Nel primo semestre di quest’anno sono state 19mila le nuove imprese agricole avviate da giovani under 35. In prevalenza sono figli o nipoti di agricoltori, ma ci sono anche tanti imprenditori alla prima esperienza. Un fermento in controtendenza rispetto alla crisi che ha colpito altri comparti. “Nei primi sei mesi il numero di nuove imprese agricole” osserva Sergio Marini, presidente di Coldiretti “ha superato quello delle nuove nate nel settore industriale, ed oggi in Italia si stima siano 100mila i giovani under 40 alla guida di imprese agricole”.

Un’iniezione di vitalità, in un settore che perde il 5% della forza lavoro ogni anno, dove il 55% degli addetti ha più di 60 anni, il 60% dei quali senza figli o nipoti disposti a coglierne l’eredità.

I risultati dell’ultima indagine Istat parlano chiaro: dal 2005 ad oggi le aziende agricole sono diminuite del 2,8%, ma le superfici ridultano stabili (+0,2%). A chiudere i battenti sono prevalentemente le imprese di piccole dimensioni guidate da imprenditori ultrasessantenni, mentre sono in aumento quelle che possiedono una superficie agricola di oltre 30 ettari, nate dallo smembramento o dalla fusione di vecchie proprietà. Tirando le somme, il bilancio resta “leggermente negativo” sintetizza Marini “ma con uno spostamento positivo verso i giovani”. La conferma arriva dal Ministero delle Politiche Agricole, che stima l’ingresso nel settore di altri 23mila giovani da qui al 2013.

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Ad essere attratti dalla terra non sono più solo i periti o laureati in agraria piuttosto che veterinari, ma sempre più laureati in ingegneria, economia, farmacia, legge, filosofia. “In genere” continua Marini “i giovani che intraprendono l’attività agricola per scelta sono decisamente preparati e hanno idee imprenditoriali molto chiare”.

Come Anello Spocchi, 31 anni, ingegnere meccanico che dedica metà del suo tempo all’azienda di famiglia Montacchini Giacomina, a Piazza di Basilicanova, ad una manciata di chilometri da Parma, e l’altra metà ad una società di ingegneria nata all’interno dell’Università di Parma. Su 30 ettari di proprietà e 15 in affitto alleva 140 mucche da latte per un giro d’affari che a fine 2008 si aggira sui 240mila euro. “Il nostro latte viene poi conferito al caseficio di Lovetta, una cooperativa di cui siamo soci, assieme ad altri allevatori, dove viene lavorato e trasformato in Parmigiano Reggiano” racconta Spocchi “venduto poi a grossisti della zona, ma per il prossimo anno intendiamo avviare uno spaccio” precisa il giovane agricoltore, che vive l’agricoltura come una vera passione. “Tanto che sono tentato di dedicarmi completamente ai campi e alle mucche”. Intanto negli ultimi 3 anni ha continuato ad investire nell’attività agricola circa 10mila euro l’anno per ottimizzare i processi ed avere una migliore redditività.

Rosario Marchese, 35 anni, laureato in legge, invece ha già abbandonato del tutto le aule del tribunale per coltivare ortaggi in coltura protetta ed allevare bovini tra ragusa e Agrigento. “La proprietà era di famiglia, ma da quando sono entrato io, 12 anni fa,” racconta “l’azienda è stata completamente ribaltata, sono stati inseriti nuovi macchinari, nuovi impianti e siamo passati da 2 a 10 operai fissi, più 30 stagionali, con 200 ettari di proprietà”. Un’operazione finanziata in parte con l’aiuto dei fondi regionali, in parte con mezzi propri. “Vendiamo ai grossisti, ma ci stiamo attrezzando per chiudere la filiera: lavorare il prodotto, conservarlo e distribuirlo” aggiunge l’imprenditore, che con la su azienda, Marchese Ragona, chiuderà il 2008 con un giro d’affari di circa un milione di euro.

