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Topics - SergioBalacco

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Tema libero / Qualcosa non va....
« il: 05 Dicembre 2012, 03:15:34 »
Leggo su un altro topic che, con soli 600~1000euro al mese si vive bene in RD.
Ok, puo' essere.
Sempre della stessa autrice vengo a sapere che gli affitti delle case in quella citta', direi in quella parte dell'isola Stato, vengono a costare dagli 800 ai 1500 euro mese e li gia' mi viene qualche dubbio.
Perche' se e' vero che 600 al mese potrebbero bastare, 1000 euro se si vive leggermente all'europea, dove mai andra' a vivere sta gente che poi deve spenderne almeno 800 per affittar casa?
Non parliamo poi dei 1500 euro mese di solo affitto, che porta le spese totali, aggiungendone e tenendosi bassi, altri 600/1000 per vivere (mangiare, pagare le bollette, qualche divertimento e in piccola quantita' non superiore a 1 al mese ecc) a cifre folli attorno ai 2100/2500 euro mese (ma quale pensionato italiano puo' mai avere una rendita cosi' ricca?).
Urge spiegazione perche' il conto non torna. ???

Ovviamente i disturbatori professionisti si tengano alla larga, grazie 8)

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L'Italia / ANDREMO TUTTI IN PENSIONE A 75 ANNI
« il: 04 Dicembre 2012, 08:17:07 »
Ancora per un po' il vecchio regime pensionistico e quello nuovo introdotto dalla riforma Fornero convivranno. Poi finiremo tutti per essere proiettati in un sistema che ci riserverà non poche sorprese. Solo per dirne una: se uno vorrà, potrà lavorare, in prospettiva, fino a 75 anni e più. Forse un'opportunità per alcuni (pochi), un'incubo per le aziende.

I REQUISITI - Ma andiamo con ordine. Per tutto il 2012 sono andati in pensione coloro che avevano maturato i requisiti nel 2011 (prima della riforma) ma che dovevano aspettare la cosiddetta «finestra mobile»: 12 mesi per i lavoratori dipendenti, 18 per gli autonomi. E quindi per questi ultimi il vecchio regime finirà a giugno prossimo. Poi, ancora per qualche anno, ci trascineremo gli «esodati», i lavoratori che, per evitare restino senza reddito, potranno andare in pensione con le vecchie regole (130 mila i soggetti salvaguardati finora dal governo, ma potrebbe essere necessario ampliare la platea).

LE NOVITA' - Col 2013, però, la riforma Fornero comincerà a prendere il largo, comprese quelle novità già introdotte sotto il governo Berlusconi, come l'adeguamento di tutte le età pensionabili alla speranza di vita. La conseguenza sarà un aumento incredibile dell'età necessaria per lasciare il lavoro, con effetti che finora sono stati trascurati ma che potrebbero creare problemi alle aziende e ai giovani in cerca di occupazione.
Al lavoro a 75 anni?
Il combinato disposto della riforma e degli adeguamenti alla speranza di vita fa sì che il lavoratore, dal 2013, possa scegliere di restare in attività fino a 70 anni e 3 mesi senza essere licenziato (70 anni nel 2012), cioè 4 anni in più della soglia normale di accesso alla pensione di vecchiaia. La legge prevede espressamente anche in questo caso la tutela dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (anche se poi è stato attenuato dalla legge 92 del 2012).

FINO A 75 ANNI - Prima della riforma, invece, si poteva restare fino a 65 anni e dopo l'azienda poteva licenziare. Non solo. Questo tetto salirà, per effetto degli adeguamenti automatici fino a 75 anni e 3 mesi nel 2065, applicando le stime contenute nell'ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato sugli scatti in relazione alle previsioni di allungamento della vita elaborate dall'Istat. In pratica, un giovane che è nato nel 1990, cioè che ha 22 anni e cominciasse a lavorare adesso, potrebbe appunto restare in attività fino a 75 anni. Possibile? Forse si può immaginare per lavori di concetto (difficile per un manovale, un autista, un chirurgo). La riforma, comunque, incoraggia la permanenza al lavoro prevedendo un coefficiente di calcolo della pensione più alto per chi lascia a 70 anni (prima i coefficienti si fermavano a 65), senza considerare che accumulando più contributi l'assegno sale, visto che dal 2012 è scattato il contributivo pro-rata per tutti.

FINE DELLE ANZIANITA' - La pensione «per stakanovisti», la chiama Angelo Raffaele Marmo in un libro che esce oggi, "Le nuove pensioni" (Oscar Mondadori). Lungo 400 pagine ricche di tabelle ed esempi, Marmo, direttore generale della comunicazione del dicastero del Lavoro, già portavoce del ministro Sacconi, da esperto della materia qual è, conduce per mano il lettore in tutti i segreti della riforma. E anche se il volume non contiene valutazioni, ma solo spiegazioni, suscita inevitabilmente alcuni interrogativi.
A mettere in moto l'ascesa senza fine dell'aumento di tutte le età pensionabili è la regola dell'adeguamento alla speranza di vita, inventata da Sacconi e Tremonti nel 2011 e poi accelerata da Fornero (dal 2019 ogni due anni e non più ogni tre). Così, dal prossimo gennaio scatterà la prima di queste correzioni, che allontanerà per tutti di tre mesi il traguardo. Per andare in pensione di vecchiaia ci vorranno come minimo 66 anni e 3 mesi per i dipendenti pubblici e privati e per gli autonomi (contro i 66 anni del 2012). Stessa cosa per le dipendenti pubbliche.

PRIVATI IN VANTAGGIO FINO AL 2018 - Potranno invece lasciare il lavoro a 62 anni e tre mesi le dipendenti privati: un vantaggio che si esaurirà nel 2018, quando il limite minimo sarà, per tutti i lavoratori, di 66 anni e 7 mesi. Da gennaio salirà anche la soglia per accedere alla pensione d'anzianità, che la riforma ribattezza «anticipata»: 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne. E se uno uscirà prima di aver raggiunto 62 anni d'età subirà pure un taglio dell'assegno: dell'1% per ogni anno fino ai primi due, poi del 2%. Salirà di tre mesi, infine, il tetto per la pensione degli stakanovisti: da 70 anni nel 2012 a 70,3, appunto.
Giovani e flessibili
La stessa riforma prevede però una importante novità per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 e sta quindi tutto nel regime contributivo, concedendo la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con tre anni di anticipo: a 63 anni, che saliranno a 63 anni e tre mesi dal prossimo gennaio (che aumenteranno fino a 68,3 nel 2065). Quindi per i giovani di fatto c'è una fascia flessibile di pensionamento a scelta tra 63 e 70 anni, con l'assegno tutto calcolato sulla base dei contributi versati. Un sistema più equo e sostenibile.

LA CRISI E I GIOVANI - Più in generale, un aumento dell'età pensionabile era certamente necessario. Ma quando questo accade in un periodo di crisi come l'attuale le conseguenze sui giovani possono essere negative. Lo ha spiegato, qualche giorno fa, Carlo Dell'Aringa, esperto di mercato del lavoro, commentando sul Sole 24 Ore il dato record sulla disoccupazione giovanile (36,5%): «A fronte di un livello dell'occupazione che ristagna da due anni, abbiamo avuto un aumento di quasi mezzo milione di occupati tra i 56 e i 66 anni. Ecco perché i giovani non entrano». Considerazioni che paiono ovvie, mentre solo qualche anno fa molti economisti sostenevano non ci fosse alcuna correlazione tra aumento dell'età pensionabile e disoccupazione giovanile. La realtà, invece, è più complessa.

fonte corriere.it

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Tema libero / AUSTRALIA PERICOLOSA
« il: 04 Dicembre 2012, 06:28:44 »
Non sempre parliamo di un paradiso, certe aree esotiche sono anche fonti di gravi pericoli. Squali e coccodrilli a cui aggiungiamo meduse e ragni, in Australia sono la norma e mietono vittime tutti gli anni.

Ricordatevene quando decidete di trasferirvi.

Australia, coccodrillo divora bimbo di 9 anni, Il ragazzino stava nuotando in un fiume quando è stato afferrato dall'animale. Il bambino di 9 anni è stato afferrato da un coccodrillo mentre stava nuotando nella foce di un fiume a Port Bredshaw, nella parte settentrionale dell'Australia. Secondo la polizia, che si sta occupando delle ricerche, il piccolo stava facendo il bagno insieme a un gruppo di persone quando è stato afferrato dall'animale.
Secondo una prima ricostruzione dell'accaduto gli altri bagnanti avrebbero tentato senza risultato di uccidere il coccodrillo che invece ha trascinato il bambino in acqua. La polizia sta continuando le ricerche nonostante le possibilità di trovare il ragazzino vivo siano remote



fonte tgcom.it

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Purtroppo l'italiano quando si fa condizionare da certe scelte politiche dettate solo dalle emozioni (e spinte da una certa politica clientelare) non si rende poi conto che certe scelte le paghera' col sangue.
Il prezzo dell'energia in Italia sale perche' la nostra politica energetica e' semplicemente ridicola.
Produciamo ee dal petrolio per l'86%, una piccola parte, il 9% dall'idro e il rimanente da fonti energetiche.
Compriamo inoltre nergia elettrica dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Slovenia e Croazia tutta prodotta con il nucleare per alimentare le pompe che di notte riempiono gli invasi d'acqua che poi fara' funzionare le turbine delle dighe di giorno.
Invasi che, a causa di politiche del territorio e scarsa attenzione alla conservazione idrica sono spesso drammaticamente vuoti ma i territori circostanti subiscono spesso e in particolare nella stagione autunnale/invernale inondazioni causa quella cattiva gestione e conservazione del territorio.

