Lavorare in Cina come scrittore

Due settimane fa sono stato contattato da Chiara, una collaboratrice di Franco Dipietro. Dipietro è il direttore del progetto Meanwhile, un documentario cross mediale, realizzato dalla società di produzione Due Monete, che cerca di dare una risposta ad una domanda che molti giovani europei si stanno ponendo:

L’Europa è un luogo dove i progetti e i sogni possono ancora diventare realtà?

Chiara mi ha inviato una lista di domande spiegandomi che, per partecipare al progetto, avrei dovuto filmarmi e inviargli il video con le risposte. Ma la mia esperienza di video amatore è circoscritta ad alcune scene che ho girato a Saigon per condividere con i lettori del mio blog, Sapore di Cina, la sensazione pazzesca che si prova a stare al centro del traffico più pazzo del mondo.

Inizialmente pensavo che montare la mia Canon Reflex su un cavalletto e filmarmi mentre recitavo un monologo fosse un po’ troppo per me, introverso per natura.

Ma poi mi sono detto che il progetto era interessante e che valeva la pena provarci.

Ne è scaturita un’auto intervista che tratta delle tematiche molto simili a quelle di questo portale e così ne ho proposto una versione riveduta e allargata agli amici di Voglio Vivere Così. Eccola!

Dall’Italia alla Cina

Nome, età e occupazione.

Mi chiamo Ivan, ho trent’anni e faccio lo scrittore.

Dove sei nato? Quanti anni avevi quando hai lasciato l’Italia? Dove vivi adesso?

Sono nato a Cagliari, in Sardegna. Sono partito dall’Italia quando avevo ventitré anni per fare l’Erasmus in Francia e non sono più tornato. Al momento mi trovo a Shanghai ma non ho dimora fissa. A febbraio andrò  a vivere in Thailandia, poi si vedrà.

Hai scelto tu di trasferirti in Cina o è stato un caso del destino? Se si è trattato di una decisione ragionata, perché proprio la Cina?

Quando ho iniziato a pensare di trasferirmi in Asia abitavo ancora in Francia, stavo finendo il mio dottorato di ricerca in ingegneria e avevo già ricevuto tre offerte per ottenere il tanto agognato posto fisso, una da un’impresa privata e due dall’Università, sempre in Francia.

Shanghai, scene di vita quotidiana lavorare in cina

Ho scelto di partire perché non ero pronto ad accettare un contratto a tempo indeterminato, magari imbarcarmi in un mutuo e vivere felice e contento. No, io volevo viaggiare. E allora ho cominciato a inviare curriculum.

Quando ho iniziato a dire in giro che volevo andare a lavorare in Cina la maggior parte dei ricercatori che lavorava con me ha pensato che fossi pazzo. Ma come, tu che hai la possibilità di lavorare in Francia, uno dei paesi più avanzati del mondo, vuoi trasferirti in Cina?

Dopo tanto penare – ci è voluto più di un anno per realizzare questa idea – ho vinto una borsa di studio per andare a lavorare in Cina e una per il Giappone. Ho scelto la Cina perché penso che il Giappone, anche se non ci sono mai stato, sia un paese statico. Come l’Europa, dove prima della tempesta del debito non succedeva mai niente.

Raccontaci qualcosa del paese in cui vivi

La Cina è un paese in continuo mutamento. Se manchi un anno da Shanghai quando torni trovi un grattacielo dove prima c’era una pescheria e due linee della metro nuove fiammanti. I negozi sono sempre aperti, e sono ovunque. Shanghai è un mercato. Quando esci per strada c’è sempre gente. E se non stai attento ti calpestano.

L’altra ragione per cui ho scelto la Cina è quel bisogno di raccogliere sempre nuove sfide. Sarei potuto andare in Colombia, o magari in Argentina; due paesi che in quanto a mutamenti non hanno poi tanto da invidiare all’Asia.

Però ai tempi parlavo già lo spagnolo e la maggior parte dei miei amici e colleghi in Francia era sudamericana. Trasferirmi in Sud America non rappresentava poi tutta questa sfida. Sarebbe stato nuovo e interessate. Avrei forse imparato a ballare il tango. Ma immagino che non sarebbe stato difficile.

lavorare in cina

Vita da emigrante

Come hai ottenuto il visto e l’assicurazione medica? Hai dovuto affrontare grosse difficoltà?

Quasi tutti desiderano trasferirsi in un altro paese, anche se solo per un lasso di tempo limitato. Ma poi tanti continuano a rimandare e finisce che non partono mai, sopraffatti dal peso di domande a cui nessuno sa rispondere. E il visto? E l’assicurazione medica? E la lingua? E se non mi piace il mangiare?

Tutti falsi problemi. Il visto di lavoro per la Cina l’ho ottenuto all’ultimo momento, facendo una corsa al consolato cinese di Roma e poi giù sino a Fiumicino per prendere l’aereo.

Ma puoi sempre arrivare con un visto turistico, che non si nega a nessuno, e regolarizzare la tua situazione una volta che trovi lavoro. Per quanto riguarda l’assicurazione medica pago cinquanta euro al mese a Europassistence (Mondial offre un contratto simile).

In questi due anni e mezzo di Cina l’assicurazione non mi è mai servita. Ma sono coperto più o meno su tutto (esclusi tsunami, catastrofi nucleari e incontri ravvicinati con Godzilla).

La lingua s’impara. Quando sono arrivato in Francia nel 2005 parlavo solo italiano e mi esprimevo a gesti. Ma il francese mi serviva e allora ecco che impararlo diventò una priorità. In dormitorio internet non c’era e allora ascoltavo le partite di calcio alla radio – la cosa più facile da capire, – e leggevo romanzi di cui dovevo tradurre due parola su tre.

