In carcere ingiustamente: la storia di Sandra Maltinti

Due mesi e mezzo di carcere subito ingiustamente. Tanta sofferenza. Fango gettato sulla sua professionalità ed una dignità su cui c’è ancora qualcuno che sputa veleno. Dall’incubo si sta riprendendo, grazie all’amore della sua famiglia che non l’ha mai abbandonata in “quell’universo di donne urlanti”.

Tanti i ricordi e i rimpianti.

E’ la storia di Sandra Maltinti, architetto, residente ad Empoli, che ha trascorso settantadue giorni nel carcere di Sollicciano senza avere alcuna colpa. E’ stata arrestata con l’accusa di reati contro la pubblica amministrazione a Portoferraio.

Maltinti aveva lavorato per diverse amministrazioni comunali come dirigente dei settori di assetto del territorio. Arrestata il primo giugno del 2004, è stata protagonista di Elbopoli.

Da questa esperienza ha tratto un libro “L’Isola che non c’è” (Società editrice fiorentina). “Novanta pagine per non dimenticare – spiega- e mettere a nudo le illusioni e i miti ingannevoli sul mondo che sopravvive dentro le mura del carcere, quel mondo parallelo che da fuori è proibito vedere e immaginare”.

L'isola che non c'è di Sandra Maltinti carcere

Dunque, architetto, una brutta storia.

Come è cambiata la sua vita? E’ difficile rialzarsi?

Quando non hai più niente ad un tratto scopri quali sono le cose più importanti della vita: la famiglia , gli amici, quelli veri che sanno fin dall’inizio che non può essere vero. Il mio libro è dedicato a loro. Sì, a quelli che non ci hanno mai creduto.

E il suo lavoro?

Ah, quello è perso. Non riesco più a trovare una pubblica amministrazione e un sindaco che credano veramente che era una balla. Se uno è stato in galera- dicono- una ragione ci sarà pure stata.

Cos’è il carcere vissuto da un innocente?

La galera è un universo di donne urlanti. Ma le loro voci giungono silenziose nel mondo che non le può sentire, che ignora la loro esistenza: dura, giorno dopo giorno.

Anche lei ha provato ad urlare?

Sì, ma ho aspettato settantadue giorni perché la mi voce oltrepassasse la cortina impermeabile del carcere . Io ci sono riuscita. Ma poverette quelle che non hanno un bagaglio di cultura, forza e soldi. Dopo il carcere ingoiate in quell’inferno che ti porta di nuovo indietro. Il mio pensiero va spesso a loro.

Ci racconta in poche battute cosa è successo?

Tutto è nato da un presunto abuso edilizio , una denuncia di inizio di attività redatta da un tecnico. Ci voleva la concessione, dice il consulente della Pubblico Ministero, o almeno un’autorizzazione comunale. Forse il consulente non era aggiornato sul fatto che la legge non prevedeva più l’autorizzazione , e le modifiche interne agli edifici erano soggette A Denuncia di Inizio di Autorità, come era stato fatto.

Strano questo errore dovuto ad ignoranza!

Anche se una ragione in realtà non c’era dominavano pressapochismo e smania di notorietà. Tutta la mia storia e altre sono state pubblicate in un libro di un giornalista di sinistra che ha ricostruito i fatti secondo la sua logica.

La stampa ha dato un prezioso contributo!

Eh sì, si veda il sito www.camminando.org di questo giornalista per capire quanto la stampa uccida piu che la spada.

Perché tanta cattiveria?

La minoranza non ci dava pace, vedeva che il comune cominciava a funzionare e faceva di tutto per mettersi di traverso nei consigli comunali, sui giornali, denunce alla magistratura. Di tutto. Il motivo era che non si poteva permettere ad una giunta di destra di fare di più e meglio di una di sinistra con la Provincia e la Regione che remavano contro. Sempre la politica, anche quando non c’entra niente.

E ora? Ha avuto giustizia, anche se con ritardo!

Ripenso spesso al tempo della galera con nostalgia

Davvero?

Non perché abbia voglia di riviverlo, giammai, ma perché l’amicizia con le mie compagne di cella e di tutte le donne senza voce è stata veramente toccante. Vorrei fare di più per loro, per quelle che non possono difendersi e non hanno un bagaglio di cultura e forza come il mio. Parlo anche di possibilità economiche. Il carcere annienta, non serve a riabilitarti.

Perché dice questo?

Una delle due compagne di cella quando è uscita non aveva da mangiare e dopo tre giorni si è dovuta prostituire. Poi tutto torna inevitabilmente come prima se non c’è nessuno che ti aiuta.

Intervista a cura di Cinzia Ficco