L’Intern Asia Consulting offre stage a studenti e laureati che vogliono arricchire il proprio profilo professionale in Oriente

Pechino, Bangkok, Kuala Lumpur, Tokyo e Seul. Cosa hanno in comune queste città? La possibilità di crescere professionalmente e acquisire una conoscenza diretta del business in Asia.

Da tempo ormai l’economia asiatica è in continua espansione. Da mercato emergente a meta globale di investimenti e imprese ne ha fatta di strada il continente orientale, tanto da diventare in pochi anni la seconda economia mondiale e attirare sempre più italiani alla ricerca di nuove opportunità. Secondo la Worl Bank, infatti, l’Asia si è confermata negli anni di crisi globale come uno dei motori dell’economia mondiale.

Attualmente circa il 40% della produzione industriale globale arriva dal Sud-Est asiatico, dove la concentrazione dei traffici mondiali è molto forte. Si tratta di un continente in ebollizione e in costante ascesa, dove, oltre alla Cina, il Giappone, la Thailandia e le Tigri asiatiche spicca anche la Corea del Sud.

Secondo le stime, infatti, Pechino nel prossimo quinquennio punta a una crescita del 6,5%. Per gli economisti se si affronteranno correttamente le sfide su produttività e consumi la capitale cinese continuerà a giocare un ruolo trainante.

Basti pensare che la produttività totale cinese è solo il 13% di quella Usa e che il Pil pro capite è un quinto di quello americano, per individuare quanto siano ampli i margini di miglioramento. Insomma una fonte di vitalità e un’opportunità da tenere nel mirino.

A capire prima degli altri le potenzialità di questa parte del mondo è l’IAC, Intern Asia Consulting, società di consulenza italiana con base a Pechino. Nata nel 2014, offre servizi per studenti e laureati italiani con l’obiettivo di arricchire il proprio profilo professionale attraverso un’esperienza di stage in questa parte del mondo.

Proprio come hanno fatto Andrea Baronti e Xhoeda Gishto, soci fondatori di IAC, che attraverso un programma universitario si sono prima incontrati e poi sposati. Laureati rispettivamente in Relazioni Internazionali e Lingue Orientali, una volta terminati gli studi decidono di partire per l’Asia. Lui è originario di Empoli, in provincia di Firenze, lei albanese è cresciuta a Milano e parla correttamente sei lingue.

La svolta avviene grazie a uno tirocinio, prima al Parlamento Europeo nella commissione per il Sud Est Asiatico e dopo al Tourism Malaysia Milan (sezione del Ministero del Turismo Malese in Italia). Il tirocinio si trasforma in un contratto di lavoro e un’esperienza professionale duratura, che permette loro di crescere come individui e come professionisti del settore.

Dopo alcuni anni trascorsi nel mondo del business asiatico decidono di diventare a loro volta imprenditori. Nasce quindi l’idea di offrire un servizio che possa aiutare gli studenti e i laureati italiani a crearsi possibili sbocchi lavorativi in Asia, in destinazioni dove poter trovare terreno fertile per una futura carriera lavorativa. Nel 2014 rendono effettivo il loro progetto creando “Intern Asia Consulting” e in due anni l’azienda si internazionalizza con l’inaugurazione della sede di Pechino da dove vengono monitorati tutti i candidati. Tanti oggi i programmi che la società mette a disposizione e che, come ci racconta Andrea Baronti, aprono moltissime opportunità di carriera.

Andrea quando e come è nata l’idea di IAC, Intern Asia Consulting?

«L’idea è nata nel 2014. Ho iniziato ad attivare degli stage per portare giovani ragazzi qualificati nell’azienda in cui lavoravo in Malesia e aiutarmi in ufficio».

Lei e la sua socia, Xhoeda Gishto, vi siete incontrati proprio durante uno dei tanti percorsi di formazione post universitari. Entrambi a un certo punto avete deciso di partire per l’Asia. Quali potenzialità avete visto in questo continente da spingervi a partire?

«Essendo entrambi laureati in Relazioni Internazionali abbiamo una vocazione internazionalista. Xhoeda è laureata in Cinese e aveva già vissuto a Pechino. Abbiamo quindi unito le nostre conoscenze dell’Asia, trovando nella Malesia un giusto compromesso per sviluppare la nostra carriera asiatica in un Paese dove l’inglese è largamente diffuso.