La passione per la terra ha convinto anche Marta Sempio, 30 anni, laureata in filosofia, ad abbandonare la strada umanistica per dedicarsi alla coltivazione di riso, biomasse e pioppi tra la provincia di Vercelli e quella di Novara. “Ho ereditato l’azienda di famiglia, e l’ho fatto per passione, visto il mio forte legame con il territorio e la tradizione” racconta l’imprenditrice che sulla sua proprietà di 800 ettari dà lavoro ad otto operai stabili. “E per poter svolgere al meglio il mio lavoro ho seguito diversi corsi di formazione agraria, agricoltura biologica e sicurezza sul lavoro”.

Lo stesso vale per Fabrizio Santarelli, laureato in economia e commercio, che nel 2001 all’età di 38 anni ha lasciato la banca per sviluppare la piccola proprietà di famiglia nella zona del Castelli romani. “Dopo la laurea sono entrato in Banca di Roma, dove ho lavorato all’ufficio cambi” racconta Santarelli. “Un’ esperienza molto importante, che mi ha fatto anche viaggiare: ho passato due mesi a New York e sei mesi a Londra, ma quando ho visto che venivano assunti molti giovani laureati in matematica e fisica da destinare alle sale di contrattazione, ho capito che qualcosa stava cambiando e ho preferito mollare per dedicarmi all’azienda vinicola dei miei genitori, anche perchè credevo nelle sue potenzialità”.

Oggi l’azienda Castel de Paolis si estende su 14 ettari coltivati a uva nel territorio di Grottaferrata, che fa parte della zona Doc Frascati. “Ma produciamo anche una serie di vini Igt” precisa l’imprenditore. Centomila le bottiglie che ogni anno escono dall’azienda per un fatturato di 500mila euro, il 25% realizzato sui mercati esteri. “Nei prossimi anni intendiamo ampliare la quota dedicata all’estero” dice Santarelli “Stati Uniti, ma anche mercati dell’est ed asiatici” .

Certo ci sono anche i laureati in discipline agrarie, come Isabella Spagnolo, 37 anni laureata in economia agroaziendale che, con il marito agronomo ed enologo proprietario di alcuni terreni, ha avviato l’azienda Iris a Mareno di Piave, in provincia di Treviso. Dai venti ettari coltivati a vigneto escono ogni anno 350mila bottiglie di spumante prosecco e rosè, per un fatturato di 700mila euro, per il 60% realizzato sui mercati esteri. “Non sono mai stata portata per lavorare sotto padrone” dice Isabella “Amo il rischio e la precarietà del mio lavoro, che per me sono molle importanti. I giovani dovrebbero vedere nel territorio il tessuto dove investire capacità e professionalità, affinchè diventi parte di quello stile italiano che tutto il mondo ci invidia. Del resto il made in Italy è design, moda, arte, ma anche gastronomia. Alla cui base ci sono i prodotti della nostra terra”.

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Per compiere questo importante passo in avanti occorre fare tanta innovazione. “Oggi l’agricoltura”, spiega Marini “non va più letta solo come produttrice di materia prima, ma anche trasformazione e commercializzazione”. Il tutto nel nome di una maggiore redditività, necessaria per competere in un mercato sempre più globalizzato. E questo i giovani imprenditori lo hanno capito. Ne è un esempio Andrea Zanafredi, 30 anni, perito meccanico che da sette anni gestisce con il fratello Sante l’azienda agricola Serrati, a Rivarolo Mantovano. “Per tre anni ho lavorato in un’officina, dove sentivo di essere apprezzato, ma avevo bisogno di una molla motivazionale in più” racconta Zanafredi “ così ho deciso di mollare tutto per andare a lavorare i campi con mio fratello”. E per riuscire meglio nell’impresa, ha seguito divrsi corsi di formazione: dal marketing alla comunicazione fino alla vinificazione e alla gestione d’impresa. “Riuscire in questo settore non è facile, per fare il salto di qualità è fondamentale una gestione di tipo manageriale e noi ci stiamo sforzando di andare in questa direzione”.