E’ un processo più lento ma sto imparando anche il cinese. All’inizio mi hanno aiutato molto i miei colleghi, sempre disponibili. A patto che si sorrida e non si perda la pazienza la lingua non è mai un problema.

Il mangiare? Si può sopravvivere anche senza il parmigiano e la pizza cucinata con il forno a legna. Lo so che sembra assurdo però io sono sette anni che lo faccio ; )

 lavorare in cina

Ti senti a casa in Cina o sei sempre restato uno “straniero”?

A volte mi sentivo uno straniero anche quando andavo a Roma, figuriamoci in Cina. Ma ci si abitua. E poi essere un emigrante ha i suoi pregi. Nei paesi in via di sviluppo a te diavolo bianco sono concesse tante libertà che i locali non hanno.

Torneresti a vivere in Italia se potessi?

Certo che tornerò. Forse non domani, magari non tra cinque anni, però non mi ci vedo a invecchiare lontano dalla mia terra, la Sardegna. Questo è uno dei motivi per cui ho deciso d’inventarmi una carriera che non mi costringa a presentarmi in ufficio ogni giorno. Se fossi rimasto in Università sarei potuto tornare in Italia solo per le vacanze.

Inventarsi il lavoro

Se dovessi iniziare una nuova avventura in che paese ti piacerebbe trasferirti?

La mia nuova sfida è quella di costruirmi una carriera che mi liberi dall’impegno di dovermi presentare ogni mattina in ufficio, e di documentare questa nuova avventura su un blog che è appena partito, Non Voglio Lavorare.

Così un domani non avrò il problema di “scegliere” un paese. Potrei viaggiare e fermarmi dove sto meglio. Le altre opzioni che sto valutando sono quelle di tornare in Cina (via nord della Thailandia e Laos) o spostarmi a Taiwan – dove ottenere il visto è più facile e c’è una mentalità più aperta – per continuare a perfezionare il mio cinese. Non sono ancora pronto pronto per abbandonare l’Asia.

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Te la senti di dare un consiglio alle persone della tua età che stanno pensando d’intraprendere un’esperienza simile alla tua?

Ragazzi, smettete di avere paura e d’impuntarvi con il posto fisso.

Molta gente guarda il secondo paradigma industriale crollare portandosi dietro tutte le promesse di lavoro sicuro e si dispera. Sì, ci hanno mentito. Ci avevano raccontato che se ci fossimo laureati avremo trovato un lavoro rispettabile (che poi cosa vuol dire?), potuto accendere un bel mutuo a tasso variabile, comprare una casa con piscina in Parco della Vittoria e vivere nel paese delle favole.

E invece bum, è sparito tutto.

Quello che in tanti ancora non vedono è che, per tante opportunità che non ci sono più, altre se ne stanno creando. Non serve più un capitale di 200,000 euro per avviare un’impresa o un capo che ci paghi lo stipendio.

Questa è l’era di Internet, dei servizi e dell’informazione. Conosco un ragazzo che ha aperto una società ad Hong Kong e si è inventato una carriera da webdesigner, lui che aveva studiato architettura. Dopotutto oggi chi non ha bisogno di un sito internet?

Un’amica spagnola che ha studiato lingue avrebbe potuto scegliere di diventare una vittima e strapparsi i capelli perché nessuno l’assumeva. Invece ha iniziato a tradurre quello che le capitava, trovandosi i clienti su motori di ricerca dedicati ai freelancers come Guru e Elance. Oggi ha tre dipendenti e gestisce la SUA impresa.

Ecco, più che preoccuparci di trovare qualcuno che ci assuma, io propongo di iniziare a crearli noi i posti di lavoro.

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Puoi raccontarci qualcosa della tua situazione personale?

Tre mesi fa ho lasciato il lavoro all’Università per dedicarmi a quello che mi da più soddisfazione, scrivere. Il mio primo romanzo, che ho scritto di notte, è pronto e devo “solo” trovare un editore. Purtroppo vengo da un paese dove trovare una casa editrice disposta a pubblicare un esordiente equivale a pretendere di trovare una pizza nella Groenlandia del nord.

Il libro parla di Cina e allora, anziché protestare per la situazione editoriale italiana, a gennaio 2012 ho aperto un blog (Sapore di Cina) sotto lo pseudonimo di “Furio” dove pubblico articoli dedicati a chi vuole viaggiare o cercare lavoro in Cina, imparare il cinese, o anche solo sapere qualcosa di più su questo paese per certi versi ancora misterioso.

Questo è anche il motivo per cui oggi sto rispondendo alle vostre domande. Voi mica mi avete scovato in Università, vi siete semplicemente imbattuti nel mio blog.

La mia idea è che se il blog continuerà a crescere agli stessi ritmi del 2012 non sarà più così difficile trovare un editore. Magari mi “scoveranno” loro come è già successo ad altri, per esempio a Michela Murgia con Il mondo deve sapere, la storia tragicomica di una telefonista precaria. All’inizio dell’intervista ho detto che sono uno scrittore, ed è vero. Quello che non vi ho svelato è che per adesso nessuno mi paga per scrivere. Secondo le logiche dei discorsi che sento in Italia sono tecnicamente “disoccupato” e dovrei disperarmi.

Ma non sono preoccupato. Negli anni scorsi ho messo da parte qualche soldo e se continuo a lavorare sono sicuro che qualcosa verrà fuori. Se non riuscirò a guadagnarmi da vivere con la scrittura creativa m’inventerò qualcos’altro. Vi serve per caso un webdesigner?