La mia vita oltre la disabilità: Daniele cammina aiutando gli altri
Superare i propri limiti e costruire nuovi obiettivi. Lo sa bene Daniele, 33enne di Padova, che ha deciso di sfidare se stesso e la propria disabilità aiutando gli altri. Come? Camminando e raccogliendo fondi per l’ospedale pediatrico che lo ha curato quando era un bambino, e dedicandosi ad altre iniziative sociali. A maggio partirà per il suo prossimo progetto: da Parigi, dove è nato il primo ospedale pediatrico al mondo, percorrerà in bicicletta un lungo tracciato per raggiungere l’ospedale di Padova. Ecco cosa ci ha raccontato.
Di Enza Petruzziello
Oltre la disabilità. Oltre i propri limiti. Per aiutare gli altri e se stesso. Daniele Matterazzo, 33 enne di Padova, vive da anni con una disabilità al braccio e alla mano sinistra, causata da un grave incidente stradale in motorino avvenuto quando aveva solo 15 anni. L’incidente, di cui non ricorda nulla, gli provoca infatti una semi amputazione del braccio sinistro.
Ha impiegato più di quindici anni per reagire all’accaduto con grandi ripercussioni, oramai superate, sulla sua sfera emozionale e sulla sua persona. Riprendere in mano la sua vita non è stato facile, ma attorno ai 30 anni ci è riuscito colmando così, il vuoto che sentiva dentro e che non gli lasciava tregua.
La sua rinascita avviene grazie ad una serie di imprese sportive legate al mondo del fundraising che gli consentono pian piano di ritrovare nuovamente consapevolezza, coraggio e autostima, andati persi negli anni.
Daniele, partiamo dall’inizio. Che ricordi hai di quel maledetto giorno dell’incidente?
«Ricordi di quel giorno non ne ho, praticamente il nulla più totale. L’ incidente è avvenuto a forte impatto e sembra che il cervello abbia volutamente rimuovere il ricordo di quella giornata. Sembra essere un meccanismo del cervello atto a ridurre o rimuovere informazioni ed avvenimenti traumatici immagazzinati in precedenza. Sono stato vigile fino all’arrivo dell’ambulanza circondato da un’enorme quantità di sangue riversata a terra. All’arrivo i medici mi hanno indotto in coma farmacologico e mi sono risvegliato in rianimazione dopo 40 giorni circa. Tutto quello che so».
Che cosa hai provato quando hai scoperto che il braccio sinistro era semiamputato?
«È stato certamente un duro colpo anche se l’età, il mio carattere e la vicinanza di tutti i famigliari e amici mi hanno aiutato parecchio e sono stati vitali per una mia ”iniziale e timida accettazione”. In principio la situazione non era chiara a nessuno, nemmeno ai medici, per cui dentro di me c’era tanta speranza che le cose potessero ritornare come prima. La questione era delicata e grave, di sicuro era ben lontana l’idea che le cose non sarebbero più cambiate da quel momento».
Eri davvero molto giovane. Crescere e affrontare l’adolescenza con una disabilità non deve essere stato semplice e solo chi l’ha provato può capirti. Che anni sono stati quelli?
«Certamente non facili e spensierati. Ho passato diversi anni in cui mi sentivo ”diverso” da tutti e facevo di tutto per non destare sospetto e nascondere in ogni modo la mia disabilità. C’era tanta vergogna nell’esibire il mio braccio e faticavo molto ad andare al mare e spogliarmi con gente che non fosse fidata e amica. Nascondevo il mio braccio con lunghe camicie anche in estate e, soprattutto con le ragazze, nutrivo una sorta di inferiorità proprio per questa bellezza mancata e che sapevo poteva innescare paura e disagio ad un occhio non abituato a simili vicende. C’era tutto che non andava. I modelli estetici di bellezza e perfezione a cui la società ci aveva abituati non aiutavano per nulla, erano solo un lontano ricordo e nel mio caso ho dovuto auto-ricostruirmi da zero: principi, persona e ideali su cui credere».
Sono dovuti passare altri 15 anni prima di reagire. Che cosa è scattato in te? Come sei riuscito a colmare quel vuoto che, come dici stesso tu, non ti lasciava tregua?