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I risultati si vedono. Nel 2001 l’azienda lavorava 30 ettari di terreno, che oggi sono diventati 100 (il 70% in affitto), e in più sono state introdotte nuove colture : non solo pomodori per l’industria (Mutti è tra le aziende clienti) e cereali, soprattutto grano duro coltivato per Barilla e altre aziende del settore, ma anche vigneti per diversificare e puntare alla realizzazione di una vera e propria cantina. “Sono vigneti di lambrusco mantovano, ma di alta qualità, da esportazione” spiega Zanafredi, che prevede di chiudere il 2008 con ricavi in crescita del 20% rispetto ai 450mila euro del 2007.Anche Alessandro e Paolo Gigli, di 41 e 38 anni, che volevano diventare l’uno giornalista e l’altro manager, si sono trovati a fare i viticoltori in Toscana tra la costa di Baratti e l’entroterra della Val di Cornia, abbandonando gli studi. Oggi l’azienda Sant’ Agnese, che gestiscono con il padre, si estende su sei ettari, e produce 35mila bottiglie l’anno, per un fatturato di 160mila euro. “Abbiamo sempre reinvestito gli utili nell’azienda per potenziarla e migliorarla” precisano i fratelli Gigli”. “Il piano di sviluppo prevede l’ampliamento della cantina, l’acquisto di nuovi macchinari per la lavorazione delle uve ed un ingrandimento della sala ricevimento ospiti per le degustazioni aperte al pubblico”.

La ricerca di una maggiore redditività ha spinto Matteo Bacci ad operare nel settore agricolo in un modo nuovo. Trent’anni, laureato in scienze erboristiche a Pisa, ha iniziato vendendo alle pizzerie locali il basilico coltivato nel mezzo ettaro di terreno accanto alla farmacia di famiglia. Da allora sono passati cinque anni, e Bacci ha alzato il tiro: le sue piante officinali trasformate in tisane, olii da massaggio e cosmetici, hanno conquistato le terme, e i centri benessere, da Saturnia a Ischia, passando per Capri. Con sei dipendenti, di cui 4 stagionali, la sua azienda Il Verbasco di Lorenzana (Pisa) nel 2008 prevede di fatturare 300mila euro.

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Fragolosa, azienda di Barge (Cuneo) gestita da Graziella Risso, ex dipendente della Provincia oggi 42enne, invece si è specializzata nella produzione in sistema fuori suolo di fragole, con la novità del doppio strato di coltivazione sulla stessa superficie. Risultato: su 3500 mq a disposizione l’imprenditrice con la figlia ventenne ed il marito, riesce a produrre 200 quintali di frutti l’anno, per un fatturato di circa 120 mila euro. “Nel 2009 intendiamo investire 240mila euro per avviare altri 6500 mq di attività che apriremo tra Revello e Saluzzo e con cui intendiamo raggiungere i 5 milioni di fatturato nei prossimi 5 anni” spiega.

Diversificare, realizzare un ciclo completo di produzione, gestire in modo manageriale la proprietà, puntare su una maggiore redditività sono le leve che portano al successo un’impresa agricola moderna, ma anche il marketing fa la sua parte. Lo sa bene Alessandro De Marchi, 33 anni, laureato in ingegneria gestionale al Politecnico di Torino, che dal 2002 gestisce Demacoop, l’azienda di famiglia a Moretta, in provincia di Cuneo, specializzata nella coltivazione e lavorazione di ortaggi dove lavorava anche da studente durante i mesi estivi. In pochi anni ha saputo trasformare la piccola cooperativa in una realtà che dialoga con colossi come Coop, Carrefour e Conad e che prevede di archiviare il 2008 con un fatturato di 3,5 milioni dieuro. “Ho cercato di usare la mia formazione per portare l’azienda ad un salto di qualità” racconta De Marchi “mi sono inventato il marchio Cascine San Marco, ho puntato su collaboratori giovani, ho cercato nuovi business”. La fornitura di ortaggi alla grande distribuzione rappresenta ancora l’80% del fatturato, ma da un paio d’anni il parco clienti è aumentato grazie a Demaservice, società che distribuisce frutta e verdura alla ristorazione collettiva.

