 20 anni fa sarebbe stata molto più sofferta anche da parte mia.

Adesso vivi a Delhi, come descriveresti questa città a chi non c’è mai stato?

Delhi è una metropoli e chi non c’è mai stato, ma anche chi c’è stato e non l’ha capita, deve comprendere che è una città molto particolare. Io cerco di far passare questo messaggio anche tramite uno dei miei tour virtuali. Nella stessa città ci sono tante realtà diverse, basta pensare che ci sono 364 quartieri di Delhi che sono “villaggi urbani”, ognuno con un’identità molto marcata. Delhi è una città ricca di storia e ha rovine e monumenti sparsi un po’ ovunque e questo aspetto mi ha conquistata nel momento in cui sono venuta a vivere qui mentre prima, venendoci sporadicamente, io stessa non sono stata in grado di coglierlo. Questo è un aspetto che non si può vedere se non ci vive, almeno per un periodo, e se non si è curiosi. Per me Delhi è meravigliosa, magica, me ne sono proprio innamorata.

Hai avuto modo di visitare anche altre zone del Paese?

Sì, ho visitato altre zone del Paese, sia prima di venirci a vivere sia dal momento del trasferimento in poi. Tuttavia, non ho ancora visitato tutta l’India.

Quali sono, secondo te, le differenze e quali i punti in comune (se ce ne sono) fra lo stile di vita indiano e quello italiano?

Una risposta un po’ superficiale (altrimenti sarebbe troppo lunga) comincia con i punti in comune che, secondo me, sono più che altro fra l’India e l’Italia del Sud legati alle tradizioni, al fatto che gli uomini sono molto “mammoni” (questo vale sia per l’Italia del Sud sia per quella del Nord), amanti della cucina, curiosi dei fatti altrui (specificamente al Sud Italia) e caotici. Amano parlare al telefono a voce alta, si parlano da una finestra all’altra, quando sono in giro fanno un sacco di caciara… questi sono i punti in comune, che sono anche le cose più divertenti. Per le differenze direi che l’India è molto grande, quindi è difficile generalizzare, perché abbiamo sia le metropoli sia le campagne, ma la prima cosa che mi viene in mente è la condizione della donna. In Italia non sempre le donne ricoprono ruoli di rilievo mentre su questo lato l’India è avanti. Basta pensare a Indira Gandhi, che è stata terzo Primo Ministro dell’India negli anni Sessanta, quindi l’Italia, in questo frangente, è molto indietro. Abbiamo anche avuto 2 Presidenti donne e una è quella attuale. Nella vita quotidiana però le cose non sono sempre rose e fiori per le donne. Un’altra differenza è la religione. Qui la gente è religiosa, anche se secondo me è più essere bigotti piuttosto che genuinamente devoti, almeno questa è la mia idea. In Italia stanno sparendo entrambe le cose.

Vivi letteralmente fra la gente del posto, come sei stata accolta?

Sì, vivo letteralmente fra la gente del posto. I miei vicini sono tutti indiani e nel mio quartiere non ci sono spesso degli stranieri. A volte ci sono stranieri che vivono qui ma sempre per dei periodi brevi. Nei quartieri dove ho vissuto prima c’erano ancora meno stranieri. Sono stata accolta bene, sono io che non mi mischio troppo con i miei vicini di casa perché so già che, altrimenti, diventerebbero troppo invadenti. Per quanto riguarda le amicizie non ho avuto alcuna difficoltà, anzi, mi trovo molto bene con gli amici che ho. Un’altra differenza, adesso che ci penso, è che qui l’amicizia somiglia di più a ciò che in Italia chiamerei “conoscenze”. Quelli che in Italia reputeremmo “conoscenti”, appunto, qui vengono considerati “amici”. Ho delle persone con cui ho un’amicizia profonda, ma sono poche, anche se, a volerlo, è facile confidarsi con chiunque. Ho tante conoscenze ma io preferisco la qualità alla quantità. Qui la gente ti chiama “amico” dopo mezz’ora di conversazione. Posso dire che questo termine viene abusato però ho tantissime conoscenze e la cosa interessante è che, ogni volta in cui ho bisogno d’interagire con qualcuno, è molto facile incontrarsi, parlare, confrontarsi e via dicendo.

