Volontariato nel mondo

È vero, all’inizio bisogna mettere mano al portafoglio: dai 30 ai 300 euro e oltre, dipende dal progetto, oltre alle spese di viaggio e soggiorno. Però poi dipende dalle abilità messe in campo, dalla sorte, da un mucchio di altre variabili che possono trasformare una donazione volontaria nel lavoro della propria vita a migliaia di chilometri di distanza dalla propria terra natia. Di opportunità ce ne sono davvero a bizzeffe, in ogni area del pianeta e in ogni ambito lavorativo. Ci si può trovare a vangare nella tundra islandese come a coltivare nelle risaie indocinesi, a mungere quadrupedi mai visti prima in stalle fatiscenti sul tetto del mondo come ad assistere una comunità di anziani in una landa remota dell’America meridionale. Migliaia di organizzazioni no-profit aggiornano pressoché quotidianamente il database dei progetti di volontariato di cui ciascuna di esse si occupa in giro per il pianeta e non è difficile trovare l’idea che maggiormente si attaglia alle proprie attitudini, alla propria curiosità, ai propri limiti. Basta scegliere il progetto giusto, sbrigare le procedure burocratiche e partire per un’avventura che la maggior parte delle volte diventa l’avventura della vita, quella che lascia il segno più profondo nell’anima.

Ma spesso, sempre che si sia avuta la fortuna di capitare nel posto giusto al momento giusto, è possibile che il proprio percorso di collaborazione disinteressata si trasformi in qualcosa di più concreto e definitivo. È un modo anche questo per lasciarsi alle spalle una società nei cui principi si stenta a credere, un mondo in cui si finisce per sentirsi sempre più estranei, una vita che fatica ad appagare e a realizzare le proprie ambizioni. Ma il vantaggio è che così facendo si ha l’opportunità di fare del bene agli altri e contemporaneamente di verificare in un lasso di tempo sostanzialmente breve cosa significa realmente compiere il grande passo del trasferimento, senza soffrire delle inevitabili complicazioni burocratico-doganali che solitamente accompagnano scelte ben più radicali e definitive. Ci si può abbandonare alle proprie tendenze più altruistiche senza però dimenticare che anche l’io pretende un minimo di attenzione: lavorare a vantaggio di qualcuno, ma insieme buttare l’occhio alla ricerca di occasioni che dal divano di casa sarebbe difficile riuscire a cogliere.

Partire per un Paese straniero a migliaia di chilometri di distanza non lo si fa a cuor leggero: un sistema per alleviare le pene però può essere rappresentato proprio da questa modalità; innanzitutto perché si viaggia sotto l’ala protettrice di organizzazioni che curano ogni dettaglio affinché il progetto vada a buon fine; in secondo luogo perché, una volta giunti sul posto, non si è costretti a darsi subito da fare per cercare una qualsivoglia attività in grado di prolungare di qualche mese il visto sul passaporto, ma si può iniziare a conoscere la nuova realtà con calma ed essere magari introdotti nel contesto sociale attraverso persone davvero competenti e affidabili, condizione indispensabile perché i rapporti con i locali possano crearsi su basi solide e corrette.

Non è detto però che il secondo fine trovi automaticamente concretizzazione: oltre a capacità, competenze e buone relazioni, serve al solito una buona dose di fortuna, senza la quale nessuna impresa potrebbe riuscire davvero. Ma come recita un antico adagio popolare, aiutati che dio ti aiuta. E darsi da fare direttamente in loco, magari con l’ausilio del contributo di esperti autoctoni, non è la stessa cosa che fantasticare dalla scrivania di casa davanti allo schermo di un pc alla ricerca di una via di uscita. Associazioni di volontariato ce ne sono tantissime e ognuna specializzata in un particolare settore: basta scegliere l’avventura giusta per provare a soddisfare, oltre al proprio legittimo desiderio di ambire ad una vita migliore, anche i bisogni di chi sta comunque peggio e non ha alcuna prospettiva di poter modificare nemmeno di una virgola la sua situazione.

A cura di Gianluca Ricci