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Post - Tiber

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Voglio... ma non posso! / Re:Mi presento
« il: 15 Marzo 2013, 22:39:53 »
Sono di nuovo io, non sto ad aprire un altro thread perchè:
- l'interrogativo di fondo rimane quello già esposto
- ho avuto feedback praticamente da un solo utente (che non intendo commentare)

Come si sarà capito, non ho un contratto in tasca, oltre al biglietto aereo, nè tantomeno parenti in questo o quel Paese. Ero partito con Francia o Belgio, ma sto rivedendo le mie preferenze...
Dell'Est Europa non so nulla, ma non so se stiano messi peggio di noi.
Resto dell'idea di restare in UE, estendendo l'opzione al Regno Unito, che forse offre più possibilità dell Francia, allo stato attuale.

Quale paese suggerireste ad uno che voglia rifarsi una vita a 52 anni, senza dover pagare mazzette ai politici locali, fare debiti con gli usurai o entrare in giri malavitosi per tirare a campare ?
Mi pare chiaro che l'idea di fare il dipendente è poco realistica, si preferiscono i residenti nativi.
Imprenditore (???) o libero professionista. Burocrazia permettendo.
E con cognizione di causa del sistema fiscale nazionale, che al momento non ho.
Capisco e parlo inglese e francese, escluderei magari trasferimenti in Spagna e Portogallo.

Ben accetti consigli, suggerimenti ed esperienze, anche di terze persone (magari recenti)
Grazie a chi risponderà
Tiber

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Ho mollato tutto e sono felice / Re:A 50 anni ne vale la pena...
« il: 01 Novembre 2012, 22:13:48 »
A 50 anni, ci sono meno opportunità che a 25-30 (lo so bene, perchè mi trovo in una situazione simile alla vostra), ma non è impossibile espatriare ed andare a star meglio altrove.
Vendendo la vostra attività e un'eventuale casa italiana, potreste disporre di una riserva finanziaria che vi permetterebbe una certa autonomia ed un eventuale investimento in una nuova attività.
Fuori dall'Europa è meno facile stabilirsi (qui non si tratta di un lungo viaggio turistico, ma di andare in un Paese per poterci restare).

Parlate di voglia di tranquillità, per cui mi viene da pensare che preferiate la provincia e la campagna ad una grande città con le sue zone periferiche spesso malfrequentate e insicure.
Considerate il costo della vita, ma tenete conto anche del sistema sanitario (e della lingua locale, per non sentirvi troppo 'alieni'), perchè si suppone che intendete passarci la vecchiaia, in quel Paese - e quale che sia, lo dovete decidere voi.
Sui confronti del costo della vita negli altri Paesi, magari in rete trovate qualche sito a tema.

Ciao

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Voglio... ma non posso! / Re:Come si fa a diventare imprenditori ?
« il: 30 Ottobre 2012, 19:11:17 »
Direi che in Italia non esistono affatto una cultura e una formazione che educhino al 'fare impresa'. La scuola forma con un approccio da "dipendente": il docente fornisce nozioni, istruzioni e direttive, gli allievi eseguono; scarsa competitività: si sta tutti nella stessa barca, dato che le prestazioni migliori di pochi non danneggiano gli altri che si mantengono su livelli di mediocrità. Si arriva quasi tutti insieme alla meta (promozione all'anno successivo). Si insegna a far bene le cose e i compiti, si seguono le procedure standard, evitando approcci alternativi (o situazioni di sovraccarico di attività, ritenute antididattiche per i ragazzi). Non si insegna affatto a decidere in fretta e a far fronte agli imprevisti.
E l'università (per chi ci va) non presenta scenari differenti: la didattica la decide il docente, gli allievi seguono il corso, si attengono al programma e alle domande più frequenti agli esami e il gioco è fatto.
Nel migliore dei casi, l'università forma per la ricerca assai più che per la libera professione.
Nel peggiore, è solo un esamificio, con didattica obsoleta o troppo teorica, da dimenticare subito dopo la laurea.
Strategie di visibilità e servilismo si sprecano, ma tuttavia non ci sono lotta per la sopravvivenza e  competizione sfrenata che si trovano nel mercato vero, anzi tra studenti c'è molta collaborazione per 'far fessi' i prof agli esami. Non esiste un approccio al rischio: se un esame va male, si ripete come nulla fosse il mese dopo.
La competizione viene fuori dopo la laurea, quando alcuni possono contare su una impresa di famiglia, dove si impara davvero il mestiere. Allora viene alla luce il corporativismo: e il figlio del medico fa il medico e quello dell'avvocato l'avvocato, come avviene da secoli, già da studenti si fa pratica e si imparano i trucchi del mestiere, quel mestiere che non si impara davvero sui libri.
La professione diventa ereditaria, come già lo era prima degli atenei di massa.

