Bogotà è una città che molto è cambiata e molto sta cambiando, tesa a scrollarsi di dosso quell’immagine di luogo violento e nelle mani dei cartelli della droga che ne ha caratterizzato l’immagine nel mondo. Una realtà interessantissima dal punto di vista sociale ed urbanistico, culturale e umano. Ne parliamo con Giovanni Pacciani, architetto italiano da tre anni in pianta stabile nella capitale colombiana. E, dalle sue parole, emerge un ritratto davvero coinvolgente, che nulla toglie alle difficoltà di viverla, restituendo però alla città una dimensione davvero unica e specifica.

Giovanni Pacciani, Bogotà

Ciao carissimo, parlaci un po’ di te.

Sono reggiano di nascita, genetica per metà toscana e per metà friulana, Architetto dello IUAV, sposato con una “rola”, “quasi” quarantenne, neo-papà, da poco più di tre anni in pianta stabile a respirare i 2600 metri di Bogotà. Sono sempre stato una persona iper-attiva, e quindi non sono da annoverare fra quelli che mollano tutto perchè non ne vogliono più sapere delle proprie origini; sono estremamente orgoglioso di essere italiano, e ben lungi dal rinnegare le mie radici ho solo mollato tutto perchè ero stanco dell’aria stagna che si respirava nei patri confini. Avevo voglia di vita, dinamicità, conoscenza, ed ho iniziato a muovermi per avere un’idea meno generica di che cosa volesse dire la vita da expat.

Come e quando è arrivata la decisione di trasferirti in Colombia?

Credo sia arrivata in un attimo breve ma intenso di difese abbassate. In Italia avevo la mia famiglia, il mio giro di amici rodati, un lavoro in proprio fra alti e bassi, però andavo rimuginando (da almeno tre anni) che nella mia vita ci dovesse essere qualcosa di differente. Sentivo che quello che vivevo ogni giorno era ripetitivo (anche se chiamare la vita di un architetto “ripetitiva” è un contro senso) e chiuso su una strada il cui finale non era affatto da scrivere, e questa piccola punta di insoddisfazione ha iniziato a scavare sempre più in profondità. Ho avuto la fortuna di viaggiare molto, ma solo durante una vacanza nella, per me, sconosciuta Colombia (nel 2008) con un carissimo amico, ho “sentito” nel cuore la sensazione di trovarmi non in terra straniera, ma a casa. Ritornato in Italia, mi son preso un anno per sistemare varie questioni … e sono ripartito alla volta della Colombia per restarci! Non nascondo che complice è stato l’aver trovato qui la donna che ho sposato, però spero di portarvi per mano, durante quest’intervista, a capire che in realtà il trasferimento è stato dettato da qualcosa di molto più profondo… che al tempo erano solo sensazioni.

Adesso di cosa ti occupi?

A parte del blog e del gruppo di pazzi della “Comunità Utopica Italiana in Colombia”? No, va beh, mi piacerebbe seguire entrambi più da vicino e dedicandovi più ore, ma per farlo dovrei triplicarmi e non dormire … e per ora non è nelle mie intenzioni! Vorrei poter contare su qualche collaboratore per farlo, ma essendo un impegno totalmente “free”, o si fa per passione, o non si fa. Quindi nei ritagli di tempo cerco di fare il possibile per continuare, ma c’è molto da fare lavorativamente parlando, e anche la famiglia rappresenta un grosso impegno … ed ovviamente non è mia intenzione disattendere nè al primo nè alla seconda.

