Vivere una vita da sogno con 500 euro al mese

Giampaolo e Basak, sposati dal 2000, ad un certo punto hanno deciso di dare una svolta alla loro vita inquadrata nella “normalità” e alla noiosa quotidianità.

Complice il loro amore per il mare, hanno preso il largo sul loro “destriero bianco con cui sognare una vita diversa e anche avventurosa”.

Da diversi anni infatti vivono su una barca a vela, nel Mare Egeo. Basak traduce manuali dall’italiano al turco, Giampaolo vive di fotografia, insieme hanno anche pubblicato il libro Si può fare! – Come vivere una vita da sogno con 500 euro al mese“, edito da Nutrimenti.

Una vita lontana dalla burocrazia, dalla quotidianità, dal benessere inteso in senso “occidentale”, ma al tempo stesso ricca di avventure a contatto con la natura e con la parte più profonda di se stessi.

Giampaolo, Basak, quando e perché avete sentito dentro di voi la necessità di cambiare così radicalmente la vostra vita?

Perché si arriva ad un punto in cui apprendi il vero senso della vita o almeno così è accaduto a noi. Più che altro guardi meglio dentro te stesso, ti chiedi dove vuoi andare, quanto sia importante continuare a pianificare ogni cosa e quindi ridai un nuovo ordine alla scala dei valori e tutto magicamente cambia.

Certo è una molla che deve scattare, non c’è una ricetta specifica, è come la libertà dei popoli, se te la regalano non l’apprezzi, la devi desiderare e conquistare. Potremmo dire che nel nostro caso “scattò” qualcosa nel 2004.

Poi scoprendo anche la vela, abbiamo trovato il mezzo liberatore, il destriero bianco con cui sognare una vita diversa e anche avventurosa.

Vivere in mare 500 euro

Chi eravate prima di diventare degli avventurosi navigatori?

Persone normalissime, come ancora oggi in effetti lo siamo. Negli ultimi anni di vita “normale” avevamo messo in piedi alcune attività commerciali ed io per un periodo continuavo a svolgere consulenza finanziaria (il mio vecchio lavoro): fu in effetti un periodo devastante e intenso. L

a nostra idea non era quella di arricchirci, bensì quella di tirar fuori mille euro al mese per noi, facendo gestire da dipendenti fidati i negozi mentre noi potevano andare in giro qualche mese l’anno a far gli esploratori vacanzieri.

Ma non essendo ricchi e avendo impegnato tutti i nostri averi, l’avventura si dimostrò solo un giro di soldi inutile, che avrebbe trovato soddisfazione soltanto ipotecando la vita al lavoro, per sperare in una pensione serena…

Come tutti del resto! E a noi non andava bene. Avevamo già maturato l’esigenza di vivere da giovani il presente, senza puntare troppo al futuro, che per esperienza diretta nasconde spesso dietro l’angolo la sorpresa inaspettata e non sempre bella.

In questa nuova vita, quali sono le difficoltà che vi trovate a dover affrontare ogni giorno?

Difficile dirlo con esattezza. Viviamo i dubbi esistenziali di ogni essere umano, soffriamo ancor più intensamente le ingiustizie dell’umana specie appunto, abbiamo più tempo per riflettere, leggere e spesso non è un bene.

A volte desidereremmo la felicità del “contadino”, ma non è possibile. Le difficoltà materiali invece riguardano qualche rottura di un pezzo della barca; una burrasca inaspettata da affrontare e da gestire sempre preparati ed efficienti.

Al di là della menzionata sensibilità degli animi, riusciamo però ad avere a che fare con problematiche concrete, più umane e in rapporto con la natura circostante: gli stress del posto di lavoro traballante, il mutuo da pagare, la fine del mese in bilico, la carriera a cui puntare assiduamente, si può dire che non appartengano più alla nostra realtà: se hai un nemico individuabile da combattere puoi prendere le giuste misure e sai che se sei bravo e coscienzioso la battaglia finirà a tuo vantaggio e in un lasso temporale accettabile, umano.

Viceversa, se hai a che fare con problemi impalpabili, psicologici, nel senso dei vari stress di cui sopra, il nemico non ha forma e la battaglia è impari e oltretutto frutto di schemi imposti dalla società, cosiddetta “moderna” e “occidentale”.

Quali sono i sacrifici e quali le soddisfazioni che derivano da questo stile di vita?

