Permacultura: fare agricoltura (e non solo) in modo differente

Ci sono cambiamenti di vita che hanno potenti ricadute di condivisione. Partono da una personalissima necessità di una vita diversa per approdare ad una progettualità concreta. La storia di Primiana ci restituisce una testimonianza di cambiamento direi “sociale”, teso ad una quotidiana sensibilizzazione ad alcuni temi e a una riappropriazione di tempi e spazi naturali.  Alla, spesso, artificiosa sequenza di obblighi imposti dall’esterno, c’è chi cerca di vivere secondo ritmi naturali, sostenibili e non invasivi con l’ambiente attorno. Con Primiana e grazie a lei veniamo a conoscenza della Permacultura, un concetto di agricoltura, di socialità e di produzione non sottoposta alla violenza dell’intervento umano spesso distruttivo e, alla lunga, neanche tanto conveniente. C’è un profitto che non ha nulla a che fare con il profitto squisitamente economico ma che cerca, invece, di guadagnare un profitto umano. Leggiamo e condividiamo con entusiasmo la storia di Primiana e della sua azienda agricola Le Macchie.

Permacultura

Buon giorno Primiana. Come sei arrivata in questo posto meraviglioso? Cosa facevi prima?

Buon giorno Geraldine!

Sono arrivata alle Macchie dopo mesi di ricerca di un luogo che potesse ospitare la mia nuova vita, e cioè un luogo che mi piacesse, che fosse economicamente sostenibile rispetto alle mie possibilità e che mi permettesse di sognare iniziative diverse a contatto con la Natura. Prima mi occupavo a tempo pieno di consulenza organizzativa e formazione come psicologa del lavoro esperta in comunicazione pubblica e istituzionale e consulenza clinica in qualità di psicoterapeuta.

La tua decisione di cambiare come si è insinuata nella tua vita?

L’idea di coltivare un rapporto con le creature animali e gli ambienti naturali è sempre stata piuttosto presente in me. Gli anni universitari e i conseguenti incarichi lavorativi mi avevano allontanata da questo proposito, sebbene fossi tornata a vivere nella mia casa natale, una casa immersa nel bosco sulle colline di Quercianella, minuscolo paese nel comune di Livorno. Per molti anni ho pensato di non essere all’altezza di un salto del genere, e ho preferito dedicarmi a quello che sembrava riuscirmi meglio e darmi una certa sicurezza. A un certo punto mi sono trovata difronte alla necessità di ristrutturare la casa dove vivevo. Tale ristrutturazione avrebbe richiesto ingenti somme di denaro. Intanto, questa casa, era molto cambiata dagli anni della mia infanzia: attorno erano nate molte ville, la configurazione delle colline era tutta diversa, e gli spazi verdi intorno decisamente ridotti. E’ in questa occasione che ho cominciato a chiedermi “ma se invece di indebitarmi per ristrutturare questa casa provassi a venderla e acquistare qualcosa di nuovo e diverso dove dare spazio ai miei interessi e alla mia creatività? Dove ricostruire una vita più in linea con i miei valori, con i miei sogni, con la mia voglia di stare all’aria aperta?” Iniziai a occuparmi di Agricoltura Sociale, Ortoterapia e Attività e Terapie assistite dagli animali, per capire se avrei potuto combinare i miei interessi psicologici con gli ambienti rurali. Ho partecipato a un progetto di ricerca europeo condotto dall’Università di Pisa sulle Social Farms, che mi ha fornito una molteplicità di strumenti per affrontare il cambiamento. L’entusiasmo e la determinazione hanno persuaso la mia famiglia a permettermi la vendita della casa dove vivevo e la ricerca del nuovo luogo. Quello che all’epoca era il mio compagno mi ha seguita e aiutata in questo salto, con una passione e un coraggio davvero importanti.

Il tuo precedente lavoro quanto ha contribuito ad indurti al cambiamento?

Bah….direi poco. Forse, se ci penso, il mio lavoro precedente mi ha facilitato nella costruzione della rete di relazioni, e mi ha fornito strumenti per gestire meglio i contatti con le istituzioni; inoltre, mi ha suggerito una linea di attività da sviluppare, quella dell’Agricoltura Sociale. Ma per una scelta del genere, credo che ogni lavoro passato avrebbe contribuito a facilitare un pezzetto del cambiamento. Se avessi fatto la segretaria, ad esempio, avrei un archivio eccellente e funzionale; se avessi fatto l’agronoma, la geometra o l’ingegnera, avrei risparmiato un sacco di soldi; se avesso fatto le pulizie sarei molto più efficace nella manutenzione della casa, e così via.

