Lascia il posto in banca per dedicarsi al giardinaggio

Di Enza Petruzziello

«Desideravo toccare con mano il mio lavoro e dare ai miei figli un modello di papà che crede e combatte per perseguire un obiettivo». Quell’obiettivo per Daniele Mazzini si chiama “Paperi’s Garden”, l’azienda di giardinaggio e progettazione di spazi verdi che ha aperto da pochi mesi.

Per realizzare il suo sogno Daniele, 43 anni, milanese di nascita e brianzolo di adozione, lascia un lavoro in banca, quel posto fisso a cui tanti aspirano ancora. Non senza notti insonni, da diverso tempo covava il desiderio di abbandonare il suo ben retribuito lavoro per abbracciare un’attività più legata alla natura e ai suoi valori personali.

Nel 2017 trova finalmente il coraggio di dare le dimissioni e dopo un anno di studio acquisisce le competenze per aprire un’attività di progettazione spazi verdi e giardinaggio. Così a giugno apre la sua ditta e a breve comincerà la ristrutturazione di una porzione di casa di corte in Brianza, dove nel frattempo si è trasferito insieme a sua moglie e i suoi due figli, Cecilia di 6 anni e Tommaso di 3.

Giardiniere e progettista, Daniele come lui stesso dice: coltiva bellezza o, almeno, ci prova. Dopo 20 anni trascorsi in banca e nel settore finanziario, si è rimesso in gioco studiando e facendosi le ossa, ma soprattutto i muscoli del giardiniere.

daniele mazzini giardiniere

Daniele, quali sono state le ragioni che ti hanno spinto a una decisione così drastica? Che cosa non ti piaceva più della tua vita a Milano e del lavoro in banca?

«Ho lavorato nel settore finanziario da quando avevo 23 anni. Come quasi tutti i bancari ho fatto la mia gavetta come cassiere, fino a ricoprire tutti i ruoli di filiale. In realtà ho sempre covato un certo anelito per una vita diversa, come molti del resto, ma è indubbio che la sicurezza economica sia stata un vincolo estremamente forte davanti a strade alternative. Il lavoro in banca ha molte sfaccettature, e a tal proposito sfato subito un luogo comune: le banche non sono così nere come vengono dipinte, e non sono il male assoluto; esse perseguono il medesimo obiettivo di qualsiasi altra impresa, ovvero l’utile. Il lato oscuro, se vogliamo, risiede nel fatto che gli intermediari creditizi sono al contempo vittime e carnefici di una cultura che si illude di poter avere una crescita illimitata. E il problema vero, per quanto mi riguarda, sta in questo. Oltre a ciò la paternità ha avuto un ruolo fondamentale: volevo che i miei bimbi avessero un modello di papà che crede e combatte per perseguire un obiettivo».

L’anno scorso hai finalmente trovato il coraggio di dare le dimissioni. Lasciare un posto sicuro, oggi, non deve essere stata una decisione facile, c’è qualcuno che ti ha sostenuto o viceversa che ha tentato di ostacolarti?

«È stata una decisione davvero difficile e, sia chiaro, non è una passeggiata di salute, perché dubbi e ripensamenti sono inevitabili. Ho comunque avuto l’appoggio di mia moglie che, seppur preoccupata, ha capito le mie motivazioni. Viceversa, ho ricevuto aspre critiche da tutto l’entourage familiare che, cresciuto col mito del posto sicuro, tutt’ora contesta e critica la mia decisione. Ciò detto, devo ammettere che qualche notte insonne me la sono fatta».

Quando hai scoperto la passione per il giardinaggio?

«La strada che mi ha condotto al giardinaggio è stata lunga e tortuosa: circa 10 anni fa ho cominciato a fare corsi nel settore edile, forse come forma di compensazione nei confronti del mio lavoro che, per le proprie peculiarità, non mi consentiva di poter toccare con mano il risultato concreto dei miei sforzi. Partendo dall’edilizia sono poi passato alla falegnameria, alla bioedilizia e infine alla progettazione in permacultura. Già da allora il mondo del verde, ornamentale e non, mi attraeva e mi spaventava al contempo. Da buon cittadino, mi sentivo inadeguato e ho dovuto fare un bel lavoro su me stesso per decidere di metterci dentro la testa. Ma quando ho compreso la bellezza di questo settore, sempre in bilico tra tecnica, creatività e vitalità, me ne sono innamorato decidendo di farne la mia professione».