I sacrifici principali sono quelli dell’iniziale adattamento. Venendo anche noi da uno stile di vita iperattivo, abbiamo trovato serie difficoltà a “fermarci”, in particolar modo io, Giampaolo, nato a pane e imprenditoria e con imprinting mentale di fare, fare e fare.

Non è un problema da poco ed ecco perché questa vita non si adatta a tutti o meglio, non tutti sono in grado di afferrarla. Quando ci dicono che abbiamo avuto coraggio a fare questa scelta, in realtà sbagliano l’obiettivo ma non la parola.

Di solito si pensa ai rischi delle incertezze economiche, del futuro e possiamo dire che son cose molto evanescenti e che al momento non ci spaventano. Ma come detto, trasformarsi, resettare in qualche modo il proprio pensare e il proprio “io” conosciuto fino al giorno prima, questa sì che è un’impresa vera.

Poi la nuova vita, i ritmi cadenzati dalla natura, come un maestro zen o un monaco tibetano, insegnano a comportarti e pian piano afferri le “nuove parole” sussurrate dal mare, dagli alberi, dal tempo, di cui poi ti riappropri.

Credo di aver risposto anche alle soddisfazioni, ma so che tu preferisci che io vada un po’ più sul concreto. Recitava una vecchia pubblicità: “Potrei sorprenderla con effetti speciali…” e quindi parlare delle giornate immersi nel verde, con due cime assicurate agli alberi e i bagni nella nuova piscina così recintata; la ricerca di qualche pesce da cacciare per mangiare e non per divertimento; le pause durante la giornata, durante le quali cullarsi nei pensieri e nelle letture, piuttosto che giocare insieme o passeggiare; le cene in pozzetto di Yakamoz sotto una manciata di stelle; le navigazioni lunghe che ti riempiono di iodio e profumi delle terre circostanti o l’adrenalina delle battaglie con il mare, quando il cattivo tempo ti sorprende e non puoi evitarlo…

Ma io vorrei invece mettere l’accento sulla soddisfazione principe, che è quella di affrancarsi dagli schemi sociali già accennati prima, dalla rinuncia dell’ipocrisia, la possibilità conquistata di poter mandare a quel paese una persona che non si comporta bene, specialmente se questa coincide con situazioni che nella vita precedente avrebbero consigliato un più “conveniente” buon viso e cattivo gioco…

Tutti potranno comprendere l’esempio fantozziano di voler rispondere a tono a quel direttore dispotico e molte volte incompetente, ma che ha potere sulle vostre vite. Ecco trasferiamo l’esempio a tante altre simili situazioni a cui noi oggi rispondiamo con serenità, perché non dobbiamo dire grazie più a nessuno se non a noi stessi.

Così come aver conquistato la libertà dai consumi sfrenati, inutili, effimeri, dettati dalla macchina perversa della società occidentale e che sono, a nostro avviso, la vera molla detentiva degli esseri umani moderni, cioè gli “schiavi moderni”: difficile che la gente lavori per migliorare la propria vita spirituale, più facile che, non accorgendosene, lavori per soddisfare un produttore di telefonini o di automobili, “indispensabili” giocattoli a cui immolare la propria vita.

Una vita in mare 500 euro

Avete anche scritto il libro: “Si può fare! – Come vivere una vita da sogno con 500 euro al mese”, edito da Nutrimenti. Quali sono gli argomenti trattati?

In parte quelli di cui abbiamo parlato sinora e poi la descrizione più sincera possibile, del backstage, appunto di ciò che abbiamo dovuto affrontare per trasformare le nostre esistenze “normali”.

Poi l’amore sbocciato per la vela e l’assurda ricerca della barca ideale, viste le esigenze e le poche disponibilità economiche. Vari aneddoti di mare e non solo, indispensabili per dare veridicità alla storia e far comprendere meglio la nostra “normalità”: questo è uno degli obiettivi del libro che ribadiamo continuamente, “normalità”, da qui il grido “SI PUO’ FARE!”.

Infine un excursus sulle nuove amicizie strette grazie alla vita libera e una tabella costi, molto pratica, a conferma concreta di quanto si spenda con questo tipo di vita. Il libro ha esigenze sia di forma che di argomento di base, che nel caso specifico sposano la vela e il mare.

In realtà il mio obiettivo era quello di raggiungere tutti, non un target specifico appassionato di vento e blu e difatti durante lungo tutto l’excursus del manoscritto tento di generalizzare il concetto di base che è il “mollare tutto”, indipendentemente dal vivere o meno su una barca a vela.