Comunque ho in cantiere una terzina di progetti molto importanti dei quali non posso, per ora, parlarti. Non che siano delle cose top-secret, ma da un punto di vista professionale io rispetto moltissimo le persone con le quali mi associo per portare a buon fine delle iniziative comuni, e dal momento che i progetti di norma derivano da un’associazione corale di idee, di gestione, di amministrazione e di contatti, mi parrebbe una mancanza di rispetto parlarne senza aver interpellato le persone coinvolte. Comunque c’è un progetto che è già una realtà e del quale sono felicissimo di parlarti che è Domuslam. Superficialmente Domuslam (che prestissimo avrà online il sito web www.domuslam.com … ma si può tranquillamente contattare da almeno un paio di mesi attraverso la mail di info) si può considerare un’agenzia immobiliare sul territorio dell’America Latina, visto che tratta terreni, case, appartamenti, investimenti immobiliari … però è qualcosa di un pò più profondo. Tutti sono capaci di trovare costruzioni e lotti da vendere, ma si è in grado di dare la certezza che ciò a cui si è interessati e che vorremmo comprare è di qualità (quindi costi di gestione più bassi) e ci può dare una rendita (quindi un buon plus-valore dell’investimento)? Ma soprattutto, siamo certi che quello che compriamo costa esattamente quello che ci viene detto? Come sai le norme che regolano i trasferimenti di denaro, le tasse da pagare e i passaggi di proprietà sono quelli che si portano via una fetta dell’investimento iniziale … Domuslam offre un prezzo chiavi in mano, garantendo buoni standard qualitativi ed economici dell’investimento. Fra le altre cose offre un sistema di ricerca “su misura” per il cliente, ed un sistema di gestione dell’investimento totalmente personalizzato … ma ad ogni modo se qualcuno avrà l’occasione di contattare Domuslam, si renderà conto da solo della bontà del progetto.

Giovanni Pacciani, Bogotà

Cosa ti ha fatto capire che Bogotà poteva diventare la tua nuova casa?

Pensa che io vengo da un tipico paese della provincia italiana con meno di diecimila anime, e il trauma di arrivare nel “placido caos” di una capitale che ne conta 9 milioni è stato piuttosto forte … quindi fino a un anno e mezzo fa non avrei davvero saputo cosa risponderti. E poi ho cominciato a vivere Bogotà come un qualsiasi “rolo” la vive, a cercare di capirla non attraverso gli occhi dello straniero, a leggere della sua storia, delle sue tradizioni, a usare alcuni modismi tipici della sue gente, a documentarmi sui suoi problemi e sui suoi successi, a cercare di capire le battute della sua gente, a discutere di politica ascoltando le varie campane, a leggere i blog che altri expat (non solo italiani) scrivono su Bogotà, a cercare di sentirla come la “mia” città. Devo dire che di strada ne devo ancora fare molta per amarla come amavo il mio bel paesello di provincia, ma piano piano mi sto adattando e posso vedere le moltissime cose buone che ha ed apprezzarle col cuore. Pensa che quando vado in vacanza, qualche volta sento la mancanza di questa città infinita!

Si parla sempre della Colombia come di un paese violento. È davvero così?

