Basta poco copertina basta poco

Già dal titolo Galdo ci ricorda come un cambiamento nelle nostre abitudini di consumo, di acquisto e di vita in genere, possano e debbano dipendere da tanti piccoli gesti quotidiani. Un richiamo forte e chiaro a una responsabilità quotidiana e individuale non più rimandabile. La crisi che da qualche anno ha steso un manto di difficoltà su tutto il pianeta può davvero, e in alcuni casi lo è già diventata, divenire occasione e stimolo per nuovi modi di vivere nel mondo e tra di noi. Inutile rimandare nascondendosi dietro la necessità che siano i governi a proporre rimedi e soluzioni. Tutto deve partire da noi. Questo frangente storico può darci la possibilità di diventare protagonisti di una nuova presa di coscienza rispetto all’ambiente che ci circonda, alle sue non infinite risorse e, di conseguenza, rispetto al futuro. Una lettura stimolante e provocatoria, mai pedante o apocalittica. Un continuo richiamo al concetto di responsabilità, parola forse desueta ma fulcro di tutto il discorso. Piccoli gesti, enormi nella loro portata nel tempo e nello spazio ma assolutamente fattibili se solo si guarda con occhi meno distratti il vivere nostro e quello di chi ci circonda. Non possiamo continuare a crederci delle monadi, separate da tutto e da tutti, liberi di fare tutto quello che vogliamo senza pensare alle conseguenze del nostro procedere in questo mondo.

Un testo ricco di storie e dati sui consumi e sugli sprechi alimentari, sull’uso smodato delle automobili, sull’importanza di riappropriarci non solo del tempo ma anche degli oggetti che il tempo forse consuma ma non del tutto. Perché non imparare a riparare ciò che si rompe? Perché non tornare a dare dignità a quel concetto di homo faber così dimenticato dietro un malinteso senso di superiorità di un intelletto senza più appigli con la pratica? Pagine belle e leggere anche quando la pesantezza di ciò che ci dicono dobbiamo guardarla dritta negli occhi. Basta poco davvero per darsi un’opportunità di cambiare strada, a livello individuale e a livello di comunità. E non è un caso che il titolo non sia “Basterebbe poco” che suggerirebbe un condizionale condizionato da chissà quali utopie. Basta poco è qualcosa di fattibile e alla portata di tutti. Ne parliamo con l’autore del libro.

Antonio Galdo basta poco

Leggendo il suo libro l’espressione “Basta poco” acquista una doppia valenza. Sembra un incoraggiamento ma nello stesso tempo suona quasi amara perché mette in luce un solco incolmabile tra ciò che servirebbe fare e ciò che si fa davvero. È così?

Basta poco ha un duplice significato. Da un lato indica una strada che abbiamo davanti e che possiamo percorrere con semplicità e perfino sana leggerezza: il cambiamento é a portata di mano. Servono pochi e chiari pensieri forti, e tanti gesti semplici. Possiamo liberarci, per esempio, dalla schiavitù dell’automobile? E dai danni ambientali e umani che provoca? Certo: in attesa di una nuova tecnologia (per esempio l’auto elettrica) che modificherà radicalmente la nostra mobilità, possiamo recuperare il piacere del camminare come già sta avvenendo in alcune metropoli, penso a New York dove la maggoranza dei cittadini ormai non usa più l’automobile. Ma Basta Poco significa anche sapersi accontentare, non per pauperismo o per la paura di impoverimento: per una libera convinzione. Per una scelta che ci porta a capire meglio il valore, e dunque il senso, delle cose.

Il riappropriarsi o il conquistare ex novo una certa mentalità rispetto ai consumi, agli sprechi o ai lavori manuali richiede un tempo che appare più lungo di quello di cui effettivamente disponiamo prima che la terra ce la faccia pagare definitivamente. Lei pensa che si cambierà rotta in tempo?

