Imparare a dire: ma chissenefrega!

Siamo sulle splendide colline delle Marche, nel Montefeltro per l’esattezza, in mezzo a quaranta ettari di bosco. È qui che Gaia e John hanno aperto la loro fattoria olistica. Attenti agli aspetti spirituali certo ma pronti ad offrire ai loro ospiti anche il piacere del cibo.  Niente ascesi quindi ma un ascolto di sé stessi non disgiunto dal divertimento. Corsi di vari tipi all’insegna appunto della filosofia olistica che deriva il suo nome da whole e cioè intero.

Perché un percorso nuovo dentro sé stessi deve riguardare l’umano nella sua interezza e complessità. Ora la loro filosofia è diventata anche un libro intitolato “Ma chissenefrega” edito in Italia da Sperling & Kupfer. Dietro al titolo eloquente troviamo un modo articolato di intendere la vita. Ne parliamo con loro.

La filosofia del Chissenefrega

Ciao Gaia e ciao John, volete raccontarci un po’ com’era la vostra vita prima della scelta di cambiare?

Originariamente eravamo entrambi creativi pubblicitari a Londra, poi avendo tutti e due la passione delle terapie alternative e pratiche orientali, abbiamo coltivato questi studi mentre lavoravamo in pubblicità. Così abbiamo iniziato a lavorare come terapisti e maestri di queste discipline prima di venire a vivere in Italia. John usava quanto imparato in questi corsi nel business (insegnava ad usare il trance, lo sciamanismo e la meditazione nel business) ed io con clienti privati.

La necessità di un cambiamento è arrivata all’improvviso o ha “lavorato” piano piano?

Un pò di tutti e due. Per un paio di anni abbiamo pensato a cosa fare. Sentivamo la necessità di cambiare, posto, lavoro, vita. Poi quando ci è stato chiaro, il cambiamento è arrivato ( o meglio, lo abbiamo creato) molto velocemente. Abbiamo chiuso casa, comprato un camper, e con i nostri figli (gemelli di 8 mesi) siamo venuti in Italia per cercare il posto giusto per aprire il nostro centro olistico.

Cosa vi piaceva del vostro precedente lavoro e cosa, ad un certo punto, avete cominciato ad avvertire come pesante?

Della pubblicità ci piaceva molto la creatività, e quella la usiamo sempre in questa nuova vita.

Ci eravamo stufati delle complicazioni create dal lavorare in una grossa società, con tempi lunghi e troppe opinioni. In fondo non potevamo essere liberi con la nostra creatività. Lavorare come terapisti ci piaceva molto, ma sentivamo la necessità di farlo in un posto più bello, puro e rilassato. Londra non era così. Insegnare alle persone a vivere bene, sulle colline marchigiane è senza dubbio più bello. Il messaggio arriva più velocemente.

Poi è arrivata la svolta con “La collina che respira”. Come è accaduto. Parlateci di questa vostra bellissima avventura.

Abbiamo capito che volevamo aprire un centro e creare uno spazio che avesse la nostra energia, giocosa, aperta, curiosa. Volevamo che il posto – quanto gli insegnamenti- creasse questa esperienza. Quindi camper, avventura, pazzia di bimbi piccoli in giro per l’Italia e noi che cercavamo questo posto.Lo abbiamo trovato abbastanza velocemente. 40 ettari di bosco e due cascine che aspettavano solo noi (non se li voleva comprare nessuno qui 40 ettari di bosco, gli altri vogliono i campi da coltivare, noi le farfalle, e gli alberi e le amache… perfetto).

Periodo intenso e bellissimo. Abbiamo comprato la proprietà ed iniziato a ristrutturare. Dopo due anni abbiamo aperto La collina che respira. Qui il posto sembra proprio fatto per questo. Abbiamo sentito sin dall’inizio che volevamo insegnare lo star bene come un gioco, non come un nuovo compito. La Collina è un parco giochi per lo spirito.