Usi il tuo profilo Facebook per condividere le tue esperienze in India e informare le persone sulle tradizioni locali, come mai questa scelta?

Ho aperto la pagina Facebook nel 2015, piuttosto tardi nella mia vita, perché ne volevo una dedicata a una mia attività parallela nell’ambito del design. Invece, ho iniziato a usare il mio profilo personale quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 per rispondere ai tanti messaggi che mi arrivavano, non solo dagli amici, con i quali ovviamente interagivo in forma privata, ma anche da tantissimi conoscenti. Dal 2011 accompagno dei gruppi per un tour operator italiano quindi tante persone mi chiedevano come fosse la situazione in India e ho ritenuto più semplice cominciare a fare dei post su Facebook per tenere informate le persone su quello che succedeva qui. La cosa si è evoluta ed è venuta fuori abbastanza articolata. Con il tempo si è trasformata in un profilo nel quale io parlo della città dove vivo perché il mio obiettivo, da quando faccio i tour qui a Delhi, è di far vedere la città non come una metropoli dalla quale scappare, visto che in molti la usano per atterrare e poi vanno altrove, ma come qualcos’altro. Cerco di farla vedere attraverso i miei occhi e andando oltre i soliti luoghi “scontati” ma parlando anche di avvenimenti e luoghi più “nascosti”. Parlo un po’ di tutto, senza un piano preciso perché non sono così disciplinata. Ho anche una pagina su Instagram che ho aperto quando ho iniziato ad accompagnare i gruppi per i tour, anche come supporto per il mio sito web. Da quest’anno faccio anche dei tour virtuali e queste pagine mi servono anche per far conoscere questa mia attività.

Elena Tommaseo

Quali sono i cibi tipici di Delhi, da assaggiare assolutamente durante un viaggio?

Essendo una grande città, Delhi permette di assaggiare cibi da tutta l’India. Consiglio di non perdere la cucina mogul. Delhi è anche il Paradiso dello street food e la stagione migliore è quella invernale perché con il freddo è più facile essere sicuri della freschezza del cibo. Quando fa caldo, io stessa non mangio alcuni cibi. Old Delhi significa soprattutto carne e quindi per i vegetariani può non essere il massimo. Montone, pollo, un po’ di bufalo sono sicuramente molto diffusi. È possibile assaggiare anche la cucina del Kerala e quella del Tamil Nadu, che sono molto diverse fra loro. Ci sono dei ristoranti nei quali è possibile mangiarle. C’è poi la cucina Panjabi, uno Stato a nord-ovest di Delhi. Qui ci sono tantissimi sikh e quindi c’è anche la cucina Panjabi.

Ti occupi anche di accompagnamento di viaggiatori? Se sì, che servizi offri?

Come ho scritto precedentemente, io accompagno i viaggiatori per conto di un tour operator italiano e, in questo caso, si tratta di tour di 2 settimane in giro per l’India e a volte tocchiamo anche il Nepal. Qui a Delhi, invece, organizzo dei tour privati e personalizzati, dopo aver parlato con i potenziali clienti e aver capito quali sono le loro esigenze e i loro limiti. Preparo il programma sui tempi dati dai clienti e tenendo conto dei loro interessi e cerco, in genere, di metterci monumenti legati alla storia, di raccontarli attraverso lo storytelling, usando aneddoti riguardo i personaggi. Penso che sia un modo per tenere viva la curiosità delle persone. In questo caso, essendo gruppi privati di solito sono composti da un massimo di 10 persone. Ci tengo che ci sia interazione nel gruppo e che le persone non debbano ascoltare da lontano e non sentire niente. Qui vedo persone che hanno 40-50 clienti e per me sarebbe impossibile. Combino la storia con la vita di tutti i giorni e inserisco anche la visita ai luoghi di culto. Di solito questi tour non sono molto lunghi, durano massimo due mezze giornate, e cerco di dare un’idea della realtà di questa città. Se i clienti sono d’accordo, ci spostiamo con i mezzi pubblici per farli sentire il più possibile in contatto con le persone del posto e, ovviamente, essendo in pochi, è facile parlare con i locali. Se i clienti hanno delle curiosità io, parlando con la gente locale, posso tradurre e permettere una comunicazione.

