Un viaggio alla scoperta degli eremiti che vivono in Italia

 

Piero vive in una vecchia casupola nascosta nel grembo delle montagne umbre. Gianni ha trasformato un padiglione moresco in un  piccolo Eden dove vive con galli, oche, pesci rossi, tortore e una tartaruga di oltre cento anni.

Nel cuore di Firenze c’è invece Antonella, un’eremita metropolitana, che vive la spiritualità seguendo i principi di una spinta interiore. Infine c’è Marco che ha costruito la sua casa in una zona boschiva. Il primo centro abitato dista 2 ore e venti e si raggiunge attraverso un sentiero non agibile in inverno.

Saranno loro i protagonisti del documentario “Voci dal silenzio” di Alessandro Seidita  e  Joshua Wahlen che da metà settembre con il loro camper e le loro telecamere partiranno da Palermo per raccontare la vita degli eremiti in Italia.

Di chi ha scelto di vivere in solitudine lontano dal caos moderno, praticando l’autosufficienza, in luoghi caratterizzati dal silenzio e dal raccoglimento.

Una scelta assolutamente condivisa, quella di raccontarsi, tra i protagonisti e i giovani documentaristi che attraverso il loro sguardo mostreranno e cercheranno di capire il perché di alcune scelte. Ogni eremita, infatti, è un mondo a sé e va rispettato.

Quello di Joshua e Alessandro sarà un viaggio, dal nord al sud dell’Italia, che raccoglierà le testimonianze di chi, attraverso uno slancio intimo e solitario, ha intrapreso un percorso di ricerca interiore. Un percorso non facile che resta, agli occhi dei più, una decisione enigmatica e controversa, se non incomprensibile.

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Da qui l’idea di sviluppare un’opera visiva che possa diventare un ponte e condurre lo spettatore dal mormorio mondano a quel silenzio a noi ignoto, intriso di spiritualità, di cui è pervasa la vita ascetica.

Alessandro e Joshua telecamera in mano gireranno così l’Italia e incontreranno gli “eremiti”. Cureranno ripresa, regia e montaggio. Si conoscono da anni, e da anni lavorano insieme.

Hanno vissuto in molti luoghi: in Asia, in Marocco, girato l’Italia e conosciuto molte persone. Reduci dal successo di “Corrispondenze”, poema visivo nato dalla collaborazione con i detenuti della Casa di Reclusione di Noto, dopo aver affrontato il tema della detenzione forzata, si cimenteranno adesso in quello di una “detenzione” voluta.

«Più che di reclusione, mi piace pensare che il nostro sia un percorso che racconta la libertà, di chi cerca di liberarsi da catene», spiega Joshua Wahlen a cui abbiamo chiesto di parlarci di questo progetto.

eremi ed eremiti italiani

Come è nata l’idea di “Voci dal silenzio”?

«Il progetto nasce dall’iniziativa di un nostro caro amico, il fotografo Federico Tisa che nella primavera del 2014 ha attraversato l’Italia a piedi, zaino in spalla e macchina fotografica, con l’intento di creare una relazione intima con gli eremiti.

Per noi questo progetto ha un valore fortemente simbolico. L’avvio della nostra ricerca documentaristica avviene nel 2010, dopo un lungo viaggio on the road a bordo di un vecchio camper. Lì per la prima volta siamo entrati in contatto con diversi monasteri.

Il primo di tutti, che ha dato avvio alla ricerca documentaristica e anche a quella personale, è stato il Monastero di Bose. Un luogo molto particolare diretto da Enzo Bianchi, una delle pochissime realtà dove vivono sia monaci che monache, sia cristiani, protestanti, cattolici e ortodossi. Vengono infatti designati dal Vaticano come portatori di un dialogo ecumenico.

E da lì che abbiamo deciso poi di attraversare l’Italia, ma non avendo ancora le competenze giuste è diventato più un viaggio di ricerca personale. Alcuni mesi fa, entrando in contatto con Federico, abbiamo unito le forze e pensato che fosse arrivato il momento di completare un percorso. Così adesso, a fronte anche di altri lavori sviluppati in questi anni, abbiamo voluto ritornarci per proporre anche all’esterno il frutto della nostra ricerca».

Quando è avvenuto l’incontro con Federico Tisa?

«Lo ha conosciuto Alessandro a Torino ed è nato uno spirito di bellissima collaborazione. Federico collabora attivamente infatti al nostro progetto. Ci ha dato la possibilità di avere dei contatti molto importanti per quelle figure eremitiche che chiaramente sono difficili da scovare.

La cosa interessante è che queste persone vivono un po’ all’ombra di una visibilità mediatica. Non fanno della loro scelta un motivo di orgoglio mediatico, ecco perché sono difficili da individuare. L’essenza stessa della loro ricerca li porta in luoghi anche di difficile accesso, logisticamente parlando.

Viaggeremo a bordo di un camper, ma per alcune tappe sono previsti dei lunghi spostamenti a piedi perché spesso dovremo percorrere con tutta l’attrezzatura strade non accessibili ai mezzi».

Tanti coloro che hanno scelto di diventare eremita, che hanno scelto una via solitaria all’interno dell’esperienza spirituale. Tante le storie. In fondo chi sceglie questo tipo di vita percorre un viaggio, un viaggio interiore, ma pure sempre un viaggio. Cosa racconterete nel vostro documentario?

«Chiaramente tutto è frutto di un atto condiviso. In questi anni abbiamo conosciuto figure eremitiche che non erano disposte a condividere il risultato della loro ricerca attraverso il mezzo audiovisivo. Sono pochi i casi in cui ciò avviene.