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Permacultura

Come erano prima le tue giornate e come sono ora?

Le mie giornate erano molto meno determinate dalle mie esigenze e dai ritmi della natura, e molto più condizionate da priorità “esterne”. Ogni attività che svolgevo era legata a impegni presi con altri, indipendentemente dalle condizioni metereologiche, dal mio umore e dalle idee che potevano sorgermi di giorno in giorno. Viaggiavo parecchio e vivevo molto di più in ambienti artificiali. Usavo meno il mio corpo e mi sentivo molto legata alle necessità economiche.

Come vorresti organizzare e sviluppare la tua attuale attività?

Mi piacerebbe sviluppare sempre più autosufficienza ed emancipare l’azienda il più possible dalle risorse esterne e dall’economia di mercato, per questo mi ispiro ai principi della decrescita, ai circuiti di economia alternativa, all’agricoltura naturale e sinergica, alla medicina olistica e alla permacultura. Sono ancora lontana dal raggiungimento di questi obiettivi, ma la direzione è questa. A maggio ospiteremo un fine settimana “frugale”, in cui impareremo a riconoscere e utilizzare le erbe selvatiche per cucinare e per curarci, faremo saponi e oleoliti, costruiremo una meridiana. A giugno realizzeremo, con l’Accademia Italiana di Permacultura, un corso teorico pratico di Permacultura della durata di 2 settimane: daremo vita a un bosco commestibile intorno al giovane frutteto di varietà antiche, impareremo a costruire una stufa a pirolisi per il riscaldamento e realizzeremo dei laghetti viventi sfruttando le acque di superficie. Da tempo pratico il baratto e interessante sarebbe ricostruire una rete di “barattatori di tempo e prestazioni”. Altre e diverse iniziative possono nascere anche in base alle idee e alla voglia degli amici che ci conoscono e che conosceremo. L’Azienda Agricola delle Macchie è per me infatti un grande ecosistema-contenitore, all’interno del quale chi vuole può sviluppare la propria progettualità. Abbiamo ospitato il debutto di “Wild Piano”, progetto di un giovane pianista, Filippo Binaghi, che oggi gira l’Italia con il suo pianoforte a coda per “portare la musica dove non è mai stata”, sfruttando esclusivamente l’acustica naturale dei luoghi e armonizzandosi con essa. Abbiamo sperimentato il successo della panificazione naturale con le farine antiche, realizzato un grande cerchio di tamburi a cielo aperto, ospitiamo ogni anno la raccolta condivisa delle olive, e così via, a fantasia.

Di che tipi di persone vorresti circondarti?

Oddio…non so esattamente…ho conosciuto molte persone diverse…e scoperto che dove ci sono apertura, curiosità e interessi/valori condivisi, le sinergie si creano. L’azienda è molto grande, sono circa 100 ha, e può accogliere una molteplicità di iniziative e attività. La sfida probabilmente è creare una comunità collaborante stabile. Fino ad oggi, infatti, I principali attivisti delle Macchie sono stati persone che abitano lontano, o che comunque hanno anche molti altri impegni, e possono “animare” la vita delle Macchie per brevi periodi o per iniziative che hanno un inizio e una fine ben precisi.

Mi piacerebbe invece vedere Le Macchie scenario di una progettualità più ampia, all’interno della quale diverse persone possono trovare una loro dimensione di vita e occupazione. L’apicoltura potrebbe essere un’idea interessante, come pure l’allevamento di capre cachemere con autoproduzione artigianale di tessuti di pregio, la panificazione o lo sviluppo delle attività agrituristiche o di fattoria didattica. Ecco, forse una caratteristica che potrebbe accomunare le persone che fino ad oggi hanno potuto godere di più delle Macchie è una certa dose di follia.

Come è stata accolta la tua decisione dalle persone che ti sono vicine?

Inizialmente con incredulità e diffidenza, poi, vedendo la mia determinazione e il mio impegno, si sono lasciate coinvolgere.

Cos'è la permacultura

Ci racconti un po’ che cosa è permacultura?

