Amira, storia di una mezzosangue

«Per poter giudicare il prossimo, il diverso, l’altro, è necessario prima di tutto conoscerlo». Ne è convinta Nicole Cascione, direttore responsabile di Voglio Vivere Così, e autrice di “Amira – Storia di una mezzosangue”. Il suo primo libro, la sua prima “fatica letteraria” edita da Les Flâneurs Edizioni, disponibile online e nelle principali librerie di Bari. È proprio nel capoluogo pugliese che la storia ha inizio. Protagonista è Amira, padre italiano e madre egiziana, con una passione sfrenata per la letteratura e una convinzione: confini e nazionalità sono in fondo solo etichette.

Eppure, da straniera trasferita a Bari sulle orme di suo padre, si scontrerà con l’intolleranza e la discriminazione. Amira è un ingegnere e aspira alla serenità, alla condivisione della vita con un ragazzo che abbia la forza di superare la disapprovazione altrui, che non si vergogni del suo velo e delle sue preghiere quotidiane, che comprenda il significato del ramadan.

Non tutti, purtroppo, scoprirà Amira durante il suo soggiorno a Bari, sanno accettare la diversità e abbracciarla come portatrice di ricchezza. Le dediche di suo padre sui libri che le ha lasciato saranno una guida per affrontare le insidie della vita, degli insegnamenti veicolati attraverso i classici della letteratura che la aiuteranno a trovare la propria strada e la propria identità, al di là di ogni confine.

Al centro del libro, dunque, la diversità raccontata attraverso gli occhi di Amira. «Il mio libro è dedicato a tutti coloro che, almeno una volta nella vita, sono stati vittime di atti discriminatori», ci racconta la giovane autrice. Proprio come la protagonista del suo libro, anche Nicole ama profondamente la letteratura, soprattutto quella dei grandi classici attraverso cui ha imparato a conoscere se stessa e gli altri. Iscritta all’albo dei giornalisti pubblicisti da gennaio 2013, attualmente lavora per l’emittente televisiva Trm Network, è direttore responsabile di «Voglio Vivere Così Magazine» ed è redattrice di «Radici Future Magazine». È lei a raccontarci di Amira, della sua nuova vita, di una donna che in fondo potrebbe essere ognuna di noi.

nicole cascione

Nicole, come e quando è nata l’idea di questo libro?

«L’idea di dare vita ad “Amira – Storia di una mezzosangue” è nata due anni fa. Tra attentati terroristici e stragi di gente innocente, ho iniziato a percepire intorno a me la paura, a tratti anche l’odio, verso il diverso, verso quel velo simbolo di una fede lontana dalla nostra, spesso però quasi demonizzata. Attraverso la storia di Amira ho voluto, nel mio piccolo, aprire una finestra su questa realtà diversa da quella occidentale. Può sembrare un concetto elementare quello di affermare che il terrorismo non abbia nulla a che vedere con la fede musulmana, ma per molte persone le due cose vanno di pari passo. Purtroppo».

Chi è Amira, la protagonista del tuo romanzo?

«Amira è una giovane donna, nata e cresciuta in Egitto. Ha sangue misto, infatti sua madre Salima è egiziana, mentre suo padre Lorenzo è italiano. Nato e cresciuto nel capoluogo pugliese, dopo la fine di una storia, Lorenzo decide di trasferirsi per lavoro in Egitto, dove conoscerà Salima e dalla cui unione nascerà Amira. Amira, purtroppo, sarà costretta a crescere in fretta, a causa dell’improvvisa morte di suo padre, durante violenti scontri civili al Cairo. Proprio la morte improvvisa di Lorenzo, la spingerà a percorrere il cammino inverso rispetto a quello di suo padre. Per conoscere fino in fondo le sue più intime radici, infatti, Amira si trasferirà a Bari, dove avrà inizio la sua seconda vita».

Possiamo dire che in fondo ognuna di noi può essere Amira?

«Direi proprio di sì. A chi non è mai capitato di ritrovarsi dalla parte del “diverso”? Almeno una volta nella vita, credo che ciascuno di noi si sia visto puntare il dito contro, perché controcorrente, che sia stato per una questione religiosa o anche solo per il proprio modo di vestire. Il mio libro, infatti, è dedicato a tutti coloro che, almeno una volta nella vita, sono stati vittime di atti discriminatori».

Non è mai facile ambientarsi in un Paese diverso dal proprio. Spesso, anzi, basta spostarsi di poco, magari in un’altra città, per essere vittime di atti discriminatori e pregiudizi. Come supera Amira queste difficoltà?

«Amira prova una profonda rabbia dinanzi agli atti discriminatori di cui spesso è vittima. Ma dopo la rabbia subentra la delusione e spesso il dolore. Fondamentalmente però, è una ragazza forte, che cerca il lato positivo in tutto quello che di brutto le accade. Durante il suo percorso di crescita, questo suo innato ottimismo, questa sua voglia di riscatto, vengono messi un po’ in crisi, a causa di una serie di ostacoli che si trova ad affrontare. Alla fine non è detto che ci sia il lieto fine o almeno non quello che lei si aspetta».

Proprio come te, la protagonista nutre una passione profonda per la letteratura. Si legge nella sinossi del romanzo: «Amira si è sentita un ragazzino che giocava sulla via Pál e una delle piccole donne dell’America di metà Ottocento: per lei confini e nazionalità sono solo etichette». Ma è davvero così?

