La saggezza vien dormendo: l’importanza della siesta

Siestare è l’arma ideale contro il buco nel bilancio della Sanità Pubblica”. A questa conclusione è arrivato Frédéric Ploton, giornalista e scrittore, nato nel ’68 a Rueil Malmaison, autore del Manuale di Siestologia -la saggezza vien dormendo- edito da Castelvecchi. Una guida utile a chi, senza tabù, ami “lasciare la presa”, accetti in modo temporaneo di essere vulnerabile. In due parole, “stacchi” per concedersi una siesta. Tanto salutare.

Come hanno compreso da anni in Corsica e Messico, in Giappone e in qualche misura, anche in Cina. Oltreché in Spagna, Grecia Maghreb, Egitto, Vicino Oriente, nei Paesi dell’America latina e delle Isole Antille. E questo perché “non solo – afferma l’autore- la siesta non è incompatibile con una vera e propria attività professionale, ma ne è addirittura la migliore alleata. No, il siestatore non è un pigro che sfugge al mondo. Il siestatore è esattamente l’opposto. Non c’è nessuno che sia più coinvolto di lui nelle attività sociali. Proprio per questo cerca di trovare nel suo pisolino le risorse necessarie per portare a termine le sue fatiche d’Ercole”.

Siesta di Botero

Persino Gesù, Maometto e Churchill affrontavano nemici e prendevano decisioni importanti soltanto dopo essersi abbandonati al sonno ristoratore pomeridiano. Perché se è vero che il tempo è denaro, dieci minuti dedicati alla siesta sono oro: migliorano l’efficienza del cervello e la produttività, eliminando perditempo insonnoliti che si aggirano per gli uffici in cerca di caffeina. E poi siestare fa bene: niente più stress e, sorpresa, addio all’insonnia.

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Non è vero che staccare per pochi minuti sia roba da bambini, faccia sentire in coma al risveglio, rubi molto tempo e costringa a mettersi a letto. Ci si può appisolare in qualsiasi posto. Basta tenere presente il kit di consigli che Ploton regala nelle sue 130 pagine. Una su tutte: non dormire più di trenta minuti.

Svegliarsi da una siesta ci fa sentire più creativi, ma nello stesso tempo più rilassati a cadere nelle braccia di Morfeo per il sonno notturno. “Se dedicherete- scrive il fondatore della Siestologia- dieci o venti minuti della vostra giornata alla siesta anche senza addormentarvi completamente, vi preparerete nel migliore dei modi al sonno della notte successiva. E’ sufficiente una breve siesta, effettuata in posizione distesa e in ambiente tranquillo, per scaricare parte della tensione e della stanchezza accumulata durante la mattinata”. E quindi per disintossicarsi. In questo senso, la siesta può aiutare a prevenire tante malattie provocate da insonnia, che pesano sul bilancio della Sanità Pubblica e quindi sul nostro portafoglio.

Quantificare i benefici della siesta è possibile. Lo ha fatto la Nasa, l’agenzia spaziale statunitense, che ha condotto una delle campagne di studio più importanti mai realizzate sull’argomento. Si è scoperto che effettuare un riposo nel corso della giornata aumenta in modo rilevante le prestazioni del cervello umano, in particolare le sue capacità di vigilanza e memorizzazione.

“Ciò che voi- è scritto nel libro- recalcitranti, beffardi, scettici dovete tenere a mente è che la siesta non è solamente necessaria, ma che addirittura può, in molte situazioni, rivelarsi vitale. Non per niente durante la guerra del Golfo gli Ufficiali delle truppe impegnate nel conflitto obbligavano i loro uomini a effettuare delle sieste preventive prima delle offensive militari”. Senza contare, come si è detto, che la siesta offre la magia di un “secondo risveglio”. Merito dell’adrenalina e della noradreanalina, che ci fanno sentire più stimolati. Si tratta comunque di uno “sballo” molto lieve, diverso da quello che producono le sostanze dopanti. In più, dopo una siesta, beneficiamo degli effetti di un’attività neurologica più lenta. “Riducendo – scrive Ploton- l’attività volontaria e controllata del nostro cervello, possiamo dare libero sfogo all’inconscio, a tutto quello che è autocensurato. In questo senso la siesta è una fonte d’ispirazione ancora maggiore del sonno notturno. “I siestatori più esperti – si legge ancora – sostengono persino che, di fronte a un problema apparentemente insolubile, bisogna semplicemente siestare un po’: così si uscirà dall’impasse e, al risveglio, si delineerà la soluzione. La serenità, la freschezza di spirito, la lungimiranza e questa sorta di distacco (il famoso lasciare la presa Zen), di cui possiamo beneficiare grazie alla siesta, si rivelano le carte migliori per prendere decisioni più serene.

E allora? Non resta che seguire i consigli sulle tecniche e i luoghi per siestare indisturbati. E soprattutto, per farlo senza paura di essere derisi o presi per scansafatiche. Con la consapevolezza che prendersi delle pause sia una pratica innocua, al cento per cento naturale, un bisogno essenziale, gratuito. Un atto di (dolce) ribellione, un atto politico. Persino un diritto riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del ’48, che parla di diritto al riposo.

Tutti più saggi, dunque, con la siesta, come aveva fatto intendere prima di Ploton, Bruno Comby, primo siestologo, nel suo Elogio della siesta. Perché “colui che siesta é colui che ha fede, fede in sé, fede negli altri. Fede in ciò che lo attende e in ciò che é ineluttabile”.

Lo intendano gli italiani che, praticano sì, il riposo breve. Ma ancora con tante remore.

A cura di Cinzia Ficco

Manuale di siestologia siesta