Cose che capitano e piccoli misteri

Quella che stiamo per raccontarvi non è una storia di fughe in paradisi tropicali o su immacolate spiagge caraibiche. Per cui, se pensate che cambiare sia solo andare dall’altra parte del mondo, lasciate pure perdere questa recensione; senza sensi di colpa o dubbi.  Se invece ritenete che, spesso, il cambiamento abbia il sapore tenue dei piccoli passi, degli sguardi diversi con cui si può imparare a guardare le cose, senza perdere di forza dirompente, allora questo è il libro che fa per voi. “Cose che capitano e piccoli misteri” edizioni Ellin Selae di Franco Del Moro dichiara fin dal sottotitolo la poetica sottesa alle sue pagine: “Una raccolta di normali eccezioni alle norme che confermano l’impossibilità della vita quotidiana di essere del tutto normale”

Un sottotitolo che è tutto un programma, che ci introduce in una sorta di battaglia quotidiana per trovare l’insolito, l’inatteso anche nei gesti e nelle cose di cui è fatta la vita di tutti i giorni. Gesti e cose che talvolta si ingolfano, assumendo un’informe sembianza di pantano immobile, che non vediamo e non ascoltiamo neanche più. Talvolta, non senza sforzo, fatica, lavoro su sé stessi e non poca ironia, si riesce a cambiare sguardo, a mettere tra sé e ciò che ci schiaccia il distacco delle parole, di un racconto. Non sempre è possibile smettere di prendere tutti i giorni quel mostro orrendo che è la metropolitana, o il treno; non sempre è possibile restare impermeabili alla solitudine di una grande città, all’indifferenza degli sguardi della gente, alla vacuità dei discorsi, ai pregiudizi di chi va di fretta. E allora, per non restare schiacciati da ciò che non si può mutare, forse vale la pena di mutare gli occhi con cui si guarda tanta bruttezza. Franco lo fa con la scrittura, discreta e fedele medicina per neutralizzare gli effetti del quotidiano mettendoli in un racconto. Tutto, anche le cose più piccole, anche un albero che cresce ai bordi della ferrovia, in un posto orribile, può diventare l’occasione per scrivere e per prendere le distanze dall’indifferenza, da quella che lui chiama, con espressione precisa e forte, la metastasi dello spirito. Perché quando si è costretti a percorrere sempre la stessa strada un modo per non morire è sforzarsi di vedere, ogni giorno, un particolare diverso. Poi, dopo, magari si è anche pronti a prendere una strada diversa, ma ciò che può salvare è il modo con cui si fa il percorso.

Cose che capitano e piccoli misteri

Il libro è diviso in tre parti. La prima sono appunto brevi racconti di cose di tutti i giorni, di pendolari infreddoliti, di gesti meccanici, di giudizi spietati che si danno senza sapere nulla: se vediamo, per esempio un uomo che cerca qualcosa in un cestino dell’immondizia pensiamo subito si tratti di un poveraccio. E se, invece, stesse cercando disperatamente qualcosa che, per sbaglio, ha buttato via? Quante occasioni di pensieri più alti, di riflessioni più generose ci perdiamo nella fretta e nell’abitudine. Ma per l’autore fermarsi a scrivere è darsi proprio quelle occasioni e, nel contempo, maturare piano piano la convinzione che qualcosa non va, che l’ascolto degli altri sia anche ascolto di sé stessi, e che questo ascolto può portare l’ardire per tirarsi fuori dalla mischia. Quei soprassalti di vuoto e di disgusto, messi nero su bianco diventano, giorno dopo giorno, le fondamenta per altri progetti.

Eccoci dunque nella seconda parte del libro. Franco Del Moro decide di diventare editore. Il suo lavoro non gli basta più, non lo fa respirare, non lo sorprende. Ma mollare tutto non è ancora possibile, però si può provare ad iniziare piano piano. Ecco le prime mostre di libri, le prime pubblicazioni, la fatica, il lavoro duro, gli incontri inaspettati. Con la gioia però di avere intrapreso qualcosa di più autentico, qualcosa che gli somiglia di più, che non lo lascia immobile e inebetito alla fine della giornata. Forse non è la ricchezza economica ma qualcosa si muove, cambia, evolve. Il vento di una nuova avventura dà aria alle stanze, ai giorni. Perché, comunque vada, la vita prende vita dai progetti, dai sogni, da quello che si fa ogni giorno per realizzarli. Da quello che si fa, non da quello che, in modo solo velleitario, si fantastica. E quello che Franco fa sono libri. Le parole sono state come i sassolini lasciati sul sentiero per non perdersi completamente e sono diventate il suo progetto. E poi…

Poi la terza parte del libro. Il racconto dell’addio alla grande città, Milano, alla sua brutta anima, al suo grigio e al suo andare di fretta. Per arrivare prima chissà dove. Il bisogno di riscoprire un tempo diverso, che accompagni la vita e non si limiti a scorrere, la sorpresa dell’alternarsi delle stagioni, una vita che si ridimensiona per certi aspetti ma, in altri forse in quasi tutti, si arricchisce di senso, di qualità, di bellezza. La decisione di vendere la casa cittadina e comprare una cascina nelle Langhe diventa un’altra tappa di un percorso iniziato anni prima. E il racconto di questa parte della sua vita si dipana senza retorica, senza quel fastidioso e falso spirito bucolico di chi in campagna non ci vive. Non è facile vivere isolati, con tutte le magagne che una casa in campagna, prima o poi vi regalerà. Non è facile convivere con tutte quelle forme di vita che la fanno da padroni, ospiti non sempre graditi. In campagna non è facile affrontare neanche un semplice temporale, o una grondaia rotta. Ma in questa nuova vita c’è spazio e tempo per la vita stessa.

Io questo libro ve lo consiglio davvero con un sorriso.

Se volete mettervi in contatto con la casa editrice potete scrive a ellin@libero.it oppure consultare il sito: www.ellinselae.org

A cura di Geraldine Meyer