Ecco dunque che da noi l'energia elettrica costa salata.
In Francia pago il mio kWh 8.75 cts di euro a cui devo aggiungere le tasse e arrivo ai 10.75cts, in Italia una famiglia, prendete le bollette per verificare lo stesso kWh lo paga come minimo 18,75cts, secondo i dati di cui dispongo io a cui vanno aggiunte le tasse locali che non so a quanto ammontano.

Non vi sembra giusto?

Dovevate pensarci quando sull'onda di emozione per la tragedia di Fukushima e per esser stati pilotati dalle sinistre avete votato in massa NO al referendum dello scorso anno.

in Francia, ma anche in Giappone l'energia da nucleare e' al 78%!


In Italia la bolletta energetica più cara in Ue
Secondo uno studio di Confartigianato, le ditte pagano l'elettricità il 36,4% in più rispetto alla media Ue. Non va meglio alle famiglie che, tra luce, gas e benzina, sborsano il 5,6% in più della media europea

La bolletta energetica più costosa d'Europa è a carico delle famiglie e delle aziende italiane. Lo rileva uno studio della Confartigianato. Gli imprenditori pagano infatti l'elettricità il 36,4% in più rispetto alla media Ue e per il gas sborsano +5,8% rispetto ai concorrenti europei. Tra luce, gas e benzina le famiglie italiane spendono il 5,6% in più della media europea. La differenza con l'Ue è il risultato della corsa dei prezzi nell'ultimo anno.
Quanto alle tariffe del gas a carico delle imprese, nell'ultimo anno sono aumentate del 30,4% mentre nell'Eurozona i rincari si sono fermati al 12,9%.

Se si considerano i costi delle famiglie italiane, tra ottobre 2011 e ottobre 2012 i rincari complessivi per elettricità, gas e carburanti hanno fatto segnare un aumento del 13,6%, mentre per le famiglie europee gli aumenti si sono fermati all'8%.

In particolare, nell'ultimo anno, la bolletta dell'elettricità per usi domestici è cresciuta del 15,9% (a fronte di un rincaro del 5,9% nell'Eurozona), il gas utilizzato dalle famiglie è rincarato del 9,1% (+6,4% nella Ue) e i prezzi dei carburanti sono aumentati del 16,1% (+8,7% nell'Eurozona).

Secondo il rapporto di Confartigianato, benzina e gasolio pesano molto sulle tasche degli italiani, colpa anche dell'elevata tassazione che, tra Iva e accise sui carburanti, negli ultimi 12 mesi è cresciuta del 18,9%. A novembre, per il pieno di un'auto con serbatoio da 60 litri, si pagano 98,65 euro, di cui 54,28 euro di Iva e accise, con un incremento di 8,85 euro rispetto all'anno scorso.

Per abbassare il costo dell'energia che colpisce la competitività delle imprese, il presidente Guerrini sollecita "una riforma complessiva all'insegna dell'equità per ridurre e riequilibrare la tassazione sul prezzo dell'energia che grava soprattutto sulle piccole imprese".

Fonte TGCOM.IT

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In una recente intervista, Stefano Antonio Dejak, ambasciatore italiano a Kampala (Uganda), invita gli imprenditori italiani ad investire in un paese che,  a suo dire, nei prossimi cinque anni, attraverserà un periodo di crescita economica senza precedenti, soprattutto nell’agricoltura e nell’energia.

Ecco alcuni stralci dell’intervista, qui la versione integrale.
[...] «Aprirsi a nuovi mercati è un modo efficace di superare la crisi: i nostri prodotti e il nostro know-how non hanno ragione di continuare a soffrire» spiega Dejak. «L’Uganda – prosegue – sia come paese che come area economica, garantisce una precondizione fondamentale per l’espansione: la stabilità».

Ma c’è dell’altro. C’è il petrolio. Tanto petrolio. Più che sufficiente per condizionare nei prossimi anni una vera e propria rivoluzione dell’economia locale. Nell’area del lago Alberto, lungo il confine con la Repubblica Democratica del Congo, è stata accertata la presenza di qualcosa come 3,5 miliardi di barili di greggio. E, fino ad ora, come spiega l’ambasciatiore italiano, «è stato sondato solo il 40% dell’intera area petrolifera».

[...] Un enorme mercato tutto da conquistare, per l’appunto, ma ancora poco conosciuto dalle nostre parti. Quasi un paradosso, se si considera che qui, come nel resto dell’Africa subsahariana, la presenza italiana è stata importantissima fino agli anni ‘80: «Marchi come Fiat, Agip e Pirelli erano conosciuti da tutti» dice il nostro rappresentante diplomatico. Poi, il crollo della Cortina di Ferro e l’apertura dei mercati orientali ha portato molte imprese a dirottare i propri interessi verso l’Europa dell’est e l’estremo oriente. Adesso, dice Dejak, il momento è propizio per tornare ad investire da queste parti. E chi già lo sta facendo ne vede i risultati positivi.

[...] Nell’enorme ventaglio di opportunità, quali potrebbero essere quelle più significative nel prossimo futuro? Secondo l’ambasciatore, tra i settori potenzialmente trainanti figurano agricoltura ed energia.

[...]  Proprio in campo energetico, la compagnia italiana Salini ha recentemente completato la realizzazione della grande diga di Bujagali, destinata alla produzione di energia idroelettrica. E nel settore agricolo le potenzialità sono pressoché sconfinate…

SALINI

PS lo ripeto da sempre che il futuro e' in Africa!!!

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Vorrei trasferirmi in..... / VORREI TRASFERIRMI... SI MA DOVE?
« il: 30 Novembre 2012, 14:42:06 »
Tutto il pianeta, chi piu' chi meno soffre la crisi finanziaria innescata ormai nel lontano 2008 negli USA con la questione dei mutui subprime la cui responsabilita', nemmeno a pensare bene non si puo' che le responsabili non erano altro che le banche, tutte le banche.
Siamo purtroppo in mano ai banchieri, lo sappiamo, l'abbiamo scoperto sulla nostra pelle.
Di piu', non appena una nazione del fu terzo mondo si scopre forte dinanziariamente quanto una qualsiasi dell'occidente ecco che le banche spuntano come funghi.
Il mondo moderno e' dunque in mano ai banchieri?

Si, o forse no, pero' l'argomento di questo thread e' un altro.
Sono molti quelli che vorrebbero trasferirsi, dove?

Ho notato che le mete piu' gettonate sono anche nazioni che non nuotano nell'oro, insomma, non stanno meglio della disastrata Italia.
La cartina tornasole sono gli imprendotri.
Non appena ci sono problemi i primi che lasciano sono loro, in particolare quelli sbarcati e provenienti da altre nazioni, e sono molti coloro che l'attivita' l'hanno iniziata da meno di tre anni anche se poi stendono tappeti rossi mostrando rese altissime, lavoro che c'e', clienti che arrivano ecc.
Il mondo e' in crisi, ovunque.
Il Vietnam che cresceva antecrisi a ritmi del 10% annuo ora fatica a arrivare al 5%, certo sempre positivo  ma con grande fatica, e se il VN si puo' permettere di perdere il 5% di crescita e assorbire il colpo che mi dite di altre economiea gia' provate dalla crisi epocale che ci ha colpiti e non accenna a recedere? 

Questa la premessa, ora lo scopo di questo thread.
Mi piacerebbe, non per me ma per tutto il popolo di questo forum, che coloro sono gia' all'estero, quindi hanno una visione reale della situazione, potessero inserire qui di volta in volta una testimonianza reale e realistica di com'e' la situazione lavoro nei vari paesi ove vivono.

Un esempio? Posso darvi quello che conosco, m'invento un formato, parlo della Francia.

Francia
Disoccupazione preoccupante, poca disponibilita' di posti di lavoro, principalmente disponibili solo quelli del ricambio fisiologico (ritiro in pensione). La disoccupazione e' aumentata di 0,3 punti nel terzo trimestre del 2012, si stabilizza attorno al 10.2%. Si raggiunge il 10.6% tenendo conto dei dipartimenti d'oltremare.
Pole Emploi, l'ufficio di collocamento francese, indica ancora una situazione di sofferenza per tutto il trimestre fino a Gennaio 2013.