Quest’ultima in realtà è e deve rimanere solo un mezzo, un bellissimo mezzo per carità, ma non un fine. In quanto ognuno deve poter perseguire le proprie passioni e tendenze naturali che possono coincidere con una baita in montagna, piuttosto che un camper o semplicemente una bella città.

La nostra è una scelta di vita che coincide con una protesta, cioè la lotta contro un sistema iperconsumistico e schiavizzante, dimostrando che la felicità, quella vera, è dietro l’angolo, basta capire e gridare senza timori che “il re è nudo”; dopodichè tutto “si può fare!”

Secondo voi, come si può vivere con 500 euro al mese?

Probabilmente in città, con 500 Euro non si vive proprio una vita da sogno.

La città ti schiaccia con i suoi costi fissi, con i suoi “senza non si può”, gli onerosi spostamenti. Una vita sociale e culturale che sono forse le uniche vere forze che hanno le città, con soli 500 Euro a disposizione per due persone, spesso non sono fruibili, a parte qualche evento gratuito o a tariffa ridottissima. Invece con lo stesso budget, in barca oppure in una cittadina non turistica, si può vivere una vita da sogno.

Gli stimoli di spendere sono vicini a zero, ci si diverte non acquistando e/o consumando servizi, ma inventando le situazioni, conversando con le persone, facendo passeggiate, raccogliendo le conchiglie oppure le albicocche, piuttosto che capperi da metter sotto sale.

Insomma si trova sollievo riappropriandosi di una dimensione che permette di riscoprire quanto sia semplice farsi da soli una marmellata invece che acquistarla in un supermercato o avventurarsi in un bosco dove poi sedersi per un picnic.

Per gli spostamenti si usano i piedi o una semplice bicicletta, anziché affollatissimi e maleodoranti mezzi pubblici, ma quando l’autobus proprio serve, la spesa non è proibitiva.

Come si svolge una vostra giornata?

Dato che di sogno parliamo, ci sembra giusto portare l’esempio della “giornata tipo” estiva.

Sveglia biologica, diciamo le 8, fuori la temperatura è dolce, l’acqua segna 26° (a volte persino 29°) ci si mette un costume e splasssh! E’ una sensazione meravigliosa. Dopo una breve e tonificante nuotata, facciamo una doccia, Basak prepara la colazione e Giampaolo organizza il tavolo e apre i tendalini.

Le marmellate e il pane prodotti da Basak sono ottimi e con un po’ di musica in sottofondo ci prepariamo a gustare questa parentesi quotidiana, tra le più belle perché senza orari da rispettare.

Poi ognuno procede come crede, un libro, una siesta leggera; di solito la fase del relax post colazione ci permette di “resuscitare” lentamente, riprendere le energie man mano che il sole sale e le cicale iniziano a frinire.

Verso le 12 si dà un occhiata al mondo attraverso internet. Spesso le notizie non sono liete e leggere e allora ci arrabbiamo, discutiamo, proponiamo, oltre che adempiere a quelle responsabilità sociali che ci fa piacere mantenere attive: ma a questo punto abbiamo bisogno di un’altra nuotatina, questa volta calmante, stemperante. Il tempo fino a pranzo è breve, quindi di solito in quelle ore facciamo le nostre spese nei mercati locali; specialmente in Turchia ogni località dove ancoriamo la nostra barca, ha un giorno di mercato settimanale, giorni che noi ormai conosciamo a memoria, tanto a volte da organizzare i nostri spostamenti in base ai mercatini, carini ma soprattutto economici.

Appena prima di pranzo un altro bagnetto, questa volta rinfrescante. Il dopo pranzo prevede la siesta, chi nel letto, chi sull’amaca predisposta sotto il boma all’ombra del tendalino. Verso le 15 un tuffo con pinne e maschera ci spinge anche a cercare qualcosa da mangiare, cosa non sempre realizzabile, ma che ci regala un’ora di sport.

Il pomeriggio passa tra una tazza di çay (tè in turco) e qualche biscotto, in mano il fidato libro o aggiornamenti internet.