Si fa un gran parlare a proposito del tema violenza, in Colombia, non solo all’estero, tant’è vero che uno dei punti più discussi nella passata campagna politica dai candidati sindaci era proprio quello della sicurezza. Fra le altre cose era uscito, credo in novembre dell’anno passato, un bell’articolo a proposito di questo tema sul settimanale “Semana”. Questo perchè da un lato c’è il governo che minimizza il problema producendo dati, dall’altro ci sono le statistiche raccolte su un ampio campione di intervistati nelle maggiori città colombiane a proposito della “percezione di insicurezza”. Il quadro che ne risulta è che la situazione è molto più complessa di come la si potrebbe descrivere in poche righe (e l’articolo in questione era di BEN sette pagine). Certo è che se ci atteniamo alle statistiche, sotto il governo Uribe il 17% credeva che il maggior problema della Colombia fosse la sicurezza, e di questi il 33% attribuiva ciò alla guerriglia, mentre sotto il governo Santos queste percentuali sono passate rispettivamente al 34% e al 55%. Se mi chiedi come vivo questa percezione di insicurezza dovuta al “paese violento”, ti dico che realmente non la sento tanto forte. C’è. È come quando con la coda dell’occhio pensi di aver visto qualcosa, ti giri, e non vedi nulla che possa aver attirato la tua attenzione. Ma ti resta il dubbio che qualcosa ci fosse stato, lì all’angolo dei tuoi occhi. Pensa che io viaggio al di fuori di Bogotà, anche in notturna, e l’unica insicurezza della quale mi son sempre davvero preoccupato era di non prendere una buca abbastanza grossa da rompere le sospensioni. Ma a parte tutto, sarebbe anche stupido minimizzare la questione. Per quanto riguarda la violenza nelle città, cosa ti posso dire? Bogotà non è diversa da una New York, da una Londra, da una Tokyo. Di certo non sono d’accordo su un articolo che era uscito su un “giornale virtuale” che pone una Mogadiscio al suo livello. Ma stiamo scherzando? Pensate che io giri con un AK-47 in macchina? Ad ogni modo, ti racconto che qualche giorno fa, a proposito dell’insicurezza della città, è stata fatta una domanda interessantissima nel gruppo “Vivere in Colombia” creato su Facebook. È stato chiesto se qualcuno di noi del gruppo vive in estratto 1, 2, 3, e se chi vive dal 4 in su una passeggiata negli estratos bassi la fa tranquillamente oppure rimane blindato in nel proprio quartiere (più avanti nell’intervista Giovanni ci spiegherà cosa si intende per estratto). Bene, io vivo in estratto 4 e lavoro (ed ho lavorato) anche in estratti 1, 2 e 3. La percezione di insicurezza è più alta nelle ore notturne, perchè nelle diurne, normalmente, los barrios sono pieni di vita: persone che accompagnano i figli a scuola, o che vanno a lavoro, panetterie aperte, negozianti allegri e ciarlieri, persone che vanno dal medico esattamente come in una qualsiasi città. Nelle ore notturne alcuni barrios si svuotano, però si “svuotano” nel vero senso della parola tanto che è particolarmente difficile vedere qualcuno per strada, conseguenza, come ti dicevo, della percezione di insicurezza aumentata solo per il semplice fatto di trovarsi totalmente soli. Di norma io mantengo un profilo normalissimo, da colombiano che vive e lavora la quotidianità, vado a fare spesa in un barrio estratto 1, qualche mese fa stavo facendo una ristrutturazione in estratto 2, vado a mangiare in estratto 2, il barrio a fianco del mio è estratto 3 e ci vado per la cartolibreria (è la più vicina). Bogotà la vivo di giorno e di notte e sono ancora qui. Ad ogni modo non è che non esista insicurezza. Episodi come i tre assassinati (di notte) in tre mesi, per un cellulare, o il giovane con la faccia bruciata dall’acido (dicembre, mi pare) per una elemosina non data, o le quattro donne stuprate sotto il ponte della Boyacà, li conoscono tutti. Ma sono episodi che capitano; e non capitano solo perchè è Colombia o perchè è Bogotà. La violenza esiste in tutti i luoghi del mondo.

Giovanni Pacciani, Bogotà

Come sono accolti gli stranieri che decidono di viverci stabilmente?

Dopo tre anni di vita qui in Colombia, ho assistito solo a un episodio isolato di “xenofobia” nei miei confronti. Che è giusto citare come dovere di cronaca, ma bisogna anche dire che la persona in questione è stata immediatamente “condannata” dalla maggior parte delle persone che hanno assistito alla scena, persone che nemmeno mi conoscevano. Ad ogni modo ti riporto un trafiletto dell’articolo che Nelson Prisciliano Beltràn Casallas ha scritto sul mio blog a proposito della cultura di Colombia, e che calza a pennello per la tua domanda:“…inseritevi nella nostra società come uno di noi, fate la spesa e chiedete lo sconto come uno di noi. In questa casa c’è tutto per tutti, bisogna solo avere buon senso, iniziativa di imprenditore libero e amare il suolo che vi sostiene in piedi. In Colombia diciamo: “Chi se ne va non manca e chi arriva non ingombra”, ossia nel nostro paese sono e siete tutti benvenuti; noi abbiamo un fascino per il forestiero, per lo straniero. Ci piace ascoltare storie di mondi lontani e diversi, il nostro udito é sempre affamato dalle avventure dei viaggiatori. In Colombia non esiste un senso di xenofobia, non crediamo che quelli che arrivano “ci rubano il lavoro” e sappiamo che quelli che rubano qualcosa, rubavano già nei loro paesi…”

Tutto ciò è estremamente vero: ricordo che quando avevo il negozio di batterie c’era gente che si fermava, scopriva le mie origini e si pigliava un buon quarto d’ora per chiedermi dell’Italia davanti a un buon “tinto caliente”.

Hai avuto qualche particolare difficoltà all’inizio?

