La chiacchierata è una bella testimonianza, non solo di un pezzo di storia del nostro paese, ma anche di un nuovo modo di fare e parlare di imprenditoria. Un nuovo modo che, in realtà sa di antico. Ciò che emerge dalla lettura di queste pagine interroga su aspetti attualissimi del commercio e dei valori che possono e devono rimanere salda bussola delle decisioni economiche e strategiche.

Un'altra vita è possibile

Un’altra vita è possibile, secondo Campaini, perché l’uomo non è solo consumatore ma un insieme di valori etici con cui anche il profitto deve fare i conti. Ciò che colpisce è che questo filo rosso sia stato, e continui ad essere, ciò che guida un uomo a capo di una delle più grandi realtà distributiva d’Italia. Campaini racconta di come un sistema sia entrato in crisi e di come sia necessario smettere di copiare modelli economici e imprenditoriali importati da culture che non ci appartengono; nello specifico quella americana.

Turiddo Campaini da 37 anni guida una realtà profondamente radicata in un tessuto culturale e politico dalla decisa connotazione. Ma per lui la politica e l’imprenditoria non sono mai diventate una mera questione di schieramenti. Semmai una naturale conseguenza del suo modo di vedere il mondo, l’uomo e il commercio. La storia delle coopertive in Italia è fatta di organizzazioni che hanno messo le persone al centro delle decisioni e delle condotte aziendali. Marcando sempre, con decisione, la differenza tra un’impresa di quel tipo e una di tipo privato.

Fuor di retorica Campaini non nasconde che il profitto sia una componente importante, se non altro per la sopravvivenza stessa delle cooperative, ma racconta della differenza con cui questo profitto può essere fatto e di come i proprietari siano i soci e non i manager. L’organizzazione di una cooperativa comporta infatti che i dirigenti sottostiano, nel loro operare, al controllo di un gruppo di soci eletti da regolari assemblee. Una conduzione detta dualistica e che spiega, in parte, quello slogan che da anni identifica la Coop tra milioni di clienti come qualcosa che appartiene ai clienti stessi.

Ma che cos’è il limite giusto dell’accumulazione? Campaini risponde che “la valutazione etica del profitto ha due aspetti: come si produce e come si utilizza.” Per questo si dichiara molto critico con il così detto bilancio sociale con cui, molte imprese cercano di ripulire il modo con cui sono stati fatti i denari, anche quelli usati per beneficenza. Nel caso delle cooperative, dal momento che una delle regole operative dovrebbe essere la trasparenza, il modo è sotto gli occhi dei clienti che sono anche soci. Questo sembra essere uno degli antidoti a quelle tentazioni pericolose e umane legate alla crescita dimensionale di un’impresa. Forse non sempre lo è ma, forse, più spesso che altrove.

Etica è una parola che ricorre spesso tra le pagine di questa testimonianza di un commercio che nasce e si sviluppa con quelli che Campaini chiama schemi mentali diversi. Le cooperative nascono da quelli che erano gli spacci di paese il cui scopo era quello di garantire che tutti potessero avere ciò che era necessario nei modi più economici possibile. Piccole realtà economiche assolutamente radicate nel territorio e calibrate sui consumi degli abitanti di quel territorio. Certo le cose e le dimensioni sono decisamente cambiate ma questa filosofia è rimasta, per esempio, nella decisione di dotare ogni supermercato di un forno interno piuttosto che quella di avere introdotto per primi la vendita di frutta e verdura sfuse. Piccole cose che, forse senza neanche rendercene conto, hanno cambiato il modo di fare la spesa di milioni di persone.

E qui si entra tra alcune delle pagine più interessanti del libro, quelle in cui Campaini si addentra nel territorio della sociologia, delle abitudini di comportamento d’acquisto e di modi di vivere e usare il tempo. È possibile che chi è a capo di un colosso della distribuzione si interroghi su questi aspetti dell’esistenza? Non solo è possibile ma le sue riflessioni si sono tradotte, per esempio, nel rifiuto di aprire i suoi supermercati tutte le domeniche. Aumentare le ore di apertura non aumenta i consumi ma spalma su più giorni gli acquisti e deforma l’essenza delle persone che diventano consumatori sette giorni su sette anzichè sei.

Una delle cose più interessanti di questo testo è la continua compenetrazione tra realtà d’impresa e considerazioni legate alla vita con i suoi ritmi e le sue sfumature. Campaini si chiede, e ci sollecita a fare altrettanto, se siano stati i supermercati a cambiare le abitudini di acquisto delle persone o se questi siano, al contrario, andati incontro a esigenze che stavano cambiando: con la risorsa tempo sempre più complicata da gestire forse era comodo poter comprare più merceologie nelle stesso posto. E ancora, come integrare dal punto di vista urbanistico strutture molto più grandi dei negozi tradizionali? E davvero il commercio al dettaglio non poteva inventare altre strade per non soccombere alla concorrenza dei supermercati?

E sempre, ad ogni domanda l’elemento umano ed etico sostiene le riflessioni di questo imprenditore sui generis. Ma perché parlare di cooperative all’interno di questo sito? Perché le riflessioni contenute tra le pagine di questo testo hanno a che fare con il cambiamento e con una crisi che non è solo economica ma di valori. Non è un caso che, come ci ricorda Campaini, il tutto sia cominciato con una crisi finanziaria legata ai mutui erogati dalle banche americane. Coprire il 100% del valore delle case, senza alcuna garanzia rispondeva, più che a un impeto di generosità degli istituti, ad una speculazione priva di scrupoli. La finanza ha una visione a breve termine, basata su giochi di compravendita a stretto giro e senza trasparenza. L’economia reale, quella fatta dalle e per le persone necessita di una visione sul lungo o lunghissimo periodo. Necessita di riposizionare l’uomo al centro di ogni strategia.

Le cooperative, con il loro sistema mutualistico, di prestiti dai soci, di controllo da parte della proprietà nascono con una visione radicata dello stato sociale. E, sebbene si stia parlando di realtà distributive, l’invito etico, paradossale è a consumare meno. In queste strutture il profitto c’è ma fino ad un certo punto, finalizzato all’autofinanziamento e ad una politica di prezzi vantaggiosa per soci e clienti. Non è un caso che all’interno delle Coop il livello di inflazione sia molto più basso di quello rilevato dall’Istat per l’intero paese.

Sia chiaro che non stiamo parlando del paese dei balocchi. Oggi molte cose sono cambiate e non sempre alle dichiarazioni di intenti seguono coerenti azioni organizzative. Ci piaceva raccontare di una storia che, a livello teorico ha indicato una strada diversa, ha messo in luce che davvero un’altra vita è possibile. Poi, purtroppo, le storture e gli allontanamenti dai buoni propositi ci sono sempre. Sono quelle tentazioni umane di cui parla lo stesso Campaini. Questo testo se letto non come una agiografia ma come uno stimolo alla riflessione può portare ciascuno di noi a riflettere sul suo ruolo di lavoratore, di consumatore ma, soprattutto, di cittadino consapevole.

Di Geraldine Meyer