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Giornalista, imprenditore e influencer, Piero Armenti: “A New York ho trovato il successo”

Piero Armenti

Piero Armenti: “A New York ho trovato il successo”

Da Salerno a New York, senza più voltarsi indietro. Piero Armenti, imprenditore, scrittore e influencer, ha fondato nella Grande Mela il suo tour operator “Il mio viaggio a New York”. Con oltre 2 milioni di follower racconta sui social come si vive nella metropoli americana.

I suoi video contano più di 25 milioni di visualizzazioni al mese. Ma chi è veramente Piero? «Un ragazzo del sud che ad un certo punto si è reso conto che il riscatto a cui ambiva non poteva avvenire attraverso lo studio in Italia, e quindi ha preso le valigie e con un secolo di ritardo è emigrato in America».

Di Enza Petruzziello

Imprenditore, scrittore e urban explorer a New York. Si presenta così Piero Armenti. Classe 1979, nato a Salerno, Piero è anche un giornalista professionista, ma è soprattutto l’ideatore e creatore del progetto online “Il mio viaggio a New York”, l’agenzia italiana numero 1 a NY con sede a Times Square.

Un viaggio, quello nella grande Mela, che per Piero inizia 11 anni fa quando prende la decisione di trasferirsi definitivamente in questa incredibile città. Per lui è amore a prima vista.

Prima di NY, vive cinque anni in Venezuela, a Caracas. Innamorato della salsa, del rum, e della follia caraibica, in quel periodo viaggia molto per l’America Latina. Nel 2008, torna in Italia per conseguire un dottorato all’Università Orientale di Napoli. Ma è l’America la sua meta. Così senza pensarci troppo, nel 2011 si trasferisce a New York. Comincia a raccontare la metropoli sui social network e su giornali e riviste con un buon seguito.

Nel 2014 fonda il suo tour operator “Il mio viaggio a New York”, superando un concorso molto difficile per ottenere la licenza turistica nella Grande Mela. Uno dei pochi italiani a farcela.

Vanta una pagina Facebook con oltre 2 milioni di follower e i suoi video contano più di 25 milioni di visualizzazioni al mese. Ogni giorno Piero va alla ricerca dei segreti della città e li racconta agli italiani. Ecco, invece, cosa ha raccontato a noi.

Imprenditore, scrittore, giornalista e urban explorer: Pietro, sul tuo sito ti presenti così. Possiamo aggiungere anche influencer? Del resto la tua pagina Fb ormai conta 2 milioni di follower e i tuoi video 25 milioni di visualizzazioni al mese…

«Sicuramente posso rientrare in questa categoria così polarizzante, quella degli influencer. Se dovessi tuttavia scegliere una sola definizione, amerei essere considerato scrittore ed imprenditore, anche se poi faccio tantissimi video e quindi anche un videomaker».

Al di là dei “titoli”, chi è in realtà Piero?

«Un ragazzo del sud, che ha studiato tra Salerno e Napoli, e poi ad un certo punto si è reso conto che il riscatto a cui ambiva non poteva avvenire attraverso lo studio in Italia, e quindi ha preso le valigie e con un secolo di ritardo è emigrato in America. Non avevo la valigia di cartone ovviamente, ma un bagaglio culturale importante e la tecnologia che mi ha permesso di rimanere in Italia anche stando a New York. Ogni volta che dico così, mi fanno notare che i sogni si realizzano anche in Italia. La cosa è vera, probabilmente fossi rimasto in Italia sarei andato a Milano, e usando i social avrei comunque fatto qualcosa d’importante. Però quando io sono emigrato nel 2011 i social erano ancora all’inizio, e non venivano percepiti come una vera occasione di vita. Quindi me ne sono andato in America perché sentivo che in Italia non avevo grandi opportunità».

Da Salerno a New York senza più tornare. Nel 2011, a 32 anni, con un dottorato in tasca decidi di trasferirti definitivamente nella Grande Mela. Che cosa è scattato in te e perché proprio NY?