La risposta è: ASSOLUTAMENTE SI!! Quando si arriva in Colombia, si ha una sensazione fortissima di “appartenenza”, ma è perchè la si vive da turista, con la mentalità aperta, ma solo parzialmente. Purtroppo si pecca spesso di superficialità nel godere di un paese straniero. Per carità, non voglio dire che non va bene, in fondo uno in vacanza ci va anche per stare rilassato e per godersi la quiete prima della tempesta! Quello che ti dico, e dico a tutti gli amici che sognano la Colombia, è la classica frase da expat: una cosa è VIVERLA, altra cosa è GODERLA. Adesso tutti mi odieranno per quello che sto per dirti ma quando dico, per esempio, che ho studiato a Venezia, tutti si mostrano affascinati. Ah, che città romantica, che belle atmosfere. Sì ma quando devi arrivare all’università sul Canal Grande alle 6 di sera di un nebbioso inverno, con carpette di disegni 70×80 cm che amano l’acqua come i gatti randagi, con mezza città allagata, la gente infreddolita e incavolata, l’odore dell’acqua dei canali, l’immondizia che galleggia a pelo … sarà anche una bella atmosfera, ma … “a mi no me parece”! E nonostante tutto Venezia ha delle cose talmente “rare” e belle che lasciano a bocca aperta. Ma se si gode solo di queste cose, non si avrà realmente vissuto il luogo! Di conseguenza non si arriverà mai a capirlo e ad apprezzarlo. Ergo, alla prima difficoltà ci si spacca (non dico cosa), e si ritorna a casa dicendo peste e corna del luogo che ci ha rifutati.

Raccontaci un po’ di alcuni passi pratici da fare per stabilirsi lì: tipo, pratiche burocratiche, permessi.

Una cosa che ancora mi lascia basito della burocrazia colombiana è che tratta gli stranieri col bastone e la carota. Fare un visto per la Colombia è diventato progressivamente molto più problematico e difficile rispetto a tre anni fa, ma una volta entrati si scopre come la maggior parte delle pratiche sia abbastanza facile farle. Basta saper leggere e fare esattamente quello che viene chiesto, nel modo in viene chiesto, accettando le tempistiche della Colombia. Attenzione, non significa ASSOLUTAMENTE che qui i funzionari dormono sulle pratiche. Alcuni esempi? Aprire una società in Colombia richiede mediamente cinque giorni lavorativi. E i funzionari della Camera di Commercio e della DIAN sono molto competenti nello spiegarvi esattamente come funziona e cosa dovete fare. Omologare un titolo universitario? Vi parlano di tre mesi, ma a seconda della difficoltà richiesta, in un mese hanno già risolto tutte le pratiche e vi chiamano per dirvi di andare a ritirare la certificazione. Fra le altre cose se andate a chiedere informazioni vi aiutano a capire estattamente che tipo di documenti servono ed organizzati come. In linea di massima ti posso dire che la cosa più importante è fare un visto che non sia turistico. Sul sito del “Ministerio de Relaciones Exteriores” si scopre esattamente quali visti è possibile fare e con quali modalità, ma se non si capisce come, basta andare sul blog dove ho spiegato come farne un paio. Con il visto in mano servono 15 giorni ed alcuni documenti per ottenere la cedula de extranjería (carta di identità) che dà accesso a praticamente tutto: conto bancario, patente colombiana, eccetera. E’ una trafila difficile ma necessaria: visto NON turistico. Contrariamente, scordatevi la Colombia.

Giovanni Pacciani, architetto italiano in Colombia bogotà

È difficile trovare una casa?

Non è difficile, ma qui come in Cina è sempre bene appoggiarsi a qualcuno conosciuto, perchè purtroppo le agenzie immobiliarie e le imprese di costruzione sono nate come funghi negli ultimi dieci anni, e la qualità dell’abitare si è abbassata notevolmente. Se a questo aggiungi che alcuni settori di Bogotà stanno cominciando a risentire di una “bolla immobiliare” perchè i prezzi sono aumentati vertiginosamente (conseguenza: manca il plus-valore nell’acquisto, nessuno compra, aumentano gli invenduti, ecc), avrai un quadro non troppo roseo. Ovviamente ti parlo di Bogotà. Nonostante tutto trovare dei discreti affari non è difficile. C’è anche da dire che purtroppo qui manca un pò di “cultura dell’abitare”. Voglio dire, per esempio, se qualcuno di noi va a vedere un appartamento per valutarne l’acquisto, guarda se ci sono crepe, se c’è umidità, osserva l’esposizione al sole, gli infissi, la luminosità, dopodichè si fissa sui colori, sulla decorazione (se c’è). Qui invece la prima cosa che si guarda è la decorazione. Oltretutto il valore degli appartamenti appartenenti ad uno stesso immobile è (nella maggior parte dei casi) sempre definito come valore/mq, quasi che non ci fosse la necessità di una valutazione estimativa anche delle caratteristiche estrinseche degli stessi. Ma i colombiani imparano in fretta, e già si stan cominciando a vedere i primi timidi tentativi di diversificazione del valore.

