Guadagni più alti e maggiori occasioni occupazionali fuori dall’Italia

Il famoso “pezzo di carta” serve ancora? La risposta è sì, ma meglio se accompagnato da un biglietto aereo per l’estero. È quanto emerge dal Rapporto 2017 sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati italiani promosso dal Consorzio Interuniversitario Almalaurea. Secondo la ricerca laurearsi, oggi, conviene ancora: ci sono maggiori probabilità di trovare lavoro e si guadagna di più. Ma non necessariamente in Italia. La quota dei giovani laureati pronta a partire è infatti pari al 49%, contro il 38% del 2006. Un laureato su tre non ha problemi a trasferirsi in un altro continente, uno su quattro accetta spostamenti frequenti. Il 52% si dice disponibile a trasferire anche la residenza. Solo il 3% dei laureati interpellati, quota davvero minima, è indisponibile a qualsiasi tipo di trasferta.

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Il rapporto Almalaurea 2017, che ha coinvolto 270mila laureati di settantuno università italiane su settantaquattro interpellate, sottolinea la crescita della cultura linguistica e della propensione a lavorare all’estero di chi prende il titolo in Italia. Il 76% del campione ha una conoscenza buona dell’inglese scritto, quota che sale all’80% tra i laureati magistrali. Fondamentali, durante gli anni dell’università, le esperienze di studio, di tirocinio e di lavoro occasionale all’estero che aumentano le chance di trovare più facilmente un’occupazione una volta terminato il percorso universitario. Il 10,6% dei laureati, durante gli studi, ha fatto un’esperienza all’estero riconosciuta, tre punti percentuali in più rispetto al 2006. Otto su dieci hanno utilizzato programmi Erasmus o, comunque, offerti dall’Unione Europea. L’8% del complesso dei laureati 2016 ha sostenuto esami all’estero poi convalidati al rientro, e il 9% dei magistrali ha preparato lontano dall’Italia una parte significativa della tesi. Metà quelli che si dicono pronti a trasferirsi per lavoro in un altro Paese.

A cinque anni dalla laurea lavora all’estero il 7% dei magistrali di cittadinanza italiana, valore in lieve aumento nell’ultimo triennio. Chi decide di spostarsi fuori per motivi lavorativi, in genere, ha avuto voti agli esami migliori e studi più regolari. È l’Europa ad offrire le migliori occasioni: sempre a cinque anni di distanza, oltre l’80% degli occupati all’estero lavora in un Paese europeo: il 19% nel Regno Unito, il 12% in Svizzera e in Germania, il 10% in Francia, il 6% in Spagna. Le retribuzioni medie percepite sono notevolmente superiori a quelle dei lavoratori di pari titolo rimasti in Italia: i laureati magistrali emigrati guadagnano, a cinque anni dalla fine studi, 2.202 euro mensili netti: più 64% rispetto ai 1.344 euro dei colleghi rimasti a casa.

In generale, si legge nel rapporto, cresce seppur timidamente il numero di laureati che trovano lavoro dopo un anno dal termine degli studi. Sono il 68% dei laureati triennali e il 71% dei laureati magistrali biennali. Aumentano anche i contratti a tempo indeterminato e diminuisce il lavoro autonomo. Anche le retribuzioni registrano un lieve incremento. Nel 2016 si è registrato inoltre un calo dell’età media della laurea, che si è attestata a 26,1 anni, con un marcato miglioramento nella regolarità degli studi.