Oggi c'è una nuova forma di pensiero, perchè gli scenari sono cambiati drammaticamente: la mentalità statalista, quella dei concorsi pubblici di massa, è crollata, le tutele e i diritti dei lavoratori dipendenti si sono frantumati, sono rimaste "oasi protette" nella pubblica amministrazione, dove è difficile licenziare i lavativi e gli incompetenti, ma nelle aziende private si arriva a forme di schiavismo e totale discrezionalità del management su incentivi e licenziamenti.
C'è oggi la consapevolezza di non voler più favorire col proprio talento la carriera del capo arrogante e incompetente in cambio di uno stipendio da fame. Si comincia ad accettare di dover convivere con il rischio, l'instabilità e l'incertezza che comporta il lasciare un "posto sicuro", ma non gratificante e mal retribuito, per l'incognita del 'mettersi in proprio'.
Se vogliamo fare un parallelo culturale, mi viene in mente il periodo della Roma dei Cesari, quando molti liberti (ex schiavi liberati dai loro stessi padroni) dal nulla si fanno commercianti e imprenditori in generale. E molti di loro con grande successo e ricchezze.

Il grosso guaio di oggi è che manca il 'know how' per formare un giovane aspirante imprenditore, per i motivi visti: i fattori psicologici e caratteriali contano, ma l'azienda di famiglia e la pratica sul campo precoce e prolungata sono determinanti. E non tutti ce l'hanno.

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L'Italia / Re:Come si fa a salvare l'Italia?
« il: 21 Ottobre 2012, 12:34:45 »
Penso che per capire i problemi dell'Italia non serva dover andare indietro fino al tracollo di Roma e al Medioevo: certamente, per capire la situazione di oggi "pesano" molto di più gli ultimi 120-150 anni. La neo-Italia degli scandali politico-bancari e dei voltagabbana politici (Depretis, Giolitti & C.).
La considerazione in cui venivano tenute le masse ovvero i ceti più poveri (il brigantaggio, le folle in protesta prese a fucilate dai soldati del re, gli anatemi del papa contro chi si interessava di politica)
Il nepotismo e il corporativismo generalizzati e compiaciuti, che bloccano la cosiddetta "mobilità sociale": in parole semplici, il figlio del notaio diventa notaio e si sposa la figlia di un notaio, avvocato, magistrato o giudice. Il figlio del pastore è predestinato al fare il pastore pure lui.
Ieri come oggi, anche se il figlio del pastore di oggi si laurea e fa pure un dottorato o un master.
E il cumulo dei redditi consentito dalle leggi vigenti, che consente abnormi arricchimenti di personaggi che ricoprono contemporaneamente cariche pubbliche e politche, cattedre universitarie, incarichi di consulenza in organi pubblici o multinazionali ed altro ancora.

Esiste certamente una responsabilità collettiva, come pure responsabilità di una classe dirigente politica ed una imprenditoriale che, avide e miopi, vedono solo il profitto a breve termine, anche a costo della svendita del territorio.
Non si vedono molte alternative, dato che l'informazione a livello dei media è volutamente addomesticata e scadente (si evidenziano - e molto - i fatti di cronaca nera di provincia, gossip, cronaca dagli esteri, specie dalle zone di guerra - tanto per placare gli animi in patria. Per non parlare dello sport, che è il vero "oppio dei popoli" degli italiani del XXI secolo).
Credo che il rischio dello sfacelo della classe media sia una involuzione verso dittature in varie forme (bancari ? imprenditori ? o qualche capopopolo alla Umberto Bossi pronto dietro l'angolo ?