Com’è il mercato del lavoro da quelle parti?

Lo definiriei dinamico. Lavoro ce n’è, però il lavoratore non è pagato secondo standard europei (anche il costo della vita è ovviamente differente), e soprattutto c’è una forte componente di “lavoro informale”, che essendo per sua stessa natura instabile, rende le cose particolarmente difficili, e contribuisce anche a questo dinamismo. Una cosa che ho imparato ad apprezzare dei colombiani è la loro forte adattabilità; che credo derivi anche da questa grande componente lavorativa informale o in nero, come la vuoi chiamare. Come già sanno molti lettori del blog, parallelamente alla questione del mercato del lavoro c’è da considerare che le città della Colombia sono suddivise in “estratos” (al più alto corrispondono prezzi di immobili più alti e costi dei servizi più alti), che tutto ciò che è legato a sanzioni amministrative ed istruzione va secondo uno standard definito SMMLV (salario minimo mensile legale vigente), che ciò che sono pensioni e salute dipendono dal salario percepito, che lo stesso identico oggetto si trova a prezzi diversi in siti diversi … certo un solo salario minimo per una famiglia rende molte cose complicate. Ed è anche per questo che in Colombia, secondo fonti DANE (Departamento Administrativo Nacional de Estadística), circa il 60% della popolazione colombiana vive in condizioni di povertà.

La crisi si è fatta sentire anche lì?

Si e no. Come sempre da un lato ci sono le (solite) statistiche che dicono che nel 2011 in Colombia si è registrato il dato più basso di disoccupazione degli ultimi quindici anni, e dall’altro come ti dicevo c’è parecchio “impiego informale”, quindi anche chi ha la classica bancarella che vende cicche, telefonate a cellulare e sigarette viene considerato in possesso di un’occupazione. Per carità … non voglio dire che non sia un lavoro o che alla fine della giornata non renda, però la chiave è “adattarsi”. Soprattutto credo che qui una cosa importantissima sia il “conoscere”. Tessere una rete di contatti porta via del tempo, ma alla fine aiuta.

In cosa, se c’è, ti manca l’Italia?

Una volta nel blog ho detto che è particolarmente difficile vivere “a metà”, con la naturale nostalgia degli affetti. Qui sono con la mia famiglia “acquisita”, alla quale voglio un bene dell’anima ma là c’è la mia famiglia “di sangue”, che è quella che mi ha cresciuto. Ed in questo l’Italia mi manca sicuramente. Penso ai miei genitori, a mia sorella e alla sua famiglia, ai miei cugini ed agli zii, e sorrido perchè non mi sono mai mancati così tanto come ora. Due momenti che ricordo con una felicità intensa sono state le due cene con i miei familiari che ho fatto nel 2010/11. E comunque non parlo solo della famiglia di sangue; penso anche a tutte quelle persone che sono state la cosa più vicina ad una famiglia che abbia avuto. Betta, Massi, Sandro, Sara, Dany, Alice, Claudia, Beppe, Davide, Alberto, Macci, Werner, Matteo … e tutti gli altri che non nomino perchè altrimenti la lista sarebbe lunghissima. Amici coi quali ho condiviso molto e che nel mio cuore resteranno sempre tali anche dopo anni ed anni vissuti a distanza.

Giovanni Pacciani, architetto italiano in Colombia bogotà

Molti mi hanno detto che, dal punto di vista paesaggistico, la Colombia è forse il paese più bello del Sud America. Cosa ne pensi?

Purtroppo non ho avuto occasione di girare abbastanza la Colombia ed il Sud America per poter avere un buon metro di comparazione. Spero di poterlo fare nei prossimi dieci anni, però! Comunque mi hanno incuriosito molto i paesaggi che si vedono ne “I diari della motocicletta”…

C’è qualche tradizione particolare che ti ha colpito e che ci vuoi raccontare?

