Ne è convinta Lucinda Holdforth, giornalista, che ha scritto un libro, dal  titolo: “Le buone vecchie maniere”- La nostalgia per un comportamento civile in un mondo cafone (edito da Orme).  

Le buone maniere bon ton

A sentire l’autrice, che appare in più tratti anticonformista, salutare, ringraziare, non interrompere chi sta parlando, attendere il proprio turno : sono solo alcuni piccoli esempi  di buona educazione  che derivano dal misterioso e delicato processo di costruzione della società civile. Ma se in passato le buone maniere erano il simbolo dell’autorità sociale e politica, tanto da essere considerate addirittura più importanti delle leggi , oggi vengono viste come vuoti e superati formalismi che intralciano la libera espressione dell’individuo. E addirittura abbassano l’autostima. I risultati di questa insofferenza verso un comportamento rispettoso degli altri sono da tempo visibili nel lento ma progressivo imbarbarimento della nostra società, dal quale nessuno è immune.  Anche le persone più educate, infatti, per evitare l’inciviltà e le sopraffazioni quotidiane, rischiano di diventare più scortesi e meno concilianti, rinunciando cosi alla ricerca di una comunicazione pacifica.

Riprendendo Edmund Burke, componente del Parlamento inglese, che nel 1796 scrisse Letter on a Regicide Peace, la scrittrice australiana scrive: “Le buone maniere sono più importanti delle leggi. Su di loro, in gran parte, si basano le leggi. Noi veniamo a contatto con la legge qua e là, di tanto in tanto. Sono le buone maniere che ci irritano o ci calmano, ci corrompono o ci purificano, ci esaltano o ci avviliscono, ci imbarazzano o ci raffinano, con un’azione costante, regolare, uniforme, impercettibile come l’aria che respiriamo. Danno forme e colore alle nostre vite. E a seconda della loro natura, sostengono la moralità, la procurano, o la distruggono completamente”. Per l’autrice, oggi, sottoscrivere la posizione di Burke sarebbe impensabile.

Eppure il deputato segue una logica stringente. Per cui “le buone maniere sono allo stesso tempo  la prova di una società funzionante e un mezzo importante per sostenere tale società. Le buone maniere forniscono una forma di autolimitazione sociale, un mezzo con cui i cittadini  comunicano la volontà di vivere insieme  nella tolleranza tramite standard condivisi. Legiferate quanto volete, ma le leggi non funzioneranno mai da collante  sociale come le buone maniere, che danno forma e colore alle nostre vite. Smantellate il sistema delle buone maniere –spazzate via i costumi di una società, le convenzioni, i modelli di comportamento – ed è più probabile che vi ritroverete con niente altro che il caos. E poiché gli esseri umani non possono vivere a lungo nell’anarchia, prima o dopo arriverà una qualche forma di governo tirannico a restaurare l’ordine su presupposti nuovi e ancor più restrittivi”.

E per Holdforth il fatto che oggi si registri un aumento costante di leggi ha solo una spiegazione.  E’ considerabile come “un segno di fallimento sociale: o lo Stato sta cercando di limitare  troppo i cittadini, o noi cittadini non siamo semplicemente più in grado di regolarci da soli”.

Ma come si diffondono le buone maniere? Hanno di certo bisogno di tempo per attecchire.  “Sono materia delicata -scrive-  e indefinibile, dipendono da un accordo comune  e dall’uso che se ne fa, si adattano alle circostanze, e sono modellate dall’impegno collettivo. E a me pare sia compito delle autorità civili rispecchiare e dar forma agli standard comuni delle buone maniere, e questo più attraverso iniziative accattivanti che tramite la minaccia della legge”. Un esempio?  Piuttosto che minacciare dei provvedimenti, i parigini hanno deciso di installare poster dai toni umoristici  per convincere gli utenti dei mezzi pubblici a mettere la museruola ai cani, rimanere in piedi in prossimità delle porte, non sporcare, parlare a voce bassa al telefonino, evitare di sbattere lo zaino addosso a chi ci sta vicino, e pronunciare un gentile buongiorno e arrivederci ai conducenti degli autobus”.

Le buone maniere bon ton

La Holdforth continua a provocare e a dire: “Provate a pensare come sarebbe orribile la vita se per avere un comportamento corretto potessimo contare unicamente  sulla legge. In una situazione  del genere non saremmo  molto diversi dai robot. Saremmo incapaci  di esprimere liberamente  gentilezza e cortesia. Saremmo persone a metà. Ecco perché abbiamo bisogno  di un patrimonio  collettivo, della collaborazione dei membri  della comunità  e dei segni inconfondibili di una civiltà  unita e libera, che consistono nel dono spontaneo delle buone maniere”.

Ma chissà forse è un po’ ingenuo pensare che usare  il bon ton possa venirci quasi spontaneo.  In ogni caso per la saggista è necessario invertire subito il trend di maleducazione sempre più diffuso.  E riprendere le buone vecchie maniere che quindi  forniscono sempre un freno in automatico, permettono la ripresa del dialogo, rendono possibile un civile scambio di opinioni  invece di un’infantile  e arrogante manifestazione dei propri sentimenti. E come scoprì Luigi XIV sono un sistema “per rafforzare l’ordine”.  Ma richiedono, appunto, un self control. Una rinuncia. “Le buone maniere – osservò Ralph Waldo Emerson, scrittore e filosofo americano- sono fatte di piccoli sacrifici.” Come pazienza, attenzione verso il prossimo, rinvio dell’autogratificazione, predisposizione a seguire regole che non rispondono a un ideale o che potrebbero anche a apparire futili”.  Ognuno di noi incarna lo Stato, ha in sé un nucleo di sovranità e quindi deve avere la sua fetta di responsabilità.  Dunque,  occorre sacrificarsi per vivere meglio. Jacques Barzun, che la scrittrice riprende, scriveva: “Il controllo di sé come minimo sviluppa un sé”.

Per la saggista le buone maniere  sono importanti, ma non perché rappresentino di per sé un valore positivo assoluto. Ma perché permettono a persone estranee di accettarsi, rispettarsi, e di fidarsi in modo reciproco. Insomma, servono a far funzionare meglio le cose.  Persino a risparmiare.

“A mano a mano che la ricchezza aumenta- scrive- e il livello di buona educazione diminuisce, sappiamo che sempre più persone si ritirano dalla società  e investono nelle proprietà privata: gli esperti in previsioni economiche  e gli analisti di mercato chiamano questa tendenza:cocooning. Quando ci ritiriamo dalla società  nel nostro privato, quando il disintegrarsi  della buona educazione ci spinge sempre più nell’angolo, ognuno di noi consuma una maggior quantità di già scarse risorse del pianeta”.

Ma a chi si deve il diffondersi di tanta strafottenza? Per Holdforth a Rousseau, che verso la fine del XVIII secolo, riordinò la scala delle virtù. “Fece – scrive- la sua comparsa un nuovo sistema di valori. La Natura diventò subito meglio della Cultura. I sentimenti meglio della ragione. E sincerità e spontaneità furono più elevate, più nobili e più autentiche delle fredde, artificiose, ipocrite, false, usurate, vecchie buone maniere. E’ il Romanticismo che prende il posto del Classicismo, e stiamo tutti ancora pagando il prezzo. “E ai malvagi è più intensa la passione”, si legge nei versi di Yeats.

Ma c’è ancora tempo per recuperare. E per sorprendere il prossimo. Ci sono infatti oltre alle buone, le perfette buone vecchie maniere. Non resta che cercarle tra le pagine di questo libro.

A cura di Cinzia Ficco