Meditazione per donne sempre di corsa

Le donne sono un sesso affascinante e caparbio.
Ogni donna è una ribelle, di solito insorge violentemente contro se stessa.
Oscar Wilde

Siete in ritardo a un appuntamento e incontrate solo semafori rossi? Vi tocca passare la domenica pomeriggio a stirare? La vostra tabella di marcia è più serrata di quella del Presidente degli States? Non innervositevi: ogni azione abituale può diventare una semplice meditazione rilassante o uno strumento per cambiare atteggiamenti dannosi.

Parola di Anna Talò,  giornalista, consulente editoriale, traduttrice, che ha di recente pubblicato un libro, dal titolo: ”Meditazioni  per donne sempre di corsa” Corbaccio editore– e che invita le lettrici a trasformare gli impegni e gli intoppi quotidiani in momenti utili per ricaricare le batterie.

Meditazione

“Dalla doccia mattutina – dice – alle faccende domestiche, dalla merenda pomeridiana al traffico impazzito: tutto deve servire per combattere lo stress”. Ma come? Attraverso quattordici esercizi di rilassamento, per contrastare situazioni comuni che possono essere causa di ansia e irritazione, oppure per modificare profondamente certe abitudini nocive. Si va dalla meditazione del respiro, a quella del semaforo, di Paperone, anti-paura, dell’armadio, del no, delle dodici fatiche di Ercole, del sorriso, solo per citarne qualcuna. Sono pratiche semplici, che non richiedono tempi supplementari. Quindi non possiamo dirci: “Lo farò più tardi, per non farlo mai più”.

Per l’autrice, occorre sfruttare la propensione, femminile,  al multitasking, sconosciuta agli uomini, e fare più cose nello stesso momento, ma imparando a combattere l’ansia, il nervosismo, derivato dalle richieste sempre più pressanti, che “la società- aggiunge Talò – rivolge a noi donne”.  Noi, l’altra metà del cielo, dobbiamo, infatti, essere eternamente sexy e giovani, alla moda, al top dell’efficienza, e eroine della casa. E allora? Rilassiamoci  e “impariamo – consiglia la giornalista- ad accettarci un po’ di più nelle nostre possibilità, a essere più assertive, a ritagliarci il tempo necessario per prendere fiato. Solo così tutto il nostro sistema di relazioni riceverà, a cascata, una scossa salutare”. Serve sapere che i progressi spesso saranno apparentemente minimi.

“La vostra vita – aggiunge l’autrice- non si trasformerà da un momento all’altro solo perché avete iniziato a respirare profondamente. Però abbiamo dato il via al cambiamento. E’ come una valanga: parte piano, si ingrossa sempre più, con la differenza che voi, questa valanga, l’avete desiderata. Perché siete stanche, perché siete insoddisfatte, perché vi sentite in trappola, perché non ne potete più. L’unico errore da non fare, quando ci si trova cosi spossate e frustrate, è pensare che non ci sia alternativa, che dobbiamo rassegnarci, che oramai le cose sono andate così. Che non possiamo cambiare o che per cambiare occorra un cataclisma a giustificare una qualche presa di posizione dirompente”.

Dunque, meditazioni per le donne, oggi vere trapeziste, in attesa che le cose cambino. L’invito alla buona respirazione consola poco, ma sembra che per ora altro non possiamo fare.

La meditazione non è l’unica via d’uscita allo stress. Anche perché le mie “meditazioni” sono soprattutto dei semplici esercizi per rilassarsi, ma anche per cambiare quei comportamenti appresi che ci danneggiano. E un semplice esercizio non è una bacchetta magica. È solo un modo per trovare un pochino di sollievo, stare meglio con se stesse, guardare le cose con più chiarezza. Più in generale i cambiamenti sono possibili se si vuole cambiare e se si fanno i passi necessari per cambiare, anche se questo costa una gran fatica. Altrimenti non c’è meditazione o speranza che tenga.

Donne che meditano meditazione

Perché non fare una manifestazione, in cui chiedere agli uomini, soprattutto ai mariti, una maggiore collaborazione? Un altro 13 febbraio. Che ne pensa?

Che sarebbe perfettamente inutile. In Spagna hanno persino promulgato una legge che obbligherebbe i partner a dividersi il carico famigliare, ma le cose sono rimaste esattamente le stesse. Certi equilibri interni alla famiglia si cambiano con pazienza e consapevolezza, non certo sfilando con gli striscioni. E magari educando meglio i figli maschi.

Ritiene che il maschio italiano sia il meno collaborativo?

Non credo ci siano dati certi in merito. L’uomo è meno collaborativo in generale, perché non è stato educato a contribuire alla pari quando era ancora un bambino o un ragazzo. Una ricerca americana di qualche anno fa rivelava che, ancora oggi, ai figli venivano dati compiti differenti, pur nella stessa famiglia, in base al genere. I maschi avevano meno impegni domestici, e per di più guadagnavano una paghetta più alta.