Ce ne sono un paio particolarmente interessanti, però non renderei giustizia a tutte le altre tradizioni colombiane che sono tutte splendidamente “particolari” e “diverse” ai miei occhi. E tutte da vivere, garantito. La cosa che più mi affascina delle tradizioni (qui come in Cina) è la “storia” che vi si cela dietro.

Ci sono molti italiani lì?

Si, anche se si nascondono bene non è difficile incontrare qualcuno che parla italiano (credendo di non essere capito) o spagnolo con la classica cadenza nostrana. Di solito quando al cinema mostrano dei film doppiati con audio latino nei quali un attore impersona l’italiano, mi fa morire dal ridere ascoltarne la cadenza. Comunque non ce ne sono molti come in Argentina. Se non ricordo male si parla di circa 10.000 italiani presenti al momento in Colombia.

Com’è, in genere, la qualità della vita?

Eh, difficile dirlo. Se consideriamo che la qualità di vita è un fattore strettamente legato al benessere, in Colombia c’è ancora troppa disparità fra chi ha moltissimo e si può permettere beni di lusso e chi non ha assolutamente nulla. Quello che manca è un numero maggiore di persone appartenenti al ceto medio. Nonostante in tre anni abbia visto cambiare Bogotà sotto ai miei piedi, la strada da fare è ancora lunga. Certo ci sono cose che mi hanno piacevolmente sorpreso, come l’assistenza medica di base: fino ad ora e fino a dove ne ho avuto bisogno è stata eccellente.

Ci sono aspetti della tua vita lì a cui ancora fai fatica ad abituarti?

Si, il traffico. Ancora adesso a distanza di tre anni mi risulta difficilissimo abituarmi alla totale mancanza di rispetto delle norme basilari della strada. In Italia il traffico era per me grandissima fonte di stress … adesso quando ritorno per farmi le vacanze, mi sembra di vivere in un paradiso!

Se dovessi descrivere Bogotà con tre aggettivi, quali useresti?

Trovarne tre è complicato. Anche perchè me ne vengono in mente molti di più. Forse la vera chiave per capire Bogotà è dirti che è facile e difficile, solare e piovosa, frizzante e compassata. La Colombia è terra di contrasti e la sua capitale non è da meno. Diciamo che ti concedo un unico aggettivo: PASSIONALE. Che è fonte dei suoi successi e insuccessi. Aggettivo che personalmente (ci tengo a specificarlo) è incredibilmente positivo.

Tra i tanti aspetti positivi che hai trovato, visto che hai deciso di viverci, ce n’è uno in particolare che ti ha fatto pensare: ” Ecco, qui posso rifarmi una vita.”?

Esattamente quello che ti ho detto poc’anzi … la gioia di trovarsi in un luogo estremamente passionale.

Com’è la vita culturale a Bogotà?

Intensa, frizzante, densa di contenuti! Non ai livelli di altre capitali mondiali, ma ci stanno lavorando per arrivarci (quest’anno inizierà il piano decennale per la cultura) ed è quindi possibile trovare di tutto e di più. È sufficiente entrare nel sito della “Secretaría de Cultura, Recreación y Deporte” per farsi un’idea delle molteplici attività in essere nella capitale: danza, teatro, cineforum, concerti di tutti i tipi e con artisti spettacolarmente bravi e preparati. Bogotà vanta biennali, fiere del libro internazionali, è stata capitale Iberoamericana della cultura, vive costantemente culture differenti di contesti differenti. È molto cosmopolita anche in questo senso. Comunque parlando di musica, che è un ambiente che conosco bene essendo musicista, ti posso dire che qui i classici gruppetti di ragazzi che suonano nei locali, o i gruppi folkloristici che nascono fra appassionati, sono una sorpresa. Tutti hanno una preparazione musicale eccellente.

Cosa fai quando non lavori?

Mmmm … e quand’è che non lavoro? C’è troppo da fare per restare quieti. Riposerò quando tutto ciò che sto facendo sarà così ben oliato da non aver bisogno della mia presenza; anche se, qualche volta, un paio di giri in “tierra caliente” con lo scooter non me li toglie nessuno.

http://giovannipacciani.blogspot.com/

Il blog di Giovanni

www.facebook.com/groups/241372962551787/Il gruppo Vivere in Colombia su facebook

 

A cura di Geraldine Meyer

Per avere ulteriori informazioni sulla Colombia:

www.mollaretutto.com/colombia-terra-a-rischio-di-non-voler-piu-ripartire.html#more-164