Abbiamo detto che la crisi dei muti subprime non è l’unico fattore che ha determinato la grave crisi che ancora oggi attanaglia i paesi europei e l’Italia in particolare. Vediamo adesso un altro importante aspetto. Le banche hanno vari sistemi per finanziarsi, ossia per reperire le risorse necessarie per poter esperire la propria attività. Abbiamo parlato nelle puntate precedenti delle obbligazioni bancarie. L’emissione di prestiti obbligazionari da parte delle banche è uno dei sistemi classici di finanziamento. Un altro sistema è quello dei prestiti interbancari.

Le banche infatti si imprestano denaro le une con le altre. A seconda delle esigenze di liquidità ciascuna banca sceglie l’opzione di finanziamento più appropriata. La scelta è influenzata dalle condizioni di mercato e dalle scadenze cui deve far fronte. I finanziamenti interbancari sono talmente sviluppati che danno vita ad un vero e proprio mercato dei prestiti interbancari che segue regole precise. Ma, siccome si tratta sempre di prestiti, la condizione base perchè tale mercato possa esistere è la fiducia di una banca con le altre. Fiducia che il prestito sia rimborsato alle scadenze previste. Il mercato interbancario dei prestiti funziona, semplificando molto, col sistema della domanda e dell’offerta. Il denaro infatti è considerato, per certi versi, come una merce qualsiasi, che si può comprare o vendere. La vendita o l’acquisto vengono effettuate in specifici mercati. Solo che tutto ciò è di regola controllato dalle autorità creditizie nazionali o internazionali come, ad esempio, l’autorità bancaria USA (FED) o quella europea (BCE). Le banche centrali hanno il potere di stabilire il costo basico del denaro.

Il costo del denaro anticamente, in Italia, veniva chiamato TUS: tasso ufficiale di sconto. Oggi si chiamano tassi di riferimento e sono diversificati a seconda della durata dei prestiti. Sono, ad esempio, i tassi BCE (Banca Centrale Europea). Infatti, con l’avvento dei trattati di Maastricht, il potere di stabilire il costo del denaro è passato dalla Banca d’Italia, alla BCE. Tutte le banche centrali dei paesi che fanno parte dell’Euro hanno trasferito tale potere alla BCE. Ad esempio la Banca d’Inghilterra non ha perso il diritto di stabilire il costo del denaro all’interno del proprio paese in quanto il Regno Unito non fa parte dell’Euro (e dopo la Brexit nemmeno della comunità europea).

Ora bisogna sapere che la BCE non è totalmente libera in relazione alle decisioni in merito al costo del denaro. Infatti i trattati di Maastricht obbligano la BCE a preoccuparsi in primo luogo dell’inflazione esistente nel sistema. Ossia il mandato che è stato conferito alla BCE prevede che la Banca Centrale Europea debba sempre intervenire sul costo del denaro se vi sono tensioni inflazionistiche. Per fare ciò la BCE ha sostanzialmente due categorie di strumenti principali: agire sul costo del denaro, appunto, oppure effettuare operazioni di mercato volte ad aumentare o diminuire la liquidità (ossia la quantità totale di denaro) del sistema economico. Le più moderne tecniche di aumento o diminuzione della liquidità disponibile nel sistema si chiamano QE (quantitative easing).

Queste misure a disposizione dell’Istituto di Francoforte non sono però prive di effetti collaterali. Come tutte le medicine possono curare un male e, contemporaneamente, far sorgere effetti negativi “a latere”. Ma vediamo di capire come funzionano questi “rimedi” per poi arrivare a tirare le fila di tutti questi argomenti per cercare di fare chiarezza sulla crisi del sistema bancario (principalmente di quello italiano che a noi più interessa). Abbiamo detto che la BCE si deve preoccupare di controllare l’inflazione. Ma cos’è l’inflazione e quali ne sono le origini? Bene, ricordando sempre il nostro intento, che è quello di spiegare un argomento tecnico e complesso nel modo più semplice e comprensibile per tutti, possiamo dire che l’inflazione è la perdita del potere d’acquisto della moneta. Ovvero, che, col passare del tempo, quei beni che io potevo comprare per un certo valore, diciamo l’anno scorso, oggi non riesco più a comprarli con lo stesso quantitativo di moneta. Il bene è sempre lo stesso, ma la moneta non ha più lo stesso valore e quindi per comprare quel bene devo spendere di più.

Quali sono le cause dell’inflazione?