Semplice, sintetico, essenziale.
Chi legge sa come e' la situazione e prende nota, se poi vuole comunque intraprendere il percorso sul quale ha fondato i propri sogni, non possiamo evitarlo, e' giusto che ognuno abbia una chance, che provi sulla propria pelle quale sia il percorso da intraprendere, giusto o sbagliato.
A noi resta la consapevolezza di averlo informato.

Sarebbe interessante trovare informazioni relativamente a certe destinazioni favorite dagli Italiani. Parlo della Spagna, la stessa Francia, Le Isole Canarie che fanno parte della Spagna ma formano un micromondo a se stante, le Isole di Cabo Verde, eppoi il Vietnam, China, Indonesia, Thailand, Australia e anche USA e Canada, il centro America, qualche destinazione in Sud America primo fra tutti il Brasile, la Tanzania, l'Egitto, il Marocco, Austria e germania e la Svizzera. La lista non e' definitiva, puo' essere allargata per comprendere tutti quei paesi che sono diventati meta preferita' degli Italiani che decidono di evadere dalla prigione Italia, l'obbietivo e' di vivere meglio ma se conosciamo la realta' e' meglio vero?

Che ne dite?

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Lavoro: opinioni a confronto / QUANTO E' VICINA LA CINA?
« il: 30 Novembre 2012, 02:45:13 »
Quanto e' vicina la Cina? Sul finire di dicembre dello scorso anno, la nota agenzia di rating Fitch ha dichiarato che la connessione economica Africa-Cina e' divenuta un importante fattore nella storia di crescita dell’Africa sub-sahariana.
Negli ultimi quindici anni la penetrazione della Cina nel continente ha in effetti assunto dimensioni stupefacenti. L’Africa, che oggi piu' che mai rappresenta uno scenario sensibile nel gioco di ridefinizione delle simmetrie globali di potere, ha assistito all’affermazione della solida posizione della Cina nel campo commerciale e degli investimenti. Tanto da diventare un attore in grado di controbilanciare gli interessi geostrategici ed economici dei tradizionali partner occidentali sul continente.

Tra gli elementi che influenzano la politica africana cinese, ve ne sono alcuni di ordine strategico ed economico ed altri di ordine politico e diplomatico. La strategia che ha guidato l’avvicinamento cinese al continente africano combina oggi elementi di un nostalgico idealismo con stralci di pragmatismo, nel tentativo di bilanciare i crescenti interessi di Pechino con la piu' tradizionale politica di valorizzazione del legame storico-politico tra le due parti.

Dopo il fallimento del Washington consesus, la gran parte delle economie africane ha guardato alla Cina. Tanto che oggi si parla piuttosto di Pechino consensus, con riferimento all’atteggiamento promosso dalla Cina di valorizzazione del multilateralismo, del consenso e della coesistenza pacifica.

Oggi la Cina e' la seconda fonte più significativa di importazioni per l’Africa (dopo l’Europa), e il suo terzo mercato per le esportazioni (di seguito, ancora ad Europa e Stati Uniti). Anche se nel corso del 2011 il volume degli scambi con l’Impero di Mezzo ha risentito della crisi finanziaria internazionale, e' dal 2009 che la Cina e' divenuta per la prima volta il partner commerciale di punta dell’Africa, riuscendo a scalzare gli Stati Uniti. Con la graduale ripresa di respiro dell’economia globale, poi, anche il commercio internazionale tra Cina ed Africa riacquisira un ritmo sostenuto. Nel 2010 gli scambi hanno raggiunto quota 115 miliardi di dollari e nel 2011, pur scontando la crisi hanno superato 162 miliardi di dollari. Un trend destinato a non arrestarsi, visto che Pechino ha favorito la conclusione di accordi di libero scambio con 45 Paesi africani.

Nel complesso, nel corso degli ultimi dieci anni le esportazioni africane verso la Cina – in larga parte petrolio e materie minerarie – sono aumentate di tre volte, raggiungendo i 430 miliardi di dollari alla fine del 2011. In modo particolare, le esportazioni angolane verso l’Impero di Mezzo hanno rappresentato il 31,3% della quota di PIL di Luanda.

Al momento la bilancia commerciale pende a favore dei Paesi africani, anche se esistono significative eccezioni. Su tutte la Nigeria, il Kenya e il Cameroun. Un dato che riconferma il peso della Cina come gigante del settore manifatturiero. Nel corso del 2011, il 60% dei prodotti tessili importati sul continente e' giunto proprio dal colosso asiatico.

Oltre il dato commerciale, e' la crescente penetrazione finanziaria della Cina in Africa a suscitare interesse. Gli investimenti cinesi all’estero hanno assunto nel loro complesso dimensioni significative (circa 7 miliardi di dollari nel 2005), come risultato del lancio della strategia di “going out” presentata dall’establishment cinese nel 2001. Le quote più significative si dirigono ancora verso Hong Kong, Stati Uniti ed Europa. Ma di recente gli investimenti cinesi hanno guardato anche all’America Latina e all’Africa. Un riorientamento che dice molto delle necessita' strategiche di Pechino: approvvigionamento energetico e individuazione di nuovi sbocchi commerciali.

Tuttavia gli investimenti diretti esteri della Cina in Africa rappresentano ancora una quota molto bassa – solo il 3% del totale – spalmata su pochi Paesi: Sudafrica, Angola, Nigeria e Repubblica Democratica del Congo. Il dato significativo e' in effetti rappresentato dal crescente peso delle grandi banche cinesi. I numeri parlano di quote di prestito di gran lunga superiori ai livelli di investimento diretto.

Attraverso la diversificazione degli strumenti e delle fonti, la finanza cinese sta impostando il ritmo del coinvolgimento della Cina nel continente. Al tradizionale meccanismo “oil for infrastructure” negoziato “in segreto” tra Pechino ed il governo destinatario dei fondi, si sono aggiunte nuove forme di intervento e nuovi attori. Un processo che si sta sviluppando di pari passo con l’evoluzione istituzionale del settore finanziario cinese.
Con la riforma del sistema finanziario cinese a partire dalla meta' degli anni ’90, si e' provveduto alla separazione della gestione della politica monetaria da quella del credito. La principale innovazione ha visto la distinzione tra banche commerciali e banche di interesse nazionale (policy banks) e il progressivo aumento delle possibilita' di coinvolgimento all’estero.

Oggi lo spettro delle istituzioni finanziarie cinesi che operano in Africa comprende istituzioni legate direttamente alle direzioni governative e una crescente presenza di banche private. Gli istituti che presentano i legami piu' stretti con Pechino, come la China Development Bank e la Export-Import Bank of China (Chexim), sono coinvolti in progetti convenzionali di finanziamento e operano secondo i parametri governativi. Si pensi al China Africa Development Fund. Le banche commerciali e altri istituti finanziari privati, invece, operano sotto licenze statali, ma non rispondono formalmente alle direttive di Pechino.

La China Exim Bank, tradizionalmente la banca più coinvolta in Africa, e' una delle tre banche di interesse nazionale istituite nel 1995, responsabile della promozione delle politiche industriali di Stato (in particolare progetti infrastrutturali), del commercio internazionale e della diplomazia economica. Si consideri che Fitch ha stimato che tra il 2001 ed il 2011 i prestiti della Exim Bank in Africa hanno raggiunto i 98,2 miliardi di dollari, superando le cifre stanziate dalla Banca Mondiale nell’arco dello stesso periodo di tempo.

Ma e' dall’ottobre del 2007, quando il mondo degli investimenti ha visto l’acquisizione di una quota del 20% della South Africa’s Standard Bank da parte della Industrial and Commercial Bank of China (ICBC) – istituto statale di credito commerciale – che si sono poste le basi per una nuova fase di coinvolgimento della Cina.
Una scelta indubbiamente strategica quella del colosso cinese. La Standard Bank e' un partner attraente per la ICBC, perche' opera in 18 Paesi africani. Del resto, anche per la Standard Bank, la ICBC rappresenta un ancoraggio interessante.

L’alleanza con la ICBC, la principale state owned enterprise cinese, consentira' alla banca sudafricana di accrescere la propria posizione sul territorio africano e di acquisire una fetta di business significativa. Sul fronte bancario cinese, si puo' dire di aver assistito ai primi approcci verso una strategia in fase di consolidamento per i mercati emergenti: quella dell’individuazione e del collegamento alla banca piu' grande e sofisticata con ramificazioni oltre confine. L’ancoraggio a mercati poco affidabili e conosciuti e' assicurato.