Di solito si affaccia qualche amico con il quale si chiacchiera del più e del meno e si arriva all’ora di cena, senza però l’ultimo bagno ricreante. Si chiudono i tendalini e prepariamo la visione notturna, stelle, luna quando c’è, e ci godiamo il cibo sfiorati da una leggera brezza notturna, il mare risplende dei tanti luccichii e Yakamoz quindi si trasforma nel miglior ristorante del mondo!

Buona notte.

Ovvio che questa è una “giornata tipo” di relax, ma non tutti i giorni procedono nello stesso modo; a volte abbiamo ospiti a bordo, altre navighiamo giorni e notti intere; altri ancora si effettua la manutenzione e si pulisce la barca, insomma non ci si annoia di sicuro.

Pensate di fare ritorno sulla terraferma prima o poi? Quali sono i vostri progetti futuri?

Al momento siamo anche sulla terraferma, circa 4 mesi è così; Giampaolo porta avanti le mostre fotografiche, Basak qualche traduzione, visite ai propri cari, turismo low cost nelle splendide città natie, Roma e Istanbul. Un problema in effetti c’è, che vorremmo avere un anno fatto di 24 mesi!

I progetti futuri ci riguardano nella misura in cui non ne facciamo. Quello che passa per la testa e possiamo fare, facciamo e quindi faremo.

Nulla di più e quindi tutto è poco complicato. Abbiamo lasciato la progettualità o meglio la sua esigenza inderogabile, alla vita precedente: un fiore al mattino non pensa ad altro che arricchirsi del sole, del vento, della brina, della pioggia, è proprio quella dimensione di cui parlavamo prima e che è difficile da cogliere, metabolizzare, ce ne rendiamo conto…

Nel vostro viaggio avete anche avuto la possibilità di osservare i recenti avvenimenti accaduti a Istanbul. Come vi ha cambiato questa esperienza? Cosa vi è rimasto impresso?

Stai toccando una nota dolente, un nervo scoperto.

I fatti di Gezi Parki ci hanno visti protagonisti nel nostro piccolo, come tutti gli altri manifestanti. Eravamo distanti in quei giorni, ci trovavamo in Grecia e per questioni di lontananza e di costi non potevamo lasciare la barca da nessuna parte per raggiungere Istanbul, la Turchia.

Allora abbiamo trasformato Yakamoz in una specie di ufficio stampa, Basak traduceva ogni notizia che riuscivamo a scovare grazie ai social network e ai media “affidabili”, io le traducevo in perfetto italiano e portavamo avanti così, su due piattaforme, i migliori aggiornamenti possibili per la Turchia e per l’Italia.

Nel frattempo partecipavamo attivamente con la diffusione di informazione strategiche, tecniche, molto utili si è visto per aiutare chi era sul fronte a muoversi e a difendersi così dalla violenza della polizia. Abbiamo sofferto tantissimo, parlavamo via skype con i nostri amici, molti dei quali sul campo, ci aggiornavano e scambiavamo notizie, ma sapere che la tua città, il tuo Paese, vive un momento terribile e al tempo stesso maledettamente orgoglioso, spontaneo, e tu sei a centinaia di chilometri distante, non è stata un’esperienza facile.

Portavamo inoltre il nostro lavoro di “rassegna stampa” nelle peggiori condizioni, dovevamo difenderci dai venti irregolari classici del fuori stagione, rade poco protette, la dannata chiavetta greca che non prendeva bene dappertutto e a volte prendevamo il largo per avvicinarci a zone di buona ricezione e aggiornavamo i siti navigando!

L’unica magra consolazione è quella di aver lavorato con sincera passione e intensità, perché qualcuno se n’è accorto tanto da volerci intervistare via radio e Basak è stata intervistata da una famosa scrittrice. Insomma, evidentemente siamo riusciti nel nostro piccolo e da una barca in mezzo al mare, a portare notizie vere, dettagliate e senza filtri, a migliaia di persone: era il nostro obiettivo e l’unica cosa che potessimo fare in quelle condizioni.

Per il resto ci è rimasto impresso l’orgoglio di un popolo che si è stretto accantonando le diversità, facendo assistere a manifestazioni persone di sinistra, di destra, studenti, pensionati, imprenditori, impiegati, mamme, nonne ecc., tutti uniti contro l’imposizione di un sistema economico annichilente e che è andato oltre i dettami riformatori, ma corretti e onorevoli del fondatore Kemal Ataturk.

