“Ho fondato pensiero vagabondo per ispirare alla ribellione”
A cura di Maricla Pannocchia
Viaggia spesso in autostop, alloggia in ostelli e guesthouse o dorme in posti di fortuna, sempre vivendo esperienze entusiasmanti, a tratti da batticuore (in ogni senso), documentando il tutto sui canali social del suo progetto “Pensiero Vagabondo”. Alla base di quella che è diventata, per Alessandro, una vera e propria filosofia di vita c’è il desiderio d’ispirare gli altri al cambiamento e alla ribellione.
Ma ribellarsi a cosa? A uno stato passivo e uno stile di vita che spesso si discosta da quello desiderato dal nostro vero Io. Seguendo questa scia, adesso Alessandro è in partenza per il Vietnam dopo le recenti esperienze in Laos e in Cambogia.
Ciao Alessandro, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…
Vengo da una famiglia semplice. Mia madre è casalinga e mio padre un grande lavoratore ligio al dovere. È stato proprio lui a inserirmi, quando avevo 16 anni, nel mondo del lavoro perché si suppone che, a quell’età, dovessi cominciare a capire il senso del denaro. Ho lavorato come cameriere.
Mio padre è stato la mia più grande scuola, solo a scriverlo mi luccicano gli occhi perché contemporaneamente è stato anche molto duro con me. L’unica cosa che gli rimprovero, che ho capito solo oggi, è che se avessi avuto il tempo di crescere più lentamente sarei arrivato prima a ragionare come faccio oggi o, quantomeno, avrei potuto imboccare prima la strada più giusta per me.
Dico ciò perché aver cominciato a lavorare quand’ero così giovane mi ha portato a credere che bisognasse accontentarsi di un mestiere qualsiasi per guadagnare, costruirsi un futuro, comprare una casa, sposarsi, fare figli, invecchiare e morire. L’iter convenzionale molto diffuso è proprio questo ed io non lo giudico, però penso che la vita non debba necessariamente seguire questa traiettoria.
Nonostante questo, ho imparato a guardare con occhi diversi il mio passato perché, se non fosse stato esattamente così, oggi non sarei qui, non avrei né viaggiato né ricominciato a sognare. Dovevo entrare nel sistema che ci domina sin da quando nasciamo per ribellarmi, uscirne fuori e andare oltre.
Siamo fatti di “non scelte”. Se ci pensiamo, da quando nasciamo c’inculcano di che religione essere, che scuola elementare e media frequentare, uno spiraglio di scelta arriva per le scuole superiori, quando, alla tenera età di 16 anni, senza sapere chi sei davvero o chi vuoi diventare, devi scegliere quale istituto frequentare. Magari queste cose invece le sai già, ma tutto cambia di continuo ed ecco che ti ritrovi a 20 anni con l’aver sbagliato scuola.
Se ci riflettiamo vediamo come perfino il nostro nome venga scelto da altre persone e, nel mio caso, pure il mio primo lavoro. Continuo a pensare, tuttavia, che ogni cosa succeda per un motivo e che se ho dovuto vivere ciò che ho vissuto è solo perché le cose non sarebbero potute o dovute andare diversamente.
Noi siamo la somma di tutte le esperienze vissute e delle persone che abbiamo incontrato finora. Questo include anche le persone che ci hanno fatto del male perché pure loro hanno contribuito a farci diventare ciò che siamo oggi. Io ringrazio ogni persona incontrata, ogni esperienza fatta; senza tutto questo non sarei mai diventato ciò che sono ora. Non sarei mai partito.
Sono diplomato in elettrotecnica, sono molto curioso, m’interesso di tutto perché ritengo sia un modo per arricchirsi sempre di più, mi piace rendere felici gli altri e vederli sorridere. Sono molto altruista, gentile, generoso, riflessivo, attento ai minimi dettagli.
Quando raggiungo un obiettivo non sono mai totalmente felice perché credo che ci sia sempre da migliorare, da aggiungere del nuovo al vecchio, c’è da non fermarsi mai. Sono ideatore e realizzatore di una start-up andata male per mancanza di fondi e testardaggine di alcuni membri del team.