«La situazione si è ingrandita sempre più, diventando satura e non più sostenibile. Ho attraversato attorno i 30 anni una ”profonda crisi” che mi ha permesso di rimettere in discussione tutto quello che avevo fatto e svolto fino a quel momento. Una sorta di crisi con benedizione a seguito che mi ha fatto conoscere prima il buio più profondo dei miei abissi, ma che poi mi ha fatto vedere e sfiorare anche il cielo più aperto e luminoso (e che ora so che esiste!). Il vuoto che sentivo e provavo l’ho colmato con il tempo, sfidando me stesso e la mia disabilità per mezzo di imprese sportive. Come i cammini di lunga percorrenza affrontati in solitaria che mi hanno permesso di vivere esperienze fuori dal comune. Per lunghe settimane ero in compagnia solamente di me stesso e dei miei pensieri. Attraverso espedienti ed avventure risolte interamente con le mie forze ho potuto ritrovare autostima e coraggio andati persi negli anni».
È stato così che hai iniziato a viaggiare, unendo l’interesse personale a lodevoli progetti di solidarietà. Come è nata l’idea?
«Desideravo che i passi che avevo fatto, e gli unici ad essere stati capaci di aiutarmi, potessero diventare un vero e proprio strumento con cui sostenere situazioni delicate, per essere d’aiuto a chi come me ha vissuto o vive simili realtà. Così nel 2021 ho organizzato la mia prima raccolta fondi per aiutare i bambini della pediatria della mia provincia, per restituire l’aiuto e le cure che anche io da bambino avevo ricevuto dall’ospedale dopo l’incidente. Nel tempo sono susseguiti altri cammini con relative raccolte fondi devolute ad altre fondazioni impegnate in iniziative sociali…da allora non mi sono più fermato».
La tua prima impresa è stata, nell’agosto 2020, il “Cammino di Santiago”. Hai percorso tutta la via. Che sensazioni si provano a percorrere un viaggio così lungo a piedi e con tutte le difficoltà del caso?
«È stato un viaggio incredibile, unico ed emozionante sotto ogni punto di vista. Era il mio primo viaggio a piedi, completamente solo. In uno zaino più grande di me avevo riposto tutte le mie insicurezze e volontà. Fino ad allora, camminare per me era considerata la modalità più noiosa e lenta per spostarmi da un punto A ad un punto B, figuriamoci percorrere 1000km in circa 30 giorni, così dal nulla, senza un background di conoscenze o esperienza. Camminavo tanto per diverse ore al giorno e mi riusciva pure bene farlo, ad ogni passo guadagnavo fiducia ed ero contento di aver scelto di vivere una simile esperienza proprio per come mi sentivo nel viverla giorno dopo giorno. Il contatto continuo con la natura, lunghe ore a dialogare con i miei pensieri, il tempo e gli impegni assenti, assoluta libertà e questo sentirsi vivi, in quel dato momento e luogo, sono stati solo alcuni dei contorni di questo magico viaggio che porterò sempre dentro di me».
Quest’anno realizzerai 2 differenti imprese sportive con relative raccolte fondi. Di cosa si tratta esattamente?
«Il primo progetto, previsto per fine maggio, dal 24 maggio al 4 giugno, sarà percorrere in bicicletta un lungo tracciato partendo da Parigi, dove è nato il primo ospedale pediatrico al mondo, con l’intento di raggiungere quello di Padova a cui devolverò il ricavato raccolto (www.fondazionesaluspueri.it). Saranno in totale 1.200km possibilmente affrontati in una decina di giorni. Si tratta di un contesto sportivo mai tentato prima, scelto per sfidarmi. Per l’occasione ho ricevuto in dono una bicicletta a cui sono state apportate delle modifiche per abbattere possibili problematiche di conduzione: entrambi i freni sono azionabili con singola leva, marce a portata di ‘’mano’’ per non staccare mai le mani dal manubrio, velcro al volante per non stancare il braccio sinistro e aiutarmi per una maggior presa al volante».
E, invece, il secondo progetto?
«Sarà ad agosto, dal 5 al 27. Attraverserò, camminando, l’intera nazione islandese, mediante un coast to coast, da nord a sud di 350km circa passando per il cuore dell’Islanda. Raccoglierò fondi per Emozionali, onlus senza scopo di lucro che offre esperienze ‘’emozionanti’’ a persone con disabilità».
Sarai da solo?
«Sì, entrambi i progetti saranno svolti in solitaria; trasporterò con me tenda, materiali e attrezzatura per assicurarmi riparo e cibo anche quando non avrò servizi o centri abitati vicini. Sulle mie pagine social, racconterò le mie avventure giornalmente e attraverso la piattaforma di crowdfunding denominata ‘’Rete del dono’’ sensibilizzerò gli utenti, come per gli anni passati, a fare una donazione».