E’ avvenuto proprio che il giovane turco ad esempio, cullato dagli iphone e dalla ricchezza della società occidentale, ad un certo punto ha detto basta allo sviluppo senza regole: “Vanno bene la ricchezza e la modernità, ma questa non deve avvenire buttando giù gli alberi (un simbolo evidentemente), quindi l’uomo!”

Culliamo in fondo la speranza che il popolo turco possa destare anche gli altri, italiani in testa, che si nascondono fin troppo spesso dietro la solita frase: “La gente non scende ancora in piazza perché non ha fame”: ecco qui c’è gente benestante che civilmente non ha aspettato di arrivare alla fame per dire NO!

Durante i vostri spostamenti, quali sono stati i luoghi che vi sono rimasti nel cuore?

Methoni in Peloponneso, Sardegna, isola di Kastellorizo del film “Meditteraneo”, Symi e Astipalea, in Turchia invece ci piace Bademli, Datca, Gocek, ma come vedi la lista è infinita e assolutamente incompleta, perché non c’è un posto del cuore, semmai c’è un posto dove si bivacca meglio di un altro, ma ognuno ha la sua caratteristica che lo rende spesso unico e inconfrontabile.

Una vita in mare felici e spensierati 500 euro

Ci sono ancora dei luoghi ameni e inviolati dall’uomo?

Sì, direi di sì. Specialmente in Turchia, dove si possono ancora scovare calette il cui accesso può avvenire solo via mare e senza insediamenti umani; non è raro trovarsi soli nella propria baietta anche in pieno agosto!

Questo è uno degli aspetti che ci hanno fatto sposare l’Egeo, la possibilità di ritrovarsi nella laguna blu, ma dopo un’ora di vela essere già a contatto con il mondo. Direi che tutto questo è stupendo e apparentemente impossibile…invece non lo è!

Altre volte, più spesso, arrivano alcune barche, ma di solito (ahinoi non sempre) sono persone dotate di maggiore sensibilità verso la natura, quindi non inquinano e anzi raccolgono quello che le onde riescono a portare nelle spiagge…un bel gesto nei confronti di Madre Natura.

Da un punto di vista pratico, quali sono le vostre fonti di guadagno e in che modo riuscite ad affrontare le spese legate ad un viaggio in barca?

Le più svariate. Noi abbiamo cercato di impostare il nostro cambio di vita basandoci sul canone d’affitto della casetta di proprietà ad Ariccia, 18 mq e 450 euro al mese lordi (pagate le tasse non più di 400 euro!).

Ma non siamo stati così sciocchi da pensare all’eternità dell’affitto e difatti proprio qualche mese prima che il libro andasse in stampa, l’inquilino ha avuto dei problemi e se n’è andato: da allora Ariccia è sfitta! Basak svolge qualche traduzione di manuali tecnici dall’italiano al turco, io faccio mostre fotografiche in inverno, ora il libro e la barca ci consente di ospitare qualche amico o parente che gentilmente ci regala qualche mancia…

Insomma non c’è una metodicità e quindi ciò diventa il punto di forza, aprirsi a tutto e a tutti per il solo fine di riempire la “cassa di bordo” e continuare questa splendida vita libera. Il nostro obiettivo economico è basso, quindi più facile da raggiungere in un modo o nell’altro.

E poi la vita in barca è più conveniente di quella cittadina, siamo autonomi con l’energia elettrica grazie ai pannelli solari, l’acqua che beviamo e usiamo per lavarci la dissaliamo con il dissalatore di bordo sempre grazie ai pannelli solari, qualche pesce o polipo lo catturiamo e insomma, fatevi bene i conti e vedrete che le esigenze sono veramente minime.

Di solito, quanto tempo trascorrete sulla terraferma prima di levare nuovamente l’ancora?

Al momento ci divertiamo a passare due mesi a Roma (accampati in casa di mia madre) e due mesi a Istanbul (accampati in casa dei genitori di Basak); la cosa ci diverte, le città sono una più bella dell’altra e le stiamo finalmente godendo non più con frenesia, ma con il giusto amore che meritano; Istanbul poi è il teatro principale dei miei impegni artistici.

Quando invece siamo in barca, la terra diviene l’eccezione giusto per rifornirci di cambusa e fare quattro passi, tra un çay e l’altro.

Quali sono i pro e i contro di questa vostra vita in mare?

I vantaggi sono, come detto poco fa, economici, si spende meno che in città e si gode forse di più, senz’altro si vivono emozioni uniche.

