Matteo Portanova: Panama

Quando mi tornano in mente i pensieri che hanno accompagnato la decisione di trasferirmi a Panama mi vengono i brividi. Ricordo che al di la dell’ euforia e dell’ impazienza, sensazioni normali quando si sta per cambiare vita, regnavano in me tantissimi dubbi e altrettante incertezze che non riuscivo ad alleviare. E’ per questo che ora, a distanza di un anno e mezzo dalla mia partenza, mi sento in dovere di condividere questa esperienza con voi di voglioviverecosi, sito al quale io stesso mi appoggiai all’epoca.

Tutto iniziò con un viaggio di piacere in America del sud. Viaggio relativamente breve ma che mi portai dentro per mesi. Tanto mi aveva affascinato conoscere una cultura cosi diversa da quella alla quale ero abituato che, rientrato a Roma (città nella quale vivevo e lavoravo), restai in stato di shock diverse settimane.

Matteo Portanova: Panama

Fondamentalmente, le mie priorità erano cambiate. Il mio contratto a tempo indeterminato, il mio buono stipendio e le mie sicurezze smisero di essere importanti. Mi cominciai a chiedere se realmente ne valeva la pena. Valeva la pena guardarsi indietro magari a 40 anni e vedere anni di lavoro e anni di sacrifici ricompensati con 3 settimane di ferie l’anno, forse un buon conto in banca, forse una bella automobile, forse una casa di proprietà, forse un ruolo importante nella mia azienda? Prima di quel viaggio avrei risposto sicuramente di si, anzi avrei chiesto dove avrei dovuto firmare. Ora la mia risposta era no. I sogni e la fame di conoscenza verso un mondo che avevo appena assaggiato stavano giorno dopo giorno prendendo il sopravvento su tutto. Non pensavo ad altro, leggevo e mi documentavo. Dovevo partire, non potevo più perdere tempo. La fortuna volle che non mi trovassi solo in quel momento di scelte e decisioni. Un mio grande amico dai tempi della scuola si lasciò coinvolgere e così iniziammo tutti e due a prendere informazioni, convinti che quella fosse la nostra strada.

Bene, ma come? Non avevamo un capitale da investire, non avevamo un mestiere indipendente, non conoscevamo la lingua. Dove saremmo potuti andare limitando il rischio di dover tornare sconfitti terminato il regolare periodo di soggiorno da turista? La risposta fu Panama. Ridente repubblica centroamericana in fase di sviluppo, sole tutto l’anno, spiagge caraibiche e vita senza stress (non è proprio così però diciamo che questa descrizione ci fece sognare diversi mesi). Ma perché proprio Panama? Sembrava che grazie a un trattato tra Italia e la stessa Panama, ci fosse la possibilità di prendere un permesso di residenza permanente anche senza un investimento (requisito indispensabile per i restanti paesi che ci interessavano). Avremmo solo dovuto dimostrare di avere un modo per mantenerci, nel nostro caso eravamo convinti di poterlo fare facendo valere il nostro curriculum nel settore informatico e trovando un azienda che ci assumesse. Non sarebbe stato facile, ma questo era il piano. Inutile dire che pochissime persone credettero che ciò fosse possibile, ricordo che quando ne parlai con l’ambasciatrice panamense per poco non mi rise in faccia. Ma questo non ci preoccupò più di tanto. Noi ci credevamo.

Matteo Portanova: Panama

Leggemmo su internet che una volta a Panama sarebbe bastato presentare alcuni documenti ed il processo sarebbe iniziato e finito nel giro di qualche mese. Questi documenti erano quindi fondamentali. Non potevamo assolutamente sbagliare perchè arrivare a Panama ed aver commesso un errore avrebbe voluto dire non iniziare neanche le pratiche. Su internet si leggevano pareri discordanti riguardo a cosa realmente serviva, a come doveva essere presentato e seguendo quale procedimento. Decidemmo cosi di rivolgerci a un avvocato. I primi con i quali parlai furono romani. Mi ricevettero e mi offrirono delle soluzioni, secondo me impraticabili. Successivamente trovammo vari avvocati panamensi su internet e iniziammo a scambiarci diverse mail. Alcuni di loro furono molto dettagliati nelle procedure e nei costi così che a distanza di molti mesi (sentimmo quasi 20 avvocati differenti) scegliemmo quello che ci sembrava più affidabile. L’avvocato in questione ci presentò un preventivo di 1400 dollari per ottenere la famosa residenza. Iniziammo, guidati da lui, a richiedere alle varie entità i documenti richiesti e, una volta ottenuti, li facemmo apostillare. Mentre, entrambi avevamo iniziato una politica selvaggia di risparmio in quanto avevamo messo in preventivo il dover vivere senza uno stipendio per un tempo che poteva andare dai 2 ai 6 mesi (tempi burocratici, tempi per imparare la lingua spagnola, tempi per trovare un lavoro).