So ascoltare, ho rispetto delle persone perché tutti possono insegnarci qualcosa. Gli altri per me sono come degli scrigni da aprire dai quali prendere qualcosa e dove riporre altro in cambio, il così detto “scambio di risorse umane”. Io adoro questa definizione. Credo nel miracolo della condivisione e della collaborazione giacché da questi due colossi sociali nascono le migliori relazioni di amicizia e d’amore.
Mi piace leggere libri di viaggio, crescita personale e diverse altre tipologie; insomma, tutto ciò che mi possa portare aria fresca alla mente per scappare al tiranno dell’abitudine.
Non sono fatto per stare sempre nello stesso posto, con la stessa gente, a fare sempre le stesse cose perché so che così non evolvo, non vivo veramente. Il mondo è troppo grande e bello per pensare, anche solo per un attimo, che la vita è tutta qui.
Come affronti le difficoltà?
Una cosa di cui sono fermamente convinto è che la vita, dopo tutto, mi deve una rivincita.
La mia esistenza è costellata di fallimenti continui, in amicizia, in amore, in cose iniziate e poi mai raggiunte per un pelo nonostante ci avessi messo anima e cuore e molte di queste cose non me le riesco ancora a spiegare. Ho incontrato persone che ho amato incondizionatamente ed è proprio per questo mio modo di amare che si sono allontanate.
Ma va bene così, ormai ci ho fatto il callo. A tutto questo c’è una spiegazione: secondo me esiste qualcosa di più grande. Non è un caso che io abbia fatto alcuni viaggi che mi hanno cambiato la vita, incontrato persone che mi hanno messo davanti a strade alternative, letto libri che mi hanno illuminato.
Facevo un lavoro che sostanzialmente odiavo, mi opprimeva, non mi gratificava, mi rendeva infelice e mi faceva sentire in carcere 8 ore il giorno. Per uno come me, che ama stare in tanti posti diversi e gioire di tanti sorrisi, era come mettere la firma alla mia condanna a morte. Al pensiero di aver raggiunto la soglia del quarto di secolo di vita mi sentivo male perché so benissimo che la vita è imprevedibile e può finire in un attimo. Anche percepire quello stipendio non mi rendeva più felice. Ho capito, quindi, che non è di soldi o di cose materiali che mi voglio circondare ma di ricordi, di cose viste e che porterò per sempre nelle fotografie della mia mente.
Volevo conoscere luoghi che mai avrei pensato potessero esistere e trasmettere tutto ciò agli altri, affinché possano sentirsi smuovere dentro per iniziare una rivoluzione spirituale che porti alla libertà, a nuove consapevolezze e lontano dalle idee che la società ci ha imposto come se fossimo prodotti industriali.
Quali consigli vorresti dare a chi si trova ancora in Italia ma, proprio come te, sente che c’è “qualcosa che non va” in quel contesto?
Ci hanno fatto diventare come volevano. Non credo nelle persone che governano il nostro ‘Bel Paese’, nel sistema che ci hanno imposto come giusto e nelle “non scelte” a cui siamo stati sottoposti dalla nascita. Io credo nella bellezza che ci è rimasta: il paesaggio, la cucina e la cultura. Per il resto, credo che sia tutto fa rifare.
Se ci pensi, le cose che crediamo straordinarie oggi, dopo un po’ non le vediamo più come tali, non ci trasmettono più le stesse vibrazioni che ci regalavano una volta. Questo avviene perché tutti siamo nomadi nel profondo della nostra essenza più pura ma molti non se ne rendono conto.
La tua vera natura, il tuo posto nel mondo, la tua luce… chiamala come preferisci ma, in ogni caso, quest’essenza non la trovi rimanendo seduto su una poltrona, ma iniziando a viaggiare sotto ogni forma. Nell’anima e nel mondo.
Dove sei stato finora?
Repubblica Ceca, Francia, Thailandia, Cambogia, Laos e Vietnam. Il mio sogno è fare il giro del mondo, quindi il viaggio proseguirà abbracciando molti altri Paesi.
