Da alcune parti accademiche, pur rispettando e valutando positivamente l’intervento del Governo per quel che riguarda la riduzione delle apparecchiature da intrattenimento, i casino online ed il dimezzamento dei punti di gioco, “spunta” l’interrogativo se questo percorso -iniziato per il ridimensionamento dell’offerta del prodotto gioco e per la tutela della salute pubblica- non vada poi, alla fine, a penalizzare esclusivamente un comparto del gioco -e nella fattispecie quello delle slot machine- senza arrivare ad essere un provvedimento risolutivo, ma solo un “tamponamento” dell’attuale situazione in cui si dibatte il mondo del gioco pubblico italiano.

Questa affermazione, in attesa che la politica arrivi a concretizzare il riordino dei giochi nella seduta del prossimo 7 settembre in Conferenza Unificata, viene resa pubblica dal Professor Fabio Marchetti del dipartimento di Giurisprudenza della Luiss Guido Carli di Roma, condirettore del Comitato Scientifico della Fondazione Bruno Visentini: infatti, lo stesso accademico ritiene che il Governo non abbia proprio tenuto conto della complessità della situazione ed anche della percezione sociale del gioco d’azzardo in Italia. L’industria che di gioco vive è un settore complesso assai articolato che, da un lato continua ad evolversi e dall’altro sembra rispondere agli “indirizzi preferenziali” dei consumatori che si modificano giorno dopo giorno.

Circa il 51% della raccolta del gioco viene rappresentata dalle Awp e dalle Vlt e questo sta a dimostrare che quel settore è relativamente giovane mentre, al contrario, la patologia collegata al gioco d’azzardo è un “fenomeno antico”, sicuramente già esistente all’avvento di queste “moderne” apparecchiature da intrattenimento. Quindi, se si vuole affrontare seriamente il gioco problematico bisogna risalire alla radice sociale, psicologica, medica di questo fenomeno. Rendere meno “raggiungibile” il gioco fisico non risolve obbiettivamente il problema, ma si concretizza con un “provvedimento tampone”: è alquanto probabile che il giocatore problematico o patologico, se non trova più comodo giocare con queste “famigerate macchinette” si rivolga ad altre più agevoli forme di gioco, ma non modifica certamente il suo approccio “patologico”.

Bisogna esaminare dopo queste premesse il profilo carente della proposta governativa: innanzitutto, le misure messe in campo dall’Esecutivo -come detto- appaiono subito misure tampone, poiché non tengono assolutamente conto della necessità di approcciare questo fenomeno in modo complessivo ed, in particolare, non si tiene conto della sua evoluzione che continua a proseguire imperterrita -e questo al pari di tanti altri settori economici- verso l’online. Non bisogna d’altra parte essere profeti in Patria quando si afferma che una volta limitato il gioco fisico attraverso misure che lo rendano meno raggiungibile, si otterrà come risultato quello di una transumanza dei giocatori problematici verso il gioco online sicuramente più che disponibile -sopratutto da parte degli operatori illegali– ad accogliere a braccia aperte i giocatori compulsivi.

Quindi, la soluzione del fenomeno del gioco d’azzardo non può essere soltanto la sua riduzione ed il dimezzamento dei punti di gioco: per combattere la ludopatia bisogna iniziare a tutelare i giovani. Infatti, il discorso si potrebbe racchiudere in poche parole: più che combattere la ludopatia l’obbiettivo dovrebbe essere quello di non far entrare nel circolo del gioco (problematico) proprio i giovani, non diminuendo le apparecchiature ma i punti gioco. Devono essere luoghi gestiti da soggetti professionalmente qualificati e limitarne l’apertura in orari meno facilmente fruibili da giovani e giovanissimi.