Frabosco, qualche anno dopo. In un futuro fin troppo prossimo la stessa esistenza dell’ecovillaggio di Frabosco è pesantemente minacciata.

Il felice equilibrio della comunità rurale che vive e prospera in una valle montana, protetta dal frastuono del mondo, viene sconvolto da una non meglio precisata grandeopera, un progetto sciagurato i cui reali contorni, lungo tutto il romanzo, restano volutamente oscuri.

La popolazione locale è combattuta tra l’adesione (entusiasta di alcuni, dubbiosa di altri) “al nuovo che avanza” – che dovrebbe portare ricchezza e risorse in una zona depressa del nord della Toscana, tra Lunigiana e Garfagnana, aliena alle rotte turistiche – e il timore che questa grandeopera possa al contrario distruggere la vera ricchezza del luogo: la natura ancora incontaminata che circonda il paese. La comunità di Frabosco invece non ha dubbi. Quel luogo dell’anima, ricco di sorgenti, boschi, corsi d’acqua, ai piedi delle Alpi Apuane (già minacciate dalle cave per l’estrazione del marmo), va assolutamente difeso: la famigerata grandeopera “non s’ha da fare”.

Jamila e Joele, appena dei ragazzini quando fu fondato Frabosco, adesso dei giovani pieni di energia e contraddizioni (non è facile vivere in un ecovillaggio!), sono chiamati a difendere quello che i genitori hanno faticosamente costruito. Risponderanno a questa “chiamata” o le lusinghe della fuga, della città avranno la meglio? E – se risponderanno – cederanno al fascino oscuro della violenza o troveranno altri modi per contrastare i poteri forti? E quali? Cosa fare per salvare il bosco, gli animali, le case, il silenzio, le acque, la vita della gente di Frabosco e dell’intera valle? Ma soprattutto: può la forza e la coerenza delle idee giuste – anche se minoritarie – contrastare le “armi di distrazione di massa” e la logica della speculazione, del profitto e del falso progresso?

Un altro posto è un romanzo a più voci (anche se alcune, come quella della giovane Jamila e di sua madre Maria, si levano più forti di altre). Una storia collettiva, animata da uno stuolo di personaggi, gli abitanti dell’ecovillaggio di Frabosco e la gente del paese grande, le cui diverse storie s’intrecciano e si alimentano reciprocamente. Ci sono Ema e Maria, i protagonisti di Luogo Comune (il mio romanzo precedente), insieme agli altri ecoabitanti: i pastori astronomi norvegesi, Ugo, il falegname siciliano, i professori, la musicista, il muratore e il cuoco, Aldo, il dottore gay.

Ci sono i bambini, Niccolò, il nipotino di Ema e Maria, e i piccoli dei norvegesi e ci sono gli anziani, in schiacciante maggioranza nel “paese grande”, come l’inossidabile coppia formata da Fosco e Arturo,. E se uno dei due simpatici e bisbetici vecchietti, amici dei fraboschini, continuerà a ritrovarsi con i “nostri”, al bar di Tranquillo, l’altro deciderà invece di non sopravvivere a Eva, la grande piccola Vecchia, ultima abitante di Frabosco e nume tutelare dell’ecovillaggio. Ecovillaggio che gli Elfi, insieme ad altri membri della RIVE (la rete italiana degli ecovillaggi) cercheranno di salvare. Alla faccia di alcuni loschi figuri, notabili del “paese grande”, sponsor della grandeopera, e delle massaie benpensanti dai capelli rosso menopausa, specializzate in maldicenza e tortelli. A dare man forte ai fraboschini interverranno anche l’aitante operaio moldavo di cui Jamila s’innamora, Pietro, talpa al cantiere, e il gruppetto dei B & B, gli antagonisti No Tav.

Oltre l’umano, e a volte inefficace comunicare, si levano infine le voci degli animali. Il cane, l’asino, i cavalli, i tanti abitanti del bosco. E quella di una presenza allusiva e ricorrente: l’Uomo Nero, che non è solo simbolo della grandeopera ma anche dell’avanzare inesorabile del tempo e della fine inevitabile delle illusioni. La rottura del precario equilibrio della Natura e la costante minaccia all’ecosistema perpetrata dall’umana stupidità, permeata di falsi valori, vengono trascesi dall’affermazione della volontà di resistere.

Cristina Pacinotti - un altro posto

Sarà una risata che vi seppellirà…

Una costante velatura di disincanto e ironia, un’illogica allegria corrono lungo tutta la narrazione. Una vena profonda di fiducia e leggerezza che fa traslare l’atto del resistere in un momento di incontro, di rinnovamento e di festa. Nonostante l’ordine di evacuazione, conseguente alla famigerata grandeopera, la vita degli abitanti di Frabosco continua lungo una direzione ostinata e contraria. Quella dell’equità, sostenibilità, coerenza. Luoghi comuni o via maestra verso il Cambiamento? Grazie alla ricchezza delle relazioni umane, al Cerchio, all’avvolgente presenza del “lato selvatico”, alla cura e custodia del territorio, grazie soprattutto alla presenza del bosco – nell’ecovillaggio è più facile che altrove sentire scorrere la corroborante linfa del senso. Senso di appartenenza, di eticità, di affermazione dei valori più autentici. Nella comunità di Frabosco, formata da persone affini e da stimolante umana biodiversità, si riesce ad apprezzare non solo la vita in gruppo e di relazione ma anche la dimensione della solitudine, vissuta come spazio di silenzio, ascolto profondo e rigenerazione.

E’ vero che davanti al pericolo rappresentato dalla grandeopera molti “fraboschini” si arrenderanno, andranno altrove. Cacciati senza colpa…

Ma che importa, tutto finisce. Dovunque saranno i fraboschini non dimenticheranno il loro ruolo – condiviso dagli abitanti di tanti ecovillaggi – di “custodi dei semi”. Semi antichi, resistenti, che ricresceranno altrove anche se un giorno dovranno essere trapiantati. Semi di un cambiamento radicale che scaturisce dal cambiamento in primo luogo di noi stessi.

Poi l’amore.

Un altro posto è una storia attraversata dall’amore. Amore per la natura e amore umano. Diverse forme di uno stesso sentimento che permea l’eterna e inscindibile relazione tra gli “anziani”, Ema e Maria. E gli amori freschi e nuovi, che sbocciano prima timidi poi pieni di esultanza come fiori a primavera. Il risveglio dei sensi della bella e giovanissima Jamila che diventa emozione ed esplosione erotica grazie all’incontro con Pietro, l’affascinante e misterioso operaio del cantiere. A questa storia d’amore che si dipana per tutto il romanzo si sovrappone, nelle ultime pagine, quella tra l’altro giovane protagonista del romanzo, il fratello di Jamila, il pacifista Joele, e la ragazza dei B & B (Black Block ma anche Bed and Breakfast… per la tendenza del gruppetto di antagonisti a scambiare Frabosco per un agriturismo), Katia, la bella dura e pura dei “No Tav”, dalla lunga treccia viola. Treccia viola, intreccio con le derive della violenza.

L’incendio al cantiere – che divampa nelle ultime pagine – rischia di far slittare la storia su piani diversi da quelli iniziali legati alla definizione di resistenza come resilienza.

Raccontare è resistere. Questo romanzo dà voce alla Natura e a chi vuole coerentemente, fiduciosamente difenderla, con ogni mezzo necessario. E la voce di Un Altro Posto finisce per sovrastare il frastuono del cantiere e chiamare all’appello chi vuole ascoltarla e seguirla.