La scelta è stata volontaria, ma anche necessaria visto che dopo anni di sacrifici l’Italia non ci offriva niente di concreto, soltanto proposte che mai ci avrebbero permesso di essere indipendenti e di crearci una carriera.

L’Asia invece ha creduto in noi sin dall’inizio e ci ha garantito un lavoro vero. Noi abbiamo ricambiato la fiducia lavorando davvero duramente e siamo diventati rispettivamente Direttore Vendite del mercato Europeo per un’azienda nel settore del turismo di Lusso & Direttrice di un Asilo Internazionale Montessori di lingua inglese a Kuala Lumpur. L’esperienza malese ci ha temprati. In Asia l’idea che tu possa farcela s’insinua piano fino a quando ti conquista totalmente. È successo così anche con noi. Ci abbiamo creduto – e tuttora ci crediamo -, ci sentivamo pronti, avevamo abbastanza esperienza e ci siamo lanciati».

Dopo alcuni anni trascorsi nel mondo del business asiatico decidete di diventare imprenditori. È stato complicato aprire la vostra società? Penso agli aspetti burocratici, alle difficoltà iniziali, anche a un atteggiamento non sempre aperto nei confronti degli stranieri. Come è stata la vostra esperienza in questo senso?

«Lavorando in Asia ci siamo resi conto delle tante opportunità che ci sono per i giovani europei in questa parte del mondo.

Ma allo stesso tempo di quanto sia difficile riuscire a entrare nel modo asiatico di fare business, completamente diverso da quello europeo. Non è facile vivere qui, soprattutto per uno straniero. Oltre alle differenze di cultura e di lingua, ci sono molte leggi che tendono al protezionismo soprattutto nell’apertura di società e nel rilascio di visti di lavoro per stranieri. È fondamentale quindi costruirsi un network solido e sapere bene ciò che si fa.

Nel nostro caso abbiamo valutato ogni minimo dettaglio. Spendevamo le nostre, poche, vacanze in sopralluoghi nei vari paesi per valutazioni di fattibilità e ricerche di mercato. Questo è stato uno dei fattori che ci ha permesso di avere tanti contatti in diversi paesi asiatici, instaurando così un rapporto di collaborazione tra la nostra azienda e le loro».

Il tempo vi ha dato ragione. In pochi anni l’azienda si è ampliata, iniziando a internazionalizzarsi. Nel 2016 viene inaugurata la sede di Pechino. Come si sviluppa concretamente e praticamente la società?

«Abbiamo iniziato mantenendo una sede legale in Italia, l’apertura dell’ufficio a Pechino è stata una naturale conseguenza: volevamo avere il nostro quartier generale in Asia per gestire al meglio il mercato e per poterlo sviluppare ulteriormente.

La scelta è ricaduta sulla capitale perché la Cina è molto ricettiva verso le aziende italiane. In più vivendo a Pechino possiamo spostarci facilmente in tutta l’Asia. In Malesia e in Corea del Sud abbiamo il nostro network diretto di aziende e collaboratori, mentre in Tailandia e Giappone abbiamo dei partner specializzati che coordiniamo costantemente da qui».

Come sono divisi i ruoli nella società ?

«Io mi occupo di tutto il processo di sviluppo dell’area italiana e delle relazioni con aziende italiane ed europee, mentre Xhoeda si occupa dell’area asiatica e del network con aziende asiatiche grazie alla sua conoscenza delle lingue».

Che tipo di programmi offrite?

«Siamo specializzati in servizi di consulenza per studenti e laureati italiani con l’obiettivo di arricchire il proprio profilo tramite un’esperienza in Asia e nel Sud Est Asiatico e dare così ai giovani una conoscenza diretta del mondo del business, favorendo la creazione di un network utile per future opportunità di carriera. Offriamo Stage Aziendali in Asia & Educational Business Trips sull’apertura di start-up e sullo sviluppo di relazioni di lavoro per i giovani che vogliono trasferirsi in Asia.

