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Samarcanda: un viaggio chiamato scrittura (viaggiare per alimentare le proprie passioni)

Viaggiare per alimentare le proprie passioni e i propri talenti

Viaggiare per alimentare le proprie passioni e i propri talenti

Di Gianluca Ricci

Se viaggiare è un’esperienza dello spirito, non si può rimanere indifferenti a proposte che non si limitano ad essere originali, ma vanno al di là delle categorie di analisi comunemente utilizzate in simili occasioni. Che dire di quanto proposto agli allievi della notissima scuola Holden di Torino, quella fondata dal talentuoso scrittore Alessandro Baricco per apprendere tecniche e misteri di un’arte secolare eppure modernissima qual è la scrittura?

Si trattava di un viaggio in Uzbekistan, in particolare nella favolosa città di Samarcanda: a giustificare l’intero programma di viaggio il fatto che proprio là erano sorte, in un fantastico tempo imprecisato, le prime manifatture di carta, all’indomani della brillante intuizione di Ts’ai Lun, ingegnoso dignitario alla corte cinese della dinastia Han, che dall’impasto di scorze di gelso, detriti di canapa, riso, germogli di giunco e bozzoli di baco da seta era miracolosamente riuscito ad ottenere carta per scrivere.

Le manifatture sorsero lì e non in Cina perché l’Uzbekistan si trovava sulla mitologica Via della Seta, corridoio commerciale utilizzato dai mercanti di oriente e occidente per scambiarsi le merci e approfondire le conoscenze reciproche. Quale meta migliore, dunque, per risalire agli albori della scrittura così come la conosciamo oggi? Perché alla corte di Samarcanda, ingranditasi a dismisura di califfato in califfato proprio grazie all’incremento dei traffici e dei commerci, non si produceva solo carta, ma sulla carta si vergavano le prime grandi storie pronte per essere esportate.

Che alle visite si potesse abbinare la frequenza di un laboratorio di scrittura “nomade”, con tutto ciò che può significare tale proposta, è particolare di secondaria importanza. Interessante è invece prendere atto che sono sempre più numerosi coloro che, in alternativa alle consuete proposte di vacanza anche in luoghi meno battuti dal turismo di massa, scelgono di dedicare le loro ferie alla ricerca delle origini delle loro passioni. Vagare lungo le strade di Samarcanda, per i veri appassionati dell’arte dello scrivere, non si limita a incasellare nella propria memoria una dopo l’altra le grandi madrasse del bel tempo che fu, la piazza monumentale, il sepolcro di Kusam ibn ‘Abbas o la tomba del profeta Daniele.

Significa invece ripercorrere i luoghi che hanno ispirato la creazione di migliaia di racconti fantastici, stregando leggendari condottieri del calibro di Alessandro Magno, Gengis Khan e Tamerlano. A Samarcanda più che in altri luoghi è possibile trovare straordinarie fonti di ispirazione per i propri racconti, a patto di saper riconoscere quelle inafferrabili atmosfere che circondano strade, palazzi e persone.

Ritirarsi poi in un luogo per cercare dentro di sé le origini della propria passione avvicina molto a quanto Giovanni Boccaccio aveva raccontato nel suo Decameron, la raccolta dei racconti che dieci ragazzi si erano narrati a vicenda per ingannare il tempo durante una lunga permanenza coatta in campagna mentre fuori si scatenava una mortifera epidemia di peste. Un viaggio evocativo su più piani, che si intersecano solo se si esce dalle dinamiche della visita ai luoghi e si entra in una dimensione psicologica più intima. Ci si guarda intorno, accompagnati da guide esperte, si legge, si scrive in un percorso di scoperta: scoprire, ecco la parola magica. Questo l’obiettivo che gli organizzatori si erano posti.

Era tutto lì, a portata di mano. I luoghi, le atmosfere, i colori. Ma anche la predisposizione, il desiderio, l’aspirazione. Ed era necessario arrivare fino a Samarcanda per provarci. Nulla vieta dunque che chiunque abbia una travolgente passione per qualcosa provi ad ispirarsi a questa singolare esperienza ed elabori un programma di viaggio finalizzato a scoprire quella passione, stanandola nei luoghi giusti, intuendola nelle persone opportune, individuandola nelle atmosfere che luoghi e persone possono sprigionare. Alla scoperta di sé stessi, dunque, nella più pura delle accezioni.

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