Pigrizia e felicità: il libro di Kathrin Passig e Sascha Lobo

Fuori l’autodisciplina dalla nostra vita! Non sempre darsi da fare è la cosa migliore. Del resto, se Romeo avesse aspettato un po’ prima di suicidarsi sulla tomba di Giulietta, i due sarebbero invecchiati insieme e in modo felice. L’invito viene da Kathrin Passig, responsabile della Zentrale Intelligenz Agentur di Berlino e Sascha Lobo, ex direttore creativo di un’agenzia pubblicitaria, che hanno scritto “ll Libro dei pigri felici”, edito da Feltrinelli. Un manualetto ironico, davvero divertente, che elogia e, soprattutto, difende i Lobo, i seguaci della pigrizia del Lifestyle of Bad Organisation, ossia quelli che dicono: “Perché non rimandiamo tranquillamente a domani quello che dovremmo fare oggi?”. I cosiddetti procrastinatori sono coloro che mal sopportano ogni tipo di pianificazione, indugiano di fronte all’inizio di ogni tipo di attività e che, per questo, sono considerati malati. Di qui la necessità di proteggerli. Si pensa che chi rimanda sia un incapace, uno scansafatiche e, invece, è solo stressato da ritmi e carichi eccessivi di lavoro e stimoli derivanti dall’ambiente circostante.  Fin da quando siamo piccoli ci insegnano ad andare avanti con ostinazione nel perseguire i progetti iniziati, perfino quando sono diventati troppo onerosi e tirati per le lunghe.

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“In questo caso – si legge- è in agguato il concetto di autodisciplina che se la ride sprezzante degli abissi del sulfureo inferno dell’educazione ricevuta da bambini. La capacità di resistenza a scuola è premiata come il più importante indicatore di successo. E si trascura bellamente lo sviluppo della capacità di dire basta prima che sia troppo tardi”.

“Di solito- continuano i due- tra le principali motivazioni alla base di questo stile di vita sono additate la mancanza di disciplina, l’ansia e altri tratti caratteriali negativi, o perlomeno meritevoli di compassione. Ma chi procrastina non è incapace di vivere, piuttosto è l’ambiente intorno a essere corrotto da false aspettative e strutture ipercomplicate”.

E allora? Cerchiamo modi alternativi di agire e facciamolo senza sentirci in colpa. L’autodisciplina per i due scrittori è una motosega a catena. Grazie all’eccessivo rigore verso se stessi possiamo crearci un’infelicità duratura, organizzandoci il tempo in un modo del tutto alieno alla natura umana.

“Qualche volta- scrivono- non possiamo evitare di fare cose che non ci piacciono ma, innanzitutto, nessuno ha mai dimostrato  che è davvero inevitabile, e poi, si vive senz’altro più felici cercando di ridurre al minimo le attività che non ci garbano. In breve vogliamo essere pigri e felici”. Rendiamoci conto che  non succede alcunché, se vediamo polvere aumentare sul nostro tavolo, o scartoffie che crescono sulla scrivania, o roba da stirare che cresce. Faremo più in là. E se ci facciamo aiutare nelle faccende domestiche da collaboratori più capaci di noi a riassettare la casa, beh, non sentiamoci in colpa. Loro sapranno fare meglio e in poco tempo e ci consentiranno di buttarci in attività che ci gratificano di più.  E cosi per le altre pressioni che derivano da posta, soldi e stato.   L’ostacolo principale, però, è cambiare registro mentale, capovolgere la nostra mentalità perversa. La pressione  che ci costruiamo da soli spesso è più forte di quella che proviene dall’esterno. Tutta colpa, per gli autori tedeschi, dell’etica protestante. “Se i nostri antenati- scrivono – non avessero interiorizzato l’etica protestante, oggi non avremmo gli amplificatori per le chitarre, e probabilmente non esisterebbe nemmeno Internet. Per questo sentiamo il bisogno  spontaneo di cercare di eguagliarli invece di starcene a stiracchiarci tra le lenzuola stirate”.

Ma quali le dieci attività da trascurare a cuor leggero? Stipulare polizze, mettere in ordine i file sul computer, controllare tutti i giorni il portafoglio delle proprie azioni, andare dal medico, andare in palestra, asciugare le stoviglie, suicidarsi, fare testamento, tosare il prato, spostare il fogliame da qualche altra parte con il mantice.  Ed è sorprendente- dicono Passig e Lobo- notare quanto spesso non succeda  nulla di atroce, se uno si infischia di quel che deve fare.

Cosa pensano di se stessi i Lobo? “Non è che – scrivono- chi procrastina  ignori le conseguenze delle proprie azioni, di solito le trova molto sgradevoli, proprio come il resto dell’umanità. Sa che forse basterebbe aprire quelle lettere impilate nell’ingresso per evitare danni. Ma una forza maggiore glielo impedisce. Si pensa che sia la paura. In qualche caso sarà anche vero, ma in genere il motivo è un altro, ed è insito nella natura della persona. Nel profondo chi rimanda sa bene che ogni necessità  rappresenta una costrizione, ovvero una limitazione del benessere. La ricerca della felicità comporta una ricerca del modo di liberarsi  il più possibile dagli obblighi, perciò, perfino quel che di solito si considera inevitabile viene messo in discussione e letto sotto un altro punto di vista. Il risultato è una scelta inconscia tra: meglio trascorrere qualche ora sicuramente sgradevole oggi o correre il rischio di ritrovarsi con un’infinità di problemi domani?”. Insomma, agiamo quando ne abbiamo voglia. E smettiamola di stare male. Anche perché quando saremo pronti, faremo ogni cosa con più sprint. Parola di Passig e Lobo, fieri di aver abolito deadline, scadenze varie, senza sentire il fastidioso “rintocco” dei sensi di colpa.   A sostegno del loro nuovo stile, non più sciamannato, i due scrivono: “Se non si fa un bel niente o si sbaglia ma si è felici, sono più alte le probabilità di riuscire a mettersi all’opera o di fare la cosa giusta”.

Nel libro anche paragrafi dedicati a chi convive o lavora con i lobo e tanti consigli pratici per comunicare un’inadempienza con l’animo leggero di chi ha abbracciato una frase scritta nel Tao Te Ching, il testo sacro del taoismo: “Non agendo non c’è nulla che non venga fatto”. Quel che è necessario, statene pur certi, sopravvivere al momento giusto e, è ovvio, senza che facciamo alcuno sforzo!

Cinzia Ficco

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