A Pechino offriamo anche possibilità di lavoro, molto ben retribuito, per candidati qualificati come insegnanti di inglese presso una nostra scuola partner. Lavoriamo insieme ad aziende italiane/europee o asiatiche con interessi o filiali in Italia e Europa.

Questo per aumentare le possibilità di ottenere un lavoro o una collaborazione nell’azienda dopo lo stage, che può essere retribuito o non a discrezione dell’azienda e della regolamentazione delle leggi e dei visti del Paese.

Anche se non sempre possibile ci impegniamo nel far corrispondere qualche tipo di benefit al candidato. Durante il tirocinio cerchiamo di rafforzare il network del candidato, aprendo porte a nuovi contatti collegati agli studi universitari e alle capacità, per future opportunità in Asia.

Garantiamo assistenza in loco sempre, e seguiamo il candidato durante tutto il percorso. Si può scegliere la durata, l’inizio e il settore dello stage».

I vostri programmi sono a pagamento?

«Si. E anche se questo può sembrare insolito nel nostro Paese, è al contrario molto diffuso nel resto del mondo.

L’Asia e gli Stati Uniti non sono l’Italia o l’Europa. È quasi impossibile trovare uno stage o un lavoro serio da soli inviando dei curriculum dall’Italia alle aziende, che siano italiane o asiatiche o americane. Ci sono grandi barriere legate ai visti di lavoro, alle differenze di lingua e di cultura di lavoro. Nel 90% dei casi è necessario avere un aiuto e questo è quello che facciamo.

Siamo il punto di raccordo tra i giovani italiani e le opportunità in Asia. I nostri programmi sono un investimento e il nostro compito è far in modo che portino a un ritorno in termini di opportunità future e non siano solo esperienze fini a se stesse».

Coprite diverse zone dell’Asia e del Sud Est del Continente. Pechino in cui avete sede, e ancora Kuala, Lumpur, Tokyo e Seul. Tra i vostri programmi c’è il “Business Immersion Program” in Asia. In cosa consiste?

«Il “Business Immersion Program” è un nuovo programma che siamo davvero felici di lanciare. Dura una settimana, in una destinazione a scelta tra Pechino, Kuala Lumpur e Bangkok.

È pensato per studenti universitari oppure giovani italiani che hanno intenzione di trasferirsi in Asia avviando una propria attività. Sono previsti workshops con consulenti specializzati nell’avvio di start-up in Asia per italiani, visite in giovani aziende asiatiche che impiegano occidentali oppure aziende di giovani imprenditori italiani/europei di successo. Inoltre incontri con HR di aziende con posizioni vacanti per italiani e occidentali in loco.

Il progetto mira a offrire contatti in settori di interesse per giovani dove possono avere concrete possibilità lavorative o di fare impresa senza grandi investimenti. Il tutto è unito a visite della città per scoprire la cultura del Paese in ogni aspetto.

Noi crediamo molto in questo progetto. Tanti ragazzi vorrebbero trasferirsi in Asia ma pochi sanno come. Vogliamo aiutare a capire come fare dal punto di vista pratico e a parlare con chi l’ha fatto».

Diversi anche gli uffici partner in Thailandia, Corea del Sud, Malesia e Giappone. Non solo Asia quindi. Da poco infatti la società ha aperto una collaborazione di stage a Miami negli Usa. Parlaci di questa nuova opportunità.

«Miami è la nostra punta di diamante. È l’unica destinazione fuori dall’Asia su cui puntiamo. Qui la comunità italiana è davvero forte e le opportunità ci sono anche se complicate da raggiungere. Prima della Cina avevamo valutato di aprire una sede negli USA e ci siamo creati un ottimo network, ora vogliamo sfruttarlo e metterlo a disposizione dei giovani. Abbiamo un ufficio partner a Miami, che si occupa di tutto il processo di sporsorship per l’acquisizione del visto J1. Gli stage sono retribuiti e durano fino a dodici mesi.

Anche qui senza un intermediario, è davvero dura trovare un’opportunità e noi ci occupiamo proprio di questo. Il programma è indirizzato soprattutto a studenti ancora iscritti all’università o laureati con un anno di esperienza. È però molto selettivo soprattutto nel processo di ottenimento del visto, per questo assistiamo i ragazzi in tutto il procedimento. Certo, a Miami finito lo stage le occasioni di ottenere un lavoro sono minime a causa delle restrittive leggi sui visti di lavoro, ma vivere e lavorare qui per un anno è un’esperienza che capita una volta nella vita.

