Annie Kopchovsky: la prima donna che fece il giro del mondo in bicicletta
La bicicletta è da sempre simbolo di libertà e oggi non è raro incontrare italiani e stranieri che – in sella alla propria bici – decidono di partire con il sacco in spalla alla scoperta di luoghi affascinanti, all’insegna di un ritmo di vita lento e a misura d’uomo. Il 2014 – stando alle notizie dei media – sarà l’anno delle vacanze in bicicletta, ecosostenibili ed economiche. Ma chi sono stati i veri pionieri del cicloturismo, che hanno deciso di abbandonare tutto per scoprire il mondo in sella ad una bici? Tra i vari personaggi, più o meno celebri, vale la pena ricordare la figura di Annie Kopchovsky, che alla fine dell’Ottocento decise di mollare tutto (inclusa la sua famiglia di Boston) per fare il giro del mondo in bici; per poi tornare a casa, felice e trionfante, e raccontare la sua grandiosa esperienza sui giornali dell’epoca. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1947, la vicenda di Annie venne a lungo dimenticata, fino a quando Peter Zheutlin, pronipote della protagonista, non ha deciso di raccontarne la storia nel libro “Il giro del mondo in bicicletta – La straordinaria avventura di una donna alla conquista della libertà”. Active Sport Tours, tour operator specializzato nell’organizzazione di vacanze in bicicletta, ha intervistato l’autore per scoprire qualcosa di più sulle avventure di questa donna straordinaria e fuori dagli schemi.
Annie Kopchovsky nacque in Lettonia, nel 1870, da una famiglia ebrea, che presto decise di emigrare negli Stati Uniti in cerca di fortuna. Annie si sposò giovanissima e quando partorì il suo terzo figlio aveva solo 23 anni. Infelice della sua condizione di moglie e madre, la giovane lettone iniziò a fare diversi lavori, nella speranza di emanciparsi e riuscire così a sentirsi soddisfatta. Iniziò a vendere spazi pubblicitari per i giornali, ma per Annie non era ancora abbastanza. Proprio in quel periodo, la bicicletta iniziò a diffondersi come mezzo di trasporto e anche di svago. Iniziò l’epoca dei primi viaggi in bici e delle prime imprese, fatte rigorosamente da uomini, come quella del 1885 in cui un ciclista riuscì a fare il giro del mondo. Le imprese dei cicloturisti iniziarono a fare notizia, a destare l’opinione pubblica e a scatenare dibattiti e commenti di vario tipo. E fu proprio uno di questi commenti a colpire nell’orgoglio la giovane Annie. Un giorno, per caso, sentì parlare due ricchi signori di Boston, i quali scommettevano che una donna non sarebbe mai riuscita a compiere il giro del mondo in bici. A quel punto, la giovane lettone raccolse d’istinto la sfida e decise di partire in bici, senza esserci mai salita prima.
Partì da Boston il 25 giugno 1894 vestita con una lunga gonna e dotata solo di una bici da donna del peso di 19 chili, senza soldi, né vestiti di ricambio, ma accettò di avere uno sponsor che le finanziò le primissime tappe del viaggio. Attaccò alla sua bicicletta una targa che pubblicizzava una marca d’acqua: la Londonderry Lithia Spring Water Company, da cui Annie prese poi il nome d’arte, diventando Annie Londonderry. La sfida prevedeva infatti anche l’abilità di autofinanziarsi durante il viaggio, facendo lavori e servizi che le avrebbero permesso di andare avanti con le tappe successive e acquistare tutto l’occorrente. Durante la sua avventura fece infatti diversi lavori: venditrice di cartoline, taglialegna, ma sfruttò anche la sua impresa per vendere la sua immagine e la sua storia. A fine settembre, dopo tre mesi di duro viaggio, giunse a Chicago, con nove chili in meno e molta meno forza di prima. Stava quasi per abbandonare la sua impresa quando le regalarono una bici da uomo, molto più leggera di quella con cui era partita (meno della metà rispetto alla precedente). Decise allora di continuare, ma cambiò radicalmente il suo abbigliamento, facendo scandalo per i suoi pantaloni maschili.
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Ripartì alla volta di Boston, poi pedalò in direzione New York dove prese una nave per la Francia, che raggiunse a novembre. Per vivere e riuscire a finanziare le tappe successive del suo viaggio iniziò a fare pubblicità ad alcune aziende marsigliesi attaccando delle placchette pubblicitarie alla sua bici e ai vestiti che indossava. In seguitò, iniziò a tenere conferenze, incontri e rilasciare interviste a scrittori e giornalisti. Arrivò poi in Italia, Grecia, Gerusalemme, Sri Lanka, Cina, Giappone, alternando tratti in nave e in treno a lunghissime tappe in bicicletta. Affrontò il caldo torrido del deserto e il freddo gelido dei tratti montuosi, attraversò strade piene di fango o coperte da pietre. Cadde più volte e in una di queste si fratturò un polso, ebbe problemi tecnici alla bicicletta e alcuni giornali che raccontavano la sua storia non furono affatto benevoli nei suoi confronti, ma – nonostante tutte queste difficoltà – continuò lo stesso a viaggiare e lavorare (guadagnando alla fine circa 5000 dollari con i quali poté finanziarie il suo viaggio). Il 23 marzo tornò negli Stati Uniti attraverso la Golden Gate della baia di San Francisco e nei sei mesi successivi attraversò tutti gli Stati Uniti per raggiungere il punto da cui era partita: dopo 15 mesi dalla sua partenza da Boston (e dieci mesi dopo aver lasciato Chicago dove cambiò bici), Annie portò a compimento il suo viaggio. Tornata nella sua città adottiva, ricevette un premio di 10.000 dollari, iniziò a scrivere per alcuni giornali, dove naturalmente raccontò le tappe della sua impresa, e si convertì al ruolo di moglie e madre, per poi sparire velocemente dalle cronache dell’epoca.
Il suo viaggio contribuì non solo a modificare la percezione del ruolo della donna, ma aiutò a trasformare anche la moda femminile del tempo. Fu grazie a lei se le lunghe e ampie gonne vennero sostituite da pantaloni più comodi. Ed è proprio questo uno degli aspetti che ha affascinato maggiormente l’autore: “ho trovato affascinante ogni aspetto della storia di Annie e del suo viaggio così straordinario. – ha commentato Peter Zheutlin via mail – In ogni caso, tra tutte le vicende che mi hanno colpito ce n’è una che ancora non riesco a spiegarmi: come ha fatto una donna di quell’epoca, sposata e madre di tre figli, a rompere in modo cosi netto le regole di quel tempo, sfidando le norme sociali e le rigide abitudini, per intraprendere un’avventura così bizzarra e straordinaria?”.