La dolcezza di cui parla l’autore, che è stato lettore all’Università di Charlottesville, Virginia (Stati Uniti) e ha insegnato Letteratura francese e Storia del cinema e delle arti in Francia in molti licei e Università, è quella che possiede una sua forza e ci fa vivere con pienezza tutte le facoltà di un’esistenza libera.  La lettura di questo piccolo libro, poco più di 130 pagine, è davvero stimolante. Seguendo il gusto dell’autore per la divagazione e l’anticonformismo, scopriamo come rendere più lieta la vita, come imparare a godere di istanti, sentimenti ed esperienze raffinate, e d’altro lato impariamo a riflettere sugli aspetti negativi e sgradevoli  del nostro panorama  sociale, per cercare di evitarli.

Vivere con dolcezza

Citando i testi più disparati e dando prova di un gusto marcato per la trasgressione, Audeguy invita a sottrarsi , senza fanatismi e contrapposizioni violente, al totalitarismo della società contemporanea, ai suoi imperativi futili, per recuperare autonomia e uno sguardo disincantato e lucido, ma attento alla dolcezza. Per rendersi conto di quanti questo  manualetto aiuti a ribaltare certe visioni standard della vita, basta leggere il capitolo dedicato all’Intensità. Scrive l’autore: “La dolcezza ha le sue violenze. Dal momento  che ci conquista noi possiamo chiamarle rapimenti. Il bambino che si attacca alla nostra gamba; la sua mano nella nostra che guida i suoi passi esitanti; la leggera peluria del suo collo; le piegoline dietro le ginocchia. Sono solo esempi”. Oppure quello intitolato: Fare l’amore. Audeguy scrive:  “Godard, tempo fa: se si dice fare l’amore, vuol dire che c’è una idea di lavoro. L’amore è una violenza dolce, come la speranza. Un ossimoro, mentre la passione è semplicemente un parossismo”. Continuando con la stessa ironia sottile, sul Nudismo, si legge: Di per sé il nudismo, con le sue forme istituzionalizzate che vanno dal fondamentalismo ecologista allo scambismo   da spiaggia , ha un unico aspetto deprimente: l’ismo. Invece la pratica della nudità non è priva di fascino.

E’ attraversata dall’ideale seducente di una sensualità estesa alla totalità del corpo; naturalmente fino a quando il mondo si rifà vivo, sotto forma di un cespuglio di ortiche o dello spigolo di un tavolo”. Intrigante anche la posizione sui Rapporti: “Esiste un casanovismo che nasce da un’ingordigia allegra, da una curiosità bonaria per tutte le condizioni, per tutti i sessi e le situazioni. Non c’è da stupirsi se questa allegria non interessa alla nostra società che preferisce il triste, metafisico Don Giovanni, come è affascinata dallo scambismo che, nove volte su dieci, è solo il povero mercato della miseria sessuale  maschile . E in quanto alla fedeltà, perché no dopotutto? Ci sono persone plurali che se la meritano ampiamente”.

E ancora, Prenatale: “E’ abbastanza improbabile che la nostra inclinazione per la dolcezza sia il segno di una nostalgia delle tiepide acque del liquido amniotico in mezzo al quale abbiamo condotto una vita piuttosto agitata. La vera dolcezza di vivere si conquista dopo la nascita, e per tutto il resto della nostra esistenza. Quanto al famoso trauma della nascita, deriva in massima parte dagli schiaffi che riceviamo allora, gesto inutile, come tutti sanno, da un punto di vista medico, dal momento che non ha mai accelerato il passaggio alla respirazione aerea. Con quegli schiaffi, la società ci informa soltanto che esistono individui il cui unico piacere consiste nel far soffrire gli altri”. Fa riflettere anche quello che Audeguy dice a proposito delle Vittime: “Orribile dolcezza è quella delle vittime, quella di certe donne, bambini, anche uomini (ma più rari: il sesso maschile fornisce alla società più carnefici che vittime).

E’ come se l’estrema forma di protesta della vittima fosse il rinunciare a qualsiasi violenza, compresa quella necessaria alla sopravvivenza di ogni essere. I tiranni domestici lo sanno: quanto più il loro dominio è eccessivo, tanto meno esiste il rischio della ribellione (perché ribellarsi significherebbe manifestare un’analogia con il carnefice, analogia che per quanto superficiale e ingannevole, esercita sulla vittima una pesante influenza)”.

Per chiudere, sulla Violenza, è scritto nel libro: “Guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo: questa massima biblica esprime una perfetta saggezza. Ogni volta che uno scandalo viene denunciato, ogni volta che una violenza viene resa manifesta là dove l’ordine sociale finge di cedere semplicemente un dato di fatto, si fa la figura del violento, si viene rimproverati per il proprio cinismo, eccetera. Non importa”.

Da quanto si legge, quindi, la dolcezza non si traduce in un potere. E’ difficile , per esempio, che porti all’elaborazione di concetti o di slogan. “Qualcuno- scrive l’autore- potrebbe pensare che questo rappresenti una colpevole debolezza, ma io non sono d’accordo. Semplicemente, la veemenza, l’intensità, la potenza della dolcezza si collocano su un altro piano. E se per caso un giorno essa riuscisse a occupare un posto dominante nella nostra società- benché credo, non succederà tanto presto- bisognerebbe rinunciarvi, come si abbandona una posizione, come si deserta”. Per l’autore la dolcezza non può che essere minoritaria, ed è questo il suo fascino. Ed è per questo che si cerca di allontanarla, travisarla.  “Ogni forza reattiva odia la dolcezza- scrive- e cerca di sostituirla con odiosi surrogati: sdolcinatezza, scempiaggine, infantilismo, consenso.  Io propongo di chiamare dolcezza l’insieme delle capacità di un’esistenza libera, la definizione è generica, ma non è vaga, a pensarci bene”.

La dolcezza? Un’affermazione.  La gioia di sentirsi liberi di individuare percorsi di vita alternativi.

Cinzia Ficco

Elogio alla dolcezza