Fuggire dalla metropoli

“Tutti gli esseri umani che vivono nelle metropoli hanno a che fare con una realtà che io paragono ad una metastasi della vita vera, diritto di ognuno di noi. Con i nostri ritmi e le vuote necessità, abbiamo perso di vista le cose di cui avremmo veramente bisogno e alle quali sempre più spesso cerchiamo di sopperire con farmaci, sedute psicoanalitiche. Ed altro. Ma, per carità, non sono queste le soluzioni! E’ come cercare di svuotare la barca che affonda con un bicchiere. Bisogna riparare la falla”. E allora? Pietro Sestito non ha dubbi. “Occorre tornare alla natura, riprendersi i ritmi lenti della vita in campagna”.

Tanto che di recente ha scritto un libro,  pubblicato da  Il Rovescio  Editore, intitolato  “Io fuggo dalla città,  in cui il protagonista decide di cambiare radicalmente la sua vita, abbandonando il suo lavoro, la città, per andare a vivere in campagna e dare così una svolta alla grigia monotonia della sua esistenza. Certo, mollare il grigiore della città ha un prezzo, che il protagonista dovrà pagare. Primo, condividere con la famiglia un progetto  che è solo suo.

Perché un libro su questo tema?

Tutti gli esseri umani che vivono nelle metropoli hanno a che fare con una realtà, che io paragono ad una metastasi della vita autentica. La soluzione è tornare alle nostre radici, ritrovare il gusto di mangiare il pane appena sfornato, bere il vino dalla botte, svegliarsi, aprire la finestra e trovarsi di fronte alberi, verde, fiori. E mi chiedo: Ma è davvero è così difficile condividere queste esigenze?

Forse è difficile, se non si mette in moto una rivoluzione culturale.

Bisogna ricreare relazioni con persone che non parlino soltanto di calcio, notebook e altre cose, buone solo a portarti sempre più lontano da una vita più appagante e serena. Chi ha la mia età, cioè  52 anni, e quelli più grandi di me, si ricordano di sicuro che una volta c’erano delle persone uniche, a volte stravaganti, a volte carismatiche, che avevano una loro unicità e non se ne facevano un problema. Oggi se non sei omologato, la gente ti addita. E ti deride.  Che noia.

Ma lei ha cambiato vita?

Io non sono andato a vivere in campagna. Vivo a Roma, lavoro alla Sapienza,  ma sto cercando di persuadere la mia famiglia ad appoggiarmi nel progetto di cambiare vita. Per ora mi limito a fantasticare, con il libro. Tuttavia, appena posso, sfrutto il tempo libero per andare a sfrugugliare,  scovare persone nei luoghi più sperduti, facendo loro un’infinità di domande. La mia curiosità è sempre sollecitata dalla necessità di voler conoscere tutto quello che succedeva una volta in campagna.

Quali sono le difficoltà dell’impatto con il ritmo slow?

Ho avuto modo di fare questa domanda ad alcune persone, che hanno vissuto l’ esperienza in prima persona. Ovviamente la reazione varia. Di solito anche il più caparbio dei convinti della svolta, subisce un attimo di stordimento. Ma nessuno di quelli con cui ho avuto modo di parlare si è pentito della scelta. Anzi, non riuscirebbe più a tornare indietro.

Non è una scelta consigliabile a tutti, però!

Certo. Solo a chi ha la consapevolezza di vivere male la propria esistenza e cerca una soluzione. Chi ama stare nel vortice, fa bene a rimanere lì dov’è.

Ma come si impara a vivere in modo più lento?

Apprezzando e meravigliandosi di quello che la natura ci mette a disposizione e andando alla ricerca di situazioni che il trascorrere tempo non ha modificato, con pacatezza e col sorriso sulle labbra. Facile!

Quale il contesto agreste che le piace di più?

Ho ancora impresso nella memoria l’odore del letame che avvertivo da bambino quando andavo a trovare mia nonna, in un piccolo centro, durante le vacanze estive. Il ricovero per i maiali era situato sotto un passaggio ad arco a pochi metri  dalla sua abitazione. La stalla adesso non c’è più. A distanza di 30 anni ogni volta che passo da lì quel  profumo  mi manca.
Più ti allontani dai grandi centri, dal nucleo cittadino, più è probabile scovare situazioni, che sono rimaste pressoché immutate negli anni. Nel libro non mi ispiro ad alcun luogo in particolare. Solo, metto insieme i pezzi in un collage  di esperienze ascoltate o vissute in prima persona.

Di cosa le piacerebbe occuparsi, vivendo in campagna? E qual è il suo sogno?

Un casale ristrutturato, una vigna, un uliveto, animali da cortile e un cavallo.

E l’attività?

Mi piacerebbe produrre vino  ed olio.

Crede che investire in campagna sia redditizio ?

Per avere un tornaconto economico considerevole e a breve termine occorre un investimento importante. Tuttavia la mia idea è quella di vivere in modo dignitoso, senza l’ansia da bilancio economico. E a proposito dell’aggettivo redditizio in un capitolo del libro c’è un passo, in cui il protagonista del romanzo si accorge che nel contratto redatto per l’acquisto del casale non è menzionato quello che aveva per lui maggior valore.

E cioè?

La riscoperta della sua identità. Credo  sia sufficiente per ritenere la sua scelta  redditizia.

Fuggire dalla metropoli