«New York rappresenta la terra del riscatto, l’ultima occasione di vita, il luogo dove tenti di rinascere e di dimostrare che vali qualcosa. Lo è non da oggi, ma lo è nella sua storia di accoglienza dei migranti. La sua Statua più rappresentativa, quella della Libertà, è dedicata appunto a coloro che arrivano da altre terre, non penso ci siano altre città che dedicano un’opera d’arte ai migranti, sicuramente non adesso con i tempi che corrono. Quindi sì, sono arrivato a New York come ultimo tentativo per cercare di fare qualcosa d’importante».

Con New York è stato amore a prima vista. Quali sono gli aspetti che ti hanno conquistato di più?

«È una città caotica, dissonante, ricca di umanità e vivace. New York è un grande laboratorio di persone e stili di vita che negli anni ha sempre catturato l’attenzione di chiunque vi mettesse piede. Pasolini negli anni ’60 arrivò e ne rimase colpito, si chiese come sarebbe stata la sua vita se fosse arrivato a New York a 18 anni per vivere tutta una vita qui. Credo che questa domanda se la facciano un po’ tutti: chissà come sarebbe vivere qui. Perché poi la sensazione è che questo sia un cosmo a parte, che ogni altro posto del mondo sia diverso da New York».

Come in ogni cambiamento, gli inizi sono sempre quelli più ostici. A te come è andata? Penso all’ambientazione, all’accoglienza delle persone, alla ricerca di una casa e di un lavoro?

«L’inizio non è mai semplice, ma è anche vero che in questa città c’è un flusso continuo di persone che arrivano per cercare un’occasione. Questo significa che riesci facilmente a trovare casa o un lavoro qualsiasi, perché questa è una metropoli affamata di braccia, di gente che lavora. Manca sempre personale ovunque».

Amata per il suo stile glamour e cosmopolita, New York è una città anche caotica e tra le più care al mondo. Com’è vivere effettivamente qui?

«Se te la vuoi godere al massimo devi spendere. Se vai all’Opera per esempio un bel posto in poltrona ti costa 300 dollari, non sono pochi. Ma se uno se la sa cavare, prende una stanzetta nel Queens, si cucina a casa pasta al pomodoro, uova, riso, piselli e altro cibo sano ma non eccessivamente caro, allora puoi tranquillamente vivere con 2500 dollari al mese, che non sono così difficili da ottenere. Un cameriere ne guadagna 1200-1500 a settimana».

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Gli Stati Uniti hanno una politica piuttosto severa per ciò che riguarda l’immigrazione. Quali sono stati i passaggi che hai dovuto affrontare per richiedere la residenza?

«Il mio è un cammino lungo 11 anni, e spero tra poco di diventare cittadino americano. La parte difficile è ottenere il primo visto, nel mio caso è stato un E1 nel 2011, poi da lì in poi trovi altre soluzioni».

Hai vissuto cinque anni in Venezuela, a Caracas. Che anni sono stati? Com’è stato vivere lì?

«Caracas era una piccola New York apocalittica e caraibica, in cui regna anarchia, allegria e criminalità. Una città divertente ma molto pericolosa. Devo dire che il popolo venezuelano è unico al mondo per modo di essere. Ho viaggiato in tanti paesi dell’America Latina, dalla Colombia al Messico, dall’Argentina al Brasile, ma i venezuelani per me hanno una marcia in più».

Imprenditore di successo, a New York nel 2014 apri il tour operator “Il mio viaggio a New York”, oggi agenzia italiana numero 1 a NY con sede nella bellissima Times Square. È stato difficile aprirla? Penso agli aspetti burocratici ed economici.

«Non è stato difficile perché in America, nel dubbio burocratico, le cose le fai e poi si vede. Io all’inizio, dieci anni fa, non sapevo neanche se ci volessero permessi speciali, né avevo troppi soldi per andare a chiedere ai professionisti. Ho iniziato così come veniva, e poi man mano ho reso più professionale l’attività, fino ad ora che siamo perfettamente strutturati».