Un’altra importante evoluzione e' arrivata dal forum sulla cooperazione afro-cinese tenutosi in Egitto nel 2009. La Cina ha annunciato di voler offrire sostegno alle istituzioni finanziarie cinesi attraverso l’erogazione di un prestito speciale di 1 miliardo di dollari destinato al finanziamento del business africano di piccola e media dimensione. Un momento significativo nella politica di Pechino, che adesso incoraggia il passaggio dall’interlocutore Stato al sostegno diretto alla piccola e media impresa radicata sul territorio. Le implicazioni dell’esperienza del Paese asiatico nel settore finanziario africano sono numerose. L’ingresso della finanza cinese sull’onda della crisi finanziaria globale puo' essere pensato nel contesto di una piu' spiccata accelerata verso l’internazionalizzazione del settore bancario cinese.

La Cina ha dimostrato di voler giocare un ruolo decisivo nella finanza internazionale, proponendo alternative al dollaro nelle transazioni internazionali. In Africa, dove si inizia a guardare ad est, ma dove il commercio e' ancora dominato dal dollaro US (ad eccezione dell’Africa francofona), il possibile passaggio allo yuan potrebbe affermarsi come evoluzione naturale se i trend negli scambi rimangono attestati su questi livelli.

Che la Cina conti sui nuovi mercati emergenti per cambiare le regole del gioco della finanza globale?

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Tema libero / GLI SCHIAVI DEL MALUMORE!
« il: 28 Novembre 2012, 16:25:41 »
Gli antichi l’avevano scoperto prima di noi: ci sono temperamenti plasmati da un umore di base che determina il modo di percepire la realtà, di comportarsi e di relazionarsi con gli altri, in poche parole la nostra stessa personalità. I tipi psicologici che descrivo sono molto diffusi, ma non sono, come erroneamente si crede, innati ma sono il frutto dall’abitudine di consolidare una particolare sfumatura del malumore rendendola cronica dentro di noi. Ecco i più comuni.
Non sanno cosa rischiano
Il frustrato: Sfiduciato com’è si espone a cefalee, stanchezza e dolori ossei
Il diplomatico: Nasconde le proprie opinioni e rischia ansia, tensioni e cefalea
L’acido: Disprezza tutto e tutti e lo stomaco ne fa le spese
Il rabbioso: Sempre teso accusa il mondo e va incontro all’infarto
L’amareggiato: Malinconico per scelta può finire nella depressione
Il rassegnato: Depresso per scelta a media intensità, ma di lunga durata

Frustrato: Sfiduciato com’è si espone a cefalee, stanchezza e dolori ossei
Lo spegne il timore di mettersi alla prova. Critica chi sente migliore di se, ha una pessima considerazione dei successi altrui e vorrebbe vederli sprofondare nella stessa polvere dove si trova lui. In genere si tratta di un uomo, sono stati verificati casi tutti al femminile.
L’espressione del volto, come la postura del corpo, fanno pensare a uno stato di compressione. Perennemente insoddisfatto, il frustrato è pieno di aspettative, di illusioni, di speranze, poche di queste però si trasformano in progetti e diventano azione. Il suo malumore nasce dall’incapacità a calarsi nel flusso della vita, per sfiducia nelle proprie capacità e il timore di mettersi alla prova. Lamentoso e scontento cova uno stato di rabbia impotente, le energie destinate alla vita e non spese si accumulano determinando uno stato di malessere psicofisico e una sensazione di tensione  e di smania insopportabile. Il frustrato si sente messo da parte, per tornare a essere un protagonista scrive email anonime e minaccia, offende, ingiuria, toglie il fiato, o almeno crede, l'arma miglore ignorarlo.
L’impotenza a cui si condanna è come una gabbia da cui il corpo vorrebbe fuggire: da ciò derivano spesso dolori muscolari (artrite) e cefalee muscolo tensive.  In particolare rischierà la sindrome da stanchezza cronica, caratterizzata da spossatezza prolungata e debilitante e da altri sintomi  (cefalea, mal di gola, dolori ossei, disturbi del sonno). Il frustrato rischia artrite, cefalee e stanchezza. Colpito da cefalea e insonnia

Diplomatico: Nasconde le proprie opinioni e rischia ansia, tensioni e cefalea
Esiste una regola universale: ogni "ruolo sociale", quando diventa troppo rigido e sempre uguale a se stesso, effetti indesiderati, sia in chi lo interpreta sia in chi lo subisce.  Il “diplomatico” paga un prezzo molto alto se interpreta solo e soltanto questo ruolo: se ciò che dice e fa è sempre al servizio del “quieto vivere” collettivo, non può quasi mai far emergere quel che pensa davvero né agire come vorrebbe. Pensieri, parole e azioni sono sempre mediate, filtrate, ponderate, a tutto svantaggio della naturalezza e della spontaneità. Non di rado questo si traduce nella comparsa di sintomi fastidiosi: tensione muscolare, ansia, cefalea, colite, gastrite… Non solo: gli amici, che pure in molti casi usufruiscono della sua “neutralità” e della calma che sa infondere, possono sentirsi tagliati fuori da un rapporto individuale, si irritano perché non prende mai una posizione decisa - dando la sensazione di essere un qualunquista o un relativista a tutto campo - e non trovano in lui quella complicità non imparziale che spesso si richiede agli amici. Soprattutto non riescono a conoscerlo, a sapere chi sia veramente, perché egli non rinuncia mai alla sua maschera di diplomazia. Diventa insomma una vera e propria Sfinge, che non scioglie l’enigma della sua vera identità.       

L’acido: si nasconde e svaluta ciò che gli fa paura
Sopracciglia all’insù, espressione severa e critica, l’acido si caratterizza per un umore aspro, perennemente intollerante e indisposto. Alla minima sollecitazione sbotta con espressioni critiche, sarcastiche o supponenti. Dolcezza e cortesia non gli appartengono, il suo atteggiamento nei confronti degli altri è improntato al giudizio e alla critica ma anche alla mancanza di empatia. Il suo malumore nasce da un atteggiamento di difesa: in fondo tenta di distruggere e di svalutare tutto ciò che gli fa paura, in particolare il confronto con gli altri e tutto ciò che lo mette in gioco. Il malumore tiene lontane tutte le occasioni di crescita e di cambiamento.
Lo stomaco paga un prezzo alto.
Chi guarda la vita “con occhio acido” rischia di essere travolto dalla sua stessa acidità. Aumenta il rischio di soffrire di colite e gastrite in particolare nella forma corrosiva. Gli “acidi” sono spesso soggetti ad allergie, patologie appunto caratterizzate da reazioni eccessive nei confronti di sostanze abitualmente innocue (ad esempio il polline). L’acido rischia colite, gastrite e allergie.

Il rabbioso: si sente una vittima e si sfoga con ira
Fronte aggottata, labbra atteggiate a un broncio perenne, sguardo severo, il rabbioso cova un rancore sordo nei confronti di tutto e tutti. Il suo atteggiamento aggressivo lo pone sempre sulla difensiva, pronto a lottare, a rivendicare torti e ingiustizie. Il suo malumore nasce da una visione idealizzata e moralistica della realtà dove gli errori diventano colpe e tutto viene fatto intenzionalmente. Da qui la tendenza a percepirsi come vittima e a cercare sempre all’esterno la causa del suo malessere.
In pericolo il suo cuore. Un fuoco perenne abita i rabbiosi, il fuoco dell’indignazione. Saranno perciò soggetti ad infiammazioni di vario tipo, rischieranno di contrarre l’ulcera e, se il fuoco arriva a esplodere, possono andare incontro a gravi anomalie del sistema cardiocircolatorio, dall’ipertensione all’infarto. Il rabbioso rischi ulcera, ipertensione e infarto.

L’amareggiato: lo accompagna una rassegnazione dolorosa
La bocca è atteggiata a una piega amara, gli occhi e il resto del viso mostrano un’espressione dimessa, malinconica. L’amareggiato soffre di delusione, la sua non è una rabbia viva ma un dolore sordo, una rassegnazione dolorosa di chi non accetta la realtà ma rinuncia a modificarla. Lo scarto tra le sue fantasie e la realtà è molto forte e gli impedisce di apprezzare le gioie che la vita gli offre perché non sono quelle che lui vorrebbe. Da qui una visione pessimistica della vita che lo rende nostalgico e passivo, vittima dell’infelicità cui si condanna e in cui, in fondo, si crogiola.
Pessimista e psiche in crisi
L’amareggiato vuole trovare conferme alla sua pessimistica visione del mondo e svilisce tutto ciò che potrebbe metterla in discussione. Rischia di contrarre patologie autoimmuni (il sistema immunitario attacca cellule sane dell’organismo). Apre le porte alla depressione. Si tratta di individui spesso malaticci e perennemente raffreddati. L’amareggiato rischi malattie autoimmuni, depressione e raffreddore.