Passarono cosi dieci mesi e arrivammo a Marzo 2011. Dopo esserci licenziati dai rispettivi lavori, il giorno 1 di aprile salutammo i nostri cari e salimmo sull’ aereo che ci avrebbe portato a Panama (effettuando un piccolo e per niente casuale scalo tecnico di 4 giorni a New York). Non so ben descrivere quello che provammo arrivando a Panama. Tutto sembrava stupendo. In breve però  ci trovammo a dover affrontare problemi su problemi. Non fu semplice trovare casa e parlare con l’avvocato delle nostre pratiche burocratiche senza conoscere una parola (o quasi) di spagnolo.

Matteo Portanova: Panama

In più la città non ci aiutava, molto caotica, non esistevano numeri civici, i nomi delle vie non erano segnalati, gli autobus non erano numerati e i taxi non ti caricavano se stava piovendo o se la tua destinazione non era di loro gradimento. Inoltre ci imbattemmo da subito nella famosa “ora panameña”. Si dice che Panama sia l’unico paese al mondo dove il ritardo ha un nome. E il nome è appunto questo e vale per appuntamenti formali e informali, senza distinzione e può arrivare anche a 1 ora e mezza senza che la persona attesa si degni di scusarsi perché quando ti ha dato l’appuntamento era “sottinteso” (a suo dire) che si trattasse di “ora panameña”.Nonostante tutto le cose a poco a poco cominciarono ad ingranare. Affittammo un appartamento ammobiliato in pieno centro, due camere, un bagno, cucina, salone, balcone, piscina condominiale ad un prezzo abbordabile. Aprimmo un conto in banca (altro requisito per richiedere la residenza) e iniziammo a vederci sempre più frequentemente con l’avvocato (che tra l’altro era nostro vicino di casa) per il seguito delle pratiche. Finché arrivò il giorno in cui ci disse che avremmo dovuto aspettare. E noi aspettammo.

Matteo Portanova: Panama

Passarono da quel momento 2 mesi. In quei due mesi conoscemmo Panama, paese veramente meraviglioso e con spiagge e paesaggi “da cartolina” che non hanno nulla da invidiare ai posti più “commerciali”.  Ci iscrivemmo ad un corso di spagnolo per stranieri all’ università ed iniziammo a prendere confidenza sempre di più con la lingua. Questo ci portò ad iniziare a inviare curriculum in giro ed a fare colloqui di lavoro. Incontrammo anche aziende interessate ma che per il momento non potevano assumerci, non essendo in possesso del visto.

Un giorno finalmente ci chiamò l’avvocato ma purtroppo le notizie non erano buone. Ci disse che non era possibile seguire la strada del trattato Panama-Italia in quanto non eravamo investitori e non avevamo appunto un capitale da investire. Avremmo, secondo lui, dovuto intraprendere altre strade più rischiose e che richiedevano un ulteriore e non indifferente sborso di denaro. PANICO, panico assoluto. Non gli credemmo. Non poteva essere possibile. Cercammo di restare calmi e di mettere a posto le idee. Chiamammo l’avvocato (non sapevamo ancora se ci stesse truffando o se semplicemente era un incompetente) e ci facemmo consegnare tutti i nostri documenti. Il giorno seguente alle 4 di mattina eravamo in fila alla migrazione nazionale a presentare personalmente i documenti per la richiesta di visto di residenza permanente. La situazione era surreale. Ci trovavamo in questo ambiente caotico circondati da avvocati veri o presunti senza sapere minimamente a cosa fare. Dopo circa 12 ore (si, avete letto bene) arrivò il nostro turno. La guardia all’entrata della stanza dove ci avrebbero dovuto ricevere ci chiede perché il nostro avvocato non fosse lì. Gli rispondemmo che non avevamo un avvocato e lui ci disse che in quel caso ce ne saremmo dovuti andare perche senza avvocato non si poteva fare niente. Questo fu uno di quei momenti alla “Sliding Doors”. Avremmo potuto accettare quel rifiuto e andarcene, dopo un mese chissà saremmo tornati in Italia. Ma noi insistemmo. Discutemmo con lui più o meno 5 minuti e alla fine, stremato, ci fece incredibilmente passare. Riuscimmo a presentare le nostre pratiche e ci rilasciarono un visto di residenza di 1 anno, in attesa di quello permanente che sarebbe stato approvato nel giro di 8 – 10 mesi! Non ci sembrava vero, avevamo svoltato.