Voi avete anche scritto un libro dal titolo piuttosto esplicito di “Ma chissenefrega”. Dietro questa formula scherzosa c’è però una seria filosofia di vita che si rifà al pensiero orientale.

Si, quando i problemi ci schiacciano, stanno sopra di noi, non possiamo muoverci. Pensiamo che siano tutto quello che c’è, tutto sembra così importante. Quando diciamo un bel Macchisenefrega ci distacchiamo immediatamente dalle cose che ci assillano e realizziamo che spesso non sono poi così importanti, che possiamo metterle in prospettiva, ed amministrale come decidiamo noi. Anzi capiamo anche che a volte non dobbiamo neppure far nulla! Anche il Buddismo ed il Taoismo ci parlano di questa possibilità.

Cosa significa per voi semplificare le cose?

Ricordare che non è possibile fare tutto e soprattutto che non è possibile soddisfare tutti. Quando capiamo che la libertà è più importante dell’ approvazione, è molto più semplice fare le nostre scelte. Tutto è subito più immediato .

La semplicità è qualcosa di molto diverso dalla sciatteria e richiede un percorso non facile. Come lo proponete ai vostri ospiti?

La semplicità richiede di capire (o meglio sentire) dove sta il nostro vero e libero essere. Questo senza dubbio è un percorso interessante. Richiede coraggio, ma anche tanta morbidezza verso se stessi. Siamo tutti così facilmente auto-punitivi. Siamo più contenti di obbligarci a fare le cose che a sentire cosa vogliamo e chi siamo. Noi offriamo uno spazio dove la gente si può ascoltare di nuovo e può imparare a piacersi di nuovo! Quando ci piacciamo di più siamo più disposti a fare le cose che ci piacciono, che ci fanno star bene e che sono importanti per noi, e a dire machissenfrega a quelle che ci distruggono.

Parliamo un po’ dei consumi. La crisi economica degli ultimi due anni può diventare un’occasione per centrare l’attenzione su altri aspetti della vita?

Qualunque trauma o difficoltà incontrati nella tua vita ti fa riflettere su tutto il tuo percorso. La crisi economica ha obbligato molti a capire cosa veramente importa nella loro vita.

Pensate che, se ci si ascolta davvero, cambiare sia inevitabile?

Quando lo si fa davvero, si. I messaggi che si ricevono sono incredibili e potenti, anche se non sempre sono quello che vorremmo sentire… Ma se ci fidiamo scopriamo cose nuove ed atteggiamenti nuovi. Funziona con tutti.

Nel vostro libro affrontate uno degli aspetti più vincolanti della vita di ciascuno di noi e cioè il giudizio altrui. Al di là del chissenefrega cosa può davvero accompagnare un percorso per liberarsi di questo fardello?

Capire con chiarezza che è impossibile soddisfarre tutti, e che ogni volta che lo facciamo a discapito di ciò che sentiamo e in cui crediamo, è come abbandonare una parte di noi. Non è una buona cosa per la nostra autostima se siamo disposti ad abbandonarci con così tanta facilità! Quindi, quando siamo messi davanti a situazioni difficili (o qualunque situazione), bisogna fare una pausa e chiedersi quale sia la nostra verità. Ascoltare noi stessi è molto utile. Ci da più consapevolezza e quindi maggiore possibilità di seguire quello che sentiamo, piuttosto che il giudizio altrui. Questo non vuol dire che non saremo generosi o amorevoli e che non ascolteremo mai nessuno, ma che se lo facciamo è perche lo vogliamo, non perchè dobbiamo.

La paura può essere un indice interessante per capire cosa davvero ci interessa?

Si. Quando la paura è forte, è un indice che c’è sotto qualcosa. Che quella cosa ci tocca da vicino e vale la pena esplorarla e capire che cosa sta succedendo. A volte ci aiuta a sbloccare vecchie abitudini ( il chiuderci sempre davanti a certe situazioni).