Rassegnato: Depresso per scelta a media intensità, ma di lunga durata
La rassegnazione è un sentimento ambivalente. Questo atteggiamento verso la vita, se vissuto bene e nei momenti giusti, aiuta a ripartire dopo un crisi; quando diventa un abito mentale a tutto campo può tagliare le gambe persinoalle situazioni più promettenti. Anche se siamo soliti associare la rassegnazione ad un’idea di sconfitta, di fallimento e di perdita irreversibile di speranza, saper vivere questo sentimento in alcune situazioni si rivela spesso un’arma vincente. Sì, perché la capacità di accogliere un evento negativo come parte della vita, accettare l’impossibilità di realizzare qualcosa o di una perdita affettiva o sentimentale, sono nostre funzioni necessarie, per quanto sofferte.
A volte non “cedere” a un evento (ad esempio l’età che avanza, un licenziamento, essere lasciati dal partner) non fa solo stare malissimo, ma ci fissa in una condizione che peggiora via via. Se riusciamo ad arrivare al “punto di rassegnazione”, cioè smettiamo di opporci e di combattere quell’evento, possiamo cominciare a elaborarlo, ad andare oltre e a ripartire. E scoprire – laddove non si tratti ovviamente di eventi traumatici o luttuosi – che forse il “no” che la vita ci ha detto ci sta spingendo verso qualcosa che fa maggiormente per noi.

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Tema libero / Apparenze e realta'
« il: 26 Novembre 2012, 14:35:23 »
Questo forum esprime, per volonta' degli autori, in parole e si spera anche nei fatti, le possibilita' di ognuno di noi di cambiare vita, di avere una vita diversa, non necessariamente peggiore di quella che si vuole lasciare, sicuramente migliore.
Non si cambia vita per andare a vivere peggio, il forum stesso e' un messaggio sublimale, dice che si puo' cambiare, poi il sito e' pieno di esempi di chi ha tentato a cambiare vita, per tutti un salto di successo, perche' dovremmo andare a stare peggio?

Conduci una vita, Sergio, troppo di surplus per i tenori medi, non so se riusciresti a integrarti con la gente comune

Questo lo dici tu, io conduco una vita normalissima, anzi fuggo chi si da le arie, chi lo fa di solito e' anche uno che non si da da fare, che non produce, che vive alle spalle di altri. Io sono sempre attivo, disponibile con tutti e per tutti quelli che mi chiedono un aiuto morale, un supporto una buon parola. Io mi integro giornalmente con la gente comune, ci vivo, lavoro con loro. E comunque sono uno che si e' dato da fare nella vita, che ha raggiunto buona parte degli obbiettivi che si e' posto. Non sono ricco, se lo fossi probabilmente starei a casa mia a guardare la tv o leggermi il giornale con le odalische che fanno vento.

Sono uno che ha quello che si e' guadagnato e non me ne devo assolutamente vergognare perche' l'ho guadagnato onestamente, sempre.
Se sono qui e' per insegnare ad altri come raggiungere i propri obiettivi, che non devono necessariamente includere il raggiungere la ricchezza ma i propri obbiettivi, avere il successo nelle proprie azioni, il successo che appaga, che soddisfa, che possa essere portato ad esempio.

La televisione, i media sono pieni di esempi, di gente di successo, che convincono e inducono chi li segue a voler essere come loro, non vi e' nulla di sbagliato in questo. Ti faresti consigliare da un fallito, da uno che nella vita non e' stato capace di ottenere nulla o forse l'esempio dell'uomo di successo e' piu' interessante? 

Citazione
ho i miei dubbi, pochisimi viaggiano in business o prima classe in aereo

Questo lo dici tu che prendi un aereo una volta all'anno. I voli nazionali e internazionali e senza considerare quelli intercontinentali in partenza dall'Italia sono sempre stracolmi in business class e in prima classe. Sono trentanni che giro il mondo, ne ho viste di tutti colori e non da ieri, non raccontarmi le storielle per sentito dire.

Citazione
pochissimi guadagnano le cifre che ci fai intendere che guadagni, x es. prendo me che sono un comune mortale, come potrei esserti amico (non nella virtualità) e starti dietro con tutto quello che spendi giornalmente tra viaggi in business. ville, autisti ecc.?

Prima di tutto non guadagno le cifre altissime che pensi tu. Secondo io non vivo in Italia ma in Francia dove gli stipendi a parita' di mansioni sono il 25% piu' alti di quelli italiani, poi essendoci meno appiattimento ai medi e bassi livelli la scala dei valori salariali fuori dall'Italia segue un andamento curvo, direi un'iperbole cosa che in Italia ve lo sognate. Il minimo francese imposto per legge cioe' lo SMIC e' pari a uno stipendio medio italiano, stiamo parlando di 1427 euro lordi mese, circa 1100 euro netti, quanti possono dire di guadagnare di piu'?

Inoltre mi deludi caro Ghibli, tu come molti misuri l'amicizia attraverso le apparenze. Ti sbagli, l'abito non fa il monaco e' il monaco non fa l'abito, i valori si vanno a cercare nella gente, in quello che solo dentro e non quello che sembrano o come appaiono, poco importante se sono straricchi, ricchi, borghesi, impiegati, operai, nullatenenti o falliti, l'importante sono i valori morali che le persone sono in grado di trasmettere, quello che la loro esperienza vissuta, esperienza di vita, puo' dare agli altri. Tra i miei amici trovi di tutto, con prevalenza per i ceti medio bassi, perche' io sono un tipo alla mano, che si sa adattare, anzi, l'adattabilita' ad ogni ambiente e situazione e' la mia grande peculiarita', io trovo perfino interessante quello che tu nella tua vita di parvenu' troveresti immondo e magari schifoso.

Che delusione che sei, e fate a me la morale?

I viaggi? I miei viaggi, tutti i viaggi me li paga l'azienda per cui lavoro, sono uno specialista, mi chiamano per risolvere i problemi, per prendere decisioni. I viaggi fanno parte degli agreement, dei contratti, io viaggio per lavoro, anche quando vado in ferie fa parte del contratto, quei pochi viaggi che pago di tasca mia sono quando mi muovo con la famiglia ma non sempre, per venire in Vietnam ha pagato la "Culona" tedesca! E lo stesso gli autisti, le auto, le accommodation o sistemazioni in hotel, fanno parte tutti di un establishment, tu ci dai un lavoro da specialista e noi ti paghiamo. Funziona cosi' nel mondo del lavoro, se non fai non prendi, ti accontenti delle briciole e magari le fai passare per briciole d'oro quando oro non e'.

Ripeto, che delusione, un altro che guarda alle apparenze come tutti o quasi nel bel paese, che si sofferma su quello che sembra e non scava nel cuore della gente.

Citazione
Nessun comune mortale ce la farebbe a esserti amico, si sentirebbe sempre in imbarazzo e da amico comincerebbe a invidiarti (non è il mio caso perché io sono contento di ciò che Dio mi ha dato e mi dà quotidianamente) e da lì alla lite il passo è molto breve. Ora già so che dirai di avere amici normali non assolutamente ricchi e con cui vai molto daccordo, forse non frequentandoli ma sentendoli solo via mail o x tel., altrimenti non ci crederei mai.

Eppure ti sbagli. Quando sono a casa mia per lunghi periodi e' tutto un via vai di amici, di gente che mi chiama, mi viene a visitare, si ferma e divide con la mia famiglia qualche giorno in perfetta sintonia, gente che arriva da tutto il mondo, che devia il proprio viaggio per venire a trovare me, che apprezza stare con me e la mia famiglia. E se non possono venire ci si sente via email, al telefono, su facebook. Non e' bello quello che scrivi, sono deluso, ti facevo una persona piu' concreta e invece la tua superficialita' traspare da ogni poro. Ma tu quanti amici hai?

Citazione
Faccio un altro esempio, giusto por parleur: se dovessi fare una società da qualche parte nel mondo con qualcuno degli utenti del forum, non vedo nessuno coi tuoi ritmi di vita, per cui litigheresti non dopo un giorno ma dopo un'ora, guarda è molto difficile per un comune mortale avere amici che guadagano dieci o venti volte di più,

A parte che si scrive "pour parler"... ma chi te l'ha detto ma quando mai? Te le sogni di notte queste cifre? C'e' un sito molto interessante, si chiama http://www.salary.com se ti sai destreggiare fra le varie pagine riuscirai a scoprire quali sono i salari medi nel resto del mondo, ti accorgerai come funziona il mondo del lavoro fuori dall'Italia.
Ti renderai conto che non sono io quello superpagato ma voi sottopagati.

Citazione
è praticamente impossibile, si creerebbe subito l'invidia e si arriverebbe immediatamente al litigio. Va bè tanto lo so che non ti convincerei mai e che dirai di avere tanti amici comuni mortali con cui vai molto d'accordo...

Ma e' vero, ho tanti amici comuni mortali, tu no?

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Tema libero / La gente!
« il: 24 Novembre 2012, 19:10:50 »
Antichissima storiella zen che ho appena scritto: il saggio della montagna!

In un piccolo villaggio dell'India, una sera un uomo si sedette accanto agli anziani radunati accanto al fuoco, e li sentì parlare di un antico saggio, che viveva in eremitaggio in una grotta in cima alla montagna, e a quanti lo visitavano dispensava consigli di gran saggezza.