Matteo Portanova: Panama

Da quel momento in poi le cose cambiarono velocemente. Nel giro di un mese, con uno spagnolo sempre più fluido e con il visto appena ottenuto, entrambi iniziammo a lavorare nei nostri settori di competenza. I nostri stipendi erano irrisori se paragonati a quelli di qualche mese prima in Italia (considerando il cambio euro-dollaro e la differenza di costo della vita) ma allo stesso tempo erano circa il doppio di uno stipendio medio panamense e ciò ci permise (e ci permette tutt’ora) di vivere bene e senza mancanze.

Nei successivi mesi ci siamo poi spinti a conoscere quasi la totalità di Panama sia dal punto di vista naturalistico (Bocas, San Blas, Darien, Coiba, Isla Grande, veri paradisi) sia dal punto di vista di vita vera e propria integrandoci al 100% in questo contesto. E’ passato un anno e mezzo da quando siamo arrivati a Panama. In questo anno e mezzo sono successe e sono cambiate una infinità di cose che onestamente non vale la pena elencare perché sarebbero più quelle che dimenticherei. I problemi incontrati sono stati tanti e molte volte ci siamo sentiti impotenti di fronte ad essi. Ma mai abbiamo pensato di rinunciare e ora che abbiamo raggiunto una certa stabilità posso affermare con certezza che ne è valsa la pena.

Comunque, la vita a Panama non è un paradiso. Piuttosto, è differente. Ci sono cose che reputo positive e senza uguali, come ad esempio la possibilità di un week end in una isola caraibica e selvaggia di San Blas o nella foresta incontaminata del Darièn, di una passeggiata serale al Casco Viejo o sulla Cinta Costiera, dei quattro giorni di carnevale a Las Tablas (vero evento IMPERDIBILE) e tante altre cose più semplici di vita quotidiana ma non per questo marginali come ad esempio lo stile di vita molto più rilassato rispetto agli standard europei, i 25/30 gradi di temperatura media, la possibilità di passare una pausa pranzo in piscina e tante altre ancora. Altre cose effettivamente sono negative, la scarsissima attitudine al servizio al cliente, spesso lavorano lento e male (o a volte non lavorano proprio). Si può entrare in un bar vuoto e attendere 20 minuti per un caffè, o si può passare mezz’ora in fila al supermercato perché la ragazza deve “controllare” la banconota da 50 dollari con la quale stai pagando. La cosa che mi manca di più però (so che state pensando al cibo ma no, non è il cibo) è l’agilità e l’apertura mentale alla quale ero abituato in Europa e che qui non esiste neanche lontanamente (sebbene con eccezioni). La gente è abbastanza chiusa sotto molti punti di vista e per quanto tu possa provare a fargli capire che forse c’è un altro modo di vedere le cose non c’è verso di fargli cambiare idea sulle loro convinzioni.

Matteo Portanova: ricominciare a Panama

Bene, ho detto abbastanza. Se avete letto questo articolo, e non siete miei conoscenti, sarà perché siete stati spinti da quello che è stato anche il mio sogno. Per questo, spero che possiate trarre vantaggio dal racconto della mia esperienza. In ogni caso sono a disposizione nel caso abbiate bisogno di maggiori dettagli.

PS. Per quanto cambiare vita in modo cosi irrazionale e drastico possa sembrare atto coraggioso, secondo me non è la parola giusta da usare. Guardandomi indietro, considerando quello che ho vissuto e quello che vivrò dal momento in cui ho iniziato a vedere le cose sotto altri punti di vista, mi sarei considerato veramente un coraggioso se avessi fatto vincere la mia parte razionale. Se fossi rimasto fermo. Se non avessi fatto quello che sentivo, quello che volevo. Allora si che avrei avuto coraggio. Si che avrei avuto coraggio pensando di dovermi giustificare con me stesso, un domani. SUERTEMatteo

matteo.portanova@gmail.comPer avere informazioni su Panama:

www.mollaretutto.com/mollo-tutto-e-vado-a-vivere-a-panama-tutto-quello-che-ce-da-sapere-se-sogni-una-nuova-vita-a-panama.html#more-367