E' desolante vedere che in Italia, di veri 'indignados' non se ne sono: prevale il senso del 'particulare' (= ognuno guarda gli affari suoi)
Nei cortei sfilano (ma in ordine ben distinto ed ognuno in separata sede) studenti, docenti precari, cassintegrati di questo o quello stabilimento.
Ci sono segnali di disagio come atti vandalici, ma invece di incendiare gli yacht e le ville di certi personaggi impunibili ed impresentabili, si preferisce dar fuoco ai cassoni per la spazzatura o sfasciare panchine e lampioni nelle pubbliche strade.
I vecchi (che sono sempre di più) si tengono ben strette tutte le loro tutele e le loro pensioni, senza dimenticare che spesso si tratta di soggetti che hanno versato solo 35 anni di contributi e magari riscosso poi anche 40-45 anni di pensione erogata dallo Stato.
I giovani ? Studiano per forza di cose, per moda, tradizione di famiglia o per l'ambizione di una ascesa sociale, ieri si diventava capireparto e dirigenti anche con la terza media, oggi tanti laureati senza 'agganci' o parenti nei posti giusti finiscono nei call centre a fare telemarketing.
La ribellione vera e non violenta forse è rimasta l'espatrio.
Perchè, a pensarci bene, un popolo italiano non esiste veramente, nell'Italietta dei tanti dialetti, 'orticelli' e 'campanilli'. Ognuno ragiona ed opera 'pro domo sua', non esistono senso civico e cittadinanza attiva a livello collettivo.

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Voglio... ma non posso! / Re:Mi presento
« il: 14 Ottobre 2012, 19:37:17 »
Ok, personalmente mi considero accontentato dal tuo feedback e ti ringrazio per questo.
Qualche elemento è stato messo a fuoco e alcune zone d'ombra chiarite.

Ti devo dare ragione sul fatto che rimugino troppo su queste cose, ma comprenderai che non ho l'età di uno studente di Erasmus, che va in un Paese e -male che vada- dirà che "è sempre stata un'avventura"...
Ho altre urgenze e non vorrei fare una fesseria ad andare nel posto sbagliato, contando solo sulla fortuna e sulla speranza di una vita migliore.

A prescindere dalle Cassandre che gufano sempre più sul futuro dell'euro, mi trasferirei in Francia.
C'è una compatibilità di molti degli elementi sopra discussi.
E' un Paese che è più avanti e sta meglio dell'Italia, anche se gli somiglia.
E cmq non ha il debito pubblico astronomico del "Bel Paese" (che ormai rimane solo il nome di un formaggio molle e appiccicoso) e una classe politica pesantemente collusa con la criminalità organizzata.
I francesi non hanno la testa degli italiani e non se ne vanno in giro per il mondo a lamentarsi di come va male il loro paese come facciamo noi, al contrario...
In Francia, dunque; per metterci radici, comprarci prima o poi una casa e pagarci le tasse.
Se poi ci fosse da lavorare altrove, allora non escludo altri lidi, ma parlo di rapporti di lavoro a tempo, non di trasferirmici in pianta stabile.
Per il lavoro, chiaramente mi pare fuori dalla realtà aspirare a qualche impiego come dipendente, per cui si pone il problema di aprirmi una attività a lavorare in proprio come libero professionista.
E presumo che titoli e certificazioni italiane in Francia non li vedano nemmeno.
Non escludo quindi di dover frequentare qualche corso per una abilitazione tutta 'made in France'

Ne riparleremo

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Voglio... ma non posso! / Re:Mi presento
« il: 14 Ottobre 2012, 12:49:25 »
Riprendiamo il discorso:
per "partire al buio" intendevo tirar fuori i soldi e "prendere il primo aereo senza cognizione di causa" (e non "fuggire per nascondersi da qualcuno o da qualcosa"...).
Quanto ai 'paletti' che ho messo per vari Paesi, era tanto per far capire che non andrei in un 'Paese qualsiasi' a fare 'un lavoro qualsiasi' (cosa mi sarebbe toccato leggere se avessi scritto che, come forse hanno già fatto altri, "andrei pure a fare il lavapiatti, il cameriere o il facchino ?").

Metto in chiaro i miei criteri di scelta, visto che la destinazione non l'ho ancora decisa (perchè non ho fatto il giramondo, nè per turismo nè per lavoro... come detto, conosco un po' d'Europa meridionale). Altrimenti, avrei scritto in altra sezione di questo forum.
Andrebbero considerate tante variabili in gioco:

- Finanziarie:il miglioramento del reddito e del tenore di vita generale certo è importante, ma non esclusivo (anche se una buona parte di chi chiede supporto qui, penso che lo faccia perchè vuole trovare un lavoro e uno stipendio dignitoso) 
Servizi pubblici efficienti ed efficaci, costo della vita non eccessivo, tenore di vita agiato, mercato del lavoro dinamico, equità sociale nella distribuzione della ricchezza, diritti civili tutelati, tecnologia ed infrastrutture sviluppate,  ecc.ecc.