C’è ancora spazio per crescere per giovani che intendono entrare nel settore, soprattutto nell’agricoltura multifunzionale: agriturismo, fattorie didattiche, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Certo, anche in questo settore avviare un’attività da zero richiede molti investimenti. “Negli ultimi mesi, con la crisi finanziaria, il terreno è diventato un bene rifugio e i prezzi si sono alzati sotto la spinta dell’aumento della domanda rispetto all’offerta, che è molto bassa, anche perchè in Italia la mobilità fondiaria è pressochè nulla” avverte Marini. “Basti dire che i prezzi oscillano dai 15mila euro l’ettaro fino ai 400mila per i terreni destinati alla viticoltura di qualità. Mediamente negli ultimi tre mesi l’aumento del prezzo è stato del 5%”.

Per questo la maggior parte dei terreni gestiti da giovani è in affitto. Ma questo non impedisce di crescere. Come dimostra Veiner Rebecchi, 37 anni,che nel 2004 ha affittato i 30 ettari della proprietà dove lavorava come fattore a Ravarino, vicino Modena per coltivare pere biologiche con la sua azieda La Lepre Bianca. “Pochi riescono a fare questo tipo di coltura nel modo giusto” racconta Rebecchi “per questo un prodotto di qualità garantisce buoni guadagni”. Rebecchi prevede di chiudere il 2008 con un fatturato di 200mila euro, con 2 quintali raccolti, per il 70% venduti in Germania, in resto in Finlandia, Grecia, Inghilterra. “le biopere che restano in Italia sono destinate alle mense scolastiche dell’ Emilia Romagna” precisa.

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Ma il terreno è solo una delle voci di spesa. Chi vuole diventare imprenditore agricolo deve anche mettere in conto attrezzature ed immobili. Per agevolare i giovani, i finanziamenti europei e statali non manacano, ma per ottenerli ci vogliono dai sei mesi ai due anni. Ne sa qualcosa Stefano Ravizza, 24 anni, laureando in vitivoltura ed enologia e titolare dell’ azienda vitivinicola il Torrino a Stradella, in provincia di Pavia, che ha iniziato l’attività grazie al fondo per il primo insediamento, con cui ha ottenuto 15mila euro a fondo perduto a cui si è aggiuto poi il ricavato della vendita della casa di famiglia. “Oggi su 5 ettari coltiviamo riesling italico, malvasia e pinot, barnera e croatina” racconta “per 15mila bottilglie l’anno. Un mercato di nicchia, per questo abbiamo sempre fatto un discorso di qualità, a costo di perdere il 40% della produzione” aggiunge. Sforzi che hanno portato a risultati concreti, visto che oggi l’azienda può contare su 120 clienti fidelizzati. Se la via dei fondi pubblici è tortuosa, sul fronte bancario le cose vanno peggio. “Avere credito per un giovane che parte da zero è impossibile” interviene Marco Saraceno, 36 anni, presidente dei giovani agricoltori di Confagricoltura. “le banche chiedono garanzie tre volte superiori al credito richiesto. Eppure l’agricoltura è un fattore trainante dello sviluppo e i giovani sono chiamati a svolgere un ruolo da protagonisti. Per questo chiediamo misure che ci consentano di aumentare la superficie delle aziende, fondamentale per aumentare il reddito”.

Così come sarebbe fondamentale alleggerire la burocrazie: “Per ottenere qualsiasi permesso o approvazione di nuovi progetti, i tempi sono infiniti” commenta Marchese “io ho presentato un progetto nel 2005 e mi hanno dato il permesso nel 2008”. Non guasterebbe neanche “una nuova politica agricola nazionale” sostiene Saraceno, che gestisce con altri due giovani l’azienda lattiero-casearia Fattorie Donna Giulia fondata nel 2007 nella zona del Monte Vulturne in Basilicata. Ci vuole una regia, dice, in grado di gestire tutte le misure per i giovani.

 

Articolo di Nadia Anzani (tratto da Economy)