Quattro piaceri al giorno (come minimo) per vivere meglio
Sapevate che un lutto o un cattivo matrimonio indeboliscono l’efficacia di un vaccino antinfluenzale? La scoperta, pubblicata nell’aprile di quattro anni fa sull’Herald Tribune, è stata ripresa da Evelyne Bissone Jeufroy, www.evebissonejeufroy.info, psicologa, autrice del libro, uscito di recente, “Quattro piaceri al giorno, come minimo!”- I benefici del piacere sul corpo e sullo spirito – Di Renzo Editore, in cui viene confermata la massima del buon Giovenale, secondo cui una mente è sana solo quando anche il corpo gode di buona salute.
Scorrendo le pagine del manuale, si legge che lo studio è stato condotto su 180 persone di età superiore ai sessantacinque anni, i quali hanno riempito un questionario dettagliato relativo agli avvenimenti recenti della loro vita: la cornice sociale, la salute, l’ambiente affettivo, eccetera. Un mese dopo la vaccinazione, i ricercatori hanno osservato che il 33 per cento delle persone che avevano subito un lutto nel corso dell’anno precedente non reagivano bene al virus.
Al contrario, quelle che si sentivano felici in coppia, mostravano un aumento significativo della loro percentuale di anticorpi. Lo stesso esperimento, condotto in soggetti più giovani, ha prodotto un risultato simile: le persone che hanno subito eventi stressanti, diversi dal lutto, forniscono una risposta al vaccino meno efficace degli altri.
E questo perché?
“Il cervello- scrive l’autrice- riveste il potere centrale nel nostro corpo e nel sistema immunitario, e anche il potere esecutivo è ai suoi ordini. Perciò, si capisce che quando il cervello causa la depressione, il sistema immunitario di rimando causa l’immunosoppressione. Ciò è stato chiaramente stabilito da studi condotti su persone stressate (studenti sotto esame) o in stato di depressione (morte di un coniuge, cambio di lavoro, rottura amorosa)”.
Solo coincidenze? Beh, il libro di Jeufroy è colmo di esempi di persone tristi, spesso malate, che hanno ritrovato la propria salute fisica, quando hanno riscoperto il piacere di esistere. Lo stress, si sa, può alterare le difese immunitarie e favorire l’insorgenza di infezioni, del cancro e di malattie autoimmuni.
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Certo, le reazioni variano, non tutti rispondono nello stesso modo. “Ci sono- scrive la psicologa- quelli che esteriorizzano meno i propri sentimenti e possono avere le risposte fisiche più perturbatrici”. L’importante è riconoscere lo stress e imparare a gestirlo.
Leggendo il libro, si scoprirà perché alcuni si ammalano di ulcera, altri hanno spesso cistiti, o problemi cardiaci o alle vie respiratorie. La “scelta” dell’organo non è casuale. Mai. Fa sapere Jeufroy: “Il nostro corpo sa sentire molto prima della nostra mente, ciò che ci fa bene o al contrario ci aggredisce o non ci conviene. Di fronte a certe persone, o in certe situazioni, si contrae e si blocca , mentre sarà fiducioso, disteso e appagato in ambienti e con persone che arrecano benessere. Il nostro corpo è lucido e sempre nel vero, cosa rara per la nostra mente”.
Il problema, spiega la professionista, è che abbiamo la tendenza a cercare soddisfazione nel dolore. Di conseguenza: ci sentiamo colpevoli se ci concediamo del tempo, ci angoscia l’idea del piacere, se viviamo attimi di gioia ci torturiamo con pensieri di morte o malattia. Una continua afflizione. Pensiamo di non poterci permettere neanche piccole gioie, quelle che servono a caricarsi e ad andare avanti. Colpa spesso di un’educazione troppo rigida imposta dai genitori. Da alcuni, quelli che sono bravi a ripetere: “La vita non è fatta per gioire”. Oppure: “Prima il dovere, poi il piacere”. O ancora: “Datti da fare, non poltrire”.
Già Eckhart Tolle nel suo libro Il potere di adesso, scriveva: “L’incapacità di fermarsi a pensare è un’afflizione reale”. Infatti, chiarisce Jeufroy, “pensare può impedirci di avere la coscienza di essere. Al contrario, quando la mente e il corpo sono d’accordo, la mente può diventare uno strumento prezioso. Il benessere del corpo è allora il terreno di partenza, dal quale il pensiero libero da questi automatismi si dispiega, in modo perspicace, chiaro e giusto”.
La strada da percorrere per non rimanere assenti a se stessi, secondo la psicologa, prendere coscienza delle proprie sofferenze infantili, imparare a guardarsi vivere. “Esistono- scrive- alcune situazioni in cui guardarsi vivere diventa un meccanismo utile, affinché avvenimenti sgradevoli o traumatizzanti non ci colpiscono più.