Come affronti ogni sfida? Sia da un punto di vista fisico, pratico e umano?
«Non ho un vero modus operandi su come scegliere le mie sfide o mete. Mi piace tentare e sperimentarmi in diversi sport, anche se i cammini di lunga percorrenza rimarranno il mio più grande amore che continuerò a perseguire nel tempo. Ho scoperto il fascino per le terre fredde, ostiche e poco percorribili e per qualche anno voglio tentare cammini in questi ambienti e territori nordici. Più in là, chissà, magari mi sposterò verso terre più calde e desertiche, ma per ora è solo una previsione. Faccio molto sport e nel mio tempo libero mi dedico a diverse attività all’aria aperta, sono abbastanza testardo e mi piace lo sforzo prolungato nel tempo. Non sempre riesco a prepararmi efficacemente per le mie imprese visti doveri e impegni della vita di tutti i giorni, ma il mio essere ostinato e cocciuto gioca un ruolo davvero importante in questo tipo di esperienze».
In questi anni hai viaggiato molto. Dove sei stato e che sensazioni ti hanno lasciato le tue imprese? C’è un posto che ti è rimasto più nel cuore e perché?
«Nel 2020 ho percorso l’intero cammino di Santiago partendo dal confine francese e raggiungendo il km 0 di Finisterre (fine del mondo), una città posta sull’Oceano Atlantico, 1000km circa. Nel 2021 ho camminato invece lungo i mille chilometri del tratto italiano della via Francigena dal Passo San Bernardo (AO) fino a Roma. Nel 2022, invece, ho attraversato la Lapponia svedese in completa autonomia per 450km con cibo disidratato, tenda e attrezzatura varia visti i pochi villaggi e servizi a disposizione e vista l’assenza di rete telefonica nella maggior parte del tracciato. Ogni cammino mi ha donato cose e aspetti diversi riconducibili tutti a una ”fortificazione di me stesso” e che mi hanno portato oggi ad essere la persona che sono, con i miei sogni da perseguire. Tra i posti del cuore direi Santiago, ma solo per la situazione delicata e complicata che stavo vivendo e per avermi aperto le porte a questi mondi».
Quanti soldi hai raccolto finora con le tue imprese?
«Al fundraising mi ci dedico dal 2021; ho svolto fino ad ora solamente 2 progetti sportivi/sociali (oltre ai nuovi previsti per il 2023). Lungo la via Francigena (dalla Valle d’Aosta a Roma -1000km a piedi) ho raccolto per la Fondazione Salus Pueri dell’Ospedale Pediatrico di Padova poco più di 3000€ su 3000€ di obiettivo. Nel 2022 attraversando la regione della Lapponia svedese ho sostenuto Noisy Vision Onlus che si occupa di disabilità sensoriali (ipovedenti e ipoaudenti) raccogliendo altri 3162€ su 2000€ di obiettivo prefissato».
Che consigli ti senti di dare a chi come te sta affrontando un percorso con la disabilità?
«Il mio consiglio è avere una grande fiducia e la volontà di voler cambiare le cose. Credo fortemente che la maggior parte dei limiti che abbiamo prendano vita nella testa di ognuno di noi, ed è lì che dobbiamo ritornare per scardinarli e rivalutarli per quello che sono realmente. Serve un’indomabile curiosità e una profonda ricerca per mettersi alla prova continuamente e per non aver paura di lottare e fallire. Sono convinto esistano tantissimi modi per superare le proprie difficoltà, ognuno avrà i propri, per me è stato iniziare a camminare»
Sei tornato a vivere due volte a dimostrazione che è possibile trovare la felicità anche al di fuori di una presunta perfezione. Chi è oggi Daniele?
«Daniele ora è un uomo sicuramente più cosciente di prima, ben diverso da quel timido e insicuro ragazzino di cui ha vestito i panni per lungo tempo. Non mi soffermo più su limiti, paure e aspettative ma su traguardi e obiettivi da ricercare e conquistare nel tempo. C’è ancora un lungo lavoro che intendo svolgere, alzando sempre più l’asticella della difficoltà e continuando a misurarmi con me stesso. Con gli anni, nutrendo un forte amore per la natura, sono diventato una guida ambientale escursionistica e nel mio tempo libero mi occupo di gruppi guidati all’aria aperta. In un futuro prossimo mi auguro di diventare un punto di riferimento nell’accessibilità e nell’inclusività sportiva mettendo a disposizione la mia storia e l’esperienza accumulata al servizio di chi ne avrà bisogno».
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