È un atto di lealtà e di rispetto profondo. Per questo motivo ogni ripresa sarà il prodotto di una scelta partecipata. Uno degli aspetti che ci interessa di più è omaggiare il lato positivo che c’è dietro ogni tipo di ricerca autentica che pone l’essere, la comunità, la società, lo sviluppo dell’uomo verso direzioni spirituali e meno materiali.

Ognuno è un mondo a sé, ha uno sguardo particolare all’interno anche della stessa fede che lo muove. Credo ci sia sempre più bisogno di confrontarsi. Gli eremiti sono una figura particolare perché hanno deciso di isolarsi.

Cercare di creare nuovamente un ponte è parte di una ricerca che non è condizionata dai ritmi ossessivi e frenetici e ritengo possa essere molto importante. Cercheremo quindi di immergerci con le telecamere in quei tempi e in quelle pratiche che già di per sé rimandano a un tipo di atmosfera e potrebbero avvicinare il pubblico a quelle domande ataviche che meriterebbero attenzione: “chi siamo, dove andiamo, perché lo facciamo”.

Attraverso un discorso corale, cercando quelli che sono i punti in comune, vogliamo dare allo spettatore la possibilità di inserire nel proprio vissuto un certo tipo di riflessione che credo sia indispensabile. Importante sarà il confronto diretto con gli eremiti in relazione anche ai tutti i sacrifici e le rinunce a cui sono andati incontro nel loro percorso che comunque resta insidioso e difficile».

vivere il cambio

Cosa vi aspettate di trovare?

«Cercheremo di riportare in video le esperienze più significative e le persone che hanno attuato un percorso profondo, tanto profondo da essere capaci di toccare il pubblico anche attraverso poche parole. Quello che ci aspettiamo è un tempo che forse abbiamo dimenticato.

Un rapporto con la natura, con se stessi, con la spiritualità e con la fede che troppo spesso trascuriamo. Per riportare sullo schermo un certo tipo di testimonianza è necessario creare un rapporto di intimità. È necessario prendersi un tempo che normalmente non ti viene concesso quando hai a che fare con alcuni sistemi produttivi.

Noi, invece, ci prenderemo tutto il tempo che occorre per creare un rapporto di fiducia e un percorso quanto più sincero possibile. Arriveremo lì, in questi eremi, e prima di tutto condivideremo quel tipo di vita.

Non importa quanti giorni servano, che siano due o 3 settimane. Solo dopo cominceremo a fare le riprese. Perché per noi fondamentale è avere un percorso condiviso».

Sul sito si legge la vostra volontà di emanciparvi dai sistemi produttivi che tendono a privilegiare tematiche che abbiano maggiore potenziale economico e mediatico. Chiedete così a quanti lo vogliano di sostenere questo progetto. In che modo le persone possono aiutarvi e perché?

«In questo momento è importante per noi stabilire tutta una serie di contatti necessari poi per completare la ricerca.

Per questo tipo di attività è difficile trovare degli Enti istituzionali interessati che non operano direttamente nel settore cinematografico. La maglia delle case editrici e di produzione diventa sempre più stretta e tendente a un certo tipo di tematiche che abbiano un riscontro commerciale.

Diventa sempre più difficile poter fruire di lavori che attuino una ricerca autentica e che non debbano adottare linguaggi televisivi o stereotipati. Spesso, infatti, si privilegiano documentari che abbiano un appeal economico e commerciale. Ecco perché cerchiamo il sostegno di esterni. Voler un coinvolgimento dal basso significa proprio voler rovesciare determinate logiche editoriali.

Insomma vogliamo abbandonare l’idea di un cinema come puro intrattenimento a favore di una ricerca tesa ad esplorare nuovi e sinceri orizzonti espressivi. Anche se non raggiungeremo il budget, il progetto sarà avviato ugualmente investendo il nostro tempo e le nostre risorse. Autoproducendolo magari, perché c’è un coinvolgimento emotivo.

Ovviamente l’aiuto economico è indispensabile. Tutta la produzione sarà low cost, viaggeremo su un camper e ogni cosa sarà minuziosamente ridotta al minimo. Stiamo cercando di mobilitare diversi enti anche per la distribuzione. Importante è coprire le prime spese di produzione necessarie a avviare il documentario».

eremiti italiani

Siete molto giovani ma avete al vostro attivo diverse produzioni. Al centro di tutti i vostri lavori sempre l’uomo e il viaggio. Penso a Viaggio a Sud (2014) – che indaga il complesso rapporto che gli abitanti dei piccoli centri rurali tessono con la memoria – e Corrispondenze (2016),  poema visivo nato dalla collaborazione con i detenuti della Casa di Reclusione di Noto. Cosa vi spinge verso questa direzione?

«Ci interessa documentare le forme di reclusione, non solo concrete, ma anche di tipo economico, sociale, culturale che imprigionano lo spirito anche all’esterno del carcere.

Un lavoro particolare a cui hanno partecipato tra gli altri Franco Battiato e Mimmo Cutticchio erede della tradizione del Teatro dei Pupi. Un lavoro complesso dove avevamo l’appoggio anche di diversi enti e istituzioni legati all’attività produttiva cinematografica. La reclusione non è altro che il rovescio della medaglia della ricerca atavica della libertà.

Il passaggio è la libertà tra i nostri lavori, il tentativo di liberarsi da tante catene. Per i detenuti erano gabbie reali, per i siciliani erano di tipo economico e sociali, per l’eremita sono tutte quelle contingenze sociali che allontanano l’animo da un benessere a cui invece dovremmo tendere».

Se volete sostenere il loro progetto, e tenervi aggiornati sul viaggio di Joshua e Alessandro, questo è il sito internet a cui potete collegarvi www.produzionidalbasso.com/project/voci-dal-silenzio/.

Di Enza Petruzziello