La Grande Crisi, che sarà lunga e profonda e segnerà un cambio d’epoca, ci aiuta. Sotto lo stato di necessità, il cambiamento diventa una scelta obbligata. Vuole un esempio? Nel 2010 in Italia abbiamo ridotto lo spreco di cibo, quello che gettiamo nella spazzatura con stupida indifferenza, di oltre il 13 per cento. La nostra spesa nell’immondizia vale ancora qualcosa come 450 euro a famiglia, ma questa riduzione é un significativo passo avanti. Anche nella spesa alimentare stiamo diventando più reponsabili.

Nelle pagine del suo libro si legge come la parola green sia ormai un passaporto per ripulirsi la coscienza e per continuare a speculare. Ma se il profitto non si ferma neanche davanti a improcrastinabili esigenze di pura sopravvivenza un richiamo all’etica a cosa serve?

Il profitto, come gli interessi, non può non avere un ancoraggio nell’etica. Il capitalismo che abbiamo conosciuto in questi ultimi trent’anni ha perso l’anima, e dunque prima o poi doveva scontrarsi con le sue contraddizioni. Oggi viviamo questa fase, e chi prova a fare il furbo utilizzando la parola green per salvarsi la coscienza, é smascherato dai fatti. Pensi quale danno di immagine e di reputazione ha subito la BP dopo avere inquinato le coste del Messico con il suo petrolio, eppure aveva speso milioni di dollari per presentarsi, furbescamente, come un’azienda green..

Riappropriari del senso delle cose basta poco

Lei pensa davvero che la Grande Crisi, come la chiama nelle pagine del suo libro, abbia indotto, o almeno delineato un percorso diverso? A me sembra che ci comportiamo nello stesso modo, almeno a livello di quotidianità individuale. In Italia la politica è completamente estranea agli argomenti di cui lei scrive. A me da l’impressione che intervenga solo a livello di immagine e mai nella sostanza delle cose. Come le domeniche a piedi a Milano. Chiaro che ognuno deve fare la sua parte, ma la buona volontà del singolo può bastare?

E’ vero: la politica in Italia é assente o distratta rispetto a questi temi. Il dibattito pubblico ha tutt’altro tipo di contenuti. Ma prima di chidere agli altri che cosa possono fare per noi, domandiamoci che cosa possiamo fare noi per gli altri. E Basta Poco é il libro di una piccola ma profonda rivoluzione che deve partire dalle nostre scelte di vita quotidiana, dai nostri stili di vita.

Mi piacerebbe che il suo libro diventasse un testo obbligatorio nelle scuole italiane, ma temo che non sarà così. Da dove parte, secondo lei, l’educazione civica, la sensibilizzazione rispetto ad alcuni degli argomenti di cui parla lei?

La scuola, dove mi reco spesso a parlare di questi temi e dove trovo sempre molta attenzione da parte dei giovani, ha un ruolo fondamentale, come la famiglia. E’ attraverso queste reti che dobbiamo lavorare per coltivare una maggiore responsabilità. Però le assicuro che le nuove generazioni, molto spesso, sono più avanti di noi su questa strada e sentono la protezione dell’ambiente come una scelta naturale, non un’ossessione predicata da qualche fanatico.

Sicuramente si parla di più di certi argomenti, e questo è già positivo perché presuppone maggiore consapevolezza. Ma questa maggiore consapevolezza rischia di diventare un’aggravante in un ipotetico tribunale etico? Nel senso che sapere di più e non fare tutto ciò che serve ci rende ancora più colpevoli?

Sono cresciuto alla scuola di questa semplice regola: massima libertà nella massima responsabilità. Oggi abbiamo più informazioni e anche maggiori opportunità di farle circolare, quindi meno alibi per giustificare la nostra indifferenza. Nessuno può dire di non sapere.

Il sito di Antonio Galdo é www.nonsprecare.it

Intervista a cura di Geraldine Meyer