Si riacquista il rispetto per il proprio preziosissimo tempo, per la natura circostante e quindi, un po’ più prosaicamente, per il mondo intero. Lo stesso veleggiare è un obbligo di lentezza che il mezzo impone e al contempo una “cura” per guarire dalla frenesia occidentale, non c’è fretta e capisci che quasi tutto è rimandabile e che tutto ciò che ci hanno insegnato in passato, compresi gli svariati obblighi sociali, sono soltanto finte e subdole catene. Poi il non avere limiti di percorribilità, di mete da raggiungere, credo non abbia prezzo.

I contro non ne vedo, ma se proprio devo sforzarmi, potrei dire delle notti in bianco quando tira burrasca e bisogna controllare che l’ancora faccia il suo dovere, così come lottare a volte con gli elementi quando si naviga e quindi affrontare dei rischi spesso molto evidenti (ma è più raro di quel che si pensi e spesso frutto di scelte).

Riparare le rotture di bordo, a volte inventandosi le soluzioni per risparmiare. Dover camminare sempre attenti a non sbattere un mignolo del piede o la testa da qualche parte. E il desiderio di dormire in un giaciglio terrestre molto più comodo di quello di una barca (ma anche qui, avendo soldi per effettuare determinate modifiche, si potrebbe riprodurre lo stesso letto di una casa).

Qual è il momento più bello e intenso che avete vissuto fino ad ora?

Se esistesse un unico momento intenso l’avventura finirebbe di colpo, perché si lotterebbe per riottenere quello specifico istante.

E’ la stessa vita di oggi il “momento più bello e intenso”, credimi, non è retorica, è la verità. Potrei dirti il giorno in cui abbiamo mollato gli ormeggi per la prima volta con Yakamoz e quindi il trasferimento da Hyeres, Francia alla volta di Fiumara grande, Roma. Ma vale in generale quanto detto prima.

E quello più brutto?

Qui già si può discutere, in quanto legato spesso alle disavventure in barca. Quindi potrei citare proprio recentemente una lunga nottata in navigazione con venti di burrasca, pioggia scrosciante e fulmini da scenario apocalittico: abbiamo avuto realmente paura, in quanto con le onde e il vento ci si combatte, ma con le saette non hai armi, è una roulette russa e se il dardo ti colpisce non puoi mai sapere cosa può accadere.

Di sicuro il boato è simile ad un’esplosione e i timpani possono ricevere danni, poi incendi a bordo possono verificarsi facilmente, così come falle nello scafo…chi può dirlo. Eravamo l’unica barca in mare e una nave da crociera impietosita ci puntò un faro addosso alla ricerca di superstiti o meno: per fortuna noi c’eravamo.

E dopo aver combattuto con coraggio e fatalità, siamo riusciti a non prendere fulmini e portare fuori dall’incubo barca ed equipaggio.

C’è qualcosa che vi manca della terraferma? E di cosa invece ne fate volentieri a meno?

Della terraferma ci manca la quotidianità!

Sì, la confortante, ovattata quotidianità. La normalità della televisione, delle semplici telefonate, dello sport praticato, l’uscita con gli amici, le cene, il cinema e insomma tutto ciò che viene etichettato con il termine “normalità” appunto.

Ma in realtà non ci manca veramente, è più la sensazione provata ad esempio osservando le foto di quando si è bambini: è una malinconia dei tempi andati, che come un caleidoscopio fanno vedere ieri e oggi e tutto ciò che orbita in mezzo o meglio è orbitato.

Anche perché quando siamo in terraferma e si riattivano i meccanismi di cui sopra, riassaporiamo quelle sensazioni sia in chiave positiva che negativa, proprio per il “memo” che conferma l’esattezza della nostra scelta.

Quelle cose, quelle della terraferma, in qualche modo volendo si possono riprendere, fare ciò che facciamo noi invece non è uno schioccar di dita e questo ci pone in una situazione privilegiata, quella di poter scegliere.

Facciamo volentieri a meno del contatto con la “malagente”, ovvero con tutto quel compendio di “brava gente” che orbita nelle città, nel mondo consumistico. Siamo molto spaventati dalle “brave persone” e tutto il corollario d’ipocrisia che le circonda. F

acciamo volentieri a meno della burocrazia, del cinismo e degli schemi che la terraferma impone.

Facciamo volentieri a meno della cattiveria di una vita inquadrata.

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A cura di Nicole Cascione