- Ambientali: la lingua, il clima, la cultura e le abitudini locali, la cucina... ok, sono tutti fattori cui ci si può adattare facilmente e gradualmente. Certo ci vuole del tempo, specie se il luogo è assai "distante" (in tutti i sensi) da quello che si è lasciato... ma l'uomo è un animale molto opportunista.

- Emotive: dipende dal temperamento e dal carattere del singolo individuo.
Il livello di gratificazione e realizzazione del singolo non ha una soglia misurabile in termini quantitativi. C'è chi si accontenta di poco più di quanto ha lasciato e ... chi non si accontenta mai.

Ben vengano quindi le notizie, le statistiche, i grafici e i dati e tutte quelle "dritte di vita vissuta" che non si scrivono su libri e giornali.
Banalmente, se esistesse un Paese con tutti questi pregi che ho descritto, si andrebbe tutti là.
Non solo, ma se si cercasse l'ottimo di tutti questi elementi insieme, non si andrebbe da nessuna parte.  A qualcosa quindi bisognerà comunque rinunciare: alcuni elementi 'peseranno' più di altri (e su quelli non si transige: devono essere migliori di quelli da lasciare in Italia!)
La scelta finale però rimane soggettiva ! Fermo restando, sempre a livello soggettivo, una certa coerenza e una certa fattibilità tra aspettative iniziali e scelta del Paese target. 

Non voglio andare in un Paese più corrotto dell'Italia (mi rifaccio alla classifica di trasparency.org)
L'altro criterio -come detto- è l'età, che cmq mi porterei addosso dovunque decida di andare...

Oltre ad un reddito, per me è molto importante anche un sistema sanitario che funzioni (senza dover pagare mazzette sottobanco), visto che là dove andrò a vivere, vorrei poterci invecchiare.

Conosco a livelli decenti (dico decenti, perchè non le pratico quotidianamente) alcune lingue: spagnolo, portoghese, francese, oltre all'immancabile inglese.
Non sono schizzinoso a tavola ( senza intolleranze o restrizioni alimentari di alcun tipo...praticamente onnivoro) e allo stato attuale non ho problemi di salute.
La mia formazione è tecnica, come detto, ma non ho preclusioni grosse a possibilità di "cambiare pelle".

Guardo con interesse all'Europa nord-occidentale (dove è più facile trasferirsi).
Il Sudamerica invece non lo conosco affatto, anche se leggo su internet notizie promettenti sul Chile (che non 'fa notizia', a differenza del Brasile...)

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Voglio... ma non posso! / Re:Mi presento
« il: 13 Ottobre 2012, 12:45:02 »
Mi sorprende il tono diretto, con una ironia al limite del disprezzo personale, che viene diretto a me e a qualche altro ultimo arrivato qua e là in questo forum. Ho già letto vari post a campione e ho solo parlato di me per evitare di ripetere sempre le solite domande, visto che magari le risposte ci sono già-
Ammesso che la netiquette sia di casa in questo forum, in genere non ci si rivolge ad un perfetto estraneo con i toni con cui si parla ad un sottoposto o ad un amico di lunga data.
Ho espresso una mia situazione di disagio personale tutt'altro che compiaciuta (a quanto pare, non si è capito) e in toni che non mi sono sembrati da piagnisteo fine a se stesso. Non sono il tipo che si piange addosso tanto per farsi compatire.
E non ho affatto la vocazione del mantenuto, altrimenti a diciotto anni mi sarei fatto mandare dai miei a studiare in qualche prestigiosa università all'estero.

Non si espatria per puro capriccio o per snobismo oggi e non mi voglio azzardare a partire al buio.
Cercavo un confronto sereno tra persone già sul posto e che ci sono passate, magari non 20 anni fa.
Non ho la pretesa di trovare un oracolo tra questi post, ma non mi va di farmi prendere "a torte in faccia"
Un saluto comunque