Viaggiare per te è…
Mi piacerebbe che il viaggio fosse un “obbligo”, un po’ come un tempo c’era l’obbligo di fare il militare. Viaggiare arricchisce il nostro bagaglio di credenze e ci permette di allargare la mente e superare i nostri limiti. È proprio viaggiando che riusciamo a stupirci ogni singolo giorno davanti alle meraviglie del mondo ma possiamo anche incontrare anime affini alle nostre. Sarebbe, quindi, un “obbligo” positivo perché ci abituiamo a tutto tranne che a viaggiare. Eppure, il viaggio è la condizione che più si avvicina al concetto ‘d’impermanenza’ che caratterizza non solo la natura umana ma tutta la vita.
Hai dei canali social che gestisci regolarmente, perché hai scelto di raccontare su Internet questo tuo percorso?
Ho passato l’ultimo anno e mezzo nel buio più totale, ero letteralmente in bilico tra la vita e la morte in seguito a un forte ‘mal di vivere’. Dopo aver incontrato alcune persone, aver fatto un viaggio in particolare, aver letto certi libri e aver fatto leva sulla mia forza di volontà e voglia di cambiare, ho cominciato a maturare, dentro di me, determinate consapevolezze. Di questo parlo nel mio profilo Instagram, che porta il nome di “Pensiero Vagabondo”.
Sono state proprio queste consapevolezze a spingermi a ribellarmi a quello stato in cui ero caduto e a iniziare a darmi daffare per inseguire i miei sogni. Se oggi posso ispirare, aiutare e incoraggiare le persone a liberarsi da uno stile di vita in cui si sentono incastrate e lacerate dal quel classico “mal di vivere”, non posso che esserne felice e soddisfatto.
Che cosa diresti alle persone che hanno il tuo stesso sogno ma non sanno da dove cominciare per realizzarlo?
Gli direi di seguire il cuore. Se si aspetta che la paura e i dubbi passino, questo potrebbe non succedere mai, anzi, ci sono buone possibilità che questi aumentino perché siamo noi stessi a nutrirli con i nostri pensieri e con le nostre convinzioni. Lo stesso discorso vale per la perfezione. Essa non esiste e non ha senso aspettare che tutto sia perfetto prima di agire. Direi di prepararsi bene a quel “primo passo”, rendersi un po’ robuste la spalle e dare inizio a quel cambiamento. Dobbiamo metterci tutti noi stessi, perché a nessuno è dato di vivere due volte.
Il mio consiglio, dunque, è quello di smettere di continuare a sopportare una situazione dove ci si sente infelici o addirittura depressi perché prima o poi questa si ritorcerà loro contro, com’è successo a me. In tanti dicono che, per fare un cambiamento di vita, ci vuole coraggio ma io penso che, in realtà, ci voglia consapevolezza. Consapevolezza di cosa? Beh, del fatto che la vita è soltanto una. Siamo solo di passaggio quindi dobbiamo impegnarci al massimo per vivere una vita il più in linea possibile con ciò che siamo e vogliamo davvero.
Rinunciarvi sarebbe come rinunciare a sé stessi.
Quali sono i tuoi piani per il futuro?
I miei progetti sono tanti, perché tanti sono i miei sogni. Fra i prossimi ci sono fare il giro del mondo e pubblicare il mio libro (ci sono molte persone interessate a leggerlo e, sinceramente, non me lo aspettavo ma ne sono molto felice). In questo momento sto cercando un editor e poi vorrei proporlo a una casa editrice che mi aiuti a divulgare il mio messaggio, oppure potrei auto-pubblicarlo.
Da quando sono partito ricevo tanti messaggi da varie persone, alcuni sono ragazzi della mia età, altri più giovani e altri ancora sono adulti. Tutti mi raccontano di questo malessere che provano, della necessità di cambiare vita, di come si sentono vuoti e infelici… io sono certo che, fra quelle righe, queste e molte altre persone troveranno la spinta che le porterà a riflettere ancora di più e a spiccare il volo.
Questi sono temi importanti, per questo sento di doverne parlare e di voler trasmettere la mia esperienza e quanto sto apprendendo. Ci sono tante persone che, ogni giorno, affrontano quel “mal di vivere” a cui io mi sono ribellato e spero di essere per tutte loro, ma in particolare per i giovani, una luce di speranza e di carica che le porterà a cambiare in meglio la loro vita.
Copyright delle foto: Alessandro Spadavecchia
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