Dunque, tutta colpa delle madri! Del suo libro, colpisce il dato della ricerca americana, relativo ad un baratto: coccole – faccende domestiche. Quanto è diffuso in Italia il fenomeno?

Non ho trovato studi simili sull’Italia, altrimenti li avrei citati.

In Italia sono troppo pochi i mammi o “nuovi padri”?

Se con “mammi” si intende uomini dediti esclusivamente alla famiglia, allora c’è anche un’associazione nazionale di casalinghi, quindi il fenomeno inizia a prendere corpo. Ma certamente sono rari e la loro scelta viene ancora considerata controcorrente. Troppo spesso ci dimentichiamo che l’emancipazione femminile di massa è recentissima. Neanche un secolo fa le donne che facevano lavori maschili, come guidare il tram o consegnare la posta, e solo perché gli uomini erano al fronte, venivano derise o aggredite per spregio. Siamo ancora sulla strada di una pari cittadinanza effettiva. E poi, siamo oneste, quante di noi – quando descrivono il loro principe azzurro – lo immaginano con il grembiule, mentre tira la cera?

Le donne italiane, dunque, quasi tutte con la sindrome di Cenerentola (potremo andare al gran ballo solo dopo aver pulito la nostra casa) o di Atlante (tutto grava su di noi e noi lo facciamo gravare)? Ma perché questo? Siamo noi che non riusciamo a delegare molti compiti, certe che niente verrà fatto bene dai nostri partner?

Anche questo ha il suo peso: quando i nostri compagni cercano di aiutarci in casa (o per amore o per non sentirci più brontolare), abbiamo sempre qualcosa da dire su come lo fanno e sui risultati. Considerato che conosco pochi uomini che non vedono l’ora di stirare con l’appretto, direi che non fanno altro che cogliere la palla al balzo e non ci riprovano più.

Allora, dipende da noi donne, che, per esempio, sulla cura dei figli vogliamo l’esclusiva? Ma in realtà, cosa ci spaventa? Perché non molliamo la presa?

Perché una donna che molla la presa si sente in colpa. Noi conviviamo con donne che appartengono anche simbolicamente allo scorso millennio: le nostre mamme, le nostre nonne. Il nostro primo modello femminile, di solito, è una donna che ha messo la famiglia sopra ogni cosa, pure se lavorava anche fuori casa. Non cercava la carriera, serviva un secondo stipendio. Stiamo cercando il nostro equilibrio. Come dicevo, ci vuole consapevolezza e ci vuole pazienza.

Tra la cura della casa e quella della famiglia cosa è più divertente per un maschio italiano?

Io vedo molti uomini attenti ai figli, padri presenti e amorevoli. Direi che preferisce stare con i bambini piuttosto che lucidare l’argenteria.

Quale il tipo di meditazione che non dovrebbe mai mancare?

Quella che ci diverte, quella che ci fa stare bene, quella che abbiamo tagliato su misura per noi. Nel libro scrivo che quelli proposti sono modelli: una volta capito come funzionano, poi ognuna ci può giocare come meglio crede.

Cosa prevede per il futuro e cosa chiedere a questo Governo?

Asili, anche aziendali. In Italia l’occupazione femminile cala drasticamente dopo il secondo figlio. In Paesi come la Germania o la Gran Bretagna aumenta dopo il primo. Credo contribuisca il fatto che, per esempio, il fabbisogno degli asili nido in Italia, solo tre o quattro anni fa, era coperto per il 6 per cento, in Gran Bretagna per il 63. Dubito che le cose siano molto cambiate. Le neomamme decidono di stare a casa, pensando di tornare a lavorare quando i bambini saranno più grandi, e questo non accade, perché è difficilissimo rientrare nel mercato dopo qualche anno di pausa. Eppure mantenere il proprio lavoro è fondamentale: per una migliore qualità di vita, sia ora che più avanti. Al di là di qualsiasi altra valutazione, come la soddisfazione personale nel fare qualcosa che ci piace, o essere indipendenti, due stipendi e due pensioni sono meglio di uno.

Per chiudere, per far cambiare le cose, è la donna italiana che dovrebbe fare un passo avanti e prendere coscienza della propria dignità e del proprio valore,  o è l’uomo che dovrebbe farne uno indietro, ed imparare a pretendere meno?

Io non credo che il superlavoro corrisponda a una mancanza di dignità. Semmai a una mancanza di rispetto per i propri ritmi e le proprie necessità. Non si può chiedere a qualcun altro di cambiare per noi: dobbiamo essere noi a dare una svolta alla nostra vita, se sentiamo che non ci sta bene addosso.

A cura di Cinzia Ficco

Anna Talò ha pubblicato nel 2004 (con Valentina Pavesi) Io per prima. Storie di donne mantovane che hanno precorso i tempi, raccolta di interviste alle donne che per prime avevano fatto un lavoro maschile (Provincia di Mantova – Consigliera di Parità) e nel 2007, per Corbaccio, Le vere signore non parlano di soldi, sul rapporto fra donne e denaro.