L'uomo, che da tempo aspirava a divenire sapiente, attese con impazienza che arrivasse il giorno, e alle prime luci si mise in marcia per raggiungere il saggio della montagna che poteva illuminarlo. All'inizio la zona era densamente abitata, e il sentiero facile, e quindi prese a pensare tra sé a tutte le domande che gli sarebbe piaciuto rivolgere al saggio. Dopo un poco però, la via si restrinse ed il percorso divenne accidentato, e l'uomo iniziò a sudare e a domandarsi quali importanti domande avrebbe posto al saggio. Venne la metà del giorno, e l'uomo aveva trovato solo dell'acqua da bere, e nulla da mangiare, ma augurandosi che ne valesse la pena, continuò faticosamente ad inerpicarsi su di un tracciato aperto dalle capre.

Infine arrivò l'imbrunire, e la cima della vetta era quasi raggiunta: ora si trattava solo di farsi strada tra un folto tratto interamente a rovi, armati di spine lunghe ed affilate. L'uomo fu sul punto di rinunciare, ma poi pensò a tutta la strada che avrebbe dovuto ripercorrere, e questa volta al buio, e decise di continuare per quell'ultimo pezzo. E mentre nutriva gli spietati rovi con la sua stessa carne e sangue, l'uomo pensò che se il saggio non gli avesse detto qualcosa di veramente importante l'avrebbe ucciso, e probabilmente, pur di non rifare tutta la strada si sarebbe ucciso pure lui. Infine però i rovi si diradarono con riluttanza, ed apparve finalmente la radura con la grotta dove viveva l'eremita.

L'uomo stanco e sanguinante, vi si diresse barcollando, e al bagliore di un fuoco intravide un piccolo vecchio tranquillo. Lo raggiunse, si sedette accanto a lui, e con voce pericolosamente calma gli narrò delle fatiche da lui sopportate per raggiungerlo, infine sputò nel fuoco, e pretese che il saggio gl'insegnasse qualcosa di fondamentale, che lo compensasse di tutta la sua agonia. L'ometto tranquillo lo ascoltò senza mai interromperlo, limitandosi ad annuire comprensivo, e quando il primo uomo iniziò a piangere, lo abbracciò per confortarlo. Poi sorrise placidamente, e gli rammentò che la via alla conoscenza era sempre ardua e faticosa, ma coloro che la percorrevano sino in fondo, n'erano poi ricompensati da una grande rivelazione.

Allora il primo uomo chiese ingordamente quale fosse la rivelazione a lui destinata, e il grande saggio si raccolse per alcuni minuti in una profonda meditazione, al termine della quale gli confidò che... sull'altro versante della montagna era stata istallata una comoda teleferica, che ogni mezzora gli portava un gruppo di turisti americani, che pagavano un dollaro per fotografarlo! (Bilbo Baggins)

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Tema libero / LA RICETTA DELLA FELICITA'
« il: 24 Novembre 2012, 18:48:43 »
Inauguro una nuova discussione che non e' veramente una discussione.
Nel senso che siccome apprezzo la continua contraddizione - il buon Oscar Wilde diceva "Mi piace parlare di fronte a un muro di mattoni: è l’unico interlocutore al mondo che non mi contraddice mai." - allora qui in questa discussione sono ammessi pareri e contraddizioni discordanti e non, negazioni e affermazioni e tutto quello che serve per strappare un sorriso, la vita e' gia' dura cosi' perche renderla anche infelice?

La prima ricetta e' in inglese ma di un piatto italiano.
Tradotta in italiano non farebbe ridere come in Inglese per cui mi scuso se l'ho riportata in Inglese.
E' comunque  scritta in modo comprensibile e sono sicuro anche i meno ferrati ne apprezzeranno la sagacia e il sottile humour italiano nordico inglesizzato.

Male che vada potete anche mangiarveli quegli spaghetti!  8)

Carbonara spaghetti with truffle flavour.
Ingredients for 2 persons:
3.5 ounces of spaghetti, better if are "De Cecco" brand
2 ounces of bacon, cutted in dices or in small strips.
a small piece of butter, not salted, just to roast the bacon
2 (big) eggs
Grated Parmigiano Reggiano cheese, a pair of ounces.
Aromatized truffles oil
Salt, Pepper

Use a big pot, remember that spaghetti must be boiled into a sea of water. Do not put salt in the water before to see it boiling. This is not a rule but it's a scaramantic procedure that I suggest to follow because in other case the bad luck will hit you soon ;) :
In the same time, cut the bacon in small strips or dices (not too much, more are small, more the bacon can burn during the cooking) and use a small pot to roast it with the piece of butter.
The water is going up as temperature, so it will boil soon.
When the bacon is almost roasted, put a little spoon of truffles oil into the pot and close the fire. Remember that butter is fat more than oil so it burns easily, and when you stop the fire the roasting go ahead for a minute again. If the bacon is burned, well, it's not a Carbonara, it's a Carbonized.
So, in the meantime, put off the glair from one of the eggs and keep in this way 2 yolks and 1 albumen.
Mix it with a fork, fastly and for a while. Put a half tea spoon of salt and a generous part of pepper, that must be fresh and grinded at the moment. Mix again for a while, than put the grated parmigiano inside the cream that you was created before from the eggs. So, mix again. Stop, it's enough.
Ok, so now the water is boiling. Put the spaghetti into the boiling water, than put a soup spoon of salt (generously) into the water.
Be careful about the cooking of the spaghetti. I NEVER eat a really good dish of spaghetti in the US, but for 1 simple reason: nobody is able to boil it correctly. The secret is not to read the box's suggestions, but to test frequently the consistance of the cooking.
How we can do it? Easy. There are 2 ways:
1) italian way. Look inside the pot. You will see the movement of all the boiling spaghetti, moving up and down without an order. Point your attention on one of they, so dip your thumb and forefinger into the boiling water, screaming like an eagle for the pain, extracting the spaghetto and tasting it about the consistance. The secret is to took off from the water when the spaghetti has a little part still hard in the middle, cutting they with the tooths.
2) american way: read on the box, or use a spoon to bring the spaghetto to test. Do it frequently. I have a friend who sometimes finish the spaghettis doing tests from the pot.
OK: HERE WE ARE WITH THE MOST IMPORTANT MOMENT.
you must do te following things IN THE SAME TIME:
1) took off spaghettis from the water, throw away the water but keep the pot around, will be useful after.
2) restart the fire of the roasted bacon for a while, must be hot.
3) put the spaghetti into the pot, that is less hot than before.
4) put the eggs cream into the pot, WAIT 1 MINUTE
5) Put the roasted bacon and all the liquified butter into the pot, and MIX ALL FOR A WHILE.

The eggs cream must remains an eggs cream, not an omelette. This is the meaning of the non-hot pot. But don't do it into a cold pot, it will be not the same. Than, serve it with NOTHING MORE than a glass of red wine. Better if sweet, like a Bonarda or better a Croatina.

Enjoy it...

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E visto che nessuno ha provato a confutare con dati scientifici la ragione per cui a Parigi e in parte anche a Londra faccia piu' caldo d'inverno rispetto a Milano o Venezia o Torino allora ecco la spiegazione.

E' a causa del fenomeno detto Gulf Stream che noi conosciamo come Corrente del Golfo.

cito (da wikipedia):

La Corrente del Golfo, insieme alla Corrente nord-atlantica, sua estensione in Europa, è una potente corrente oceanica calda. Nasce nel golfo del Messico ed è di vitale importanza per la mitigazione del clima dei paesi europei che si affacciano sull'oceano Atlantico: Portogallo, Spagna, Francia, Irlanda e Gran Bretagna; la sua influenza si estende fino alla Scandinavia e oltre.
Il nastro trasportatore è un'enorme corrente che trasporta l'acqua calda del golfo del Messico attraverso l'Atlantico; essa poi, quando si raffredda in prossimità del circolo polare artico, si inabissa. Dopodiché il ciclo ricomincia sino ad arrivare all'influsso del movimento terrestre.


In Europa la Gulf Stream riscalda soprattutto le isole britanniche (la verde Irlanda deve il suo aspetto alla GS) poi si insinua nel mare del nord raggiungendo Capo Nord e addirittura le coste siberiane ma con effetti minori, una consistente parte invece si insinua nel canale di Guernsey e lambisce la costa britannica e francese e quindi ridiscende lungo la Francia. Ma la cosa più importante è che la GS attraversa da parte a parte l’oceano. Gli effetti benefici non si limitano alla corrente calda marina ma anche ai venti che si riscaldano lambendo la superficie del mare e approdano sulle coste lasciando tutto il loro benefico effetto. Venti che arrivano anche e in parte nel nord Italia quando riescono a superare la barriera naturale costituita dalle Alpi, prova ne e' la Liguria e parzialmente la costa toscana che mostrano un micro clima con temperature ben superiori a quelle delle rgioni immediatamente a nord e est. I venti infatti si insinuano attraverso la Francia e la Spagna, vedasi figura 1 e attraverso il Golfo del Leone entrano nel mediterraneo lambendo prima le Baleari, dove si sta bene anche d'inverno e successivamente le coste liguri e toscane. 