Per quanto mi riguarda, la permacultura è un sistema di valorizzazione delle potenzialità energetiche dei sistemi naturali e delle parti che li compongono (animali, vegetali, clima e microclimi, configurazione del territorio, contesto socio-economico, artefatti), volta a rendere tutte queste parti il più sinergicamente autonome possibili, come naturalmente accade, ad esempio, in un sistema-Bosco. Ridurre al minimo il consumo di energia, massimizzarne la resa rispetto alle risorse di cui si dispone, autocostruire, utilizzare le caratteristiche insite nelle varie parti del sistema anzichè cercare di cambiarle e governarle, a costo di grande dispendio di energia e in nome di un profitto che spesso costa troppi sforzi, al singolo quanto alla comunità (nessun agricoltore si comprerebbe un trattore da 200 mila euro se la comunità europea non ne finanziasse la metà a fondo perduto…ma qual’è il reale rapporto costi/benefici di tale scelta? Quanta energia è necessaria per costruire quel trattore? E quanta per finanziarlo all’agricoltore? Chi ci guadagna e chi paga? E poi, se l’agricoltore quel trattore lo usa per i trattamenti chimici e fitofarmacologici, chi ne subisce le conseguenze? E quanto si rende dipendente dal petrolio, dagli elettrotecnici e dall’imperativo di produrre sempre di più, quell’agricoltore? Tutte domande emergenti, e a mio parere estremamente interessanti) sono solo alcuni dei principi della Permacultura. Il tutto condito dal principio della “non lesione” dei sistemi naturali, quindi minimo o nullo impatto ambientale e grande fiducia nelle risorse produttive naturali. Uno dei due oliveti delle Macchie è condotto in Permacultura da 4 anni: la gestione del suolo e dei vegetali in esso contenuti è demandata a due cavalli e un’asina, che vi pascolano costantemente, concimano e si nutrono. Risultato: non ho bisogno di trinciare nè concimare, nè di produrre altrove il cibo per gli animali, che foraggio in minime quantità solo durante i 3 mesi invernali più rigidi. In più, gli animali sono sani ed equilibrati, perchè possono godere di una vita naturale, movimento a volontà e cibo variegato sempre fresco. E poi sono bellissimi! Assistere a una galoppata tra gli olivi è emozionante, e davvero fa bene all’anima!

Certi argomenti suscitano sempre molta curiosità, poi però la coerenza tra le parole e i gesti concreti sembra incontrare qualche intoppo. Come te lo spieghi?

Uh…che domandona. Bhè…in parte perchè ci piace riempirci la bocca di parole “che tirano”, che possono aiutarci ad ottenere dei vantaggi non tanto perchè si fanno, ma perchè si dicono. Poi perchè magari non è semplice….“tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”! Però, se c’è la volontà di dar seguito coi fatti a ciò che si dice, di utilizzarlo come “orizzonte ispiratore”, mi sembra un’ottima cosa.

Poi c’è anche da tener conto che il sistema costituito è costruito all’opposto rispetto a quello che questi nuovi approcci propongono: normative sanitarie ed edili, competenze tecniche, sistemi economici vari sono assolutamente impreparati ad accogliere e supportare questo tipo di iniziative, che spesso sono costrette a navigare nell’illegalità pur di esistere. Come far approvare l’esistenza di un’abitazione costruita in paglia su palafitte, senza scasso di terra, e dotata di una compost toilet? Quale ingegnere si occuperebbe di provare a sostenerne il progetto persuadendo i vari uffici competenti del fatto che è antisismica, ignifuga e rientrante nelle normative sanitarie? Oggi, se chiedo a un geometra e a un agronomo di disegnarmi una stalla, me la fanno con il fondo in cemento, la letamaia, le catene di stabulazione….è questo che sanno fare, è questo che sanno poter essere approvato. Quando ho presentato domanda di finanziamento sul bando per l’innovazione agricola chiedendo che mi fosse finanziato l’acquisto di attrezzature per il traino animale, quasi mi ridevano dietro. Ci sono voluti molti colloqui, molte schede tecniche e molto impegno, da parte mia, per vedermi approvato il finanziamento. Nessun agronomo sarebbe stato in grado di fare lo stesso. Insomma, tutto si può fare, se ci si crede e si è disposti a sbattersi per farlo. Ma non ci si può sbattere per tutto, e quindi qualcosa si lascia indietro.

Tu ti occupavi di formazione. Cosa è rimasto nella tua nuova vita del tuo bagaglio culturale e professionale?