Com’è la tua vita quotidiana?

La mia vita quotidiana, per fortuna, non ha routine e ne sono felice perché la detesto. Quando non è inverno alle 6 sono già a fare colazione seduta in terrazza a leggere il giornale, che viene lanciato arrotolato sul terrazzo. Dopo controllo la posta, faccio tutte queste cose e preparo post quando ancora tutto è silenzioso e, se sono a casa, sto molto al computer per preparare programmi, leggere e via dicendo. Leggo anche dei libri, ma soprattutto alla sera. Faccio yoga, vado a fare delle commissioni oppure a esplorare dei posti che ho scoperto per caso, leggendo o parlando con le persone. Scatto foto, giro video, parlo con la gente e cerco di scoprire qualcosa perché ogni giorno Delhi è come un parco giochi per me. Se ho da fare dei tour sto invece in giro con i clienti per tutto il giorno e spesso alla sera, siccome Delhi offre molto dal punto di vista culturale, vado a presentazioni di libri, a un concerto, a vedere un film eccetera.

Hai imparato la lingua locale?

Ho imparato la lingua quando ero in Italia facendo 2 inverni di corso, circa nel 2003, grazie ai quali ho imparato a leggere, a scrivere e la grammatica. Ho imparato anche a parlarla. Devo dire che la parlo in modo superficiale però sono rimasta un po’ inchiodata lì perché qui, potendo usare anche l’inglese, dove non arrivo in hindi uso l’inglese e non ci penso più.

Che consigli daresti a chi sta preparando, o sognando, il primo viaggio in India?

Il mio consiglio, che darei per qualunque viaggio, viene da una mia abitudine e sono una che ha viaggiato molto. Leggere. L’India è molto più complessa di tanti altri Paesi e trovare le letture giuste può non essere semplice. Da anni io non leggo libri scritti da stranieri riguardo all’India perché spesso sono pieni di luoghi comuni e di solito leggo testi di scrittori indiani. Penso che una persona dovrebbe farsi un’idea di dove sta andando senza però basare tutto su libri superficiali che raccontano sempre le stesse cose come i sapori, la spiritualità o le spezie. L’India non è solo quello, ha mille sfumature, e spesso chi arriva qui è carico di pregiudizi, nel bene o nel male.

E quali sono i suggerimenti, invece, per chi vorrebbe trasferirsi lì a vivere e lavorare?

Non sono veramente in grado di dare questi suggerimenti perché per aprire un business è necessario avere un visto business e, mi sembra, 100.000 rupie di guadagno l’anno, che sono circa 120.000 Euro. Io non ho un visto business quindi non sono sicurissima al riguardo. Un’altra opzione per chi vuole trasferirsi qui è il visto turistico. Chi lavora in remoto e viaggia può farlo perché qui, teoricamente, con il visto turistico non è possibile lavorare ma questo ora dura 5 anni, con uscita obbligatoria ogni 90 giorni, e quindi questo comporta l’obbligo di uscire e poi rientrare. Non ricordo il numero di entrate e uscite nell’arco di 5 anni ma sono multiple e forse non c’è limite. L’importante è uscire ogni tot giorni. C’è anche il visto di 3 mesi per provare a vedere come ci si trova però è necessario poter lavorare in remoto con un visto turistico (molto semplice, basta farlo online). Il visto employment invece è per chi trova lavoro qui attraverso qualche azienda locale.