Sulla Senna e nella zona dove abito io l'inverno si trovano spesso stormi di gabbiani.
Questo e' dovuto al fatto che Parigi dista dal mare piu' vicino circa 140 km in linea retta. Distanza abbastanza insignificante per gli uccelli che nel corso delle migrazioni ne coprono di maggiori.
Ma non e' la distanza che va osservata ma perche' arrivano fin li, del resto il cibo che cercano lo troverebbero anche e ben piu' vicino al mare, elemento essenziale per la loro alimentazione dati gli organismi che contiene.
Ancora una volta la ragione e' data dalle correnti e dai venti caldi che spingono gli uccelli anche a considerevoli distanze lontano dal mare e apparentemente senza fatica.

A supporto di questo faccio notare che le coordinate geografiche di Parigi sono 48o51'35.91"N e 02o21'42.98"E cioe' leggermente superiori a quelle di Montreal in Canada (solo la latitudine), e sappiamo benissimo che a Montreal fa decisamente piu' freddo che a Parigi, nemmeno da mettere in paragone, quindi e' evidente che il Nord America rimane più freddo in inverno rispetto all'Europa perche' non lambito o comunque marginalmente dalla Gulf Stream e in particolare dai venti da essa generata che surriscaldano, e' il caso di dirlo le coste europee che vanno a lambire. I modelli meteorologici studiati in particolar modo da Richard Seager della Columbia University, suggeriscono un raffreddamento di circa da 4,5o a 6o C alle medie latitudini, e circa 20o C in Norvegia in caso di cessazione del trasporto di calore oceanico da parte della GS, ma anche distribuito sulle sponde Atlantiche con prevalenza di quelle europee. Le stesse temperature che si osservano nelle citta' situate a pari distanza dal mare ma sulla sponda opposta.
Tanto per chiarire un concetto, Napoli e New York hanno la stessa latitudine, sappiamo pero' che a Napoli il clima e' tendenzialmente caldo, non nevica praticamente mai e a NY invece esattamente il contrario, almeno l'inverno, poi e' esposto a uragani che a Mapoli (a parte Maradona :) non sanno nemmeno cosa sono.


Figura 1


Figura 2


Figura 3


Figura 4: In questa tabella si vedono anche i flussi dei venti caldi generati da correnti marine.


Figura 5


Figura 6: in questa immagine (giusto per far tacere la solita claque di criticoni) si vede la corrente che approccia l'Europa.

Qualche buon link per leggere qualcosa al proposito:
http://daltonsminima.altervista.org/?p=19549
http://www.johnchaple.co.uk/climate.html
http://www.alertes-meteo.com/vague_de_chaleur/stream.htm
http://www.wofrance.fr/reports/wxfacts/North-Atlantic-Drift-Gulf-Stream.htm

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Il titolo lascia spazio a diverse possibilita'.
Oggi voglio parlare di una idea che non e' tutta mia (sono onesto), diciamo che altri m'hanno dato l'ispirazione e io ho elaborato l'idea.
Chiaro nulla di innovativo, le buone idee a volte nascono laddove un prodotto esiste gia', la nuova idea lo migliora, lo rende piu' adatto ai tempi, lo si plasma e lo si mette a disposizione di chi vuole sfruttarla.

Io ricevo tante email, un buon 50% e' spam, altre solo ricevute di lettura, le odio ma non posso farne a meno, a volte arrivano proposte di lavoro o proposte di investimento in mille discipline e business.

Ieri ho ricevuto una proposta interessante, non gia' per la formula, il franchising che non meraviglia piu' nessuno ma per il tipo di proposta.

Cosa fa dell'Italia un grande paese dal punto di vista culinario?

La pasta?
La pizza?
Il pane?

Le nostre buone ricette o un'insieme di tutto questo?

Qualcuno ha mai pensato di creare un luogo, chiamiamolo cosi' per ora dove si possa vendere l'eccellenza italiana senza per questo svenarsi per acquistarla?

Ne parliamo?

Mi piacerebbe parlarne con voi, il seguito e' elettrizzante, almeno per me, e merita una profonda analisi ma sono certo che, anche in tempi di crisi, possa essere un progetto vincente.

Alla prossima puntata.... :)

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Per individuare una societa' fornitrice di prodotti da rivendere secondo la formula del dropshipping e' necessario impiegare un po' di tempo e fatica. Niente viene facile, questo l'abbiamo imparato ormai fin da piccini, quindi armiamoci di pazienza e un pizzico di ostinazione, i risultati sono sempre positivi.
Come gia' detto in altri post della stessa sezione, l'e-commerce del quale il dropshipping fa parte, e' in continua crescita, cresce anche ora che il mercato italiano non e' dei piu' floridi causa la crisi, cresce anche in paese quasi sull'orlo della bancarotta, possiamo infatti considerare la Spagna come nostro target perche' ci precede nella classifica virtuale dell'e-commerce europeo.

Andiamo dunque a vedere in cosa consiste questo approccio utile a diventare dropshippers ricondandoci che ne vale la pena pero', perché una volta trovato un fornitore drop shipper, siamo sicuri che i prodotti che lui offree sono sicuramente inferiori dal punto di vista prezzo a altri con le stesse caratteristiche ma venduti secondo i canali tradizionali, questo si traduce, per noi, in maggiori guadagni.

Acquistare la merce in dropshipping, che va poi venduta online e' decisamente meglio di un semplice acquisto attraverso un sito online, forse perche' anche lui vende in dropshipping? Confrontando i costi, gli oneri dropship e le tipologie di prodotti che l’azienda offre, si possono individuare i migliori fornitori cha a parita' di prodotto offrono il miglior prezzo ribassato per il vostro business.

Come si individuano i Dropshippers

Prima di tutto si decide che tipo di prodotti vogliamo vendere, eventualmente decidere anche sulla base delle nostre esperienze, conoscenze. Non occorre essere degli specialisti ma una buona conoscenza dell'argomento evita di accampare scuse incredibili il girono che un cliente ci chiede un dettaglio, un'informazione, un consiglio.
Quindi per prima cosa e' bene scrivere un elenco di prodotti che si desidera vendere. Meglio condurre delle ricerche di mercato sul web o attingendo ai dati che le camere di commercio nazionali e da qualche tempo anche europee mettono a disposizione gratuitamente per invogliare a scegliere il commercio come fonte di guadagni. Sicuramente la nostra ricerca osservera' con attenzione quale sia la rrichiesta per una certa tipologia di prodotti, quegli stessi che vorremmo vendere, verificare se questi ci sono online e anche confrontare i prezzi e verificare il livello di spesa, o il livello dei prezzi che i consumatori sono disposti a pagare per ottenere quei prodotti. A volte viene difficile avere questo tipo di informazione, per una questione tutta italiana molti non ti diranno mai se vendono o non vendono, una verifica abbastanza probante la puoi ottenere attraverso google.it.

Sulla pagina di ricerca digiti il nome del prodotto del quale vuoi avere un'idea e attendi i risultati. Il motore di ricerca, se hai impostato correttamente i parametri di ricerca, ti dira' quali sono i siti web che vendono maggiormente un determinato prodotto perche' lo calcola in base alle visite che gli utenti fanno. Maggiore e' il traffico, verosimilmente maggiori saranno le possibilita' che quel dato produttore venda la merce che espone.

Facciamo un esempio, parliamo di Italia e parliamo di prodotti tipici alimentari delle nostre tavole.
Poniamo abbiamo deciso di vendere la ricotta. A noi piace la ricotta fresca, abitiamo all'estero dove facciamo fatica a trovare la ricotta, sappiamo che anche i nostri vicini di casa hanno gli stessi problemi e lo stesso desiderio di acquiatarla e mangiarne almeno una confesione ogni settimana.

Andiamo su google.it e digitiamo "ricotta" sul browser.
Quando si apre la pagina delle ricerche noterete che i primi termini sono quelli relativi a Wikipedia, forums e siti dove se ne spiegano le caratteristiche organolettiche e consigli per la dieta.
Dopo di questi siti che definisco istruttivi (conservateli perche' ci serviranno in seguito) troviamo i primi produttori, Galbani per esempio, Fattorie Osella ecc.