Una certa…facondia, credo. Il gusto e la capacità di parlare in pubblico, quando necessario. Di ascoltare, argomentare, spiegare, condividere. E scrivere progetti.

Cos'è la permacultura

Vivi qui dal 2005. Che percezione hai di questi anni? Sono passati velocemente o no? Se guardi la tua vita attraverso di loro puoi dire che i pezzi sono al loro posto adesso?

Anni veloci, e intensi. Fitti fitti di persone, esperienze, emozioni, scoperte fortissime. La cosa più bella che Le Macchie mi ha regalato è questa intensità di mondi diversi, approcci alla vita e al futuro, persone meravigliose, avventure emozionanti in cui mi sono trovata coinvolta. Per quanto riguarda i pezzi… sono nel posto esatto in cui evidentemente è giusto che siano, ma sento che non è il loro posto definitivo. Sono in movimento.

Avrai avuto anche tu dei momenti di difficoltà. Quali in particolare?

I momenti più difficili sono legati alla crisi e alla rottura con il mio ex-compagno. Questa fase mi ha fatto sentire estremamente fragile di fronte alle sfide che dovevo affrontare. Altri momenti difficili sono legati alla necessità di confrontarmi con un mondo di uomini: gli agricoltori, i cacciatori, gli operai, i tecnici, i politici….ho dovuto imparare a difendermi e ringhiare, cosa che non mi veniva gran chè naturale. Poi ho scoperto che invece anche questo aspetto è dentro di me, e può essermi molto prezioso. Infine, ho fatto un pò di errori progettuali, affidandomi troppo ai tecnici. In ognuno di questi momenti di difficoltà, fino ad oggi, ho avuto la grande fortuna di scoprire la vicinanza delle persone: amici che credono in quello che sto facendo, che mi hanno aiutata e grazie ai quali Le Macchie esiste ancora ed è sempre più viva.

Questo posto lo hai scelto tu o ti ci sei trovata per caso?

Diciamo che Le Macchie ha scelto me. Mi ha chiamato. Solo il sentirne parlare mi aveva incuriosito. L’agente immobiliare che aveva in carico il podere non mi ci voleva portare per via della scarsa accessibilità e mi fece vedere un sacco di altre cose. Quando sono arrivata, la casa di mattoni color biscotto, l’odore delle foglie bagnate, il vento, gli olivi giovani tutti storti, la strada sterrata che scollina, gli occhi di un buffo uomo senza tetto dalla storia incredibile e il cuore grande, con cui ho condiviso circa 3 mesi della mia prima vita alle Macchie, il cielo… Non so come dire…ma ho sentito qualcosa che mentre camminavo mi diceva “qui…qui puoi vivere…qui ti stavamo aspettando…qui…”, qualcosa che veniva dalla pancia e mi faceva stare bene. Sono partita in quarta per negoziare l’acquisto.

Sei una donna in continua evoluzione. Che progetti hai nell’immediato futuro?

Relativamente alle Macchie, ne ho parlato prima. Relativamente alla donna, quello che neanche desidero ma mi accade, è semplicemente vivere. Il resto, i progetti, sono un prezioso esercizio di lancio vibrazionale nell’universo di desideri contestuali, esercizio di co-costruzione di possibilità contingenti. Slancio creativo. Non mi lego nè affeziono ai progetti. Mi affeziono alle persone, alle esperienze, mi ispiro a un certo modo di sentirmi e sentire nel mondo (ma qual’è questo mondo? Ai confini delle Macchie? Lungo la mia pelle? Sulle creste più alte di Gaia? Nei buchi quantici?), e faccio quello che posso e che l’universo mi permette di fare.

Attraverso le idée, gli incontri, le opportunità e gli ostacoli.

A questo proposito, vorrei dire a tutti coloro che hanno il desiderio di avvicinarsi alla campagna ma che non hanno le risorse economiche per provvedere a un acquisto, che ci sono miriadi di altre possibilità per farlo. Il primo passo potrebbe essere conoscere meglio I tanti modi di vivere la campagna, avvicinandosi e frequentando le realtà rurali, soprattutto senza fermarsi a quelle tradizionali!. E poi, ci sono molti terreni pubblici incolti e abbandonati, in attesa di progetti, e l’urban culture, gli ecovillaggi, e tante realtà come Le Macchie aperte a condividere risorse e opportunità. Insomma, il vincolo economico è talvolta solo un’idea. Le opportunità reali non mancano.

A cura di Geraldine Meyer