In primo luogo , nella vita quotidiana, di fronte a conflitti di lavoro o a riunioni familiari spiacevoli, può essere proficuo cercare di vedere le cose con distacco e non prendere parte a queste situazioni difficili. In secondo luogo, cosa ben più importante da sottolineare, la dissociazione consente di continuare a vivere o sopravvivere in caso di traumi (genocidi, attentati, aggressioni, stupri, incesti, ed altro).
Alla fine di questo discorso, cosa resta? Un comandamento fondamentale. Impariamo a cercare il nostro piacere. Basta con il dovere, il senso di colpa, la ricerca della perfezione. Ci si deve convincere che qualche volta si può oziare, senza darsi motivazioni. “Quando vogliamo essere perfetti- si legge- siamo sempre al di sotto di ciò che vorremmo raggiungere. Non raggiungere mai questo obiettivo ci fa vivere nella frustrazione e nell’insoddisfazione permanente, il che è nefasto per la stima di sé e distrugge la sensazione di benessere interiore.
Trovarsi costantemente vincolati al dovere può dare a certuni l’impressione di essere virtuosi, di meritare il paradiso, un accesso incondizionato al cielo”. Ma questo è il caso di coloro che sono stati addestrati sin da piccoli ad essere sempre tristi, a diffidare dei piaceri, a rinunciare alle proprie gratificazioni per soddisfare sempre e solo gli altri.
Ma quale piacere dovremmo imparare a cercare e cosa significa vivere nel piacere? Jeufroy lo spiega in modo chiaro a pagina 19: “Essere nella vita, nella gioia, apprezzare coscientemente l’istante presente. Il piacere di cui parlo è quello dipendente dalle nostre sensazioni e nel quale bisogna prendere tempo di sistemarsi pienamente, in quanto corrisponde a uno stato di risveglio che genera calma, passando attraverso i nostri cinque sensi: la vista, l’udito, il gusto, l’olfatto e la cinestesia, che include il tatto e tutte le sensazioni interne, viscerali del corpo”.
Essere nel proprio giusto sé significa per la scrittrice essere sistemati comodamente in se stessi, in una respirazione agevole, come in una buon, vecchia poltrona inglese di pelle patinata dal tempo. Il piacere ci dà benessere e ci ricarica di energia, ci rende dinamici e scaccia la fatica. Quando siamo nel piacere ci collochiamo fuori dal tempo: tutto consiste nell’accogliere ciò che è , ciò che si sta vivendo qui ed ora”.
Il piacere è, per la psicologa, uno stato d’allerta che ci fa concentrare su ciò che procura del bene e genera calma. Non è uno stato permanente , quanto piuttosto un momento transitorio di pienezza che può sorgere e risorgere, non importa dove e quando, a condizione di stimolarlo e di saperci “entrare”.
E’ inseparabile dal desiderio che lo genera e che con esso si esaurisce. Fondamentale è, in questo senso, sapere ascoltare il proprio corpo, essere sensibili ai suoi bisogni, alle sue sofferenze, alle sue tensioni, ai suoi mali e a ciò che lo rende felice, disteso, insomma a tutto ciò che prova. E non smettere mai di cercare benessere, appunto piacere che, dice Jeufroy, non risiede nel fare e non ha nulla a che fare con la volontà, ma è “l’eco della maniera in cui abbiamo saputo godere dell’istante presente.
Il piacere si trova nell’essere”. Il piacere è, insomma, un approccio alla vita che va personalizzata e adattata”, senza curarsi delle opinioni degli altri. Francoise Dolto, diceva: “Senti ciò che devi fare, non badare agli altri e fallo”. Ma attenzione, avverte Jeufroy, essere nel piacere non comporta mai l’assenza di esperienze dolorose, poiché l’esistenza che è movimento e cambiamento, porta piaceri e sofferenze. Queste sono necessarie e inevitabili”. L’importante è non cercarsele. Accettare i propri limiti, come la vecchiaia e la morte, con serenità, ed esaudire piccoli desideri ogni giorno. In numero variabile. Almeno quattro, consiglia l’autrice.
Il numero cresce a seconda della padronanza che si ha del proprio corpo e della propria mente. Si può cominciare, annusando un pezzo di cioccolato. Mai carne avariata, come avvertono gli studiosi. Spingerebbe ad uno stato di prostrazione. Ridere. Poi, tanto esercizio fisico. E il sesso. La stessa Dolto, a proposito del piacere sessuale, una volta ha detto: “E’ come il sale. Si può vivere senza, ma con esso la vita ha un altro gusto”.
E questo perché l’energia sessuale è la via regale d’accesso alla parte “divina” che risiede in ciascuno di noi. Le parole sono sempre della psicologa.
A cura di Cinzia Ficco