Se potessi scrivere a Monti gli direi quello che ha scritto questo signore:
Presidente Monti ti scrivo… .
Probabilmente non sa cosa significa per un essere umano la precarietà. Vorrei provare a spiegarle cosa proviamo quando solo per essersi fermati un secondo a riposare siamo minacciati di essere licenziati, o peggio, minacciati di non essere riassunti. Forse Lei non sa cosa può significare per la nostra vita non avere un futuro, non avere prospettive, del resto Lei una famiglia ce l’ha, ha una moglie, si è laureato presto, non è uno sfigato per dirla alla Martone. Eppure Lei non sa cosa significa precarietà, perché tutto ciò che Lei ha costruito l’ha fatto in un contesto di diritti fondamentali. Mio nonno e mio padre hanno potuto usufruire della scala mobile e dell’equocanone, mio padre ha un posto fisso, può essere monotono come dice Lei, però grazie a quell’entrata fissa ogni giorno compra il pane e lo mette a tavola con una certa dignità. Stessa dignità che noi giovani non abbiamo più. Perché proprio non sa cosa significa ritrovarsi in un centro impieghi e sentirsi dire che lavoro non ce n’è, perché non sa quanto fa male pensare di essere innamorati, ma di non avere soldi e prospettive future per costruire una famiglia. Lei non sa Presidente Monti come ci si sente a vivere su un filo, dove da una parte c’è il vuoto e dall’altro il nulla. Non sa cosa implica per noi la flessibilità, precarietà, come vogliamo chiamarla, non sa com’è difficile negarsi anche un paio di scarpe nuove e camminare con quelle vecchie e rotte. Lei, dall’alto della sua scienza potrà dire che sia monotono il posto fisso. Eppure in quel posto fisso c’è il futuro, c’è una vita, c’è un’aspettativa, c’è il pane, c’è il latte, c’è il libro scolastico per i propri figli, c’è un nuovo letto, una televisione, un pc, c’è la frutta, c’è una stufa per non soffrire il freddo, c’è un paio di jeans nuovi, c’è il detersivo.. tutte cose che noi, giovani, probabilmente non conosceremo mai e non potremo riuscire ad avere. E non siamo depressi. Semplicemente siamo furiosi, perché la nostra dignità viene calpestata ogni volta che ci offrono un contratto precario, la nostra esistenza viene annullata ogni volta che ci fanno lavorare a nero, la nostra vita per voi non vale niente, tecnocrati e scienzati, saggi, di un’Europa che è marcia a causa delle vostre schifose politiche neoliberiste, del vostro capitalismo spietato, dalla concorrenza che Lei vuole imporre con la forza anche quì, cancellando quei diritti con i quali Lei per primo si è costruito una vita e che vuole estirpare a noi. Esseri umani senza speranza. Lei torna a casa fiero, ma penso che Lei sia una persona molto triste. Sa perché? Perché la fierezza appartiene ai miei genitori, di certo non a Lei, appartiene a mio padre, guardia di finanza che lavora in ufficio e che si alza alle 4 del mattino e torna a casa alle 19 di sera, la fierezza appartiene a mia madre, casalinga che lavora per 4 soldi per pulire le case altrui, la fierezza appartiene a quell’operaio della Fiat, che si alza alle 5 e lavora in catena di montaggio per ore, la fierezza, Presidente Monti, non le appartiene. Né a Lei, né al suo branco di ministri, selvaggi e spietati, espressione massima di quel capitalismo selvaggio che ci ha trascinati in una crisi senza via di uscita. Lei Monti semplicemente non sa. Per questo non ha diritto di parlare. E dico Lei, così come Ichino, così come Boeri, così come quelli del Corsera, così come Scalfari. Siete tutti schiavi di un sistema che non mi appartiene. Siete tutti santi, tutti buoni, ma in realtà non sapete cosa significa lavorare 12 ore al giorno, vedersi espropriati del tempo da dedicare alla famiglia e però non essere annoiati, perché almeno si è portato il pane a tavola.
Lei, Presidente Monti ha calpestato la nostra dignità. Con la Sua dichiarazione si è messo contro, più di prima, un’intera generazione. Ci vediamo in piazza. La sua affermazione di certo non passerà inosservata..
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