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Vorrei trasferirmi in..... / Re:Bulgaria, informazioni...
« il: 12 Ottobre 2012, 22:14:36 »
Dunque, informazioni turistiche e ambientali sulla Bulgaria le trovi mediante Google e una guida turistica, tipo Lonely Planet. Un mio conoscente, ingegnere, é stato a Sofia per due anni per la sicurezza di cantieri edili. Ha ricevuto minacce di morte dalla criminalità organizzata e c'era un clima mafioso così denso e fitto che si poteva tagliare a fette con un coltello- parole sue, ma non ci torna.
Inutile aggiungere che a seguito del regime comunista, è tuttora un Paese a forte emigrazione, con una popolazione storicamente povera, ma che sa accontentarsi di poco ed è di poche parole con i forestieri, discreti ma non scortesi. La moneta è il lev, ma come nazione fa parte della UE. Cmq per un viaggio suggerirei il passaporto.
Non giurerei che capiscano l'inglese, certamente il turco e il russo (e naturalmente il bulgaro, lingua  che si parla soltanto là, strettamente imparentato con il russo ed è scritto in cirillico) e forse un po' di tedesco, con gli occidentali in genere. Se poi ci sei stato per turismo, tutte queste osservazioni lasciano il tempo che trovano...
cmq non la vedo una meta attraente per un italiano, a meno che voglia fare qualche speculazione, tipo compravendita case e terreni per lucrarci. Metterci radici è un'altra storia, però.

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Voglio... ma non posso! / Re:Mi presento
« il: 12 Ottobre 2012, 18:01:22 »
Grazie per i vostri contributi. La specializzazione, per quanto potrebbe valere oggi, dopo molti anni dalla laurea, era ambiente e risorse idriche, ma venni assunto in una multinazionale di servizi informatici -ICT sta per Information & Communication Technology- specie in ambito telefonia mobile. Venne pure l'avventura didattica, così scoprii la grave ignoranza informatica del personale sanitario in Italia, ho insegnato Informatica e Fisica agli studenti infermieri.
Ora, dopo un periodo di 'crisi di identità professionale', penso che sia il caso di rinforzare le competenze già acquisite, piuttosto che riciclarmi con qualche attività completamente differente (un professionista 'junior' di 51 anni non mi pare sia molto credibile...)  :(
In Francia sono stato stato due volte, ma meno di un mese in totale (Parigi e alcune città del Midi) e mi dicono che i francesi non sono molto socievoli con i non-francesi che vengono a stare da loro, ma senza per questo generalizzare (perchè di gente che se la tira -e pure senza motivo- ne ho conosciuta parecchia pure in Italia).
Penso cmq che la buona educazione aiuti e sia ben accetta in tutti i Paesi.
Fuori di Europa ? Si fa un gran parlare del Brasile in crescita e del suo "appeal" latino, un po' di portoghese lo mastico, ma penso che non sia così facile trasferirsi laggiù e riuscire a restarci...
I paesi anglosassoni (USA, Canada, Australia) sono efficienti e ben organizzati e c'è un certo "rispetto per la persona" che in Italia è riservato solo a chi nasce in una famiglia di quelle 'giuste'... il fatto è che dai tempi degli sbarchi a Coney Island hanno messo molti paletti e restrizioni.
I Paesi della fascia dei Tropici penso siano la meta prediletta di pensionati benestanti.
Nord Africa e Medio Oriente ? non li vedo molto tranquilli ed esterofili, specie con gli occidentali.

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Voglio... ma non posso! / Mi presento
« il: 12 Ottobre 2012, 16:00:30 »
Salve, vorrei esporvi la mia situazione che, in questi tempi difficili, mi fa considerare l'espatrio per ricominciare altrove. 51 anni, laureato in ingegneria con trascorsi di docenza universitaria (5 anni) e 12 anni come dipendente presso multinazionali ICT, oggi mi ritrovo senza lavoro. Messo in mobilità.
Ho dovuto fare qualcosa di molto imbarazzante: tornare a vivere dai miei.
Ho una compagna qui a Roma (ma non mi va di farmi pure mantenere da una donna !) e per le politiche di reinserimento nel lavoro di categorie svantaggiate (giovani under 30-35, immigrati, donne, ex detenuti, ex tossicodipendenti, disabili veri e presunti) io non figuro affatto. Come se un laureato over 50 messo in mobilità debba essere necessariamente un ex dirigente...
Insomma, c'è l'età e come Paese target pensavo ad un Paese UE: Francia o Belgio (ma lì c'è da essere poliglotti: olandese, francese e l'immancabile inglese).
In Europa sono stato come turista nei PIGS (mi manca solo l'Irlanda)
E in Austria, ma temo di essere negato per la lingua tedesca.
Ci sono Paesi UE dove l'età non è un discriminante pesante come in Italia ?
Per capirci, meglio... sono fuori tempo massimo per poter ritornare a lavorare anche all'estero ? grazie

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