«Per rispondere a questa domanda, vorrei partire dal principio. Sono figlia unica e abito in estrema periferia. Quindi, quando ero molto piccola mi ritrovavo spesso sola, soprattutto nei mesi estivi e, non avendo qualcuno con cui trascorrere le lunghe giornate, mi rifugiavo nei libri. Ne prendevo uno e me ne andavo su un albero di fico a leggere. Potrebbe sembrare irreale, ma credimi, ho trascorso molti pomeriggi estivi così. E in quei giorni, proprio come Amira, ho avuto la possibilità di conoscere luoghi lontani, personaggi a volte bizzarri e soprattutto ho avuto la possibilità di viaggiare. Con la mente. Ancora oggi per me la lettura rappresenta questo: il mezzo migliore per vivere mille vite diverse dalla mia. Quindi, tornando alla tua domanda, la risposta è sì. Credo che si possa davvero essere cittadini del mondo, trasformarsi indossando lunghi kimono giapponesi, passeggiando lungo le fredde strade di San Pietroburgo e conoscere spietati assassini o giornalisti francesi».

Nel tuo libro tratti un argomento molto delicato e purtroppo molto attuale, la discriminazione nei confronti della diversità. In particolare dello straniero, di chi segue una religione diversa, nel caso di Amira musulmana. Cosa pensi del clima di paura e a volte di odio e rifiuto che si è creato nei confronti degli immigrati?

«Penso che un ruolo fondamentale e spesso negativo sia giocato dai mass media. Troppo spesso ci viene riportata una mezza verità che lascia vedere solo quello che fa comodo mostrare, senza lasciare intravedere nulla di positivo. Così si alimenta solo la paura, il terrore. E la paura crea odio. E’ un circolo vizioso che può essere spezzato solo attraverso una corretta informazione. L’ignoranza penso sia il male moderno, quel cancro che rovina le menti e le coscienze. Per poter giudicare il prossimo, il diverso, l’altro, è necessario prima di tutto conoscerlo».

Da questo punto di vista come è la situazione a Bari, la città dove è ambientata la tua storia e dove vivi?

«Bari è una città che si affaccia sul mare, aperta all’altro. Qui da noi ci sono numerosi immigrati e le istituzioni locali fanno davvero di tutto per favorire una maggiore integrazione degli stranieri. Nonostante questo, sono molti ancora coloro che dimostrano diffidenza e intolleranza. Spesso anche io sono caduta nell’errore, puntando il dito contro l’altro. Forse è stata una forma di espiazione la mia: dare vita e voce ad Amira mi ha portata a comprendere e a conoscere meglio culture differenti. Nel libro cerco di raccontare la mia città, evidenziando quelle che sono le sue bellezze naturali e architettoniche e cercando anche di farne comprendere i limiti. Limiti, a mio parere, soprattutto legati ad una mentalità a volte chiusa e superficiale, che non tiene assolutamente conto delle differenze socio-culturali».

Amira indossa il suo velo con orgoglio e recita le sue preghiere quotidiane. Eppure sono molte le ragazze musulmane che cresciute in Italia si ribellano alle tradizioni del loro Paese d’origine, penso ai matrimoni combinati o alle imposizioni della famiglia, spesso con conseguenze devastanti. È possibile secondo te per una donna musulmana essere davvero libera?

«Certamente. Ovviamente tutto dipende da come si vive la propria condizione e soprattutto la propria fede. Conosco donne italiane che vivono una condizione di semilibertà, pur non indossando il velo. Quello che voglio dire è che i primi limiti ce li imponiamo noi stessi e questo accade sempre, in ogni ambito della nostra vita. Non è certamente un velo o la propria fede religiosa a creare ostacoli alla propria libertà. Tutto dipende da come la si vive. Ci sono ovviamente delle differenze tra donne musulmane e donne occidentali, ma spesso si cade nell’errore di credere che le prime siano meno libere delle seconde, semplicemente perché hanno delle abitudini e degli usi differenti. Indossare il velo non è di certo un obbligo, ma una scelta. E’ vero, ci sono ragazze che al contrario sono costrette dalla propria famiglia a seguire determinate strade, ma credo che ognuno poi debba poter godere del libero arbitrio. Le stragi familiari non esistono solo nelle famiglie musulmane. Si tratta di follia, non di fede».

Sei molto giovane ma già hai al tuo attivo diverse esperienze come giornalista e adesso come scrittrice. La tua prima “fatica letteraria”, edita dalla casa editrice Les Flâneurs Edizioni, è disponibile dal 15 aprile online e nelle librerie di Bari. Quali sono state le emozioni che hai provato nello scrivere e poi vedere pubblicata la tua opera?

«E’ stata senza dubbio una grande emozione. Soprattutto quando ho avuto la possibilità di averlo tra le mani, concretamente. Non sono una persona particolarmente costante e ho trovato parecchio difficile portare a termine la storia di Amira, ma ti posso assicurare che la soddisfazione che ho provato dopo aver terminato la prima stesura è stata immensa. E’ un primo piccolo passo, ma per me è stato incredibilmente grande».

Progetti per il futuro?

«Di progetti ne ho tanti. Sono un vulcano in piena. E’ il tempo che mi manca. I giorni passano in fretta. Vorrei scrivere un secondo libro, questa volta che prenda spunto dalla mia tesi di laurea. Ma per il momento non voglio svelare nulla. Intanto continuo a scrivere e a sognare».

“Amira – Storia di una mezzosangue”

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Foto di Ennio Cusano

A cura di Enza Petruzziello