Impresa, un aiuto alle donne imprenditrici: W.A.I.

Wai, Women Ambassadors in Italy. Wai suona come la parola inglese way, strada ma anche modo, inteso come particolarità nel procedere. E l’invenzione di un lavoro, secondo le proprie capacità, inclinazioni e interessi è esattamente l’esaltazione della particolarità. Particolarità ma non isolamento. Questo bellissimo progetto, che può contare anche sull’aiuto della Comunità Europea, è una testimonianza forte e chiara, dell’importanza del fare rete, della collaborazione, dello scambio e condivisione di esperienze e professionalità.

Donne imprenditrici che aiutano altre donne nella realizzazione del loro progetto imprenditoriale e di vita. E lo fanno nel loro territorio. Con uno sguardo internazionale ma con i piedi ancorati in Italia. E i piedi ancorati qui significano opportunità per questo paese. Ci è piaciuta questa storia perché, mai come in questo periodo sociale ed economico, è importante e vitale sapere che c’è qualcuno che prova a mettere a frutto fantasia, talento e capitali in Italia.

impresa donne

Wai è un progetto prezioso in termini umani ed economici per provare a percorrere una strada di cambiamento in ambito nazionale. Forse l’Italia ha bisogno come non mai di scommettere su storie e risorse di questo tipo. Niente è facile, né fare impresa qui né, amaramente, constatare che a volte non resta che andarsene. Ma provare a inventarsi un lavoro può essere un modo per cambiare lo sguardo non solo sulla collettività ma anche su noi stessi. E nello stesso momento cambiare anche il modo con cui lasciamo un segno sulla collettività.

Nessuna ricetta facile, nessuna magia o scorciatoia. Wai non è un laboratorio di chirurgia estetica imprenditoriale, qui un naso storto resta storto, semmai valorizzato per quello che è. L’importanza di questa esperienza è proprio nel concetto di condivisione. Circolazione di idee, esperienze, specificità. Piccoli o grandi progetti non possono più viaggiare come delle monadi. Un richiamo e un impegno costante all’idea che da soli la strada, forse, non è più percorribile. Ne parliamo con Cristina Bertini, imprenditrice toscana e ambasciatrice tra le più attive di Wai.

Dottoressa Bertini ci racconta che cos’è Wai?

Wai è un network di imprenditrici italiane che hanno come scopo l’aiuto e la formazione di altre donne che vogliono diventare imprenditrici. Una rete di sostegno e formazione. Le azioni di intervento vanno dallo studio del target dei progetti, alla valutazione, anche psicologica, delle aspiranti imprenditrici e seminari di studio e formazione sulle azioni da compiere per le startup.

Leggendo vari materiali, ascoltando le interviste di altre imprenditrici a me viene da pensare che le donne abbiano una particolare forza a livello di comunicazione. O sbaglio?

Sì, c’è molta voglia e molto entusiasmo nel parlare e promuovere questo progetto. Ma ancora non basta. Forse noi per prime non ci rendiamo conto di quanto la nostra sia una realtà viva e vivace. E produttiva. Rappresentiamo un PIL nascosto.

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Ma perché? A chi fate paura?

Forse ad alcuni imprenditori maschi.

Noi siamo un po’ il paese dei corsi e ricorsi storici. Uno dei motivi che regolarmente vengono riproposti è questo: “Manca il lavoro, inventatevene uno.”

Certo, però è importante capire che la spinta a crearsi qualcosa di proprio e di nuovo deve essere indipendente dalla mancanza di un lavoro dipendente, se mi passate il gioco di parole. È una spinta che c’è a prescindere. Comunque è anche per questo che il network cerca di fare anche un profilo psicologico delle aspiranti imprenditrici.

A parte le Camere di Commercio regionali, ci sono altre istituzioni che collaborano con voi?

Per ora no, la sinergia è a livello regionale con le Unioncamere. Io poi devo dire che, operando in Toscana, mi trovo in una situazione davvero privilegiata. La regione Toscana, da questo punto di vista, è davvero un’avanguardia in termini di collaborazione e partnership. Adesso vediamo se, il così detto federalismo fiscale, sarà un impulso per sviluppare questo progetto.

Insomma c’è ancora modo di fare impresa in questo paese?

Assolutamente sì, ma solo se lo si fa in rete. Network e collaborazioni sono indispensabili. Da soli non si fa nulla. In questo le donne sono particolarmente brave. Forse perché, storicamente e antropologicamente, sono abituate, con la maternità, a lottare per proteggere tutto il branco. Insomma siamo abituate a lottare su più fronti contemporaneamente.

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Se dovesse definire con due parole qual è la caratteristica che fa da filo rosso per tutte le storie di imprenditrici quali userebbe?

Non ho dubbi, per me la cifra dell’imprenditoria al femminile è innovazione e tenacia. Insomma c’è un patrimonio di fantasia che può dare altre possibilità a questo paese.

Prendetevi qualche minuto per consultare il sito e per leggere i profili di alcune delle ambasciatrici del progetto. Storie diversissime l’una dall’altra. Storie appunto. Impegno, fantasia e tenacia che diventano testimonianza di una possibilità di cambiamento. Donne di età molto diverse, di diverse formazioni e cultura. E tanti i progetti che trovano all’interno di questa rete un’incubatrice. In un servizio su Rai News dedicato a questo progetto ho ascoltato il racconto di una donna ugandese che, grazie alla consulenza di Wai, sta aprendo in Italia una sua piccola impresa di produzione di saponi naturali, tanto per fare un esempio.

Al di là del semplice dato anagrafico, c’è davvero qualcosa di prettamente femminile in questa storia. Facile restare prigionieri di stereotipi e luoghi comuni su femminile e maschile ma c’è davvero qualcosa che sa di donna in questo progetto. Un mix di cuore e ragione, di passione e pragmatismo. Quella capacità di seguire le visioni senza perdere di vista gli elementi pratici dei progetti. Le parole di una imprenditrice molisana al riguardo credo siano molto chiare nella loro semplicità: “Alle donne che vogliono fare impresa dico di sentire, prima di tutto, cosa amano di più fare, cosa le appassiona. Molti pensano che si debba partire dal capitale e dalla ricerca di mercato. Se io avessi fatto così sarei restata, ancora una volta, prigioniera delle sue logiche. No, bisogna capire cosa ci piace più di tutto fare.”

Per avere informazioni su questo network potete contattare la dottoressa Cristina Bertini al suo indirizzo mail: cristinabertini332@msn.com

A cura di Geraldine Meyer