Elena Tommaseo

Spesso sentiamo dire che l’India non è un Paese molto sicuro, specialmente per le donne che viaggiano da sole. Tu che cosa pensi al riguardo?

La sicurezza ormai mi sembra una cosa un po’ a rischio dappertutto. Ho vissuto per quasi 25 anni a Milano e, quando rientravo a casa la sera, se ero da sola, chiudevo la sicura della macchina e speravo di trovare parcheggio vicino a casa. L’idea di andare in giro da sola nel quartiere a mezzanotte, anche se era centrale, non mi rendeva particolarmente gioiosa. Lo stesso vale qui. È necessario usare il buon senso. Cerco sempre di rientrare a mezzanotte con un taxi e sto molto attenta ma di giorno non mi sono mai trovata in pericolo in 25 anni qui, né a Delhi né altrove. Viaggio molto anche da sola e utilizzo i treni di notte ma, nonostante questo, non ho mai corso dei rischi. Il pericolo è per uomini e donne ed entrambi devono usare il buon senso. Io ho incontrato tante donne che viaggiano da sole, specialmente nell’ultimo periodo. Alcune sono qui per la prima volta, altre ci sono già state. Alcune sono giovani, altre meno. Tutto ciò mi rende molto felice. Appena arrivate a Delhi sono state con me per uno o due giorni e quindi le ho aiutate anche a fare le cose pratiche come cambiare i soldi e prendere i mezzi pubblici e questo le ha aiutate a “rompere il ghiaccio”.

Che cosa ti ha dato l’India?

L’India mi ha dato l’amore, per quel che è durato, ovvero per 15 anni. Essa mi ha insegnato a essere molto paziente, perché qui è molto importante visto che nulla succede velocemente e se hai fretta ti viene l’ulcera! Milano è la città dell’efficienza quindi ho dovuto imparare a prendere i tempi. Sono efficiente ma non mi stresso. Questo lo facevo già quando ero a Milano perché ho cominciato a venire qui nel 1997. L’India, o forse il fatto che io sono cresciuta, mi ha anche insegnato a non avere aspettative nella vita. L’India e le mie vicende personali mi hanno insegnato che, se cerco di raggiungere un obiettivo e non ci riesco, non è detto che dietro l’angolo non ci sia qualcos’altro di molto più bello. Per esempio, una volta superato il dolore e il periodo difficile dopo la fine del mio matrimonio, stare qui mi ha fatto conoscere lati nuovi di me stessa, ho dovuto mettere tutto di nuovo in discussione, mettermi in gioco, ma si sono aperte delle porte, anche in campo lavorativo, e ora mi sento totalmente soddisfatta. Dal punto di vista economico sono sempre in bilico, un po’ anche per colpa del Covid, visto che lavoro nel turismo, ma in un modo o nell’altro riesco a far andare avanti le cose e sono convinta che, se siamo sul percorso giusto, qualcosa nell’universo ci assiste. Sto parlando di energia. Non è un discorso religioso, c’è proprio qualcosa che, secondo me, fa da filo conduttore.

C’è un proverbio indiano che ti piace particolarmente?

Non sono una persona da proverbi ma questo mi diverte un po’: “Se vedi tutto grigio davanti a te, sposta l’elefante”.

Pensi di rimanere a Delhi in pianta stabile? Progetti per il futuro?

Non so se starò a Delhi in pianta stabile. Sono qui da 12 anni e mezzo e per ora sto qui, ci sto bene. Tornando al discorso delle aspettative, o dei programmi, sto vivendo molto concentrandomi sul presente e non ho dei progetti per un futuro lontano. Mi sto lasciando un po’ trasportare dal flusso della vita. Negli ultimi 3 anni questo è diventato, secondo me, fondamentale. Fare progetti a lungo termine oggi non è neanche una garanzia di riuscita quindi, per ora, sto accumulando conoscenze ed esperienze che, forse, un domani si trasformeranno in qualcos’altro.

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