Il romanzo di Paolo Euron, Anni senza tempo
Alcuni decenni fa il futuro aveva una forma riconoscibile, accattivante, fosse anche solo quella delle città o delle astronavi disegnate sulle copertine dei romanzi di fantascienza.
Poi, con gli anni, l’idea del futuro si è confusa, si è fatta meno precisa. Qualcuno finisce perfino per provarne la nostalgia. Il romanzo “Anni senza tempo” attraversa gli ultimi quarant’anni di vicende italiane. Stefano è un giovane intellettuale promettente, ma il suo futuro rimane una promessa. Il suo amico Alberto incontra il successo, mentre lui, nel mondo accademico, passa da un contratto all’altro, vivendo per anni da precario senza trovare una collocazione lavorativa stabile né un’esistenza definita.
La società italiana clientelare, immobilistica, con i suoi equilibri e privilegi da difendere, nega ogni speranza.
Tuttavia è proprio la speranza che plasma il futuro, e “le idee non sono soltanto parole, le idee sono la materia di cui noi siamo fatti. Le idee sono il negativo della storia, sono l’unica forma del futuro che ci è dato toccare già nel presente.”
Con questa convinzione Stefano volta le spalle ai suoi cattivi maestri, a coloro che dovrebbero coltivare e insegnare le idee e che invece si curano solo di difendere i propri privilegi.
Lascia l’Italia e affronta l’ignoto. In estremo oriente fa esperienza di un mondo sorprendente, in cui titoli e capacità personali contano più degli equilibri accademici e delle relazioni. Un mondo in cui la speranza ha senso e il futuro ha nuovamente una forma. Stefano si trasferisce a vivere e lavorare in Thalandia come professore all’Università.
Poi un giorno gli arriva una lettera. È il suo amico Alberto. Gli assicura che gli farà avere prima o poi un posto in Italia, che quindi deve ritornare.
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