Dal medico all’attore, dal chimico al videomaker, tante storie di persone diverse che hanno avuto il coraggio di buttarsi. Qualcuno ha fatto fortuna, qualcun altro no. Alessandro dopo la laurea in medicina è stato assunto allo Charité, l’enorme ospedale berlinese, dove ha fatto rapidamente carriera, Simone e Carlo invece non riescono a vivere solo della propria arte, rispettivamente il cinema e il teatro. Ma non è questo il pnto: ciò che Berlino ha regalato ad ognuno di loro è la realizzazione professionale, la possibilità di dedicarsi alle proprie passioni e di trovare un ambiente stimolante e pieno di incentivi.

Berlino è una città contraddittoria. È la capitale del Paese più ricco d’Europa, ma è la città tedesca più economica ed indebitata. È povera, ma sexy (parola del sindaco Wowereit). È alternativa, underground, cosmopolita, viva. Come scrive lo stesso Innocenti: “la capitale tedesca non si può definire, rinchiudere in un concetto, carpirne l’anima, fermarla in un’immagine. È come un ragazzo imberbe che ti guarda fisso negli occhi, sfrontato e sicuro mentre ti sfida: ce la fai a starmi dietro?”. È una città ricca di opportunità che i personaggi di questo libro hanno saputo cogliere. Con impegno, dedizione e la creatività che contraddistingue noi italiani, ce l’hanno fatta. Hanno raggiunto quello che in Italia forse non avrebbero mai avuto e sono felici. Per questo il libro è una grande fonte d’ispirazione per chiunque abbia l’intenzione di seguire il loro esempio, di mollare tutto e trasferirsi altrove.

Lo scrittore, da bravo giornalista, non giudica, semplicemente racconta. Esprime un unico desiderio: che il lettore provi un sincero disagio per quelle eccellenze italiane spese altrove, e che questo libro sia l’embrione per un nuovo pensiero, per nuovi gesti. Ed effettivamente quando si finisce di leggere si rimane divisi fra la voglia di fare le valigie e partire per Berlino a tentare la fortuna, e il desiderio di intervenire, qui in Italia, di contribuire a un cambio di rotta e far partire il controesodo.

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vivere in germania

Recensione a cura di Giulia Rinchetti