Quindi vale la pena provare».

Chi può rivolgersi ai vostri programmi? E quali sono gli step da seguire per partecipare ai diversi programmi di stage che I’IAC mette a disposizione?

«Studenti, laureati o giovani italiani in cerca di un’esperienza di carriera in Asia. Requisito fondamentale è un forte interesse per il business asiatico e una buona conoscenza della lingua inglese. Parlare la lingua del paese di destinazione è un vantaggio ma non è fondamentale, in quanto tutti nostri contatti hanno personale parlante inglese.

Sul nostro sito ci sono tutte le informazioni e siamo sempre a disposizione per chiarimenti. Per gli stage bastano un curriculum aggiornato in inglese e le informazioni contenenti destinazione, data di partenza e durata, settori preferiti e aspettative. Prima di procedere incontriamo il candidato su Skype per capire le sue richieste e preferenze di destinazione.

Questo ci serve anche per valutare se il candidato è idoneo a partire e se possiamo garantirgli un opportunità concreata. Se idoneo procediamo alla ricerca del tirocinio. In base al suo profilo cerchiamo di indirizzarlo nei Paesi dove ci possono essere più opportunità e organizziamo diversi colloqui con potenziali aziende. Se le parti sono d’accordo lo stage è confermato. In seguito ci attiviamo per fornire tutti i servizi inclusi nel programma in base all’opzione scelta.

I pacchetti comprendono l’opzione standard con incluso solo il tirocinio e alcuni servizi in loco e l’opzione completa con l’alloggio. Garantiamo sempre eventi di network, supporto per i Visti e assistenza in loco, in Italiano a Pechino e in inglese nelle altre destinazioni.

Per il Business Immersion Program ci sono date fisse ogni mese e richiede un minimo di 6 partecipanti per Pechino e minimo 8 per Kuala Lumpur e Bangkok per attivarlo. Basta inviare CV, lettera di motivazione, data e paese preferiti. Qui il programma include tutti i servizi (vitto/alloggio/visite/incontri ecc/trasporti) eccetto il biglietto aereo e le spese di ottenimento del visto solo per la Cina. In tutte le tre destinazioni è inoltre inclusa mediazione in Italiano per tutto il programma».

Finora quanti studenti e laureati si sono rivolti ai vostri servizi? E in quanti sono riusciti a trovare sbocchi professionali attraverso i diversi programmi di stage proposti?

«Riceviamo tante e-mail ogni giorno ma alla fine nel 2016 sono partiti circa in 30. Dopo i nostri stage 3 ragazzi hanno trovato lavoro in Malesia in un Resort e in un TO, 2 sono qui a Pechino come insegnanti di inglese e altri 2 adesso lavorano sempre in Cina. In Tailandia abbiamo 1 ragazzo che ora lavora a Bangkok nel settore IT.

Due ragazze hanno seguito il nostro percorso e hanno deciso di lanciare una loro attività. Altri sono rimasti in Asia e hanno trovato un’altra opportunità, chi si è iscritto ad un corso di formazione, chi studia, chi ha trovato un altro stage.

La cosa che notiamo è che dopo l’esperienza quasi tutti si innamorano dell’Asia e in un modo o nell’altro trovano la via per rimanerci o per tornarci. Noi cerchiamo di aiutarli in ogni modo per far si che questo accada. Ovviamente molti ragazzi sono tornati in Italia, alcuni stanno cercando di far valere l’esperienza in Italia e altri non hanno trovato seguito dopo il tirocinio».

Quali sono gli stage che piacciono di più?

«Direi Pechino come capofila, dove molti degli stage sono pagati e riusciamo a offrire anche posizioni lavorative come insegnanti di inglese. Poi Kuala Lumpur e Bangkok che sono le destinazioni con maggiori probabilità di ottenere un lavoro.

Infine Miami, dove le richieste sono davvero tantissime ma pochissimi sono idonei».

Tra le tante opportunità offerte da IAC anche quella di parlare con gli studenti e i laureati che hanno svolto tirocini in passato nelle varie destinazioni. Un modo per avvicinare chi vuole intraprendere questo percorso con chi l’ha già fatto e capire le reali potenzialità?