In che modo ti sei preparato a questa nuova avventura di vita e professionale nella progettazione di spazi verdi?

«Da un punto di vista pratico, ho dato le dimissioni nel 2017, usando risparmi e TFR per frequentare un anno di corso presso la Fondazione Minoprio. Attualmente ho il supporto di un gruppo di colleghi del marchio dei Giardinieri Bioetici, a cui appartengo, che mi stanno dando grande aiuto. Nel frattempo, sto creando il mio portafoglio clienti, continuo a studiare e mi faccio il “fisico” da giardiniere, dato che trattasi di un’attività che richiede una certa dose di muscoli. Più in generale, credo che gli ultimi anni siano stati una specie di allenamento perché, se lasci il porto, che ti piaccia o no devi remare».

A giugno hai aperto la tua ditta, la Paperi’s garden. Parlaci della tua “creatura”.

«La Paperi’s si occupa di progettazione, realizzazione e manutenzione di spazi verdi, con un approccio mutuato dalle esperienze derivanti dall’agricoltura biologica. Vorrei far passare l’idea di un modo di fare giardinaggio meno sterile, senza piante dopate dalla chimica, magari con le sue imperfezioni, ma vivo e pulsante».

In un momento storico in cui tanti partono per aprire la loro attività all’estero grazie a regimi fiscali vantaggiosi e burocrazia più snella, tu hai deciso di rimanere in Italia. Quanto è stato difficile aprire la tua attività?

«L’Italia è sicuramente un paese piuttosto complicato e con una burocrazia bizantina, ma non ho mai pensato di andarmene, in primis per i vincoli parentali che mi legano, ma non secondariamente per un certo amore per questo paese che, pur con i numerosi difetti, porta in grembo svariate istanze e risorse che ritengo molto positive. Spero di non dover mai cambiare idea».

Possiamo dire finalmente un sogno che si è realizzato?

«Difficile a dirsi. Sicuramente, se non è un grande passo per l’umanità è un grande passo per il sottoscritto, che ora è artefice del proprio destino, tra oneri, onori e una discreta dose di ansia da prestazione».

A breve inizierai la ristrutturazione di una porzione di corte in Brianza. In che cosa consiste esattamente questo progetto?

«Si tratta di una vecchia casa della prima metà del ‘900 da ristrutturare; retaggio di una Brianza agricola che è stata quasi interamente sfrattata dai centri commerciali. Demanderò i lavori principali ad un’impresa edile, riservandomi quelli di finitura. All’interno della corte dispongo poi di un grande orto, che allestirò in giardino edibile e dove, in futuro, vorrei organizzare attività didattiche e divulgative sull’orticoltura e sulla gestione sostenibile del verde, insomma su temi afferenti alla cultura ambientale e alla permacultura».

Giardiniere e progettista, come tu stesso dici “coltivi bellezza o almeno ci provi”. Che cosa significa progettare uno spazio verde?

«Vuol dire mettere in relazione le esigenze del committente, i vincoli paesaggistici, pedologici, ambientali ed economici, la propria competenza e creatività, al fine di dar vita a un luogo dove il cliente possa sentirsi bene. A differenza di un manufatto architettonico, il giardino cresce e si modifica col tempo. Credo che uno spazio verde non si fermi infatti con l’esecuzione, ma prosegua con la storia e la vita di chi lo vive».

Come è cambiata la tua vita da quando hai preso la decisione di mollare tutto e dedicarti alla tua vera passione?

«Sono cambiati i ritmi: lavoro di più, ma in modo diverso. Vita ed attività professionale non sono più in netta separazione. Metto qualcosa di mio in entrambi gli ambiti, e se anche ci sono momenti di preoccupazione, c’è anche una maggior sensazione di appagamento».

Quali sono gli altri progetti per il futuro?

«Diventare bravo in quello che faccio».

Per contattare Daniele questo il sito internet di Paperi’s garden:

www.paperisgarden.com.

Questa la pagina Facebook:

www.facebook.com/paperisgarden/.