Significa che la maggior parte degli internauti intenzionati a acquistar online la ricotta o solo per verificare le qualita' alimentari visita i siti della prima e della seconda pagina.
Prendete nota di tutti i produttori e prendete anche nota di tutti i siti che non producono ricotta.
Contattate quindi il produttore dei prodotti o i produttori di ricotta che si desidera vendere (si dovrebbe essere in grado di scoprire questo semplicemente guardando il prodotto) inviando loro una lettera commerciale magari preceduta da una telefonata (meglio che un'email, chissa' quante ne ricevono ogni giorno) al reparto di competenza.
Richiedete quindi informazioni sulla vendita dei loro prodotti, nel nostro caso la ricotta, e chiedete se offrono il dropshipping o se fossero interessati a questo tipo di vandita.
In caso contrario, chiedere chi sono i loro distributori, e se si possono contattare per giungere a un accordo di dropshipping.

Meglio scrivere una lettera, preceduta da una telefonata se avete dei dubbi, al distributore e chiedere loro se offrono dropshipping.
Se non lo fanno, potrebbero essere in grado di darvi il nome e il numero di telefono di un distributore che lo fa.
Preparatevi prima di telefonare, siate anche pronti a dare loro informazioni sulla vostra azienda, non improvvisate e soprattutto partite con una posizione gia' definita, quindi un'azienda regolare, iscritta alla camera di commercio o alle strutture che ne prevedono l'iscrizione, aprite per tempo la posizione IVA, insomma non telefonate tanto per sentire se, rovinereste il mercato a chi ha serie intenzioni per crearsi un futuro ne commercio.

Simili ricerche possono essere effettuate attraverso le pagine gialle, in repertori di aziende, o su retail e siti web aziendali per ricercare ulteriori idee su aziende dropshippers. Porebbero esserceneo alcuni nella vostra zona, con magazzini e uffici vicini. Contattate altri rivenditori che magari conoscete e che vi possono aiutare se loro non effettuano questo tipo di vendita, se siete in buoni rapporti potreste anche provare a convincerli della convenienza, avere gia' nel portafoglio un produttore da fiducia anche agli altri, preso uno e' piu' facile prenderne altri.

Un'altra strada e' chiedere alle compagnia che effettuano i trasporti, tipo DHL e UPS le principali, ce ne sono diverse altre, magari informati con gli autisti in genere i piu' disposti a parlarne piuttosto che le sedi di questi corrieri dropshipping, perche' sappiatelo bene, DHL e UPS sono nate principalmente come pony express, trasportavano celermente posta e pacc hetti vari porta a porta per ovviare agli inconvenienti dei sistemi postali nazionali lenti e insicuri.

Chiedere ai fornitori che servizi di trasporto utilizzano, cioe' a chi si appoggiano per fare dropshippingper lavorare, chiedete oro se sono contenti del servizio e se sono disponibili a dirvi sei costi sono buoni o pessimi (magari non vi diranno quanto spendono, ma se sono contenti di quanto spendono forse si).
E gia' che ci siete chiedete loro come e' servizio e come vengono evasi gli ordini.
Se ci sono stati problemi con i prodotti da loro venduti, se e' stato facile trovare informazioni sui prodotti in modo da poter fornire queste informazioni ai vostri clienti.

E per finire cercate anche sulle riviste di settore o riviste di business per i produttori che mancora mancano alla vostra lista, piu' ne avete da contattare meglio e', tenete presente che il 50% nemmeno vi rispondera' (in Italia, all'estero in genere la risposta e' attorno al 75%). E cercate anche nelle pagine della pubblicita'.
Dovete avere un quadro completo e esaustivo di quello che cercate per poter dire: ok, si comincia a vendere (e naturlamente a incassare).

All'inizio abbiamo parlato di siti vari, forums e quant'altro trovati al momento della ricerca su google.it della ricotta.
Con esclusione di Wikipedia, tutti gli altri siti potrebbero essere dei buoni veicli per pubblicizzare la vostra attivita' di vendita, in particolare certi forum. Quindi prendetene buona nota e riservatevi di contattarli in seguito, e non dimenticatevi di FaceBook e di AdWord di Google, atro veicolo quest'ultimo per pubblicizzare le vostre attivita' a prezzi irrisori e con grandi potenzialita' di sviluppo.

Non abbiamo parlato dei costi.

Un dominio web costa, solo il dominio, abbastanza poco, con un centinaio di euro per tre anni avete riservato ilnome del dominio.
A quelli dovete aggiungere il vostro sito in hosting, cioe' dovete avere un contratto di hosting, in genere presso la struttura/societa' che vi ha "venduto" il dominio. Venduto fra parentesi perche' non e' una vendita ma un servizio, voi avete il dominio, loro vi danno l'accesso e questo e' vostro per tutto il tempo che il contratto e' attivo, se vi dimenticate di pagare o lo lasciate volontariamente scadere sappiate che non sara' piu' vostro.
Un sito in hosting ha un costo variabile, dipende dallo spazio che volete vi sia riservato. Diciamo che costa dai 50 ai 200 euro al mese, account di email compresi.
Per avere un business di dropshipping potete crearvi il vostro sito, dal punto di vista design e organizzativo oppure aderire a organizzazioni che concedono l'uso del proprio sito o vi concedono di aderire. Le possibilita' sono molteplici e i costi limitatissimi, con meno di 800 euro siete gia pronti partire.

Allora vi interessa?

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150.000 posti "rifiutati": mancano sarti, panettieri e falegnami. Ecco i mestieri che nessuno vuole fare
E' quello che emerge da uno studio della Confartigianato, secondo cui a fronte di circa 600.000 nuove assunzioni previste per quest'anno le aziende italiane avranno grosse difficoltà a coprire oltre 147.000 posti di lavoro. Sono tanti i mestieri "trascurati" che non hanno appeal sui giovani.
 
Paradossale ma vero. Nell'Italia del 2012 dove il lavoro rischia di diventare una chimera ci sono quasi 150.000 posizioni che le imprese non riescono a coprire. Lavoro che c'è, e che nessuno vuole fare. Ed e' paradossale che una buona meta' di quei giovani a cui sono rivolte quelle offerte di lavoro stia cercando le stesse opportunita' fuori dai confini italiani forse con l'illusione di andare a star meglio.
Troppo spesso, i numeri lo confermano, si tratta solo di una illusione, ne parleremo piu' avanti.

Rapporto di Confartigianato
E' quello che emerge da uno studio della Confartigianato che elabora i dati del Rapporto 2012 Unioncamere, secondo cui a fronte di circa 600.000 nuove assunzioni previste per quest'anno le aziende italiane avranno grosse difficolta' a coprire oltre 147.000 posti. Sono tanti i mestieri "trascurati" che non hanno appeal sui giovani.

Installatori di infissi e panettieri
La disoccupazione giovanile e' in netto aumento ma in alcuni settori dell'artigianato il posto di lavoro sarebbe assicurato. Ad esempio, manca l'83% dei 1.500 installatori di infissi di cui necessitano le aziende. E sono in pochi a voler fare il panettiere artigianale, probabilmente a causa dei pesanti orari di lavoro notturni: non si riesce a coprire il 39% dei 1.040 posti disponibili.

Pasticceri, sarti e gelatai
Sempre richiestissimi sono anche gli infermieri, ma la Confartigianato, concentrandosi sul suo settore di competenza, nota come ci siano posti di lavoro per gelatai e pasticcieri (il 29% dei 1.750 posti e' ancora libero), come anche per aspiranti sarti e tagliatori artigianali (su quasi 2.000 posti di lavoro a disposizione ancora il 20% non e' stato occupato).

Baristi e camerieri
Nel settore della ristorazione i numeri cambiano, ma c'e' comunque un buon numero di posizioni che non vengono coperte. Per fare un esempio, e' libero il 14% dei posti disponibili da barista e da cameriere. Non si trovano anche piu' del 10% dei muratori e dei macellai di cui ci sarebbe bisogno nelle aziende italiane.

"Posti in piedi"
Lavori che assicurano un posto e un reddito ma che vengono ignorati nonostante siano ben 216.000 i giovani tra 15 e 34 anni che hanno perso il posto negli ultimi due anni. I giovani sembrano poco interessati ai cosiddetti "posti in piedi", cioe' quelli manuali, dove non si lavora a una scrivania.

Ricerca lavoro, contano le amicizie
Sempre basandosi sullo studio Confartigianato l'aiuto di amici, parenti e conoscenti risulta determinante nella ricerca lavoro per il 55% dei giovani. Il 16% ha trovato invece lavoro rivolgendosi direttamente all'impresa mentre poco meno del 7% dei giovani e' riuscito a ottenere un posto dopo avere letto annunci sulla stampa o sul web. Soltanto il 4% poi e' entrato in azienda al termine di uno stage o di un tirocinio.

Formazione e informazione inadeguate
Tuttavia viene difficile credere che non ci siano ragazzi che vogliono "imparare un mestiere": sono in tanti a fare quotidianamente lavori altrettanto faticosi, ma che possono essere svolti senza una specifica preparazione. Quello che manca, molto probabilmente, sono la formazione e l'informazione: basti pensare che due giovani su tre non hanno avuto alcun contatto con il mondo del lavoro durante gli studi.

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