«Esatto. È fondamentale parlare con chi l’esperienza l’ha già fatta per capire se davvero può essere utile e se è effettivamente quello che si sta cercando.

Inoltre, durante i soggiorni organizziamo sempre incontri e serate con ragazzi giovani che lavorano nel Paese. Ci si può confrontare con loro, chiedergli cosa fanno, come hanno fatto a ottenere il lavoro e tante altre informazioni. Dobbiamo ricordarci sempre che il mondo è fatto di rapporti e ciò vale soprattutto per l’Asia, dove la maggior parte delle opportunità si creano tramite un buon network in loco».

L’economia asiatica, la seconda a livello mondiale, è in continua espansione. Mentre il resto del mondo affrontava la crisi globale, il mercato asiatico cresceva fino a diventare quello che è oggi: una meta di business. Anche voi in fondo avete deciso di investire in questa realtà. Qual è secondo te il segreto di questo successo?

«Vivendo alcuni anni in Asia ho notato due cose. La prima è che qui si vive di business a tutti i costi. Non si pensa a godersi la vita come noi occidentali ma a fare soldi e ricchezza sin da bambini. Faccio un esempio pratico: gli asili privati in Cina e in Malesia sono già delle piccole aziende.

I bambini a 2 anni e mezzo stanno seduti sui banchi in silenzio e imparano l’alfabeto e a fare i conti. Terribile. Questo perché arrivano da una povertà assoluta e credono che questo sia il loro momento. I genitori spingono i loro figli oltremisura e la cosa più importante per tutti è arricchirsi e farlo ora. Inoltre, se vuoi emergere devi farlo a scapito degli altri, la concorrenza è spietata e tutti vogliono diventare qualcuno a tutti i costi.

In più se vuoi avere cure mediche decenti, istruzione buona per i figli e un tenore di vita medio devi essere molto ricco. Gli standard della popolazione media sono davvero bassi e per vivere bene bisogna arricchirsi per forza. In Europa, per fortuna, la società è diversa e non c’è questa fame di arrivare. Siamo già in una società di benessere, le scuole e gli ospedali pubblici sono ottimi e gratuiti, la qualità del cibo e della vita è elevata per tutti. Il problema è che siamo in declino.

La seconda è che l’Asia e il Sud Est Asiatico sono economie giovani dove la società galoppa verso l’economia del benessere e quindi c’è forte domanda di tutto, beni materiali, abbondanza di servizi, infrastrutture, investimenti, idee. Un po’ come l’Italia anni ‘50. Non ci sono grandi regole e vincoli da seguire, circola liquidità di denaro, facilità di investimenti, zero burocrazia e tasse irrisorie (per i locali). L’Europa è tutto il contrario: l’economia è satura, la società ha tutto e la burocrazia e le tasse sono soffocanti.

Come può essere appetibile per un investitore? Ovviamente i mercati asiatici sono instabili e molto rischiosi, ma sono proprio questi i fattori su cui gioca un business di successo. Il fatto che l’Asia arrivi da un’arretratezza disarmante fa sì che ci sia bisogno dell’esperienza occidentale. Noi siamo benvenuti e ben pagati, per ora. Gli expat portano esperienza, cultura e benessere occidentale. Gli asiatici sono pronti ad assimilarli».

Quali sono i progetti futuri di IAC?

«Siamo giovani imprenditori che a loro volta sono stati studenti universitari e hanno costruito la loro carriera lavorativa partendo da uno stage.

Nel difficile percorso di carriera di oggi, svolgere esperienze lavorative all’estero è molto importante e noi vorremmo dare la possibilità di poterlo fare a chi davvero ci crede. Gli obbiettivi adesso sono quindi di estendere il nostro network, riuscendo a aumentare il più possibile il numero di ragazzi che ottengono un lavoro dopo lo stage con noi e quelli che sviluppano una carriera in Asia.

Vogliamo continuare a rafforzarci e diventare il punto di riferimento per i giovani italiani in cerca di un’opportunità di carriera asiatica, aprendo una sede in ogni destinazione che abbiamo».

Di Enza Petruzziello