La filosofia orientale suggerisce di lasciar correre le cose. Per noi occidentali sembra quasi un invito alla resa. Ma è davvero così?

Significa semplicemente essere presenti per notare come si muovono le cose e non finire per resistere sempre alla realtà. Funziona meglio avere consapevolezza di come le cose si muovono e lavorare in quella direzione, invece che contro quella direzione. Non vuol dire lasciar perdere, ma semplicemente non opporsi, restare aperti e vedere che può succedere.

Immagino che abbiate avuto anche voi dei momenti di difficoltà. Cosa vuol dire conciliare la filosofia del chissenefrega con la determinazione per portare avanti un sogno?

Richiede esserci con tutto te stesso, per capire quali cose vanno esplorate, risolte, capite, sentite e quali non valgono lo sforzo.

Penso che i migliori insegnanti per questa filosofia potrebbero essere i bambini. Voi ne avete due, se non sbaglio. In cosa siete più complici?

Loro sono dei veri maestri. Così aperti, così nel presente, così pieni di amore, ma anche capaci di esprimere con totale libertà tutte le emozioni senza preoccuparsi del giudizio altrui (inclusi rabbia, frustrazione e tutte quelle emozioni che gli adulti giudicano negative). E poi sanno come godersi la vita. Mi sa che il prossimo libro lo scriveranno loro! Noi condividiamo molte di queste cose con loro, ma soprattutto li lasciamo essere sé stessi e cerchiamo di essere noi stessi con loro.

Avete notizia di qualche vostro ospite che dopo essere stato da voi ha davvero cambiato vita? Avete qualche storia che vi ha colpito in modo particolare?

Così tante storie ti potrei raccontare! Relazioni iniziate, relazione terminate, lavori lasciati, progetti creati, studi iniziati, viaggi intarpresi, case lasciate, case comprate. Matrimoni, figli, cambi di carriera, ma soprattutto una nuova visione di sé stessi e dalla vita, nuova fiducia. Una ragazza l’ estate scorsa ci scrisse un e-mail con una lista di tutte le cose che aveva fatto nel giro di un mese dopo un corso Macchisenefrega alla Collina: aveva smesso di prendere antidepressivi, aveva venduto una casa a cui era rimasta attaccata da tanti anni ma che era un peso per lei, aveva comprato una casa nuova, aveva chiesto ed ottenuto un aumento, ed era diventata la dealer di maggior successo nel suo lavoro. Aveva deciso di dare agli uomini una nuova chance. Un’altra ragazza ci scrisse che dopo essere stata alla collina aveva lasciato la sua carriera di avvocatessa e aveva deciso di andare in India per diventare una maestra di yoga. E si sentiva libera e felice.

Spesso una delle paure maggiori nel decidere di mollare tutto è l’incertezza economica. Per voi come è stato?

Un pò ci siamo preparati bene, un pò ci siamo fidati delle nostre sensazioni che ci dicevano avrebbe funzionato. Il tutto richiede presenza e consapevolezza, tanto lavoro per non lasciare che la paura ti prenda la mano, a meno che veramente sia il momento di preoccuparsi.

Cambiare spesso può voler dire recidere legami affettivi. Se uno di voi due decidesse, da solo, di cambiare strada pensate che il chissenefrega potrebbe davvero aiutare?

Chissenfrega vuol dire prendersi il diritto di essere chi si è, qualunque siano le pressioni. Se uno di noi volesse cambiare direzione l’altro avrebbe il coraggio di ricordare chi è e che cosa vuole, ed aprire il dialogo. Il chissenefrega funziona così se si vuole lavorare insieme sui cambiamenti. Se invece è troppo tardi per lavorarci insieme allora il chissenefrega aiuta a ricordarci che valiamo anche quando le cose vanno male.

Il libro di Gaia e John:

www.lacollinacherespira.com

A cura di Geraldine Meyer