La mia Siberia

Il cercatore di ricordi. Adalberto Buzzin è ancora in movimento. Lo incontriamo virtualmente a Vologda, una cittadina russa a circa cinquecento chilometri a nord di Mosca, con molte storie da raccontare e monumenti che ne fanno memoria.

È proprio di ricordi e nostalgie che parliamo con Adalberto: “Jamal e Komi (i luoghi che mi hanno permesso l’incontro con i nenets), sono ormai distanti, eppure già mi mancano.

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L’atmosfera era irreale ma vera. La notte (molto lunga, circa diciannove ore) mi ha dato delle sensazioni strane. Sapevo dove mi trovavo, eppure mi sentivo perso: il buio avvolgeva tutto e le poche luci giocavano con le ombre come fantasmi. Camminavo in cerca di emozioni. Sono viaggi che si fanno dopo molta esperienza e per cercare l’estremo.

Devi spingerti in angoli remoti per vivere un momento indimenticabile, basta un attimo per renderti partecipe dell’assoluto nella tua piccola storia di viaggiatore. Poi i ricordi non cancellano il tempo, ma lo alimentano, suscitando quelle piccole emozioni che ti fanno sentire grande.

Discorsi forse un po’ complicati se non li si vive, ma pensate che noia se fossimo tutti uguali!”Adalberto è così, un viaggiatore un po’ all’antica, come ce ne sono pochi. Un cercatore di ricordi che vive l’attimo per goderselo in eterno.

Un istante che gli si ferma nel cuore o in qualche scatto fotografico. Un cercatore di storievissute e raccontate a uno sconosciuto con animo sincero e trasparente”, come quelle nate dall’incontro con i pescatori di Vologda lungo il fiume: “Passo volentieri il tempo con i pescatori; parliamo molto, ma con il mio russo capisco il venticinque per cento di quel che mi dicono. Ma va bene così, e poi ci sono le emozioni che si fanno capire subito.

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