Ci sono intere biblioteche di pubblicazioni sull’inflazione, tuttavia, in estrema sintesi e semplificazione, potremmo ricomprendere le varie cause in due grandi categorie: L’inflazione endogena (ossia dovuta a cause interne tipiche del sistema economico in cui si genera), e l’inflazione esogena (ossia generata da cause esterne al sistema economico/finanziario di riferimento). La seconda è quella, ad esempio, causata dall’aumento del prezzo del petrolio (se il sistema di riferimento è l’Italia) in concomitanza con la struttura economica del paese (si chiama anche inflazione strutturale). Il fattore scatenante è di fatto esogeno in quanto l’Italia non controlla il prezzo internazionale del petrolio. Ed è strutturale poiché dal prezzo del petrolio dipende il prezzo di produzione di tutta una serie di servizi fondamentali del nostro sistema economico. Energia termoelettrica, trasporti, e molto altro dipendono dal prezzo di questa materia prima.

La prima categoria invece, causa di inflazione endogena, è caratterizzata fondamentalmente da un eccesso di domanda. Ossia si genera inflazione quando i soggetti che fanno parte del gruppo dei consumatori/acquirenti di beni e servizi sono disposti a comprare a prezzi via via crescenti lo stesso tipo di bene. Ciò avviene di solito quando vi è la concomitanza di due fattori: grande disponibilità di denaro (o facilità e convenienza a prenderlo in prestito) e visione ottimistica del futuro (aspettative positive). Normalmente vi è grande disponibilità di denaro (liquidità) quando il costo del denaro è basso e le banche centrali facilitano la concessione del credito al sistema bancario. Le aspettative positive vanno di pari passo con il miglioramento dell’economia in generale. In queste condizioni si può generare inflazione. In realtà una inflazione contenuta entro il 2/2,5 % è considerata fisiologica per un sistema capitalistico quale quello occidentale. Quando, però, gli indicatori cominciano a orientarsi verso un aumento dell’inflazione, le banche centrali devono intervenire per prendere le adeguate contromisure per evitare che l’inflazione sfugga al controllo. Poc’anzi abbiamo detto che il mandato con il quale è stata istituita la BCE è stato proprio quello di controllare l’inflazione. E per fare ciò vengono utilizzati due strumenti: costo del denaro e operazioni di mercato aperto con le quali si regola la quantità di liquidità presente nel sistema (QE= quantitative easing).

In sostanza, e per semplificare, se l’autorità monetaria centrale avverte segnali di aumento dell’inflazione potrà agire in due modi:

  1. aumentare il costo del denaro. Se il denaro costa più caro gli operatori del sistema (ed in primis le banche ovviamente) saranno costretti a pagare il denaro di più di quanto lo pagavano prima. Ciò avrà un effetto a cascata su tutte le operazioni finanziarie dapprima e in seguito sulle operazioni commerciali e industriali, portando tutto il sistema a ridurre l’uso del denaro (e a rinunciare ad una parte dei prestiti) perchè il costo da sopportare potrebbe incidere in modo pesante sui costi complessivi delle attività imprenditoriali. Si ha quindi un effetto che tende a ridurre, alla fine del processo, la facilità di accesso al denaro o ai prestiti e con questa via si contrae l’attività economica complessiva del sistema. Quando le imprese debbono ristrutturare la produzione per far fronte a costi maggiori, tra i primi fattori di produzione ad essere rivisti ci sono i lavoratori, ossia la forza lavoro. Ciò diminuisce il potere d’acquisto di tutti coloro che fanno parte della domanda (compratori di beni o servizi) e attraverso questa strada i prezzi di vendita dei beni o servizi non possono essere aumentati a piacimento perchè parte della produzione rimarrebbe invenduta. Controllando l’aumento dei prezzi si controlla così anche l’inflazione.
  2. Effettuare operazioni di mercato aperto attraverso le quali verrà ritirata una parte della liquidità presente nel sistema (volutamente non ci addentreremo qui nella spiegazione tecnica di come ciò possa essere realizzato). Queste operazioni hanno il vantaggio di non dover agire sul costo del denaro, ossia non è necessario toccare i tassi di riferimento, e ciò in certi particolari momenti della storia economica può essere molto positivo. Se l’inflazione stava aumentando a causa dell’eccesso di liquidità disponibile, queste operazioni di mercato aperto potrebbero risolvere il problema.

Bene sin qui abbiamo visto cosa fanno le banche centrali quando ci sono segnali che portano a ritenere che l’inflazione sta aumentando oltre i livelli di guardia. Ma cosa succede quando accade esattamente il contrario? Quando l’inflazione diminuisce al di sotto dei limiti di guardia e soprattutto quando l’economia sta andando in modo negativo e le aspettatitve sono pessimistiche?

E’ quanto vedremo la prossima puntata.

Stefano Gentile

stefanomagico@hotmail.it