Costruirsi un’altra vita: le storie di chi ce l’ha fatta

Una vita non ti basta? Puoi sempre provare a fartene un’altra. Certo, non c’è la certezza assoluta che ci riesca. Ma tentare si deve. Il numero di coloro che ce la fanno, sebbene limitato, sta crescendo.Nel ricco Occidente, dove c’è chi non riesce a vivere una sola volta, pare, infatti, ci sia una minoranza di privilegiati, che si concede una seconda opportunità esistenziale per soddisfare voglie represse e realizzare progetti custoditi per anni solo nella propria testa. Sarebbe questo il nuovo lusso di chi abita ad Ovest del mondo. Crisi attuale a parte.

Non ci credete? Provate a leggere le dodici storie raccolte da Serena Zoli, giornalista del Corriere della Sera, nel libro “Ho cambiato vita” – Storie di chi ce l’ha fatta, pubblicato di recente da San Paolo. Troverete esempi di chi, con grandi sacrifici e parecchia tenacia, è riuscito a costruirsi una vita  alternativa, insomma a darsi un’altra chance, per non rimanere inscatolato in un’esistenza grigia, di routine e insoddisfazione.  Roberto, Camilla e Franco, Simone, Francesco, Maurizio, Goffredo, Riccardo, Liliana, Luca, Tiziana e Giovanni, Giuliano a Vanna ci hanno provato e ce l’hanno fatta.

Ho cambiato vita di Serena Zoli un'altra vita

Secondo l’autrice la tendenza sarebbe massiccia, ma ad andamento carsico e risultato del benessere.

Ma cosa c’entra il benessere? Semplice. E’ proprio quella condizione che non significa solo soldi, ma istruzione, saperi, viaggi, possibilità di cambiare decisioni, facilità di accesso a tanti beni, che ti porta a dire: “Perché no a una seconda volta?”

“E’ il benessere -scrive la giornalista- che permette di tirare su la testa e guardare oltre, allargando il mondo del possibile e alimentando una fantasia esistenziale un tempo proibita”.

Insomma, sarebbero le nuove comodità, che ci spingerebbero ad oltrepassare un’esistenza troppo stretta. E a cercare nuove agiatezze.

Ma quali? Non molto tempo fa lo scrittore tedesco Hans Magnus Enzensberger, ha scoperto i “nuovi lussi”. Non si tratta di yacht, gioielli, e megaville, ricchezze per pochi. Ma sicurezza, spazio, ambiente non inquinato, e in particolare, tempo. Non nell’unico senso  di avere tanto tempo libero, ma nella valenza più compiuta, e pure più difficile, di poter padroneggiare il proprio tempo. Poterne –e saperne- disporre liberamente.

Dunque, se James Bond diceva che si vive solo due volte, per la giornalista di esistenze ce ne potrebbero essere anche due.

Ma di preciso cosa spinge a costruirsi una sorta di vita d’appendice? Serena Zoli scende nel dettaglio e attraverso i protagonisti dei suoi racconti individua cinque motivazioni.

1 Ci sono quelli che a un certo punto della loro esistenza cambiano vita, perché ne hanno voglia. Punto. Hanno – o scoprono- una seconda vocazione da soddisfare.

2 Poi ci sono coloro che si costruiscono una seconda vita, entrando nell’area pensione, che fino a poco tempo fa non era un’età progettuale.  Quella che dopo la pensione era una fase in fondo residuale, in cui si godeva del già fatto, diventa per la prima volta un’età di nuove prospettive. Una seconda chance di vita.  C’è, infatti, chi, vicino ai sessanta anni, si imbarca in una nuova carriera, chi cambia non solo città, ma continente, chi si impegna nel volontariato, chi trasforma in business quella che prima era solo una passione. Sono sempre tanti coloro che si riappropriano della vita ad un’età che prima era considerata vicina al tramonto. Un dato per tutti: il settore viaggi della terza età è oramai un ampio mercato.

3 Ancora. Ci sono coloro che cambiano vita, perché non vogliono più essere schiavi del lavoro, perciò scelgono di guadagnare meno, ma avere più tempo per sé. E’ il fenomeno del downshifting, parola made in Usa, che significa: “scalare una marcia”. E’ la tendenza di chi dice: “Mi fermo io, lasciate pure che il mondo continui a girare”. Come ha fatto Simone Perotti, autore del libro Adesso Basta, pubblicato nel 2009 da Chiarelettere. Un autentico fenomeno editoriale.

4 Di fronte alla mancanza di senso, di cui soffre la nostra società e alla perdita di regole e dignità del lavoro, non è infrequente il salto dal profit al no profit, che in genere paga meno, ma appaga di più. E siamo alla quarta motivazione.

5 Per finire, tanti cambiano vita, trasferendosi all’estero e, di conseguenza cambiano quasi sempre attività. Sono i nuovi emigranti dell’anima, quelli che non partono più con le valigie di cartone, ma con le Vuitton, ricevute in regalo alle nozze.

L’Aire -scrive Serena Zoli- che è l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, ma sempre col nostro passaporto in tasca, ne censisce quasi quattro milioni. Sono gli expatriate, che ora, è trendy, abbreviare in expat”. Da parte di questi ultimi c’è voglia di qualcosa di nuovo, un desiderio di avventura, resi accessibili dagli Erasmus e dai voli low cost. “In tali casi- fa sapere la scrittrice- l’Eldorado cercato e trovato molto spesso ha più a che fare con l’anima, che con i soldi. Con le soddisfazioni morali e “da cittadini”, che con esaltanti condizioni economiche e di autorealizzazione lavorativa”.

Dunque, allungare la propria vita si può, abbandonando le proprie sicurezze, che forse dopo anni diventano solo fonti di nausea e delusioni. La vita può diventare a più dimensioni. Un po’ più colorata, entusiasmante, più libera e senza dover fare scelte estreme, come un tempo, quando si avevano le conversioni religiose e si andava a fare gi anacoreti nel deserto o gli eremiti. Oggi, Zoli è convinta, si può abbandonare la propria vita, come fa un serpente con la propria pelle, senza aspettare di passare all’altro mondo.

A cura di Cinzia Ficco