Parlaci della tua attività: che servizi offri e quali sono i clienti che si rivolgono maggiormente a te?

«Ho fondato un tour operator ricettivo, www.ilmioviaggioanewyork.com, attraverso cui si possono prenotare tour, biglietti, osservatori, qualsiasi cosa a New York. La mia specialità sono il tour, i più venduti sono quello dei Rooftop e quello del Bronx, Queens e Brooklyn. Abbiamo la sede a 4 minuti da Times Square, e questo ci ha aiutato parecchio. I turisti italiani si fidano quando sanno che hai una sede fisica a cui rivolgerti».

Qual è il periodo migliore per visitare NY e cosa vale la pena vedere?

«Io penso che Natale e agosto siano perfetti. Natale è magico e non c’è da aggiungere altro, agosto è fantastico: il clima non è caldo come a luglio, soprattutto dopo il 15 agosto, e la città non è affollata perché i newyorkesi sono fuori in vacanza. Gli hotel non sono cari ad agosto, perché non è considerata alta stagione, quindi un ottimo compromesso in termini di tasche e affollamento. Poi per carità, ogni mese è magico, non c’è un vero e proprio momento migliore degli altri».

Scrittore, hai il tuo attivo una guida su New York, e due romanzi editi da Mondadori “Una notte ho sognato New York” e “Se Ami New York”. Nel primo racconti la storia di un giovane che parte da un piccolo paesino del Sud Italia per inseguire i propri sogni a New York, nel secondo invece il protagonista deve scegliere tra l’amore e il successo. Quanto di autobiografico c’è nei tuoi libri?

«Più che autobiografico, io credo entrambi siano una biografia collettiva di tanti newyorkesi che si sono trovati ad affrontare queste domande: come faccio a rimanere qui senza visto? Il primo romanzo ruota attorno a questo problema. Il secondo romanzo è sentimentale, e anche in questo caso è molto newyorkese, la domanda è ancora più semplice ed universale: fino a che punto vale la pena sacrificarsi per amore?».

Oltre che su FB, sei presente anche su Instagram sia come Piero Armenti sia come Il mio viaggio a New York, e su YouTube con video in cui mostri la città. Com’è il tuo rapporto con i social e con i tuoi follower?

«Ottimo, a parte gli haters che però fanno parte del gioco. Molti hanno conosciuto l’America e New York grazie ai miei video, anche perché ne ho fatti migliaia, e credo di aver parlato davvero di ogni piccolo particolare. Sono felice di aver regalato un sorriso o svago alle tante persone che soffrono, e cercano in internet qualcosa che li distragga».

New York è una città che può spaventare, soprattutto per chi viene dalla provincia. Che consigli daresti a chi sta pensando a un trasferimento qui?

«Di venire prima come turisti, stare un paio di mesi, e poi capire quanto abbiamo voglia di rischiare pur di vivere a New York. Ognuno poi fa questo calcolo in base al proprio carattere e alle proprie ambizioni. Dico una cosa: se decidete di rimanere qui, siate estremamente ambiziosi».

Come è cambiata la tua vita da quando vivi a NY?

«Vivo da 11 anni a New York, la mia vita è cambiata tante volte nel corso degli anni. Dall’inizio a Queens, all’appartamento a Manhattan. Per fortuna dopo anni ho raggiunto un equilibrio perfetto in questa città: non mi stresso, non vivo in ansia, cerco di viverla non come una metropoli, ma come una qualsiasi città, con ritmi di vita fattibili».

Ti manca l’Italia e un domani pensi di ritornarci stabilmente?

«Stabilmente non lo so, diciamo che nei prossimi due anni lo escludo, poi non lo so».

Progetti per il futuro?

«Una bakery a Milano».

Per contattare Piero Armenti ecco i suoi recapiti:

Sito web: www.ilmioviaggioanewyork.com/

Facebook: www.facebook.com/ilmioviaggioanewyork/

Instagram: @ilmioviaggioanewyork @pieroarmenti

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